Ilva, mandato d'arresto per
Fabio Riva.
Contestata una truffa da 100 milioni
Contestata una truffa da 100 milioni
E' stato emesso un mandato d'arresto, nell'ambito di
una inchiesta della procura di Milano, per Fabio Riva, già coinvolto
nell'inchiesta della Procura di Taranto sull'Ilva. Contestata truffa ai danni
dello Stato per un centinaio di milioni e associazione a delinquere, eseguiti
sequestri
MILANO - E' stato emesso un mandato
d'arresto, nell'ambito di una inchiesta della procura di Milano, per Fabio
Riva, già coinvolto nell'inchiesta della Procura di Taranto sull'Ilva. Fabio
Riva, da quanto si è saputo, si trova in Inghilterra. Si tratta di una nuova
ordinanza di custodia cautelare a carico di Fabio, uno dei figli di Emilio
Riva, ex patron dell'Ilva, nell'ambito dell'inchiesta milanese coordinata dal
procuratore aggiunto Francesco Greco e dai pm Mauro Clerici e Stefano
Civardi.
L'ordinanza di custodia cautelare a carico di Fabio Riva e di altre 2 persone è stata firmata dal gip Fabrizio D'Arcangelo. Per Fabio Riva è stato necessario però emettere un mandato d'arresto europeo perché si trova in Inghilterra. Da quanto si è saputo questa è una terza tranche di una inchiesta più ampia della procura di Milano su vicende finanziarie, societarie e fiscali del gruppo Riva. In questa tranche, in particolare, i pm ipotizzano una truffa aggravata dello Stato per l'erogazione di contributi per l'esportazione.
A Fabio Riva viene contestata una truffa ai danni dello Stato per circa un centinaio di milioni di euro alla quale avrebbero contribuito altre due persone arrestate, un professionista residente in Svizzera e un dirigente della Riva Fire. La truffa sarebbe stata realizzata attraverso la creazione di una società ad hoc per ottenere contributi pubblici. Nelle ipotesi degli inquirenti c'è anche l'associazione per delinquere. I pm hanno iscritto nel registro
degli indagati
per questo nuovo capitolo giudiziario sull'acciaieria anche l'Ilva, accusata di
violazione della legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa degli
enti per reati commessi dai dipendenti. I finanzieri hanno effettuato sequestri
da 200 milioni di euro complessivi.
I dirigenti del Gruppo Ilva, tra cui Fabio Riva, avrebbero creato una società ad hoc con sede in Svizzera, l'Ilva Sa, per aggirare la normativa (la 'legge Ossola') sull'erogazione di contributi pubblici per le grandi aziende che esportano all'estero In sostanza, la normativa prevede che le aziende, che hanno commesse estere e però ricevano i pagamenti dall'estero in modalità dilazionata nel tempo, possano ricevere stanziamenti a fondo perduto da una società, la Simest, controllata dalla Cassa Depositi e Prestiti. L'Ilva, però, non avrebbe potuto avere queste erogazioni, secondo l'accusa, perché riceveva pagamenti in seguito alle commesse estere con dilazioni a non più di 90 giorni. E così, sempre secondo le indagini, sarebbe stata costituita la società svizzera che prendeva le commesse all'estero e poi si interfacciava con l'Ilva spa. A quel punto, i pagamenti dalla società svizzera all'Ilva venivano dilazionati nel tempo in modo da poter rientrare nella normativa sulle erogazioni pubbliche. I pm avrebbero accertato una truffa da 100 milioni di euro a partire dal 2007.
Mentre si registrano questi sviluppi sul fronte giudiziario, ricomincia oggi alla Camera l'esame del decreto legge 136 su Ilva Taranto e Terra dei Fuochi. Ieri la discussione in aula ha riguardato soprattutto l'emergenza ambientale dei Comuni campani, oggi invece si entrerà nel merito delle questioni del siderurgico di Taranto per il quale il decreto legge delinea due percorsi. Il primo attiene il potere del commissario dell'Ilva, Enrico Bondi, di aumentare il capitale sociale dell'Ilva partendo dai Riva, che sono la proprietà dell'azienda, ma anche estendendolo, in caso di rifiuto degli stessi Riva, a investitori terzi oppure utilizzando le risorse che agli industriali dell'acciaio hanno sequestrato i giudici di Milano per reati valutari e fiscali. Il secondo percorso, invece, riguarda le misure di prevenzione ambientale e di tutela della salute delle popolazioni esposte alle fonti inquinanti nelle due aree territoriali.
I dirigenti del Gruppo Ilva, tra cui Fabio Riva, avrebbero creato una società ad hoc con sede in Svizzera, l'Ilva Sa, per aggirare la normativa (la 'legge Ossola') sull'erogazione di contributi pubblici per le grandi aziende che esportano all'estero In sostanza, la normativa prevede che le aziende, che hanno commesse estere e però ricevano i pagamenti dall'estero in modalità dilazionata nel tempo, possano ricevere stanziamenti a fondo perduto da una società, la Simest, controllata dalla Cassa Depositi e Prestiti. L'Ilva, però, non avrebbe potuto avere queste erogazioni, secondo l'accusa, perché riceveva pagamenti in seguito alle commesse estere con dilazioni a non più di 90 giorni. E così, sempre secondo le indagini, sarebbe stata costituita la società svizzera che prendeva le commesse all'estero e poi si interfacciava con l'Ilva spa. A quel punto, i pagamenti dalla società svizzera all'Ilva venivano dilazionati nel tempo in modo da poter rientrare nella normativa sulle erogazioni pubbliche. I pm avrebbero accertato una truffa da 100 milioni di euro a partire dal 2007.
Mentre si registrano questi sviluppi sul fronte giudiziario, ricomincia oggi alla Camera l'esame del decreto legge 136 su Ilva Taranto e Terra dei Fuochi. Ieri la discussione in aula ha riguardato soprattutto l'emergenza ambientale dei Comuni campani, oggi invece si entrerà nel merito delle questioni del siderurgico di Taranto per il quale il decreto legge delinea due percorsi. Il primo attiene il potere del commissario dell'Ilva, Enrico Bondi, di aumentare il capitale sociale dell'Ilva partendo dai Riva, che sono la proprietà dell'azienda, ma anche estendendolo, in caso di rifiuto degli stessi Riva, a investitori terzi oppure utilizzando le risorse che agli industriali dell'acciaio hanno sequestrato i giudici di Milano per reati valutari e fiscali. Il secondo percorso, invece, riguarda le misure di prevenzione ambientale e di tutela della salute delle popolazioni esposte alle fonti inquinanti nelle due aree territoriali.
(22 gennaio
2014) ©
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