I potenti
resteranno impuniti? Il ruolo dei Giudici popolari. A Bussi si sospettano
minacciose pressioni sulla Giuria: gli imputati (tra cui quelli di Spinetta)
prosciolti per prescrizione.
Udienza del
25 maggio 2015
Con le arringhe finali dei difensori Ausimont
(Montedison) e Solvay si è prossimi alla sentenza in Corte di Assise ad
Alessandria per il disastro ecologico di Spinetta Marengo. Quale sentenza è
attesa? Se ascolti gli addetti ai lavori, gli avvocati, la disputa sembra se il
dolo dell’articolo 439 riguarda solo i terroristi che versano
cianuro nei tubi dell’acquedotto o anche i dirigenti d’azienda che
consapevolmente versano cancerogeni nelle falde acquifere. Se invece interroghi
la gente, ti rendi conto che non c’è molta fiducia nella giustizia.
Difficilmente la pronunciano con la maiuscola. E non per le motivazioni che le
attribuisce Berlusconi. Bensì proprio per il contrario. Sono infatti convinti
che i potenti resteranno impuniti, in virtù del fatto che sono potenti, ricchi.
I magistrati, dicono, hanno sempre fatto parte di quella casta. La Giuria
popolare? Sì, ma conta davvero? Le notizie che giungono dall’Abruzzo non hanno
fatto altro che intorbidire le aspettative. La sentenza della Corte d’Assise
di Chieti, che mandò in parte assolti (per avvelenamento delle acque) e in
parte prescritti (per disastro ambientale) 19 dirigenti e tecnici della
Montedison, imputati per il mortifero inquinamento causato dalle discariche di
Bussi sul Tirino (Pescara), è infatti altamente sospetta di pressioni indebite
del Presidente della Corte su alcuni membri della Giuria. Alcune giurate hanno
infatti affermato di essersi sentite dire dal Presidente che “se avessero
condannato per dolo, e se poi gli imputati si fossero appellati e avessero
vinto la causa, avrebbero potuto citarci personalmente, chiedendoci i danni, e
avremmo rischiato di perdere tutto quello che abbiamo, negozio e casa
compresi”. Affermazione in sé falsa perché la legge prevede la
responsabilità dei giudici soltanto “in caso di dolo oppure di negligenza
inescusabile per travisamento del fatto o delle prove”. Fatti e prove ben
documentati dai PM, dall’Istituto superiore della sanità, dall’Avvocatura dello
Stato. Però quella minacciosa prospettazione della loro rovina economica
era volta a derubricare il disastro da reato doloso a colposo, punito
con pene inferiori e soprattutto con prescrizione più breve e già scattata. No
dolo: ritornello peraltro reiteratamente ripetuto fra un’udienza e l’altra ai
sei giudici popolari. Così fu la genesi della sentenza. Ora, sulla correttezza
della condotta dei due giudici togati di Chieti si pronuncerà anche il Consiglio
superiore della magistratura, anche annullando il verdetto. Cose del genere
sono impensabili per la Corte di Assise di Alessandria. Ma questa provincia ha
già assistito sgomenta alla vergognosa prescrizione dell’Eternit e
tutti, a cominciare dalle vittime e dai familiari dei morti, hanno chiaro che
una sentenza Solvay per colpa, invece che per inquinamento doloso delle acque e
dolosa omessa bonifica, equivarrebbe ad una prossima prescrizione.
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