Per le
strade in scena la rabbia e la protesta di una parte di società verso il primo
ministro Erdogan con tendenze sempre più autoritarie. Scontri anche a Ankara
ministro Erdogan con tendenze sempre più autoritarie. Scontri anche a Ankara
marta
ottaviani
Lo avevano
assicurato: chi si sarebbe avvicinato a Piazza Taksim nel cuore di Istanbul,
per partecipare al corteo del Primo Maggio, l’avrebbe pagata cara. Ma oggi,
nella megalopoli sul Bosforo e nella capitale turca, Ankara, si sono viste
scene di vera e propria guerriglia urbana, segno evidente che, nell’unico Paese
della Mezzaluna a vocazione europea, la tenuta democratica presta il fianco a
preoccupazioni sempre più serie. Le telvisioni in mattinata avevano
diffuso il tradizionale messaggio del premier Recep Tayyip Erdogan come se
niente fosse. Ma per le strade di Istanbul e di Ankara andava in scena la
rabbia e la protesta di una parte di società civile verso un primo ministro con
tendenze sempre più autoritarie. I disordini, ampiamenti previsti da giorni,
si verificano ogni anno dal 2007 e sempre per lo stesso motivo: il rifiuto
della prefettura di Istanbul e del governo a concedere Piazza Taksim ai
manifestanti. Anche il motivo della richiesta è sempre lo stesso: poter
commemorare le 36 vittime del 1977, morte in seguito a una sparatoria della
polizia in piazza. Anni bui, nei quali furono coinvolti anche i servizi segreti
americani. Anni in cui la Turchia era una democrazia a metà, con i militari
sempre pronti a intervenire per difendere lo Stato laico fondato da Mustafa
Kemal Ataturk. Anni di guerre fra bande, che la Mezzaluna sperava di essersi
lasciata alle spalle e che invece negli ultimi mesi sono tornate in modo
prepotente alla ribalta, complice anche l’atteggiamento del governo guidato da
un Erdogan sempre più lanciato verso la presidenza della Repubblica e il potere
assoluto e sempre meno disposto ad ascoltare la sua gente. A Istanbul
interi quartieri sono stati isolati fin dalle prime luci dell’alba, impedendo
ai residenti di uscire e costringedoli a passare la giornata barricati nelle
loro case per sfuggire ai fumogeni. I poliziotti schierati sono stati oltre
40mila. I manifestanti si sono concentrati in zone circostanti la piazza, dove
è scoppiata una vera e propria guerriglia urbana. A Besiktas, sul Bosforo,
alcuni cittadini sono quasi stati asfissiati da tanti lacrimogeni sono stati
sparati dalla polizia e sono scappati dalle loro case, cercando rifugio in
altri quartieri. Molti manifestanti colpiti dai getti di idrante, hanno
iniziato a lamentare forti bruciori e a togliersi i vestiti di dosso, lasciando
intendere che nell’acqua erano contenute sostanze urticanti. In molte strade
sono stati divelti i marciapiedi, spaccate macchine e vetrine. Una furia alla
quale la polizia ha reagito con cariche, getti di idrnte a forte intensità,
pioggia di lacrimogeni. Nella zona di Taksim, molti venditori ambulanti hanno
continuato a fare il loro mestiere indossando maschere antigas. Non è
andata meglio nella capitale Ankara, come Istanbul teatro di violenti scontri e
dove la polizia, fra un selfie finito su tutti i siti internet, e veri e propri
muri smontabili per bloccare le strade, ha iniziato anche a sparare proiettili
di gomma a distanza ravvicinata contro i manifestanti, come ha riportato il
quotidiano turco Hurriyet. Scene da una Turchia che da circa un anno è
attraversata da forti tensione e dove il governo islamico-moderato, che ha
vinto le ultime elezioni amministrative nonostante gli scandali che lo hanno
travolto e le accuse di brogli, fatica a riportare la sicurezza interna sotto
controllo. La Mezzaluna ha davanti mesi di fuoco. A fine maggio ricorrerò
il primo anniversario della rivolta di Gezi Parki, quando milioni di persone
scesero in piazza in tutta la Turchia contro il governo. Non solo. In quei
giorni l’ex Basilica di Santa Sofia potrebbe essere riaperta al culto islamico
dal premier Erdogan in persona. In agosto si terranno le elezioni
presidenziali e il primo ministro, che sarà quasi sicuramente candidato,
potrebbe vedersela con l’ex compagno d’armi, ora oppositore Abdullah Gul,
attuale capo di Stato. Il pericolo, è che l’atmosfera nel Paese si surriscaldi.
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