Expo sperimenta anche il
lavoro clandestino
Lunedì, 27
Aprile 2015 11:49
Non bastava il lavoro sottopagato, né quello gratuito.
A pochi giorni dall'inaugurazione l'Expo è un cantiere aperto ben lontano dal
poter essere completato. Dev'essere per questo che lavoratori possono
presentarsi e trovare occupazione anche per un solo giorno e passando da varchi
privi di controlli. La scoperta è stata fatta da giornali padronali
"perbenisti", che si sono preoccupati soltanto del fatto che molte
persone, la mattina presto, entrano nel cantiere senza passare i controlli
polizieschi attivati ai varchi ufficiali, dove dovrebbero passare tutti gli
operatori possibili e immaginabili. Ne verrebbe insomma inficiata la
"sicurezza miitare"... Nessun problema "morale", invece,
per il fatto che decine di lavoratori rischino di essere fermati, denunciati,
al limite anche manganellati, pur di mettere insieme in qualche modo una
giornata di salario. Nè per il "danno di immagine" che dovrebbe
derivarne a un paese che - nel 2015 - ricorre al lavoro "cladestino".
Leggere, per credere, questo articolo di Andrea Galli
per Il Corriere della Sera.
*****
Quei lavoratori dal varco abusivo
Gli abusivi non si arrampicano sul muro di cinta, non
si infilano nei buchi, non si calano dall’alto dei camion: semplicemente,
camminano. In massima sicurezza. A duecento metri di distanza da uno degli
ingressi principali dell’Expo per i dipendenti dei cantieri, sottoposti a doppi
e serrati controlli, c’è un cancello. All’inizio un filo di ferro lo tiene
ancorato alla rete metallica. Con il passare dei minuti e degli ingressi il
filo di ferro cade, viene lasciato a terra e si apre un varco che consentirebbe
anche l’entrata di una motocicletta. Oppure, volendo e spostando senza fatica
il cancello, perfino d’una macchina. Le prime guardie delle società di
sicurezza che hanno ricevuto da Expo l’affido della vigilanza, si posizionano
intorno alle 7. Nell’arco del periodo che abbiamo esaminato (dalle 6 alle 7) è
passata una camionetta dell’esercito. Poco è cambiato. Il varco, che introduce
all’area dell’Esposizione universale ed è peraltro in una zona con un certo
traffico di veicoli, è conosciuto e battuto. Gli abusivi ci arrivano
direttamente. Senza nemmeno telefonare per avere indicazioni viabilistiche dai
compagni che probabilmente li aspettano da dentro e che li avrebbero
«convocati». Giorni feriali oppure domenica sarebbe uguale e nulla cambierebbe.
Venerdì inizia l’esposizione, il tempo stringe. Va da sé che questo «fronte»
del cancello, a metà strada tra la stazione ferroviaria e il carcere di
Bollate, oltre a evidenziare la fragilità del sito dell’Expo nonostante le
migliaia di rassicurazioni, racconta come si possa entrare e girare evitando i
canali previsti dal regolamento. Fino ad adesso - si spera - dal cancello
sarebbero transitati solo «innocui» operai, muratori, elettricisti. Italiani e
stranieri. Bisogna capire se davvero è andata così, chi e come potrà dimostrare
il contrario, chi sono gli abusivi e se questi abusivi potrebbero essere
addirittura lavoratori «in nero». Un «nero» che potrebbe essere un «effetto
collaterale» della catena di subappalti magari sconosciuti agli organizzatori
dell’esposizione universale, invece «traditi» dai vincitori degli
appalti.
Già si è polemizzato, per voce di altre
società di sicurezza con importanti clienti, su quali garanzie possano fornire le aziende
di vigilanza volute da Expo. L’aggiudicazione dei servizi - è l’accusa -
sarebbe stata fatta al ribasso. E le aziende starebbero esternalizzando
parecchi servizi. Con la scelta che andrebbe su altre ditte a volte ritenute
«poco affidabili» dalle stesse nazioni «titolari» dei padiglioni stranieri
(compresi Paesi di peso e di potere); e con i lavoratori delle ditte che non
sempre risponderebbero ai requisiti necessari. Vero? Oppure sono voci maligne
alimentate dalla concorrenza delusa per l’«esclusione»? Di vero c’è che da un
lato ferma è la richiesta di «aiuti» da fuori, e testimonianza ne sono le
molteplici riunioni in Prefettura con i vertici delle forze dell’ordine (lunedì
scorso c’erano il capo della polizia e il comandante generale dei carabinieri);
ma dall’altro lato, dall’interno, il sistema presenterebbe delle falle. Oggi,
con probabilità, il varco «incriminato» sarà sigillato e finirà sotto «massima
custodia». Verrà chiesto conto alla società di vigilanza responsabile del
tratto. Però forse, lungo il consistente perimetro dell’Expo, potrebbero
esserci altri passaggi nascosti. La presenza del cancello degli abusivi è
nota sin dall’arrivo dei lavoratori nella stazione ferroviaria. All’altezza
degli ultimi binari, attraversando uno scalo già inaugurato ma che ancora
necessita di interventi, si sbuca in superficie e ci si immette sulle strade
che portano all’esposizione. I muri sono affollati di scritte contro l’Expo, i
pali di bigliettini per affittare appartamenti nei dintorni. Incontriamo un
ragazzo italiano, alto, con barbetta, e un altro ragazzo tunisino, magro. Il
primo è più disponibile, il secondo ci mostra il tragitto per raggiungere il
varco e una volta lì si raccomanda: «Fatti i c... tuoi, che qui lavoriamo in
tanti». L’italiano racconta: «Ogni tanto mi chiama un amico. Io aggiusto i
bagni, m’intendo anche di impianti elettrici. Se c’è bisogno, mi faccio trovare
pronto. Pagano subito. E cosa faccio, butto via i soldi?». Non bastassero le
testimonianze, le fotografie e i video, ci sarebbero alcune considerazioni da
fare, dopo la premessa che tutti i lavoratori di Expo devono essere registrati
e «monitorati» nei loro spostamenti. Difficile che gli abusivi entrino dal
cancello per accorciare il cammino verso i cantieri: a duecento metri, come
detto, c’è uno degli accessi regolari che all’alba - così era ieri - non hanno
fastidiose code. Difficile che il varco non porti dentro l’Expo: altrimenti, se
la zona è «neutra», quando si sono posizionate, le guardie non avrebbero
allontanato tutti gli altri operai che tentavano l’«assalto». Difficile che gli
abusivi si servano del cancello per prendersi un pausa caffè. Dal varco non
abbiamo visto uscite ma esclusivamente entrate. E poi il bar è lontano,
quantomeno a chiedere agli operai che ci conducono al «bar Expo 2015», gestito
da cinesi. Sulla vetrina c’è scritto che la domenica è chiuso: questa
domenica è aperto, fuori si raggruppano lavoratori. Fumano, leggono la Gazzetta
. Sembrano scene di una Milano antica, quella dei quartieri della Bovisa e
della Bicocca, gli operai scaricati dai tram e dai treni, il ritrovo fuori dai
bar per un goccino d’ordinanza, infine l’incolonnamento verso le
fabbriche.
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