un resoconto
utile per capire la situazione
senza il
sindacato di classe non si puo. vincere contro Fincantieri
ricostruire
a Marghera lo Slai Cobas per il sindacato di classe – dopo che ci siamo
liberati del demagogo vendifumo Dorigo
Fincantieri. Sette cose che è
necessario fare per respingere l’attacco di Bono&C.
Sabato, 11
Aprile 2015 09:21
Comitato di
sostegno ai lavoratori Fincantieri
Lavoratori, lavoratrici,
nelle scorse settimane, oltre Marghera, sono entrati
in sciopero tutti i cantieri, da quelli liguri a Palermo, da Ancona a
Castellammare a Monfalcone. È stata una prima risposta alle provocazioni
dell’azienda, ma per respingere l’aggressione padronale va fatto un deciso e
compatto passo in avanti. Bono&C. si sono presentati a questa vertenza
con il bazooka in mano, intenzionati a rapinare salario, tempo di vita,
diritti a operai, tecnici e impiegati di Fincantieri e alle maestranze degli
appalti, con un vero e proprio diktat: o fate quello che diciamo noi, o andiamo
all’estero. Un ricatto vecchio e spuntato, ok, ma il diktat resta comunque. L’ing.
Bono – nel 2013 uno stipendio di 1,039 milioni di euro, nettamente
aumentato nel 2014 con l’entrata in borsa di Fincantieri – si gonfia il petto
in modo ridicolo parlando dell’”eccellenza” di Fincantieri, come se a
progettare e costruire le navi non fossero gli operai e i tecnici, ma lui e i
suoi scagnozzi. E immediatamente dopo minaccia proprio i lavoratori che di
questa “eccellenza” sono i produttori con il loro lavoro, il loro sudore, la
loro salute, la loro vita, con la brutalità di un negriero: perché Fincantieri
vada avanti (nell’accumulare profitti), voi dovete andare indietro! E tanto per
far capire che fa davvero sul serio, disdetta l’integrativo dal 1° aprile e
annuncia rappresaglie. Ecco perché è privo di senso “ricordare” a Bono, come fa
Papignani della Fiom, che Fincantieri è un’azienda pubblica, o chiamare in
causa addirittura Renzi, perché è proprio Renzi, insieme a Marchionne, il
paladino di Bono&C.: è il suo attacco allo Statuto dei diritti dei
lavoratori, è il suo Jobs Act, è la sua politica ad avere spinto i vertici di
Fincantieri ad attaccare. Ancora peggio è piatire dai parassiti del vertice
aziendale che diventino ragionevoli, come fanno i dirigenti di Fim e Uilm. Il
modo per fermarli è uno solo: flettere i nostri muscoli, rafforzare la
lotta, sapendo bene che ci sono mille ragioni di farlo. Per noi, per il nostro
futuro, per le nostre famiglie, per tutta la classe lavoratrice.
E per rafforzare la lotta, è necessario:
1) Passare dagli scioperi articolati (o disarticolati)
cantiere per cantiere, allo sciopero congiunto di tutti i cantieri.
Certo, alcuni cantieri hanno problemi di sopravvivenza o di lavori urgenti, ma
anche questi problemi è più facile affrontarli e risolverli in un contesto di
azione finalmente unitaria e coesa di tutti i cantieri. Se invece ogni
cantiere va per conto suo, come negli ultimi anni, e l’uno in concorrenza con
l’altro, siamo tutti più deboli, su tutti i piani.
2) Attuare questo primo, grande sciopero compatto di
tutti i cantieri il 13 e 14 aprile, quando riprende la “trattativa”
(trattativa???) e prepararlo con una assemblea nazionale dei delegati e dei
lavoratori più attivi in cui serrare i ranghi.
3) Integrare l’azione dei dipendenti diretti
Fincantieri con quella degli operai e dei lavoratori degli appalti: non
farlo, esitare a farlo, o farlo a metà, è un regalo all’azienda, che li vuole
divisi tra loro e divisi dai dipendenti Fincantieri per poterli meglio
super-sfruttare. Dobbiamo dire insieme: basta con la giungla del
super-sfruttamento!, e far entrare a pieno nella lotta contro Bono&C.
le aspettative e le rivendicazioni dei lavoratori degli appalti in materia di
salari arretrati, livelli salariali, stabilizzazione del lavoro, sicurezza sul
lavoro, accesso alla mensa, diritti sindacali, etc.
4) Coinvolgere le nostre famiglie portandole fuori
ai cancelli dei cantieri il 13 e 14 aprile, perché 100-200 euro in meno al
mese o mezz’ora di lavoro in più al giorno, con il taglio secco o totale di
ferie e di permessi retribuiti, sono altrettanti colpi alle condizioni di
esistenza dei nostri cari.
5) Spiegare agli altri lavoratori e lavoratrici che
questa lotta li riguarda in pieno perché se perfino in un’azienda che ha
commesse fino al 2022 (parola di Bono), passano il taglio del 10-15% del
salario, la rapina di 80-100 ore di lavoro gratuito l’anno, la totale flessibilità
della prestazione lavorativa e, dopo questa, il cottimo individuale, il chip di
controllo nelle scarpe o nel casco, mentre viene azzerato il diritto di
organizzarsi sul luogo di lavoro, cosa potrà accadere nelle altre aziende? Un
modo per spiegarsi può essere volantinare sabato 11 ai grandi centri
commerciali. Lo facemmo come Comitato di sostegno nella vertenza del
giugno-agosto 2013, e avemmo buoni riscontri.
6) Stare in guardia da “scambi a perdere” che
potrebbero essere proposti dall’azienda e accettati dai dirigenti sindacali.
Finora Bono&C. hanno detto: vogliamo tutto! Però è possibile che davanti a
una ferma azione dei lavoratori, provino a tenderci una trappola, dicendo: si
può trattare sulle 104 ore gratuite (magari riducendole a 70-80) oppure su
questo o quell’aspetto di dettaglio del premio di produzione, ma sul resto non
se ne parla neppure! Non bisogna cadere in questa trappola!
7) Ribadire che è irrinunciabile il punto 2
dell’odg approvato il 23 marzo dalle assemblee di Marghera: ogni ipotesi di
accordo va sottoposta al “voto vincolante” delle assemblee dei lavoratori.
Da parte nostra c’è l’impegno di far arrivare le
informazioni su tutto ciò negli altri cantieri in Italia e anche all’estero.
Marghera, 8 aprile 2015
Comitato di sostegno ai lavoratori Fincantieri
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