Una quarantina di lavoratori protestano ai cancelli di un'azienda del
Lodigiano. Nel mirino una coop che, secondo loro, avrebbe effettuato
azioni discriminatorie e irregolarità contrattuali. La Cgil presenta un
esposto in Procura: i finanziamenti erano destinati all'integrazione
degli immigrati
di Thomas Mackinson | 1 giugno 2012
Pagamenti in nero
ed evasione fiscale, licenziamenti arbitrari, fondi ricevuti dalla
Regione per agevolare gli immigrati usati per pagare straordinari fuori
busta. Tutto questo si agita davanti ai cancelli della Ceva Logistic di
Somaglia, polo industriale del Lodigiano, dove ieri una quarantina di
lavoratori si sono dati appuntamento per un nuovo blocco contro l’
azienda e la cooperativa che all’interno svolge mansioni di
movimentazione merci. Nel mirino delle proteste la coop Cimabue che, .........a
detta dei lavoratori, avrebbe messo in campo una serie di azioni
discriminatorie verso i soci e irregolarità contrattuali, retributive e
fiscali. Tanto da indurre la Cgil a fare un esposto alla Procura della
Repubblica di Lodi e all’Ispettorato del lavoro che dovrebbe inviare
sul posto i suoi funzionari.
Tra le pieghe di una vicenda complessa,
fatta di passaggi di mano tra imprese cooperative, spunta anche un
finanziamento da 200mila euro erogato da Regione Lombardia per progetti
di integrazione dei lavoratori immigrati che sarebbe rimasto sulla
carta, mentre fuori dai cancelli i lavoratori in protesta esibiscono
assegni fuori busta paga e non dichiarati a copertura degli
straordinari. “In pratica la cooperativa dirotta i soldi che dovevano
servire a finanziare percorsi di integrazione e li usa come provvista
per pagamenti in nero”, denuncia a muso duro Guido Scarpino, segretario
della Filt Cgil di Lodi. Sul punto gli stessi lavoratori immigrati
impegnati a fermare l’ingresso e l’uscita dei camion dallo stabilimento
giurano di non aver mai ricevuto alcun contributo per attività volte al
loro inserimento.
Il progetto si chiama “Tempo al tempo” ed è partito
a marzo. Coinvolge la Cisl di Lodi, l’Ufficio scolastico provinciale e
la consigliera di Pari Opportunità. Da quest’ultimo, Vanna Cavalieri,
arriva qualche ragguaglio in più: “E’ stato realizzato dalla
Cooperativa Cimabue con un primo contributo regionale di 200mila euro
arrivato alla fine del 2011. Siamo ancora nella prima fase in cui
vengono analizzati i bisogni dei lavoratori”. La seconda fase prevede
“weekend residenziali di benessere, in cui i lavoratori, assistiti da
psicologi, verranno ospitati con le famiglie in un agriturismo in
gruppi da 20 persone e campus per i figli minori assistiti e attività
di recupero scolastico e svago”. Chiaro dunque che di tutto questo i
lavoratori non abbiano ancora visto molto. “Va sottolineato il valore
del progetto, soprattutto in un settore ‘selvaggio’ in cui il livello
di sfruttamento e di attenzione ai costi è elevato”, dice la
consigliera. Ma quella – a detta dei lavoratori della Cimabue in
presidio – sarebbe proprio la loro condizione, aggravata dal fatto che
chi ha perso il posto non è stato ancora pagato e aspetta le
compentenze dell’ultimo mese di lavoro.
Queste ombre stanno emergendo
ora perché da alcuni mesi la situazione a Somaglia è deteriorata
uscendo dal perimetro del capannone. Nello stabilimento Ceva lavorano
circa 300 persone divise in tre cantieri (Continental, Hankook, SSL)
sulla base di appalti che si aprono e chiudono in un valzer di
cooperative dai numeri elastici a seconda della portata delle commesse
e dei carichi di lavoro. Un appalto, in particolare, riguarda 80
lavoratori della cooperativa Cimabue in orbita Cisl. Al principio erano
sotto la “Punto Servizi” che a gennaio ha aperto la procedura di
mobilità presso Regione Lombardia. A inizio febbraio, prima della
scadenza, la Ceva ha rescisso il contratto e ha affidato l’appalto al
consorzio Cal, del quale la Cimabue fa parte e che orbita nella Cisl.
Nel passaggio vengono confermati in 50 mentre 30 restano fuori dai
cancelli, per loro c’è solo la cassa integrazione a zero ore. “Li
stanno facendo passare come esuberi ma non lo sono, e lo certifica il
fatto che chi è rimasto dentro lavora 12 ore al giorno e sta facendo
gli straordinari, per di più pagati in nero. Dalle nostre verifiche in
magazzino si stanno facendo 200 ore e 120 sono date fuori busta e senza
alcuna ricevuta di pagamento”, attacca Scarpino.
Per la Cisl risponde
il segretario generale Mario Uccellini: “Non sto seguendo direttamente
la vicenda perché non mi occupo di trasporti ma so che il tema vero per
quel polo di attività Ceva è la riduzione delle commesse che si è
ripercosso anche sul personale che non era più assorbibile. Sul resto,
in attesa di chiarimenti, mi sento di negare ci siano state azioni poco
trasparenti, a partire dal sindacato”.
Qualche camion entra, uno ogni
mezz’ora circa, per non bloccare del tutto l’attività. Anche perché
dentro ci sono i colleghi più fortunati che non hanno subito il taglio
e ben si guardano dal raggiungere chi sta dall’altra parte. “Temono di
subire ritorsioni. Del resto chi è rimasto fuori ha già subito un
trattamento discrimatorio. La scelta tra chi lavora e chi no è stata
fatta con totale arbitrarietà, violando le più elementari regole delle
procedure di mobilità”, spiega Scarpino. In effetti ai cancelli si
ritrova un padre con nove figli. “E’ paradossale ma in mobilità è
finita perfino una ragazza in coma farmacologico”. Tra poche ore qui
arriveranno gli ispettori e ad attenderli il presidio ai cancelli.
Perché la protesta continuerà fino a quando i vertici della società
accettareranno un incontro e un confronto.
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