4 dicembre: Napoli, contro il jobs act - Orientale occupato - contestato Ichino e occupato il Rettorato.

Ieri

Orientale Occupata! Napoli si mobilita contro il Jobs Act... non è che l'inizio!



Come c’era da aspettarsi, oggi il Senato ha posto la fiducia al Governo sulla delega della Riforma del lavoro. Il famigerato Jobs Act è passato, ma non sotto silenzio, come avrebbero voluto i suoi sostenitori.

 Anche a Napoli ci siamo mobilitati: l’assemblea di oggi pomeriggio all’Università Orientale si è rapidamente trasformata in un corteo selvaggio che, comunicativo e determinato, ha sfilato per le strade del centro della città, con blocchi stradali e sanzionamenti alla sede del Pd e a quella di Confindustria. Le notizie arrivate dalle altre città, le cariche violente e i compagni feriti e fermati a Roma, la fiducia posta dal Senato, ci hanno spinto a dare un segnale forte di solidarietà con le altre mobilitazioni in corso e di forte opposizione al Jobs Act: riunirci in assemblea permanente e occupare l’Università.
La giornata di lotta di oggi, nonostante il tentativo dei media di ridimensionarla se non tacerla completamente, restituisce con estrema chiarezza un quadro che non piacerà di sicuro a Renzi e i suoi compari: in questo paese esiste un fronte che sta provando a compattarsi contro i provvedimenti di questo governo, perché ormai la portata dell’attacco che i padroni ci stanno rivolgendo è chiara a tutti e non c’è retorica giovanilista o di svecchiamento che tenga.
La loro paura è che questo fronte possa prendere forza, consenso, radicarsi in ogni settore della società per riuscire a supportare la resistenza dei lavoratori in mobilitazione in ogni parte d’Italia e degli studenti in agitazione contro il Piano Scuola e per preparare l’offensiva contro chi, ogni giorno, sfrutta il loro lavoro, ruba il loro tempo, distrugge le loro vite.
Sta a noi fare sì che questa paura si concretizzi, da ora in avanti, in un movimento reale, sempre più largo che blocchi i decreti attuativi che il Governo dovrà fare entro i prossimi sei mesi per riempire effettivamente la delega sul lavoro conferitagli, in bianco, dal Parlamento.
Insomma, lo ripetiamo, non è che l’inizio…

Uniti e inflessibili blocchiamo il Jobs Act, sfiduciamo il Governo Renzi!

Oggi
Napoli, contestato Ichino e occupato il Rettorato. Corteo a Bagnoli


Situazione assai movimentata a Napoli e dintorni questa mattina dopo il corteo di ieri contro il Jobs Act con le contestazioni alla sede del Pd e a quella di Confindustria e l’occupazione dell’Università Orientale da parte dei collettivi studenteschi.
Questa mattina dalla Facoltà di Lettere, occupata immediatamente dopo l’Orientale, un folto gruppo di studenti e attivisti ha deciso di andare a contestare il giuslavorista e senatore di Scelta Civica Pietro Ichino, presente insieme a Stefano Fassino per una conferenza sul Jobs Act all'università Federico II, i cui ingressi però erano sbarrati e pesantemente blindati dai reparti mobili della polizia in assetto antisommossa che hanno anche cercato di entrare all’interno dell’ateneo.
Dopo il fronteggiamento con la polizia gli studenti sono riusciti a far saltare il convegno, con Ichino che si è allontanato di gran carriera scortato dalla polizia, e hanno ottenuto il ritiro dei contingenti di celere e poi hanno deciso di occupare il Rettorato della Federico II per denunciare al rettore il sequestro dell’Università da parte del governo e delle forze dell’ordine e per protestare contro l’accoglienza riservata dall’istituzione universitaria a un personaggio considerato dai manifestanti uno dei maggiori responsabili del peggioramento delle condizioni dei lavoratori e dei giovani negli ultimi anni. Dopo un'assemblea pubblica con studenti e lavoratori all'interno del Rettorato sono state sospese le lezioni per spiegare al resto degli studenti le motivazioni della mobilitazione contro il Jobs Act.
Sempre questa mattina circa 500 persone appartenenti a diverse sigle del movimento studentesco e dei centri sociali hanno sfilato per le vie di Bagnoli cercando anche di occupare l’ex sede della Nato.


4 dicembre: Accordo alle acciaierie di Terni. Tutto bene? - il commento di un operaio dell'AST "che non è felice" - da Operai Contro

Redazione di Operai Contro.
Terni – Dopo quattro mesi di incontri e scontri, occupazioni, 36 giorni di sciopero, è stato firmato l’accordo per le acciaierie di Terni.
I punti salienti dell’accordo 
Un milione di tonnellate di produzione, due forni accesi (anche se il secondo con ritmi ridotti); nessun licenziamento, personale ridotto di 290 unità grazie al bonushttp://cdncache-a.akamaihd.net/items/it/img/arrow-10x10.png di 80 mila euro lordi per i licenziamenti agevolati; 140 milioni di investimenti dell’azienda in quattro anni, a partire dal trasferimento della linea 5 di Torino che dovrebbe avvenire entro ottobre 2015; impegno generico nei confronti delle ditte terze; 6 milioni di investimento da parte del governo per l’accesso all’energia a prezzi agevolati; )9.5 milioni per l’integrativo. Sono previsti 40 euro per la domenica, la conferma delle attuali maggiorazioni, un’indennità di chiamata 40 euro su volontariato, un premio di 723 euro per tutti legato alle certificazioni ​ ; la Regione ci mette 5 milioni per gli investimenti, più finanziamenti per imprese e lavoratori per il sostegno alle ditte terze. Promesse sulle infrastrutture di collegamento tra Orte e Civitavecchia e bretella San Carlo a Terni. Il piano ha valenza quadriennale. Le controllate Aspasiel, Sdf e Tubificio sono destinate a diventare business unit. restano tutelati i contratti a tempo determinato e gli apprendisti.
I licenziamenti di 290 operai (per adesso) si chiamano licenziamenti agevolati, 6 milioni di regali del governo all’azienda, altri 5 milioni li mette la regione. Pochi spiccioli per noi operai.
Un accordo a perdere
Non so cosa diranno domani mattina le assemblee.
Intanto i sindacati Ast, hanno revocato lo sciopero, assemblee e poi referendum
 Sciopero revocato dalle 6 di domani e presidi alle portinerie sospesi all’Ast di Terni dopo la firma dell’accordo di oggi al ministero dello Sviluppo economico. Lo annunciano in una nota le segreterie provinciali di Fim, Fiom, Uilm, Fismic e Ugl, confermando che da domani si terranno le assemblee durante le quali verranno illustrati ai lavoratori i contenuti del nuovo piano. L’intesa sarà comunque messa a votazione tramite referendum nei prossimi giorni.Secondo le cinque sigle «l’ipotesi di accordo, frutto di giorni di mobilitazione e negoziato, recepisce parti significative delle proposte fino ad oggi sostenute dalle organizzazioni sindacali e dai lavoratori».
Ma per capire l’accordo riporto sinteticamente i giudizi dei politici, dei sindacalisti, del governo e del padrone.
La presidente Marini:  «È stata una vertenza durissima. Con il piano presentato da ThyssenKrupp a luglio il rischio era quello di un drastico ridimensionamento del sito siderurgico di Terni, un’infrastruttura essenziale per l’industria italiana e umbra, con impatti devastanti sull’occupazione diretta di Ast e dell’indotto» Infine Marini ricorda che il sistema di interventi che la Regione Umbria ha messo sul tavolo del confronto prevede, prima di tutto, «risorse per almeno cinque milioni di euro finalizzati al sostegno degli investimenti sull’efficienza energetica e sulla sostenibilità ambientale delle produzioni».
Vicaro (Ugl): «Finalmente abbiamo raggiunto un’intesa che gestisce le uscite  ( cioè i licenziamenti) su base volontaria e che garantisce i lavoratori su tutti i punti più importanti di questa estenuante trattativa: oltre alla volontarietà degli esodi, il piano quadriennale, il milione di tonnellaggio di colato e i due forni sono confermati, c’è la clausola contrattuale per la gestione degli appalti e giuste tutele sull’integrativo».
Landini (Fiom): «L’unità dei sindacati e dei lavoratori è ancora un volta uno strumento che paga che permette di tutelare i lavoro e le condizioni di chi lavoro».
Ad Morselli: “L’accordo firmato oggi su Ast è «quello che volevamo tutti». Cazzo ha ottenuto di licenziare gli operai, soldi dallo stato, soldi dalla regione, si che questo accordo le va bene
Barone (Cgil) Con l’accordo per l’Ast di Terni «si riapre una prospettiva per un’azienda strategica dell’industria italiana».  «È stato evitato – spiega – un drastico ridimensionamento dell’assetto produttivo e dell’occupazione, ridando allo stabilimento ternano una più stabile collocazione nel mercato nazionale ed internazionale. Il sacrificio occupazionale, con la perdita di 290 posti di lavoro, è comunque pesante. Su ThyssenKrupp grava di conseguenza la responsabilità di tenere fede agli impegni assunti con il lavoratori, le Istituzioni e il Governo, in materia di investimenti, politiche commerciali, innovazione, volumi, per rendere credibile il percorso di risanamento e di rilancio dell’azienda. Solo così sarà possibile preservare un patrimonio della siderurgia e dell’intera economia italiana a partire da quella territoriale umbra». «Altrettanto importante – conclude – sarà il ruolo del Governo e delle Istituzioni locali per l’adozione delle misure di politica industriale, in tema di infrastrutture, servizi, energia, per rafforzare l’integrità produttiva e occupazionale di Ast e del suo indotto.  Questo sembra il giudizio del responsabile dei padroni della siderurgia.
Ministra Guidi: “Sono estremamente soddisfatta dell’intesa raggiunta. Nonostante le difficoltà di una trattativa che ha coinvolto il governo per molti mesi, siamo riusciti a siglare un’intesa che, sommata ai recenti accordi per la Ferriera di Servola e per la Lucchini, salvaguardia un settore, quello dell’acciaio, strategico per l’economia italiana”,
Venturi (Fiom):«Nessun trionfalismo perchè questo è un accordo che interviene in un momento difficile, ma posso dire che la lotta dei lavoratori paga». Così il coordinatore del settore siderurgia della Fiom Gianni Venturi sull’intesa su Ast. «Le condizioni dell’accordo ci sono sembrate soddisfacenti. Non c’è cassa integrazione e tanto più non ci sono licenziamenti, ma 290 esuberi volontari» ha detto Venturi.
Bentivogli (fim Cisl): «Vertenza durissima, finale positivo e importante. Firmata ipotesi accordo dopo 25 ore di no-stop e 4 mesi di vertenza. Nessun licenziamento e cigs».
Renzi: Ho espresso la «soddisfazione del Governo» perché «da qualche minuto si è conclusa la vicenda Ast a Terni».
Bellanova: «È un bel risultato. Molto faticoso, ma ce l’abbiamo fatta. Siamo alla firma di un accordo unitario siglato da tutte le organizzazioni sindacali, è molto soddisfacente e credo che domani riceverà un alto consenso da parte dei lavoratori che se lo sono conquistati», ha spiegato Bellanova. «Non ci saranno licenziamenti, ci sono 290 esuberi, tutti con adesione volontaria. È stata tolta dal tavolo la Cig. C’è stato un rinnovo dell’integrativo aziendale e c’è l’impegno che al passaggio di appalto si guarderà prioritariamente ai lavoratori che già lavorano», ha sottolineato Bellanova. «Oggi possiamo segnare un punto per il rilancio non solo della siderurgia ma anche dei rapporti sindacali che erano molto deteriorati», ha concluso il sottosegretario. L’accordo «che è arrivato dopo una trattativa lunga e faticosa», sottolinea ancora Bellanova, «sarà considerato molto soddisfacente dai lavoratori che se lo sono conquistati». L’accordo, infatti, arriva dopo 36 giorni di sciopero. Si tratta del più lungo sciopero degli ultimi anni per una crisi industriale.
Redazione sono tutti felici, sono sicuri del si degli operai
Un operaio AST di Terni che non è felice


4 dicembre: ILVA - LA POSIZIONE DELLO SLAI COBAS per il sindacato di classe

Chi e che cosa salva l'Ilva - Stato o privati? Il problema è chi salva gli operai!
Circa i privati: Riva - Indiani, brasiliani.. russi cinesi come diceva una battuta anni fa - Marcegaglia, Arvedi... abbiamo già dato!
Circa lo Stato: l'Ilva passerebbe allo Stato in sostanza con un'operazione di trucco contabile, per eludere la Comunità europea e le stesse leggi.
Noi non vogliamo l'amministrazione straordinaria, una sorta di fallimento pilotato, che comporterebbe inevitabilmente tagli ai posti di lavoro, ambientalizzazione incerta, i lavoratori "salvati" perderebbero i diritti, per non parlare delle ditte dell'appalto o legate all'Ilva che rischiano di entrare nella trafile di "creditori del fallimento" e dove sono e sarebbero in gioco migliaia di posti di lavoro.

Non vogliamo la creazione di una "good company" a cui destinare solo la parte che dà profitto e una "bad company" in cui lasciare a morire debiti, problematiche ambientali, risarcimenti, operai in esubero. 
Il risanamento della fabbrica verrebbe fatto con i soldi pubblici e quindi totalmente alla mercè delle politiche di un governo Renzi che oggi spara promesse di fondi, domani viene fuori che non ci sono coperture...; quindi non un vero risanamento ma solo quello che basta a far marciare la fabbrica
nelle stesse condizioni in ncui è ora. Per non parlare dell'inquinamento dei quartieri per cui già stiamo vedendo che significa: fondi pochi e tempi infiniti.

Non vogliamo un nuovo caso Alitalia

Noi vogliamo comunque un decreto operaio che stabilisca

- nessun  operaio deve andare a casa,
- salari e diritti non si toccano,
- tutti gli operai devono essere impiegati durante la messa a norma degli impianti,

- la prima messa a norma è garantire la sicurezza degli operai,
- istituzione di una postazione ispettiva fissa in Ilva
- in una fabbrica insalubre e nociva come l'Ilva non si può stare e lavorare per tanti anni ma che 25 anni bastano, con estensione, quindi, a tutti dei benefici pensionistici,
- la salute è un diritto intoccabile per operai e cittadini, per cui servono visite mediche mirate, cure sanitarie gratuiti, ospedale e strutture d'emergenza, affidate ad Emergency, per fronteggiare la situazione.


4 dicembre: APPROVATO IL JOBS ACT = PRECARIETA', LIBERTA' DI LICENZIAMENTO, ATTACCO AI DIRITTI DEI LAVORATORI

dal blog di proletari comunisti

Una riforma del lavoro che ha come scopo solo la difesa dei profitti padronali nella crisi, portata avanti con stile moderno fascista

La cancellazione dell'art. 18 non creerà neanche un posto di lavoro in più e invece dà un grosso segnale alle aziende di poter tranquillamente liberarsi di operai, scomodi o troppo "costosi". 

Il contratto a tutele crescenti con sgravio ai padroni del pagamento dei contributi per tre anni è soprattutto la strada spalancata a tenere permanentemente sotto ricatto i nuovi assunti, a licenziare entro i tre anni, ad annullare i contratti in essere a tempo indeterminato, trasformando i rapporti di lavoro in uno stato di precarietà permanente.
Le aziende già dal 1990 con la legge 407 beneficiavano per i primi tre anni di sgravi contributivi, questo nuovo contratto ha dato in più la libertà di licenziare. 
L'attacco a diritti imprescindibili dei lavoratori, come il demansionamento e rinuncia a parte delle ferie, è un pesante segnale che non ci sono più diritti intoccabili, neanche quelli legati alla salute psicofisica - in questo modo altri diritti fondamentali saranno eliminati. E comunque i padroni sperimentano positivamente che ciò che già attuano di illegale sui posti di lavoro viene prima o poi legalizzato dal governo. 
Sui controlli a distanza, la modifica apportata sembra veramente una presa in giro, come se gli impianti e gli strumenti di lavoro si muovessero da soli...
Sugli ammortizzatori sociali, la riforma del lavoro porta in realtà ad una loro riduzione (non c'è più la cassintegrazione in deroga e di fatto anche quella straordinaria diventerà un'eccezione), non ad una loro estensione. I Disoccupati restano sempre e comunque fuori.

UNO SCIOPERO GENERALE CHE NON ABBIA COME OBIETTIVO LA CANCELLAZIONE DEL JOBS ACT E DELL'ATTACCO ALL'ART. 18 E LA CADUTA DEL GOVERNO RENZI ANTIPROLETARIO, ANTIPOPOLARE, CHE USA LA REPRESSIONE CONTRO I LAVORATORI, I GIOVANI, LE MASSE IN LOTTA SUL LAVORO E I DIRITTI, E' UNA PRESA IN GIRO, e i lavoratori vengono usati per tornare ai Tavoli concertativi.

"Lo sciopero generale deve essere una rivolta sociale. Perchè la rivolta sociale è la risposta reale alle aspirazioni dei proletari e delle masse, è l'obiettivo per cui la parte più radicale del movimento di lotta può e deve lavorare, per far cadere Renzi e sbarrare la strada ad ogni governo dei padroni" (dal giornale proletari comunisti del Pcm- Italia)  
*****
Articolo 18. Sarà possibile licenziare un dipendente anche senza giusta causa o giustificato motivo. Le tutele dell’articolo 18 non varranno più per i licenziamenti economici: il lavoratore non potrà più ricorrere al giudice per chiedere il reintegro nel posto di lavoro, gli spetterà invece «un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio». Fortemente limitata la possibilità di reintegro anche nel caso di licenziamento disciplinare ingiustificato: sarà limitata solo «a specifiche fattispecie» (da definire dettagliamente con i decreti attuativi) e saranno anche previsti «termini certi per l’impugnazione». Non cambia nulla (e quindi resta il reintegro) per i licenziamenti nulli e discriminatori.

Contratto a tutele crescenti per i neoassunti. Arriva il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio. La delega prevede l’introduzione di «un testo organico semplificato» e il riordino delle tipologie contrattuali, che attualmente sono più di 40. In particolare andranno «ad esaurimento» le collaborazioni coordinate e continuative. L’orientamento è quello di arrivare a non più 4-5 contratti. Dovrebbero quindi rimanere: contratto a tempo indeterminato che per i nuovi assunti sarà nella forma delle tutele crescenti; contratto a termine; apprendistato, part-time. Viene esteso ad altri settori produttivi il voucher per i lavori stagionali: confermato il tetto dei cinquemila euro annui per lavoratore.

Mansioni flessibili e controlli a distanza. Cambia anche un altro articolo dello Statuto dei lavoratori, il 13 che impone all’azienda di adibire il lavoratore «alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito». La delega invece consente «l’utile impiego del personale» in caso di «processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale individuati sulla base di parametri oggettivi». In pratica è il via libera al demansionamento ma a una condizione: siano tutelate condizioni di vita ed economiche. Il che dovrebbe significare (ma lo si vedrà meglio con i decreti attuativi) che la marcia indietro nella carriera sarà a parità di stipendio. Viene rivista anche la disciplina dei controlli a distanza con la possibilità di controllare impianti e strumenti di lavoro.

Ferie solidali - Viene data ai lavoratori la possibilità di cedere parte delle loro ferie annuali retribuite a colleghi con figli minori malati gravi.

Ammortizzatori sociali. La cassa integrazione non potrà più essere autorizzata in caso di cessazione «definitiva» di attività aziendale o di un ramo di essa. La delega prevede anche una differente partecipazione contributiva da parte delle aziende, a seconda dell’effettivo utilizzo (in pratica chi non ne fa uso pagherà di meno). Scompare la cig in deroga. Il sussidio di disoccupazione Aspi sarà esteso ai lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa «fino al superamento di questa forma contrattuale». Per averne diritto - ma saranno i decreti attuativi a specificarlo meglio - basterà aver lavorato 3-4 mesi negli ultimi due anni. La durata dell’erogazione del sussidio sarà commisurata «alla pregressa storia contributiva del lavoratore».

Agenzia nazionale per l’occupazione partecipata da Stato, Regioni e Province autonome, vigilata dal ministero del Lavoro. Avrà competenze gestionali in materia di servizi per l'impiego, politiche attive e Aspi. Il beneficiario di un ammortizzatore sociale (cig o sussidio di disoccupazione) dovrà dare la sua disponibilità a seguire corsi di qualificazione ed eventualmente anche «allo svolgimento di attività a beneficio delle comunità locali», senza però che questo - come è accaduto in passato con i lavori socialmente utili - alimenti aspettative di assunzione nel pubblico. Chi si rifiuta rischia di perdere il sussidio.

Maternità. L’indennità di maternità sarà estesa, anche gradualmente, a tutte le categorie di lavoratrici. Le parasubordinate avranno diritto all’assistenza anche «in caso di mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro». Per contrastare la pratica delle cosiddette dimissioni in bianco sono previste «modalità semplificate per garantire data certa nonché l’autenticità della volontà del lavoratore in relazione alle dimissioni o alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro». Le donne lavoratrici, anche autonome, con figli minori o disabili non autosufficienti e che si trovino al di sotto di una determinata soglia di reddito individuale complessivo, potranno godere di un “tax credit”.


3 dicembre: ILVA-RENZI: ME LA RIPRENDO, L'AGGIUSTO E LA RIDO' AI PRIVATI - CHE SUCCEDE PER GLI OPERAI?

Dopo l'intervista a Renzi che ha detto: “L'Ilva tornerà allo Stato, la salviamo e poi vendiamo”

tutte le forze sindacali si vanno schierando con lui - Fiom in prima fila, entusiasta, Uilm, Fim più scettica e l'Usb anche se chiamano le parole di Renzi con nomi diversi, quelli per cui ognuno può dire: "avevo ragione io".
MA LA SOSTANZA NON CAMBIA. L'Ilva passerebbe allo Stato con un trucco contabile, per eludere la Comunità europea e le stesse leggi. Con l'amministrazione straordinaria, una sorta di fallimento pilotato, vi sarebbero tagli ai posti di lavoro, l'ambientalizzazione non si fa né si farà, i lavoratori “salvati” perderanno i diritti, per non parlare delle ditte dell'appalto o legate all'Ilva che rischiano di entrare nella trafile di “creditori del fallimento” e dove sono e sarebbero in gioco migliaia di posti di lavoro.
"Rimettere in sesto l'azienda" altro non vorrà dire che creazione di una "good company" a cui destinare solo la parte che dà profitto ai padroni (italiani o indiani che siano) e di una "bad company" in cui lasciare a morire debiti, problematiche ambientali, risarcimenti, operai in esubero. Il risanamento della fabbrica verrebbe fatto con i soldi pubblici e quindi totalmente alla mercè delle politiche di un governo Renzi che oggi spara promesse di fondi, domani viene fuori che non ci sono coperture...; quindi non un vero risanamento ma solo quello che basta a far marciare la fabbrica e a dare profitto ai padroni. Per non parlare dell'inquinamento dei quartieri per cui già stiamo vedendo che significa: fondi pochi e tempi infiniti. In realtà, che significa amministrazione straordinaria?
L'amministrazione straordinaria è un tentativo di salvare il salvabile di una società sull'orlo del fallimento, tant'è che l'amministrazione straordinaria può essere sempre convertita nella procedura fallimentare.
Una delle condizioni per l'amministrazione straordinaria è la possibilità di risanare l'impresa – MA o attraverso un programma di cessione/dismissione di parti dell'azienda o un piano di ristrutturazione.
VALE A DIRE SEMPRE UN PROGRAMMA DI TAGLI, TAGLI E TAGLI!
Soprattutto di posti di lavoro! Infatti, in caso di
cessione di parti dell'azienda l’acquirente ha solo l’obbligo del mantenimento dei livelli occupazionali al massimo per 2 anni per chi passa; per gli altri lavoratori la prospettiva è o un periodo di CIGS o licenziamento

QUESTA E' LA VERITA' - CHE HANNO BEN SPERIMENTATO BUONE PARTE DEI LAVORATORI DELL'ALITALIA


Ma da dove prende i soldi, Renzi?

Le banche italiane, dopo l'ultima trance del "prestito ponte" vogliono chiudere i cordoni della borsa; la Cassa Depositi e Prestiti, per Statuto, non può investire direttamente in una società in crisi; i possibili acquirenti vogliono uno stabilimento a prezzi stracciati e già ArcelorMittal "ha fatto sapere di non riconoscere un'AIA che che supera gli standard europei attuali", d'altra parte il gruppo franco-indiano vuole acquisire l'Ilva soprattutto per tener lontano altri concorrenti, attuando poi un ridimensionamento dello stabilimento di Taranto, quindi non è affatto disposto a mettere molti soldi; le casse - queste sì ancora piene - dei Riva non sono messe in conto dal governo... e l'utilizzo del 1,2miliardi sequestrati è bloccato dal ricorso degli stessi Riva. 
A questo punto?

Renzi pensa di battere cassa presso la Banca Europea degli Investimenti (BEI),per 2,33 miliardi, per il "finanziamento di lavori strutturali e per l'efficienza energetica, con rifacimento delle cokerie" (facendo credere che questi soldi andrebbero utilizzati solo per operazioni di natura ambientale, altrimenti la UE metterebbe il veto, perchè gli aiuti di Stato sarebbero una concorrenza sleale verso le altre siderurgie europee).
Ma anche qui c'è un grosso problema:di solito la Bei finanzia le imprese non i governi, e sicuramente neanche le imprese in crisi. E Renzi non può pensare di fare il "furbetto" per aggirare le norme europee - (gli altri padroni non sono mica fessi...)

Ma ammesso e non concesso che il governo Renzi trovi i soldi, di che operazione si parla?
(da Il Fatto Quotidiano) - "IL PROGETTO POTREBBE RIGUARDARE SOLTANTO LA PARTE DECOTTA DELL’AZIENDA MENTRE QUELLA BUONA RESTA AI PRIVATI.
Quello di Renzi rischia di nascondere il trucco. Quello di un nuovo “spezzatino” modello Alitalia, con la creazione di una “bad company” che mette i debiti e i guai sotto il tappeto lasciando il futuro a una nuova società fresca di capitali. 
La procedura di amministrazione straordinaria, istituita dopo il crac Parmalat, affida a un commissario straordinario, un programma di ristrutturazione.... Una bad company potrebbe essere realizzata semplicemente affidando alla “vecchia” società tutti i contenziosi legali oppure affidandole anche il piano di risanamento ambientale"

Renzi fa i conti senza l'oste
"Ci stanno privando di un bene privato - dicono i Riva (con l'appoggio della Federacciai) - quando leggeremo il testo annunciato da Renzi, ricorsi in tutte le sedi...".
A tuttora i Riva sono proprietari dell'Ilva con il 90% delle azioni e il resto è degli Amenduni (sempre ramo dell'impero Riva).
Già... "piccolo problema" in un sistema capitalista che nessuno - nè Renzi, nè il Pd, nè i sindacati confederali, neanche la Magistratura - chiaramente vuol mettere in discussione.
Renzi il veloce, ha trovato - dice - la "soluzione" per l'Ilva, ma non può risolvere il "piccolo problema" del "bene privato"...
Anzi, dal mondo degli industriali (vedi il loro giornale Sole 24 Ore del 2 dic.) cominciano a levarsi voci scandalizzate: "il commissariamento... si è trasformato nei fatti in una cancellazione sostanziale dei diritti di proprietà... molti principi del diritto liberale e del funzionamento dell'economia di mercato sono stati poco alla volta compromessi... adesso lo Stato ha deciso di venderla come fosse una impresa sua e non di imprenditori privati... i Riva, peraltro, non solo non hanno subito una condanna, ma nemmeno sono stati rinviati ancora a giudizio. Dunque, non appare corretto che passi il principio di uno spossessamento attuato da uno Stato... ... Serve... equilibrio..."

E Renzi ha il "piccolo problema" di rispondere e servire i suoi padroni...
Quindi, non si entusiasmassero tanto i fautori della "nazionalizzazione", dalla Fiom all'Usb.


Landini/Camusso si legano mani a piedi al governo Renzi


(da Repubblica) - "E' importante che si pensi a un intervento pubblico per l'Ilva", ma "è indispensabile mettere in campo un'operazione strategica che non può portare a una riedizione del modello Alitalia". E' quanto ha affermato il segretario generale della Fiom-Cgil, Maurizio Landini, in un'intervista a Repubblica.

Landini, cosa pensa dell’ipotesi affacciata dal presidente Renzi?
«Ritengo che Renzi dica una cosa giusta. Siamo di fronte alla necessità di salvare un pezzo decisivo del sistema industriale italiano. Ed è importante che si pensi a un intervento pubblico. Che deve voler dire responsabilità diretta nella gestione da parte del governo; che vuol dire aver un management all’altezza della gravità della situazione; che vuol dire aver le risorse per gli investimenti necessari per attuare il piano di risanamento ambientale; che vuol dire tutela dell’occupazione e garanzie di lavoro anche per le aziende del territorio».

Landini e Camusso si suicidano da soli. Sono legati a cosa fa Renzi e quindi non possono avere alcun ruolo se non quello di premere perchè l'intervento pubblico del governo si realizzi. D'altra parte c'è da dire che Renzi non pensa affatto di attuare un vero risanamento ambientale, nè alla tutela di tutti i posti di lavoro e dei lavoratori dell'appalto e delle aziende collegate all'Ilva. Quello che ha in programma è, invece, proprio un nuovo modello Alitalia, con la creazione di una "bad company" in cui buttarci i problemi ambientali e migliaia di operai "esuberi". 

Lei esclude un futuro privato per l’Ilva?
«Non escludo nulla, ma dico che ora è indispensabile mettere in campo un’operazione strategica che non può portare — sia chiaro — a una riedizione del “modello Alitalia”».

In realtà il governo sembrerebbe ispirarsi proprio al caso Alitalia. Perché lei dice di no?
«Perché questa volta serve un’operazione vera di politica industriale. Non si può pensare di scaricare ancora i debiti di una società su tutta la collettività per regalare agli stranieri di turno un’impresa strategica».

Landini bleffa, Ed è una mascalzonata far passare verso gli operai l'operazione truffaldina di Renzi per quello che non è.

Il governo dove può trovare i soldi per un’operazione del genere?
«C’è il Fondo strategico, c’è la Cassa depositi e prestiti».

Landini nasconde che la Cassa Depositi e Prestiti, per suo Statuto, non può intervenire in questo caso, per un'azienda che ha forti problemi di liquidità e di indebitamento.

Dunque, Renzi promosso?
«Noi abbiamo sempre giudicato il governo per quello che fa. Se finalmente ha capito che per uscire dalla crisi dell’Ilva serve un intervento pubblico, noi non possiamo che concordare. Certo ci si muove in una logica opposta alla teoria secondo cui per attirare gli investimenti bisogna rendere più facili i licenziamenti e tagliare un po’ di tasse alle imprese ».

Ma Landini ci fa o è? Non si può dire che "ci si muove in una logica opposta" a chi vara il Jobs act e l'attacco all'art. 18 rendendo più facili i licenziamenti e regalando soldi alle imprese e poi riabbracciare Renzi che anche nell'operazione Ilva è proprio questo che farà: tagliere posti di lavoro, dismissione di parti dell'azienda per svendere/regalare l'azienda a nuovi compratori...

L’intervento del governo non rischia di scontrarsi con le regole europee che vietano esplicitamente gli aiuti di Stato?
«Senta, l’industria pubblica esiste in Francia come in Germania. Qui si tratta di salvare un’industria strategica...»...

Landini parla come Renzi. Salviamo l'impresa... poi succeda quel che succede...

3 dicembre: ROMA contro il Jobs ACT - la lotta che c'è, lo sciopero generale che non c'é!




gli studenti in prima fila nella lotta contro il jobs act, operai assenti sotto la cappa dei sindacati confederali complici del governo, che pilotano al dopo approvazione lo sciopero generale che si doveva  fare prima



3 dicembre: Il governo Renzi, chiede la fiducia sul Jobs Act - manifestazione a Roma, cariche della polizia

#3Dic, in corteo a Roma: fermiamo il Jobs Act!

(da infoaut aggiornamento ore 15.30): 
Il corteo bloccato su largo Argentina è stato più volte caricato a freddo dalla polizia. Diversi feriti, due manifestanti sono stati fermati. Dopo le cariche il corteo si è ricompattato e ha raggiunto il Colosseo per aspettare i fermati, rilasciati entrambi poco fa.
***
Oggi con il voto di fiducia al Senato
si conclude l'iter di approvazione del Jobs Act, che sancirà definitivamente lo smantellamento di ogni forma di tutela o diritto sul lavoro, spianando la strada a precarietà selvaggia e sfruttamento per fette sempre più ampie di lavoratori.
Da questa mattina a Roma studenti, precari, movimenti per il diritto all'abitare si stanno mobilitando per raggiungere il Senato e femare l'approvazione del Jobs Act. Un corteo si è mosso dal Colosseo risalendo da via dei Fori Imperiali e raggiungere Sant'Andrea della Valle dove si trova il Senato. Cortei spontanei sono partiti anche dalle diverse scuole superiori che in questi giorni sono state occupate contro "la buona scuola" e il Jobs Act.
Intorno alle 13 la manifestazione ha raggiunto il Senato, che è stato bersagliato con un lancio di uova. Poco dopo la polizia, che da questa mattina sta militarizzando la capitale, ha bloccato e chiuso il corteo su largo Argentina. I manifestanti hanno tentato di forzare il blocco, ricevendo una carica della polizia.

(da contropiano)
Oggi in Senato il governo chiede di votare la fiducia – praticamente una delega in bianco – al Jobs Act. Si tratta della destrutturazione più profonda delle tutele sul lavoro che un governo abbia realizzato negli ultimi venti anni. Ci avevano provato i governi della destra senza riuscirci, ci avevano provato i governi di centro-sinistra ma fino ad un certo punto, ci avevano provato i governi “tecnici” imposti dagli apparanti dirigenti di Bruxelles e Francoforte e adesso vogliono tutto.
Approvare questo provvedimento rade a zero le tutele minime di chi ancora ha un lavoro contrattualizzato a livello nazionale e spiana la strada per l’abbassamento generale dei diritti di tutti i lavoratori, precari o stabili che siano, giovani o vecchi. Ma soprattutto spiana la strada alla fine dei contratti nazionali per separare i lavoratori ognuno nella propria azienda senza più elementi comuni che li rendono più forti sul piano collettivo. Tutto questo era scritto nero su bianco nella lettera del 5 agosto 2011 vergata dai governatori della Banca Centrale Europea, Trichet e Draghi, e che si è configurata come il diktat intorno al quale si sono conformate le misure adottate dai governi Berlusconi, Monti,  Letta ed infine Renzi.

3 dicembre: Bergamo/Natura.com - no ai licenziamenti

continua la lotta dei lavoratori natura.com contro l'azienda che ha spostato il lavoro in un'altreo stabilimento del gruppo, ma vuole licenziare i lavoratori, domani assemblea e prossime mobilitazioni.

Comunicato stampa

Sull'incontro sindacale per evitare i 64 licenziamenti dei lavoratori Natura.com, di oggi alla sede regionale dell'ARIFL di Milano. (vedi ns. comunicato di ieri)
 
L'azienda si è presentata dichiarando di non essere disposta a mantenere al lavoro i lavoratori di Natura.com di Bolgare attualmente in cassa integrazione speciale.
L'ipotesi, ad un certo punto, era sembrata possibile durante l'incontro di ieri presso la sede della DPL di Brescia.

Invece ha presentato il suo piano così aggiornato:
  • mobilità e quindi licenziamento per tutti.
  • Assunzione di 10 lavoratori nella società La Linea Verde di Manerbio con nuovi contratti a
    tempo determinato o con agenzie. (oggi tutti e 64 i lavoratori sono a tempo indeterminato e
    dipendenti diretti)
  • Disponibilità a richiedere alle azienda del gruppo La Linea Verde, un impegno non
    vincolante per assunzioni in caso di necessità, dalle liste di mobilità degli ex Natura.com.
  • Possibile piccolo ritocco dell'incentivo per i lavoratori che accettino volontariamente la
    mobilità e firmino la liberatoria che li vincola a non intraprendere una causa legale.
    A sostegno di questa proposta, l'azienda ha ribadito che è regolare spostare il lavoro dove è più conveniente, e non spostare i lavoratori se non servono.
    Come Slai Cobas abbiamo respinto questa ipotesi e lasciato la sala della riunione, visto che il punto seguente all'odg era proprio l'accordo per la mobilità.
    Impossibile per noi da discutere, come abbiamo più volte dichiarato nelle settimane precedenti, perchè il lavoro c'è e quindi i licenziamenti sono una ingiustificata operazione di cassa, una speculazione sulla pelle dei lavoratori con i soldi pubblici.
    La parola ora torna ai lavoratori con un'assemblea in piazza domattina a Bolgare per decidere come continuare la lotta per il posto di lavoro.
    Dalmine 3 dicembre 2014 per il sindacato
    lamera sebastiano
    335 5244902 
segue comunicato DTL Brescia


Comunicato stampa
Richiesta dallo Slai Cobas di Bergamo, questa mattina presso la Direzione Provinciale del Lavoro di Brescia, si è tenuta una importante riunione per valutare ipotesi alternative ai 64 licenziamenti, annunciati dall'azienda agricola di Bolgare Natura.com che intenderebbe, con questo ultimo atto, mettere fine alla sua attività produttiva in bergamasca, trasferendola a Manerbio in provincia di Brescia.
Attorno al tavolo presieduto dal dott. Fazio Maurizio della DPL di Brescia sono stati convocati i rappresentanti delle due aziende, la capogruppo La Linea Verde e la controllata Natura.com, i responsabili sindacali dello Slai Cobas, di Cisl e di Cgil.
Per la prima volta in questa forma, favorito dal positivo intervento della DPL di Brescia, il confronto ha fatto emergere una possibilità alternativa ai 64 licenziamenti.
Nel corso della riunione, per motivare i licenziamenti, l'azienda ha dichiarato di aver perso clienti ma ha anche dovuto ammettere che in questo anno di cassa integrazione, ha trasferito un buon 40% di produzione dallo stabilimento di Bolgare a quello di Manerbio.
In questo modo, mentre 68 dipendenti di Natura.com a Bolgare sono stati messi in cassa integrazione speciale, a Manerbio, dove la capogruppo La Linea Verde impiega quasi 200 lavoratori tra precari delle agenzie e appalti a cooperative, su circa 500 lavoratori complessivi, molte delle loro produzioni andavano avanti.
È attorno a questi dati che è apparsa una via d'uscita, diversa dai 64 licenziamenti.
Una possibilità che esiste nei fatti, perchè il lavoro c'è, è dimostrato, così come di conseguenza, la mobilità diventa ingiustificata e pretestuosa.

Tuttavia l'azienda ha dichiarato che difficilmente cambierà il suo piano originale, che come abbiamo visto prevede lo spostamento del lavoro da Bolgare a Manerbio ma non dei lavoratori.
In ogni caso si è riservata di dare una risposta domani pomeriggio, in occasione della riunione già programmata presso l'agenzia regionale ARIFL, a Milano..

Dalmine 2 dicembre 2014
per lo slai cobas lamera sebastiano
335 5244902