giovedì 31 marzo 2022

31 marzo - La lotta dei lavoratori contro il capitalismo e lo sfruttamento è internazionale

 

Info sostegno al grande sciopero generale nazionale dei lavoratori indiani 28/29 marzo

Info e sostegno anche in Italia – nel quadro della settimana internazionale d’azione 23/29 marzo promossa dal Comitato Internazionale di sostegno Lo Slai Cobas per il sindacato di classe, che aderisce al comitato, promuove due iniziative tra i lavoratori italiani e lavoratori indiani in Italia – all’insegna dell’internazionalismo proletario contro capitalismo e imperialismo.

sostegno senza riserve allo sciopero generale nazionale di due giorni, il 28 e 29 , indetto dalle centrali sindacali nazionali, ha invitato i lavoratori organizzati e non di tutti i settori a unirsi e costruire un largo movimento a base operaia contro le politiche “anti-operaie” e “filo-capitaliste” del governo centrale BJP. MODI

“Da quando ha assunto il potere , il regime fascista di Modi ha aggressivamente applicato le sue politiche di privatizzazione e globalizzazione”,...‘le politiche agricole, industriali e del terziario sono state brutalmente riformate a vantaggio delle grandi aziende, e che solo grazie allo storico movimento degli agricoltori il governo BJP è stato costretti a ritirare parzialmente le leggi agricole “anti-contadine”.

Il governo dei padroni indiani stà modificando le 44 leggi sul lavoro, frutto di dure lotte, per convertiele in quattro codici del lavoro in cui si fa di tutto per privatizzare le imprese del settore pubblico e consegnare ai grandi gruppi le miniere di bauxite e minerale di ferro, oltre alla vendita all’asta dei banchi carboniferi che provocano intensificazione dello sfruttamento , deportazioni delle popolazioni, devastazione territoriale e ambientale

In un comunicato proveniente dal PCI(Maoista) dell’india si scrive che ‘la classe operaia deve avere un ruolo dirigente nella lotta anticapitalista e antimperialista per difendere i diritti di operai, lavoratori e delle masse lavoratrici e salvaguardare i beni pubblici e si fa appello agli operai,contadini,giovani e altri settori delle masse a dare pieno appoggio allo sciopero generale.

Questo comunicato è distribuito in italianelle fabbriche e posti di lavoro dove vi sono lavoratori indiani a bergamo milano e alle acciaierie d’italia di Taranto il cui padrone è Mittal grande capitalista indiano che sfrutta gli operai nelle fabbriche indiane e in tante altre fabbriche che ha comprato

info a cura dello Slai Cobas per il sindacato di classe Taranto/Bergamo slaicobasta@gmail.com



mercoledì 30 marzo 2022

30 marzo - Acciaierie d'Italia/Appalto - Una cassaintegrazione permanente per realizzare esuberi: Non è tempo di trattativa ma della lotta!

 

Dopo il primo sciopero a Taranto di lunedì, ora serve lo sciopero di tutto il gruppo

Acciaieria Italia – ex Ilva è partita con una cassaintegrazione straordinaria per 3000 operai, di cui 2500 a Taranto – i sindacati tutti hanno detto tutti No con diverse sfumature. Lo Slai cobas per il sindacato di classe da tempo denunciava il piano di nuova cassaintegrazione straordinaria anticamera di nuovi esuberi e la posizione dei sindacati che avevano accettato fino a dicembre tutte le richieste di cassaintegrazione dell’azienda, anche quelle ampie nei numeri e non giustificate realmente ma solo dettate dalla pervicace intenzione dell’azienda di scaricare ogni cosa sui lavoratori in una cassa integrazione permanente che ha tagliato i salari e aumentato lo sfruttamento e la mancanza di sicurezza di chi lavorava. Mentre naturalmente di far rientrare i 1700 lavoratori già in Cigs straordinaria dal 2018 non se ne parla più; ora l’azienda usando perfino il fatto che cambiando nome non si sente più vincolata dall’accordo del 2018 riprende la pratica da dove l’ha lasciata. I complessivi 3000 lavoratori che dal 28 marzo l’azienda ha posto unilateralmente in cassintegrazione non saranno neanche per 12 mesi, ma almeno fino al 2025 (data attualmente indicata per la riorganizzazione aziendale); ma soprattutto questi 3000 sono di fatto i numeri di operai di cui Acciaierie d’Italia vuole liberarsi. Fino a una settimana fa i livelli produttivi a Taranto erano tarati per 4 milioni di tonnellate, poi c’è stato il via libera del governo ad aumentare la produzione per far fronte alla carenza di acciaio -su cui abbiamo parlato in altro articolo su questo blog – con la rimesso in funzione dell’Afo4, per andare verso i 6 milioni di tonnellate; questo aumento di produzione avrebbe dovuto portare a un rientro dei 1700 operai già in Cigs, invece nelle parole della Morselli alla trattativa romana di lunedì 28, questo ipotetico rientro viene nuovamente rinviato legandolo alla prospettiva di produzione di 8 milioni di tonnellate e all’entrata in funzione del forno elettrico tutto lì da venire, e si mettono in cassintegrazione ulteriori 2500 operai a Taranto, che chiaramente si trasformeranno in esuberi e licenziamenti. Tutto questo significa: più produzione con meno operai, più produzione con più sfruttamento all’ex Ilva e nell’appalto, ma anche più rischio per la salute e la vita, dato che mentre i piani di aumento della produzione ci sono, i piani di messa in sicurezza, anche di manutenzione degli impianti no e incidenti e infortuni sono sempre all’ordine del giorno. E per il piano di decarbonizzazione, e la realizzazione di un forno elettrico la Morselli ultimamente ha parlato di 10 anni!

I sindacati confederali dicono no, ma nella trattativa questi No si trasformano in Ni e poi in un nuovo accordo – secondo un teatro già visto in occasione dell’accordo del 2018. Questo si comincia già a intravedere, contro la cassa integrazione unilaterale hanno scioperato solo USB/UILM sciopero riuscito, la FIM è collaborazionista e la Fiom data la minor penalizzazione di Genova ha parole critiche ma pratica fumosa e ambigua. Il primo round della trattativa romana si è conclusa con il mancato accordo, l’azienda però va avanti, per questo ora è il tempo della lotta.

Ora più che mai si mostra chiaro come l’entrata dello Stato, con Acciaierie d’Italia, è servito solo a dare soldi ai padroni, al grande padrone mondiale Mittal, e a non risolvere nessun problema dei lavoratori (e delle masse popolari di Taranto), anzi è servito a far accelerare i piani di esuberi, di peggioramento delle condizioni di lavoro, di peggioramenti del salario, dei diritti.

Solo la lotta, la continuità degli scioperi possono portare a fermare gli sciagurati piani di padroni e governo e a porre migliori condizioni per rivendicare altro.

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Dal Corriere di Taranto

Gianmario Leone

pubblicato il 28 Marzo 2022

30 marzo - 31 MARZO: CONTRO RAZZISMO E SFRUTTAMENTO, SCIOPERO DEGLI IMMIGRATI E DELLE IMMIGRATE IN TUTTA ITALIA!

 

Il 31 marzo saremo di nuovo in piazza, in varie parti d’Italia, per denunciare il razzismo istituzionale che affligge chi non ha la cittadinanza europea e per chiedere un radicale cambiamento delle politiche migratorie in questo paese. Mai come oggi è evidente quanto l’Italia e l’UE stiano adottando misure differenziali a seconda degli interessi geopolitici ed economici del momento. Improvvisamente, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, l’Unione Europea ha tirato fuori dal cilindro una direttiva del 2001 (pensata per i profughi kosovari in fuga dalle bombe della NATO e mai applicata) che - giustamente - permette a chi scappa dalla guerra di essere regolarizzata/o senza passare per una richiesta d’asilo, mentre una potente macchina di solidarietà si è messa in moto in tutta Europa, Italia compresa, per accogliere i milioni di persone in fuga dai bombardamenti. Questi, nell’immaginario comune, sono “profughi veri” e meritevoli.

Dov’erano e dve sono questi imprescindibili strumenti, quando si trattava di persone in fuga dalla Libia, dalla Siria, dall’Iraq, dall’Afghanistan, dal Sudan, dalla Somalia, dallo Yemen, e da tutte le altre guerre, di cui l’Europa porta una responsabilità pesantissima? Non sono forse anche queste guerre “alle porte dell’Europa”, Libia in primis? Perché nel 2012 chi veniva costretto ad imbarcarsi dalla Libia per l’Italia, e sfuggiva alle bombe della NATO, è rimasto in Italia per anni senza uno straccio di documento, in condizioni deplorevoli, spesso sfruttato nelle campagne? Perché nel 2015 si parlava di “emergenza” per numeri molto più contenuti di ingressi? E perché l’accoglienza e la solidarietà incondizionate, anche oggi, sono riservate principalmente a chi ha il passaporto ucraino, mentre nel paese si trovano migliaia di studenti e studentesse, lavoratrici e lavoratori stranieri che ancora una volta vengono respinti alle frontiere o comunque sottoposti a ben maggiori ostacoli burocratici per poter entrare nello spazio UE? Per non parlare di ciò che oggi accade, nel silenzio quasi totale, in Libia e Tunisia, dove migliaia di persone, fuggite da guerre a più o meno alta intensità e accampate davanti ai quartier generali dell’agenzia ONU per i diritti umani in condizioni di estremo disagio, chiedono da mesi di essere evacuate, ricevendo in cambio rastrellamenti, morte e indifferenza. È chiaro poi che le guerre da cui si scappa oggi non sono soltanto quelle combattute con le armi, ma anche con il furto di risorse (magari con il supporto militare), con la corruzione, la violenza politica e le loro conseguenze su scala globale (in primis il cambiamento climatico).

Da anni, immigrati e immigrate in Italia come in altri paesi europei chiedono la fine di questo sistema che crea varie gradazioni di accesso ai diritti di cittadinanza e costringe chi ne è escluso a molteplici forme di violenza e sopruso. La politica sa benissimo quanto queste persone siano necessarie all’economia, come non manca di affermare periodicamente, facendo eco alle associazioni dei datori di lavoro, Confindustria in primis. Lavoratrici e lavoratori immigrati possono essere pagati meno, sia che siano irregolari o soggetti al ricatto del permesso di soggiorno. Quando non lavorano in nero, poi, contribuiscono in maniera determinante a pagare le pensioni degli italiani. Infine, anche come “ospiti” di centri di accoglienza che speculano sulla loro pelle, i richiedenti asilo sono una “risorsa”. Ma la politica fa finta di non volerli, alimentando le divisioni e l’odio per distrarci dai veri problemi e dai loro responsabili e favorire lo sfruttamento.

Contro tutto questo, consapevoli che soltanto sottraendoci dal lavoro avremo nelle nostre mani un’arma di ricatto potente, scenderemo in piazza il 31 marzo. Al governo portiamo rivendicazioni concrete frutto di lotte che vanno avanti da anni, fra cui: la regolarizzazione di chi non ha il permesso di soggiorno,lo sblocco delle richieste di sanatoria, la cancellazione del legame fra contratto di lavoro e permesso di soggiorno e della residenza come requisito per il rinnovo, l’accesso alla cittadinanza e la facilitazione dei ricongiungimenti familiari, l’abolizione della detenzione amministrativa, dei respingimenti e delle deportazioni, così come l’abolizione dei decreti sicurezza e la fine di ogni abuso e discriminazione da parte delle istituzioni.

Per documenti per tutti/e e repressione per nessuno/a!

APPUNTAMENTI NELLE CITTA'

- Roma: h. 10 Piazza dell'Esquilino

- Foggia: h.10 davanti alla Prefettura (C.so Giuseppe Garibaldi)

- Torino: h. 9.30 davanti all'Ufficio Immigrazione della Questura (C.so Verona)

- Milano: h. 9.30 davanti all'Ufficio Immigrazione della Questura (Via Montebello)

- Modena: h. 9.30 davanti alla Prefettura (Viale Martiri della libertà)


30 marzo - GENOVA: PORTUALI CONTRO LA GUERRA VERSO LO SCIOPERO

 

Verso la mobilitazione generale operaia del 22 aprile a Roma, il Coordinamento nazionale lavoratori portuali USB lancia una giornata di lotta per il 31 marzo a Genova: sciopero di 24 ore nel porto di Genova, dalle ore 6 presidio presso il Ponte Etiopia, alle 10,30 assemblea operaia presso il CAP di Via Albertazzi


Il prezzo del conflitto – afferma una nota – lo pagheranno i lavoratori con licenziamenti e carovita. Non un centesimo, un fucile o un soldato per la guerra. Blocchiamo i nostri porti al traffico di armi. È l’ora della variante operaia. Come lavoratori portuali non abbiamo nessuna intenzione di restare indifferenti di fronte ai nuovi venti di guerra che tornano a soffiare in Europa. Questo conflitto, che ha una genesi che va ben oltre la ricostruzione di comodo dei nostri media nazionali e dei nostri politici, come ogni guerra nella storia, avrà delle pesanti conseguenze per tutti i noi. A pagarne le spese saranno proprio i lavoratori e le lavoratrici. In Ucraina e Russia ovviamente, ma anche nei paesi europei, attraverso l’aumento del costo dei beni energetici come gas e petrolio e delle spese militari. Tutto ciò porterà a contraccolpi devastanti per il nostro Paese. I licenziamenti di massa e le ristrutturazioni, che non si sono mai fermate, andranno avanti senza sosta. Milioni di lavoratori, già in difficoltà a seguito della crisi pandemica, si ritroveranno con aziende chiuse e stipendi più bassi. Con l’aumento del carovita e nessun adeguamento salariale complessivo a partire dai minimi tabellari, il potere di acquisto sarà ridotto drasticamente. Il prezzo della benzina che ha raggiunto cifre record (2,50€ per litro) e non accenna a fermarsi, inciderà anche sulla mobilità dei lavoratori e sul costo dei prodotti finali, a partire anche da quelli alimentari. Tutto ciò mentre il nostro Governo, utile servo della Nato e degli interessi americani, cerca di trascinarci ancora di più nel conflitto con l’invio di risorse economiche e l’adozione di sanzioni. Politiche che alimentano solo il conflitto. Perché è nostra convinzione che l’economia di guerra e i traffici d’armi che questa determina sono una delle principali cause dei conflitti e della loro deflagrazione quando le classi dirigenti li alimentano, operando in palese spregio delle leggi nazionali secondo cui l’Italia ripudia la guerra e si astiene da ogni fornitura e supporto militare alle parti belligeranti. Quello che dovrebbe essere un punto fermo della vita politica e civile del nostro Paese, da decenni ormai è stato completamente messo in soffitta in ossequio a interessi industriali e geopolitici del tutto estranei ai lavoratori. Il tema della guerra e quello del lavoro sono strettamente collegati. Tenerli separati sarebbe un errore, soprattutto per noi lavoratori portuali che lavoriamo a stretto contatto con le merci e non vogliamo essere complici della guerra movimentando armamenti di qualsiasi tipo e qualsiasi destinazione nei nostri scali. Per questi motivi il coordinamento nazionale dei portuali USB ha deciso di lanciare una giornata di mobilitazione a Genova in occasione dell’arrivo nel porto della nave saudita Bahri carica di armamenti statunitensi. In queste settimane i nostri lavoratori hanno effettuato un lavoro di monitoraggio negli scali in cui siamo presenti, denunciando qualsiasi movimento di armamenti, da Genova a Livorno, passando per Trieste e Civitavecchia. All’aeroporto di Pisa i lavoratori USB si sono già rifiutati di caricare armamenti su un aereo civile che, sulla carta, avrebbe dovuto trasportare aiuti umanitari. Abbiamo deciso di convergere su Genova il 31 marzo promuovendo anche un’assemblea nazionale dei lavoratori e delle lavoratrici impegnati su questi fronti. Un momento importante di lotta e confronto che servirà anche per confermare la nostra adesione alla mobilitazione del 22 aprile a Roma quando i lavoratori dell’industria, del commercio, della logistica, del trasporto e dei porti scenderanno in sciopero e porteranno direttamente di fronte ai palazzi del potere, la loro rabbia e la loro determinazione”.

lunedì 28 marzo 2022

28 marzo - LA MANIFESTAZIONE DI FIRENZE

 

prima valutazione

La manifestazione di Firenze promossa dal Collettivo della Gkn ha visto la partecipazione di 25mila persone, molte delle quali operai e lavoratori, rappresentanze sindacali di base e un gran numero di organizzazioni sociali e politiche che hanno voluto caratterizzare la manifestazione anche e sopratutto contro la guerra imperialista in Ucraina, contro il governo italiano che invia armi, missili, soldati e aumenta le spese militari, scaricando i costi sui lavoratori e le masse popolari. Questa manifestazione è stata una prima espressione di massa del fronte unito di lavoratori in lotta, studenti e masse popolari, e ha dimostrato che quando la lotta operaia è forte e prolungata ed è capace di chiamare a raccolta tutte le forze a sostegno, essa diventa – e questo è un merito che va dato al Collettivo di fabbrica della Gkn – centro di raccolta di tutte le istanze sociali e politiche – vedi studenti, movimento Friday for Future, No Tav, lotta per la casa ecc. – che si oppongono a questo sistema capitalistico e ai governi che lo rappresentano.

Lo Slai Cobas per il sindacato di classe  ha sostenuto fin dall’inizio la lotta degli operai della Gkn e lì dove è presente si è sforzato di generalizzarla contro le delocalizzazioni, a difesa di salari, occupazione - vedi Tessitura Albini di Mottola (TA) - nelle fabbriche e posti di lavoro di Bergamo, tra i precari di Palermo e Taranto, nell'assemblea nazionale delle lavoratrici in lotta ecc.,

Così come e' stato parte determinante per propagandare la manifestazione e l'adesione nella assemblea proletaria anticapitalista

Lo Slai Cobas sc ha raccolto il messaggio che viene dagli operai della Gkn di non limitarsi all’opposizione sindacale e sociale  ma di far avanzare l’idea di un governo nelle mani dei lavoratori e delle masse popolari. Questa manifestazione incoraggia ad andare verso questa strada.

Nello stesso tempo, però, gli organizzatori della manifestazione non hanno voluto dare, per scelta, la parola negli interventi finali agli operai e ai lavoratori/lavoratrici in lotta nelle loro diverse espressioni organizzate; mentre proprio questo avrebbe valorizzato il segno di classe e di lotta di tutta la loro battaglia per farla diventare sempre più la battaglia di tutti gli operai e lavoratori che quotidianamente, dalle fabbriche, alla logistica, alle realtà precarie del sud, combattono duramente contro i piani di padroni e governo.

E’ chiaro che come Slai Cobas sc noi vogliamo che avanzi dopo Firenze  questo messaggio, che diventi una realtà organizzata, unita e capace davvero di far fare un salto di qualità alla classe operaia e alle realtà proletarie in lotta.

La manifestazione è stata un grido forte e chiaro contro la guerra, contro l’invasione russa dell’Ucraina, contro il ruolo dell’imperialismo Usa/Nato/Ue-Italia che ha contribuito a crearne le condizioni e oggi l’alimentano, trascinandoci verso un devastante conflitto mondiale. La manifestazione ha detto che armi e profitti di “pace” e di guerra sono la espressione di un sistema imperialista e capitalista che scarica la crisi sui lavoratori, attacca e distrugge l’ambiente, trasforma la pandemia in morte di milioni di persone e ora ci strascina in questa guerra. Il messaggio di lotta per la  pace che viene anche dalla manifestazione del 26 ha senso se diventa lotta contro il proprio governo, guerra alla guerra in tutte leforme possibili e necessarie e valorizzi  la pratica dell’internazionalismo proletario.

Lo Slai Cobas sc come tutte le realtà presenti alla manifestazione lavorino in forma unitaria e prolungata  per intensificare iniziative di lotta in tutto il paese per uno sciopero generale contro la guerra, l’economia di guerra, l’aumento delle spese militari.

A questo appello corrisponde non una delega ma un’assunzione di responsabilità, che tocca a noi e a tutte le forze partecipanti, di far crescere il nostro impegno e la nostra battaglia concreta innanzitutto nelle fabbriche, sui posti di lavoro, nei quartieri proletari, nelle scuole e nelle piazze, legando la lotta contro la guerra all’intensificazione, estensione della lotta per il lavoro, il salario, la salute, i bisogni sociali dei lavoratori e delle masse popolari.

Slai Cobas per il sindacato di classe

 28/3/2022

28 marzo - SCIOPERO ALLE ACCIAIERIE E INDOTTO TARANTO

 

Oggi vi è stata una buona partecipazione allo sciopero indetto da UILM e USB con un presidio di 300 operai sotto la direzione

Esiste un chiaro negli operai alla cassa integrazione straordinaria per 3000 operai di cui 2500 a Taranto - fatta partire in forma unilatelare da oggi da Acciaierie Italia e la trattativa romana non ha potuto nelle condizioni attuali portare a nessun accordo

Lo Slai Cobas presente allo sciopero e al presidio da tempo ha fatto appello alla lotta contro questa nuova cassa integrazione ed è positivo che oggi questo si sia trasformato in sciopero - ora la lotta deve continuare contro ogni accordo su questa cassa integrazione e su una piattaforma operaia approvata dall'assemblea generale che possa essere materia di scontro prolungato

Slai Cobas per il sindacato di classe Taranto

venerdì 25 marzo 2022

26 marzo - INSORGIAMO A FIRENZE STRISCIONE UNITARIO

 

partecipare uniti a Firenze

appuntamento allo  striscione unitario rivolto a tutte le realtà interessate al fronte unico di classe


 contro la guerra imperialista- contro 

il governo imperialista italiano 


insorgiamo - il potere deve essere 

operaio! 

 

assembleaproletariaantcapitalista


26 marzo - Insorgiamo con i lavoratori GKN

 

La nostra lotta è partita dai cancelli della nostra fabbrica. 9 mesi fa. Il nostro #insorgiamotour è partito raggiungendo altri cancelli, ormai più di un mese fa.
Erano quelli della Caterpillar di Jesi. Da presidio permanente, a presidio permanente.
Insorgiamo! Diciamo noi qua nella piana fiorentina, Senza tregua!, rispondono dalle Marche aldilà dell’Appennino.

La nostra storia, come recita la locandina del nuovo libro di Alberto Prunetti, è quella di una lotta operaia. Ma c’è quel (e non solo) che segue che fa la differenza.

Non solo perché crediamo fortemente che non c’è lotta operaia che vince, se non prova a trasformare questo sistema, se non prova a incidere a migliorare questo mondo.
Ma anche perché di lotta operaie, nobili, gloriose, combattive, ma che in fondo in fondo, hanno perso, la storia recente di questo paese ne è piena.

E noi dobbiamo e vogliamo porci l’ambizione di invertire la tendenza.

Una di queste tendenze è lo sventolare l’unità dei lavoratori, e poi essere intrisi di diffidenza, paura, competizione. Una di queste tendenze è la frammentazione. Una di queste tendenze, maggioritaria, è non solo non riconoscersi come classe, ma anche come compagni e compagni.
Nelle differenze -di vedute e di esperienze- ma nella stessa condizione che vede uguali negli schemi gerarchici dell’ingranaggio capitalista. Che anche se più infimo, anche se più invisibile, anche se ci ha diviso in categorie e livelli, è sempre lo stesso nemico degli sfruttati, dei salariati, dei lavoratori. “Quelli che per vivere devono lavorare”, come recitava uno dei primi striscioni ai nostri cancelli.

Nel nostro piccolo, una vertenza si è invertita.
Insieme alle nostre tute da lavoro, abbiamo marciato con le pettorine gialle di chi picchettava nei magazzini della logistica o nelle fabbriche del tessile, con chi indossava il berretto di una nota una compagnia di bandiera svenduta, insieme ai cuochi e lavapiatti, ai facchini dei grandi eventi, agli insegnanti, ai postini, ai portapizze, ai bibliotecari.
Non riusciamo a elencare tutte le esperienze, tutti i percorsi di lotta e reale protagonismo di lavoratori e lavoratrici, vi invitiamo a farlo.
Li troverete con noi in corteo. Qualcuno addirittura farà sciopero, il 25 e il 26.
Perché che fatica che ci chiediamo: è tempo di lottar, è tempo di scioperar.

E’ tempo di tornare a far pesare la nostra forza in questo paese.
E’ la nostra sfida.
E’ il nostro compito.
Nessuno fermi, nessuno ferma, la classe operaia.


mercoledì 23 marzo 2022

24 marzo - Formazione Operaia – Lenin: Sui sindacati, gli scioperi… – 7 e ultima parte

 

Su Sciopero economico e sciopero 

politico

Questo testo, che chiude questo ciclo di Formazione Operaia, pone il legame tra sciopero economico e sciopero politico e mostra, anche sulla base dei dati degli scioperi e del loro carattere – in Russia, ma vale per tutti gli scioperi in ogni paese, sia allora che ora, dati che non abbiamo riportato ma sono ben indicati nel testo integrale – che uno sciopero rafforza l’altro. 

Noi abbiamo avuto esempi concreti della storia in Italia del movimento operaio, ma anche alcuni barlumi nel movimento attuale, come questo sia vero e inevitabilmente necessario. Via via che gli scioperi economici crescono, si estendono è inevitabile che gli operai, i lavoratori si pongano il problema se non è necessario lo sciopero che abbia al centro il porre fine al fatto che gli operai sempre devono essere sfruttati, che sempre deve esistere un pugno di ricchi, di padroni che si appropria del lavoro di milioni di uomini e donne. Lo sciopero che ponga la questione del potere operaio, del governo operaio.

Ma chiaramente – come spiega Lenin – lo sciopero politico non è una lotta che cade dall’alto sulla testa dei lavoratori delle masse popolari che vi partecipano, ma esso stesso si riempie dei bisogni, delle rivendicazioni portate negli scioperi economici: il lavoro, il salario, la sicurezza, la salute, ecc. ecc.

Lenin afferma: guai a togliere la base economica ad una lotta politica, essa non potrebbe essere realmente di massa. Pensate, che la Rivoluzione d’Ottobre si fece intrecciando parole d’ordine economiche con parole d’ordine politiche “pane, terra, pace”. Mao Tse tung dice che non si può sviluppare una guerra popolare se non ti occupi del “grano e del sale”.

Negli anni 69/70, nel grandioso movimento operaio dell”Autunno caldo’ in Italia, la ribellione operaia che diede vita a centinaia, migliaia di scioperi e varie iniziative di lotta, si mosse sulla base delle condizioni materiali e concrete (aumenti salariali, passaggio di categorie, parità salariale tra operai e impiegati e tra uomini e donne, questione della sicurezza sul lavoro, della nocività, problema del pagamento al 100% delle malattie, infortuni, ecc. ecc.); questo permise di unire gli operai, tantissime fabbriche, alla base. Nello stesso tempo questa unione sviluppò una forza ben oltre la dimensione della lotta sindacale. Tanto che capitalisti, borghesi, lo Stato ebbero una reale paura che quella ribellione, quegli scioperi facevano non solo apparire lo “spettro” della rivoluzione proletaria” ma il suo effettivo inizio, perchè vi era una fusione tra le lotte operaie e le idee della rivoluzione.

Ma abbiamo detto anche oggi questa inevitabile combinazione tra scioperi economici e scioperi politici comincia, anche se in embrione, ad apparire. Come non cogliere negli scioperi, lotte dei lavoratori immigrati, sia nella logistica che nelle fabbriche, che non si tratta solo di avere un contratto, ma di lottare contro uno Stato imperialista che li ha costretti a fuggire dalle loro terre e ora li sfrutta usando il razzismo; come non cogliere nella lunga e articolata lotta degli operai della Gkn non solo la rivendicazione del lavoro contro i licenziamenti, contro le delocalizzazione, ma la questione di un governo, di un potere differente, proletario, che dia le fabbriche in mano agli operai, e come non vedere nella solidarietà costruita intorno a questa lotta, che la classe operaia può e deve essere avanguardia di tutto il popolo, assumendo, attraverso la lotta politica, le istanze degli studenti, come dei settori ambientalisti radicali, ecc. 

E, come scrive Lenin: “Se i liberali (e i liquidatori) dicono agli operai: voi siete forti quando la «società» simpatizza con voi, il marxista parla diversamente agli operai : la «società» simpatizza con voi quando siete forti…”. E questo è un insegnamento che deve far riflettere tutti gli operai perchè comprendano quanto è importante per avere il sostegno alla loro battaglia che facciano loro il primo e importante passo con gli scioperi (pensiamo, per esempio, ai falsi discorsi, spontanei o indotti, che sono presenti tra gli operai dell’ex Ilva di Taranto); ma deve far riflettere gli stessi operai della Gkn, che questa “simpatia” è frutto della forza della loro lotta, non dell’appoggio acritico a qualsiasi movimento degli altri settori sociali.

Certo, come ben illustra Lenin nel testo, occorrono tanti scioperi economici che spingano verso lo sciopero politico – e questo al momento è lontano ancora da essere realtà. E, come Lenin spiega quando ricorda le cifre degli scioperi all’epoca in Russia, i numeri contano eccome.

Ma allora la prima questione che i comunisti devono fare è alimentare gli scioperi economici, aiutare gli operai, tutti i lavoratori, lavoratrici a farli. Coloro che fanno solo propaganda politica rivoluzionaria – e nel nostro paese, ma non solo, tanti gruppi che si dicono rivoluzionari, anche comunisti solo questo fanno – e non si “sporcano le mani” per aiutare gli operai ad organizzare scioperi sui bisogni e la condizione concreta dei lavoratori, delle masse popolari, possono parlare decine di anni di lotta politica, ma costantemente tolgono a questa lotta il terreno sotto i piedi, il suo legame con la lotta concreta degli operai. La loro attività può sembrare ai loro occhi più alta, più lodevole, che si occupano non di questioni meramente materiali bensì di questioni di principio, ma in realtà si tratta di un’attività opportunista, che vede i comunisti staccati dal legame concreto, “di vita”, con gli operai. 

Come scrive Lenin: “…il problema del miglioramento del tenore di vita è anch’esso un problema di principio, un importantissimo problema di principio, e, in secondo luogo, io non indebolisco, ma rafforzo la mia protesta quando protesto non contro una, ma contro due, tre, ecc. manifestazioni dell’oppressione…”.

Il legame, la combinazione tra scioperi economici e scioperi politici è nello stesso tempo la risposta contro gli economisti, presenti soprattutto in alcuni sindacati di base, che coltivano tra i lavoratori l’illusione che crescendo gli scioperi economici si arriva a mettere in crisi il potere borghese; lì dove per i comunisti, invece, occuparsi di tutti i bisogni degli operai, di tutti i lavoratori, lavoratrici, deve significare finalizzare la lotta economica alla lotta per la conquista del potere; preparando la combinazione dei due tipi di sciopero.

DAL TESTO DI LENIN: “Sciopero economico e sciopero politico” 

“…tra i due tipi di sciopero esiste uno stretto e indissolubile legame… Lo sciopero economico e quello politico si sostengono quindi reciprocamente, costituendo, l’uno per l’altro, una fonte di energia. Senza questo stretto legame fra i due tipi di sciopero, un movimento veramente vasto, di massa – che acquisti, inoltre, un’importanza nazionale – non è possibile. Non di rado, all’inizio del movimento, lo sciopero economico ha il potere di risvegliare e scuotere i più arretrati, di generalizzare il movimento, di elevarlo a un grado superiore… Ma il legame fra sciopero economico e sciopero politico è sempre esistito, Senza questo legame, ripetiamo, non è possibile un movimento effettivamente grande che raggiunga grandi obiettivi…

La classe operaia durante lo sciopero politico agisce come classe che è all’avanguardia di tutto il popolo. In questi casi il proletariato adempie la funzione non semplicemente di una classe della società borghese, ma la funzione di egemone, cioè di dirigente, di avanguardia, di capo. Le idee politiche che si manifestano nel movimento hanno un carattere popolare, investono cioè le condizioni più profonde, fondamentali della vita politica di tutto il paese…

D’altra parte, le masse lavoratrici non accetteranno mai di rappresentarsi il «progresso» generale del paese senza rivendicazioni economiche, senza un diretto e immediato miglioramento delle proprie condizioni. La massa è attratta nel movimento, vi partecipa energicamente, lo apprezza altamente e sviluppa il suo eroismo, il suo sacrificio, la sua tenacia e la sua fedeltà alla grande causa soltanto nella misura in cui la situazione economica di chi lavora si migliora. Non può essere altrimenti, appunto perché le condizioni di vita degli operai nei tempi «normali» sono inverosimilmente dure. Lottando per ottenere un miglioramento delle condizioni di vita, la classe operaia, al tempo stesso, si eleva moralmente, intellettualmente e politicamente, diventa più capace di raggiungere i grandi obiettivi della sua liberazione… 

Più forte è la pressione degli operai, maggiori miglioramenti del tenore di vita essi ottengono. Sia la «simpatia della società» che il miglioramento del tenore di vita sono il risultato dell’alto grado di sviluppo della lotta. Se i liberali (e i liquidatori) dicono agli operai: voi siete forti quando la «società» simpatizza con voi, il marxista parla diversamente agli operai : la «società» simpatizza con voi quando siete forti…

I dati scientifici della statistica per un periodo di parecchi anni confermano quindi pienamente l’esperienza fatta e le osservazioni di ogni operaio cosciente circa la necessità dell’unione dello sciopero economico con quello politico e la inevitabilità di questa unione in un movimento realmente vasto e popolare…

…il multiforme carattere degli scioperi attira più di ogni altra cosa masse di nuovi partecipanti, più di ogni altra cosa assicura la potenza della pressione e le simpatie della società, più di ogni altra cosa garantisce sia il successo degli stessi operai che l’importanza nazionale del movimento.
 
Lenin nel contestare il ragionamento dei “liberali” che dicono che le rivendicazioni economiche possano “«offuscare» il carattere di principio della protesta” – dice – “Al contrario… questa rivendicazione non «offusca» ma rafforza «il carattere di principio della protesta» ! Innanzi tutto il problema del miglioramento del tenore di vita è anch’esso un problema di principio, un importantissimo problema di principio, e, in secondo luogo, io non indebolisco, ma rafforzo la mia protesta quando protesto non contro una, ma contro due, tre, ecc. manifestazioni dell’oppressione…”…

“…invano – continua Lenin – il signor Iegiov (un liberale) confonde il problema della combinazione dello sciopero economico e dello sciopero politico con il problema della preparazione dell’uno e dell’altro! Certamente bisogna preparare e prepararsi, e inoltre quanto più possibile in modo unitario, affiatato, compatto, meditato, risoluto; tutto ciò è molto desiderabile. Non vi può essere discussione. Ma bisogna preparare, malgrado il signor Iegiov, appunto la combinazione dei due tipi di sciopero…
 
Non è vero che l’«intreccio» sarebbe un errore. È proprio il contrario. Gli operai avrebbero commesso un irreparabile errore se non avessero compreso tutta la particolarità, tutto il significato, tutta la necessità, tutta l’importanza, in linea di principio, appunto di questo «intreccio». Ma gli operai, per fortuna, comprendono molto bene tutto ciò e respingono con disprezzo la predica dei politici operai liberali…”.


23 marzo - LA MORTE TORNA AL PORTO DI TARANTO

 

La notizia così come ci e' pervenuta in tarda mattinata                     Incidente mortale al quarto sporgente del porto di Taranto. Un operaio tarantino quarantenne, Massimo De Vita, con la qualifica di rizzatore, ha perso la vita mentre era impegnato, secondo le prime informazioni trapelate, in operazioni di movimentazione di un grosso carico. L’uomo è stato schiacciato e ucciso da un grosso telaio in ferro che si è ribaltato durante le operazioni di movimentazione a terra di un carico di pale eoliche danneggiate sbarcato poco prima dalla nave Bbc Opal. Per il lavoratore non c'è stato scampo.
A quanto si è appreso, le pale eoliche erano state tutte sbarcate e si stava procedendo al posizionamento a terra dei telai in ferro. Per cause in corso di accertamento, uno di questi si è ribaltato travolgendo l’operaio. De Vita, uno degli operai presi in carico dall’Agenzia per il lavoro portuale dopo la messa in liquidazione della Taranto Terminal Container, era stato assegnato alla Compagnia portuale e utilizzato per lavori di movimentazione seguiti da una ditta d’appalto, come operaio specializzato.
Lo slai cobas per il sindacato di classe fa appello a una fermata generale da subito e per la giornata di  domani in tutto il porto e all'estensione dello sciopero a acciaierie Italia e appalto              operai giovani tenuti in cassa integrazione da mesi e mesi, messi dentro un'agenzia del lavoro e mandati al  lavoro di tanto in tanto, in condizione di insicurezza che ne possono mettere a rischio la vita sempre .. non ci venite a parlare di tragica fatalità'...

Sind confederali                            1 ora di sciopero a fine turno e un comunicato da burocrazia sindacale!


 

martedì 22 marzo 2022

22 marzo - MILANO, SANITÀ CONTRO LA GUERRA E VERSO LA MANIFESTAZIONE DEL 26 A FIRENZE

 CON UN PRESIDIO/BANCHETTO/VOLANTINAGGIO lo Slai Cobas sc Sanità ha raccolto firme contro la guerra (oltre 30 firme in meno di 1h e alcuni hanno preso il foglio/petizione e lo faranno firmare nei reparti)

SOTTOSCRIVIAMO LA PETIZIONE

NO ALLA GUERRA /NO AGLI AUMENTI DELLA SPESA MILITARE

NO ALL’AUMENTO DELLA BENZINA/BOLLETTE/CAROVITA

SI A PIÙ RISORSE PER LA SANITÀ PUBBLICA – SI A NUOVE E MASSICCE ASSUNZIONI DI OPERATORI SANITARI

Noi lavoratori condanniamo fermamente l’invasione imperialista di stampo neozarista della Russia di Putin dell’Ucraina, così come l’azione guerrafondaia dei governi Usa/Nato, Italia compresa, di stampo guerrafondaia volta a portare le truppe occidentali e basi militari ai confini russi, usando l’Ucraina come cavallo di Troia e pedina di guerra.

Siamo contro questa guerra tra banditi per il profitto dei padroni dell’energia e dell’industria bellica e per il controllo mondiale delle materie prime e vie geostrategiche.

Siamo solidali con le masse ucraine sotto le bombe e in fuga

Siamo contrari all’invio di armi, missili, aerei e dei soldati italiani nei territori di guerra

Siamo contro ogni scaricamento dei costi e gli effetti di questa guerra sui lavoratori e le masse popolari italiane già colpite da crisi e pandemia.

Chiamiamo tutti i lavoratori e tutte le organizzazioni sindacali a prendere posizione e a scendere in campo con assemblee, manifestazioni fino allo sciopero generale

La seguente mozione viene inviata a OO:SS e Associazioni

Verrà portata in delegazione a Prefettura/Regione/Comune e inviata al Governo e Parlamento

Firme:

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a cura dello Slai Cobas sc INT – Milano; cobasint@tiscali.it cell. 3387211377

allo stesso tempo è stato distribuito un volantino per invitare i lavoratori ad unirsi e partecipare alla manifestazione di sabato 26 a Firenze, a fianco degli operai della GKN


infine sono state affisse nelle bacheche, e non solo, le locandine



La reale opposizione in piazza manifestazione operaia e popolare GKN - Firenze 26 marzo - Bus da Bergamo

Chiamiamo gli operai a prendere posizione, a sostenere questa manifestazione a prepararla con iniziative e a partecipare. La lotta della GKN è diventata un movimento cosciente verso il POTERE OPERAIO, perché nessuno si salva da solo.

Per difendere la vittoria parziale della GKN che ha fermato i licenziamenti e aperto alla reindustrializzazizone del sito, c’è bisogno della massa, della presenza, TUTTI A FIRENZE!

Dobbiamo lottare come la GKN, dobbiamo lottare con la GKN.

Perchè nessuno si salva se comandano i padroni e i loro governi della guerra.

Le lotte di fabbrica sono l’alimento, ma ci legano in un continuo stato di emergenza.

Costruiamo il 26 a Firenze, per una reale manifestazione di opposizione operaia e popolare, per affermarci come classe, per rivendicare il governo del paese nelle mani degli operai, CONTRO QUESTO SISTEMA CHE È SFRUTTAMENTO E GUERRA!

La guerra oggi è tra imperialisti, per i profitti dei padroni del mondo, guerra commerciale, il controllo delle fonti energetiche. Come proletari non possiamo parteggiare per nessuno dei paesi in conflitto. Siamo contro l’invasione imperialista dell’Ucraina di stampo neozarista della Russia di Putin. Siamo contro i predoni imperialisti Usa/Nato europei che tutto hanno fatto per accendere questa guerra. Compreso il governo Draghi che in questa guerra ci trascina al loro servizio. Diciamo no allo stato di emergenza bellico, all’aumento delle spese militari, all’invio di armi in Ucraina.

Siamo solidali con le masse ucraine sotto le bombe, siamo per l’assistenza e l’accoglienza dei profughi di guerra, ma non accettiamo due pesi e due misure. Chi arriva da perenne miseria e guerra con i barconi, maltrattato se non cacciato, abbandonato. Dall’Ucraina accolti in alberghi.

Le guerre sono loro, i morti e le conseguenze distruttive sono nostre; i costi della guerra vengono sempre scaricati sulla pelle dei proletari e delle masse, come la crisi energetica, lo strepitoso aumento della benzina, delle bollette, dell’inflazione galoppante... e sono sempre fattore di profitti per i padroni.

Su questo terreno, ognuno deve fare la sua parte contro la guerra. In primis le organizzazioni che organizzano la classe operaia, tutti i lavoratori, i giovani, gli studenti in lotta, le masse popolari colpite sia nei loro interessi materiali, sia nei loro sentimenti e aspirazioni.

Noi lavoratori dobbiamo far sentire la nostra voce, la nostra opposizione in tutte le forme possibile, a partire dalle fabbriche e dai luoghi di lavoro.

Per tutto questo raccogliamo l’appello del collettivo di fabbrica GKN da mesi in lotta contro le delocalizzazioni e il lavoro, per il 26 a Firenze. E organizziamo la partecipazione.

SLAI COBAS per il sindacato di classe

19 marzo - ETERNIT IL PROCESSO INFINITO: L’INDECENTE DIFESA DEL PADRONE ASSASSINO CONFERMA LA GIUSTIZIA NEGATA NEI TRIBUNALI BORGHESI

 

Processo Eternit Bis, la difesa: “Nessun legame tra i morti e la gestione Schmidheiny”

Al processo Eternit bis prosegue la linea difensiva dell’ex proprietario svizzero della fabbrica. L’accusa è di omicidio volontario con dolo eventuale per 392 vittime 

CASALE MONFERRATO. Dimostrare che chi si è ammalato di mesotelioma era stato esposto all’amianto nel periodo prima della gestione di Stephan Schmidheiny. È la tesi difensiva che stanno portando avanti gli avvocati dell’imprenditore svizzero nel processo Eternit bis, ripreso davanti alla Corte d’Assise di Novara dopo uno stop forzato di due mesi a causa del Covid e dell’aumento dei contagi.

Nell’udienza di mercoledì, davanti ai giudici, sono stati ascoltati una ventina di testimoni, parenti di alcune delle 392 vittime per cui si sta celebrando il processo e di cui Schmidheiny è accusato di omicidio volontario con dolo eventuale. Saranno ancora qualche decina le testimonianze chiamate davanti alla Corte nelle prossime due udienze: l’obiettivo dei legali dell’imprenditore, gli avvocati Guido Carlo Alleva e Astolfo Di Amato, sarà dimostrare come l’insorgere della malattia sia avvenuto prima del 1976, ossia del periodo svizzero. «Per noi è stato difficile riascoltare i testimoni – commenta Bruno Pesce ex sindacalista e rappresentate di Afeva – ma ancora più difficile è stato per loro ripercorrere la malattia dei loro cari. È mancata anche una certa sensibilità perché i dati di cui si è discusso sono già tutti agli atti. Noi continueremo a stare al loro fianco, come abbiamo sempre fatto, per cercare dì ottenere quella giustizia che in tutti questi anni non è ancora arrivata».

Schmidheiny, già condannato per disastro ambientale doloso, reato prescritto in Cassazione nel 2014, è sotto processo anche in altre città. Si tratta di procedimenti derivano da uno spacchettamento deciso dai giudici di Torino, che aveva inviato i fascicoli alle procure italiane competenti territorialmente. Nel capoluogo piemontese l’imprenditore è chiamato a rispondere di omicidio colposo e il procuratore generale ha chiesto la conferma della condanna a quattro anni di carcere. Mentre la Procura di Napoli ha chiesto 23 anni e 11 mesi.


Pfizer di Catania conferma i licenziamenti di 210 lavoratrici e lavoratori

La Pfizer di Catania ha confermato il taglio di 210 posti di lavoro, 130 lavoratori a tempo indeterminato e 80 precari. La multinazionale americana che produce miliardi di profitti conosciuta in tutto il mondo per il vaccino anti-covid, di cui si tiene ben stretto il brevetto alla faccia della salute di miliardi di persone soprattutto in Africa, smentendo il suo ipocrita slogan “Insieme per un mondo più sano”, continua fermamente nella sua posizione.

Dopo mesi di “trattative” le lavoratrici e i lavoratori della Pfizer di Catania stanno sperimentando sulla propria pelle quanto sia pericoloso fidarsi dei padroni e dei vari ministeri, per non dire dei sindacati confederali che invece di proporre subito azioni di lotta incisive compreso scioperi che intaccano seriamente i profitti e l’occupazione della fabbrica, passano di tavolo in tavolo.
L’assessorato al lavoro siciliano, al cui tavolo sedevano proprio in tanti (oltre all’assessore Scavone, anche il prefetto Maria Carmela Librizzi, il sindaco facente funzioni di Catania, Roberto Bonaccorsi, i dirigenti generali dei dipartimenti regionali delle Attività produttive, Carmelo Frittitta, e del Lavoro, Gaetano Sciacca, la dirigente del Centro per l’Impiego etneo Salvatrice Rizzo, i rappresentanti dell’azienda e dei sindacati.) si dice addirittura soddisfatto per aver ottenuto “altri 10 giorni di tavolo delle trattative”! “Diamo tempo ulteriore ai sindacati per rappresentare le proposte a tutela dei lavoratori e all’azienda per spiegare con chiarezza la proiezione futura degli investimenti annunciati” (quanto è ridicolo l’assessore visto che l’azienda è stata molto chiara!)
“Poi – dice Scavone – si aprirà la procedura all’interno del Centro per l’impiego e contestualmente chiederemo l’avvio del tavolo di crisi al ministero…” Centro per l’impiego significa dare per persa già la battaglia! Mentre il Ministero ha già risposto che se ne lava le mani: “Il Ministero dello sviluppo economico – recita la nota – precisa che il tavolo sul sito Pfizer di Catania si sta già svolgendo in sede regionale nell’ambito di un normale confronto tra azienda e sindacati. Il Mise segue con attenzione, ma al momento non ci sono le condizioni per un suo coinvolgimento essendo la questione di competenza regionale”. Questo lo dice il ministero del ministro leghista Giorgetti, facendo fare una figura di cane all’altro ministro, Andrea Orlando che ad inizio marzo durante il question time alla camera aveva sottolineato “la massima disponibilità, insieme al ministero dello Sviluppo economico e ad altri ministeri che potrebbero aggiungersi, per la soluzione della crisi, la salvaguarda dei lavoratori e del tessuto economico e produttivo di Catania. La legge di Bilancio ci offre strumenti per la riqualificazione e la risoluzione delle crisi transitorie con l’obiettivo di evitare interruzione strutturale dei rapporti di lavoro”.
Le manovre della Pfizer potrebbero prevedere una più importante ristrutturazione di tutta la produzione in Italia e nel mondo, per cui queste potrebbero essere solo le prime mosse. È anche per questo, visto che di queste vertenze finite male purtroppo ne abbiamo viste fin troppe, che le lavoratrici e i lavoratori della Pfizer, se vogliono dare una svolta, devono fare tesoro delle esperienze proprie e di quelle di tanti altri lavoratori, collegarsi e prendere nelle proprie mani la lotta!
tratto da https://proletaricomunisti.wordpress.com/2022/03/19/pfizer-di-catania-conferma-i-licenziamenti-di-21o-lavoratrici-e-lavoratori/

venerdì 18 marzo 2022

18 marzo - SABATO 19: ASSEMBLEA NAZIONALE TELEMATICA X FIRENZE

 

Link alla videochiamata: https://meet.google.com/qew-zfzq-nvq

sabato si tiene l'appuntamento telematico nazionale deciso per affrontare essenzialmente la questione della partecipazione unitaria alla manifestazione nazionale a Firenze - interviene il collettivo di fabbrica GKN

noi prevediamo spezzone unitario - con striscione unitario al cui interno siano in forma sfusa i compagni che vi fanno riferimento - naturalmente all'interno striscioni bandiere delle realtà di lotta sempre nella forma sfusa - - con impianto autonomo piccolo di amplificazione per poter parlare al concentramento  e nel corso del corteo

l'assemblea socializzerà la situazione per Firenze

- affronteremo nel corso dell'assemblea - la questione della nuova mailing list dopo che ci hanno chiuso quella del patto d'azione e le proposte di nuove iniziative d vedi adesione alla giornata del 31 proposta da campagne in lotta

- introduzione breve max 10 minuti - interventi delle realtà anche più brevi conclusioni condivise -

Slai Cobas per il sindacato di classe

15-3-2022

Assemblea autoconvocata telematicanazionale ore 10/13

Sabato, 19 marzo · 09:00 – 13:00

Informazioni per partecipare di Google Meet

Link alla videochiamata: https://meet.google.com/qew-zfzq-nvq


giovedì 17 marzo 2022

17 marzo - Formazione Operaia – Lenin: Sui sindacati, gli scioperi… – 6° parte

 

Contro i sostenitori dell’economismo

Lenin critica coloro che in nome di andare dietro alle piccole rivendicazioni, al movimento spontaneo degli operai, lasciano e abbassano la lotta e la coscienza degli operai alla sola lotta rivendicativa, invece di elevare la lotta alla battaglia per porre fine al sistema di sfruttamento.

“L’errore fondamentale (degli economisti – scrive Lenin – è che) Essi si imbrogliano nella questione dei rapporti tra gli elementi “materiali” (spontanei…) del movimento e quelli ideologici (coscienti, che agiscono “secondo un piano”). Non comprendono che l'”ideologo” merita di essere chiamato ideologo solo allorquando precede il movimento spontaneo e gli indica la via quando, sa risolvere tutte le questioni teoriche, politiche, tattiche e organizzative che si pongono spontaneamente gli “elementi materiali” del movimento… bisogna saper elevare la spontaneità a coscienza. Dire, invece, che gli ideologi (cioè i dirigenti coscienti) non possono deviare il movimento dalla strada determinata dal giuoco reciproco dell’ambiente e degli elementi, significa dimenticare una verità elementare: che la coscienza partecipa a questa azione reciproca e a questa determinazione…”

“…la ripresa spontanea sia della massa operaia sia (grazie all’influenza di quest’ultima) degli altri strati sociali avviene negli ultimi anni con stupefacente rapidità… ma i dirigenti coscienti (socialdemocratici) sono in ritardo su questo sviluppo… Al movimento di massa (spontaneo)… mancano dei dirigenti che abbiano un orizzonte politico così largo, tanta energia rivoluzionaria, tale capacità organizzativa da permettere loro di creare sulla base del nuovo movimento un partito politico combattivo…”.

A cosa servono dei dirigenti comunisti se non fanno questo!? Se si tratta solo di sostenere la lotta che già facciamo, allora – direbbero gli operai – lo possiamo fare benissimo da noi. Voi non servite. Siete invece assolutamente necessari per “elevare la spontaneità a coscienza“, e questo è indispensabile per capire cosa sta dietro la battaglia che stiamo facendo (i padroni e tutto il loro sistema politico, statale repressivo, ideologico) e soprattutto cosa dobbiamo avere d’avanti, qual’è lo scopo della nostra lotta di classe, se può essere sempre e solo quella di avere un 10% di aumento salariale o attrezzarci per la lotta per l’abolizione del lavoro salariato. La coscienza – dice Lenin – non è che non partecipa agli “elementi materiali del movimento“, ma o è una coscienza portata da forze che spingono verso il riformismo, l’accontentarsi delle concessioni padronali e governative o è una coscienza rivoluzionaria, portata dai comunisti (gli ideologi). Per questi, la lotta rivendicativa, sindacale è normale e necessario che ci sia e che vada sostenuta, aiutata (in altri scritti Lenin dirà come si possono pesare a chili i volantini, appelli, comunicati, fatti dai socialdemocratici (comunisti) per queste lotte), ma la partecipazione dei comunisti è per trasformarla in lotta politica, e organizzare con i lavoratori più avanzati, con coscienza di classe, il partito della classe.  

Continua Lenin: “…Le cognizioni teoriche, l’esperienza pratica, l’abilità organizzativa sono cose acquisibili… Ma… nella socialdemocrazia russa hanno alzato, la testa uomini che non soltanto chiudono gli occhi davanti a questo difetto, ma anzi l’hanno proclamato particolare virtù ed hanno elevato a teoria il prosternarsi e lo strisciare davanti alla spontaneità, hanno cominciato a propagandare che i socialdemocratici non devono essere alla testa del movimento, ma trascinarsi alla sua coda... 

…(la) caratteristica fondamentale (dell’economismo) consiste nell’incomprensione e perfino nel ritardo, cioè… del ritardo dei dirigenti coscienti rispetto alla ripresa spontanea delle masse… Questa corrente teoricamente è caratterizzata… dall’opportunismo; politicamente, dalla tendenza a restringere l’agitazione politica e la lotta politica o a sostituirla con piccole attività, dall’incomprensione del fatto che, se non prenderà nelle proprie mani la direzione del movimento democratico generale, la socialdemocrazia non potrà rovesciare l’autocrazia…; organizzativamente è caratterizzata dall’incomprensione del fatto che il carattere di massa del movimento non solo non attenua ma al contrario accentua il nostro dovere di formare un’organizzazione di rivoluzionari forte e centralizzata capace di dirigere sia la lotta preparatoria sia ogni improvvisa esplosione sia infine l’attacco decisivo…”.

Lenin denuncia/critica coloro, che pur dicendosi rivoluzionari, e anche comunisti, invece di stare davanti, di guidare il movimento, stanno dietro, lo esaltano così com’è. Questo è presente anche oggi. Alcuni, anche dei sindacati di base combattivi, esaltando la lotta sindacale, rivendicativa, e/o illudono gli operai che quella lotta che già fanno è la lotta politica; sviluppano tra gli operai in lotta una visione distorta/esagerata della lotta sindacale, che si lega ad un opportunismo nell’assumersi compiti politici e organizzativi più elevati; altri pensano che basta estendere quella lotta rivendicativa per influenzare/determinare l’azione del governo. La conseguenza è una mancanza di autonomia di classe strategica degli operai che non può che, dopo la lotta, ingabbiarli nell’eterno riformismo impotente, sia pur più “nobile”.

Da Il Progetto di una nuova legge sugli scioperi 

In riferimento all'”autonomia di classe degli operai”, questo altro scritto di Lenin è un insegnamento perfetto su come gli operai e i comunisti devono agire nella lotta rivendicativa, come devono giudicare i risultati, le leggi frutto del loro movimento di lotta e come devono approfittare anche dei piccoli risultati, “stando all’erta” e andando avanti.

Scrive Lenin: “…la minaccia di arresto o di prigione per l’abbandono arbitrario del lavoro da parte di un solo operaio o per concordata cessazione del lavoro da parte di molti operai non raggiunga lo scopo prefisso… non garantisce il mantenimento dell’ordine; essa non fa che irritare gli operai, inculcando loro la convinzione che le leggi siano ingiuste. Applicare queste leggi è cosa molto complicata “essendo estremamente oneroso istruire centinaia e a volte migliaia di processi” per abbandono del lavoro da parte di ogni singolo operaio, e anche perchè l’industriale non ha interesse a rimanere senza operai, se questi vengono messi in prigione per aver scioperato. Il fatto di considerare lo sciopero come un delitto provoca un intervento troppo zelante della polizia, che reca agli industriali più danni che utilità, più difficoltà e noie che sollievo…”. Da qui la nuova legge sugli scioperi che “invece della perseguibilità penale degli scioperi, si propone la perseguibilità penale per aver ostacolato “coloro che desiderano lavorare””. 

Nuove leggi le può fare il governo, esse sono il frutto indubbio di un grande movimento di lotte, ma in alcuni casi, proprio per i problemi che ha posto quel movimento di lotta, sono volute anche dai padroni, per cercare di porre fine alla lotta (pensiamo alla conquista della legge sullo “Statuto dei Lavoratori” che aveva un doppio significato: quello di essere principalmente il frutto del grande movimento operaio dell’Autunno caldo, ma anche un tentativo di padroni e governo di irregimentare in una legge la grande spinta degli operai che aveva fatto tremare la borghesia per lo “spettro” della rivoluzione). 

Questo doppio aspetto di una legge non sminuisce il risultato, ma pone la necessità che si abbia coscienza del “gioco tra le parti”, perchè i lavoratori non si adagino. 

“La concessione è ben piccola – scrive Lenin – ma essa “è un’indubbia concessione a una forza crescente, l’abbandono da parte del nemico di una delle sue posizioni…”. “… sarebbe ridicolo anche solo pensare alla possibilità di una vera libertà, della libertà di sciopero, quando non vi è libertà politica… Ma gli operai sapranno approfittare anche di una piccola concessione per consolidare le proprie posizioni, per rafforzare e allargare la loro grande lotta per la liberazione dell’umanità lavoratrice dalla schiavitù del lavoro salariato…”. E, continua Lenin

“il nuovo “passo” del Ministero degli industriali ci offre anche un altro utile insegnamento. Quello della necessità di saper utilizzare in pratica qualsiasi liberalismo, anche quello da due soldi, ma di stare allo stesso tempo “all’erta” perchè questo liberalismo non corrompa le masse del popolo con la sua falsa impostazione dei problemi… Il proletariato, nella sua lotta contro tutto il regime attuale, deve anzitutto imparare a guardare le cose in faccia  e a mente fredda, a scoprire le vere cause che hanno indotto lo “Stato a nobili atti”…”… In questo gli operai devono respingere coloro che predicano la “moderazione proprio quando il governo ha appena cominciato ad esitare (su qualche questione particolare)…”, Invece i comunisti devono dire “Avanti, dunque, con coraggio! Divulgate la lieta novella: l’incertezza è penetrata nelle fila del nemico, e approfittate della sua sia pur minima esitazione non per moderare… le vostre rivendicazioni ma per porle con più forza. Del debito che il governo ha verso il popolo, vi vogliono dare un copeco su cento rubli. Approfittate dell’incasso di questo copeco per esigere, a voce sempre più alta, l’ammontare completo del debito, per discreditare definitivamente il governo, per preparare le nostre forze ad assestargli il colpo decisivo”. 

Lenin spiega chiaramente che la lotta degli operai è una “guerra di classe”. E in una guerra conquistare una “posizione”, anche piccola, è importante nei rapporti di forza. 

In questo senso occorre contrastare due posizioni entrambe sbagliate: 

disprezzare i risultati (anche “da due soldi“) frutto della lotta; questo è estremismo stupido, che in realtà guarda dall’alto sprezzante gli operai, non tiene in conto che se gli operai perdono sempre, dopo aver fatto una lunga lotta, è difficile che vadano avanti, gli operai perdono fiducia nella lotta e si indeboliscono, i loro nemici invece si rafforzano. Nello stesso tempo questo estremismo, apparentemente iper critico della borghesia, del capitalismo, in realtà scade nell’illusione che in questo sistema basta una lotta sindacale sia pure lunga per strappare grandi risultati. Questa posizione è della piccola borghesia e/o di economisti operaisti.

esaltare i risultati, invece di stare “all’erta” e dire “Avanti“. “Il proletariato– dice Lenin – nella sua lotta deve anzitutto imparare a guardare le cose in faccia  e a mente fredda“, senza illusioni. Ma soprattutto senza stare a sentire coloro che dopo un risultato, dicono agli operai di accontentarsi, di fermarsi; coloro che abbelliscono i piccoli risultati (soprattutto i sindacati confederali). Queste posizioni invece di far stare all’erta i lavoratori li spingono a delegare, a guardare con fiducia verso il governo, che in breve tempo recupera anche le piccole concessioni. 

(CONTINUA IL PROSSIMO GIOVEDI’)