Marangoni: opporsi al nuovo
ricatto occupazionale
17 Agosto
2015
Ezio
Casagranda
“La priorità era mettere in sicurezza i lavoratori che
rischiano di perdere il posto”. Questa è la stucchevole dichiarazione dei tre
segretari di Cgil Cisl e Uil dopo la firma della cassa integrazione che
riguarderà per 12 mesi tutti i 290 dipendenti di Marangoni pneumatici di
Rovereto, a rotazione salvo che per 50 lavoratori per i quali la cigs sarà a
zero ore. Cioè non rientreranno più in azienda. E così venerdì 14 agosto senza
nessun mandato e senza nessuna consultazione dei lavoratori e delle
lavoratrici, i sindacati confederati – sotto l'egida di Olivi - hanno
firmato il verbale di richiesta della cassa integrazione straordinaria per la
Marangoni Pneumatici. Hanno così permesso al cav Marangoni di consumare la sua
“vendetta” schiacciando in una morsa ogni possibile, e peraltro flebile,
sentore di contestazione rispetto alle condizioni di lavoro che, il 21 luglio
scorso, sono costate la vita a Carmine Minichino. Una morsa fatta
strumentalizzando le avvisaglie di crisi da una parte e la complicità dei
confederali dall'altra. Infatti i confederali hanno immediatamente lasciato
cadere la richiesta di un contratto di solidarietà, unico strumento in grado di
evitare i licenziamenti e di migliorare le condizioni di lavoro. Infatti il
contratto di solidarietà ha le sua fondamenta nella riduzione dell'orario di
lavoro e quindi avrebbe ridotto le ore di esposizione dei lavoratori a quelle
condizioni di lavoro che da molti osservatori sono state definite bestiali
utilizzando la crisi. Una scelta imposta dal ricatto di Marangoni che ha
dimostrare che il “potere è Lui” imponendo anche i tempi della discussione da
fare durante il periodo di chiusura della fabbrica per evitare da un parte
possibili proteste dei lavoratori e dall'altro impedire che un'eventuale
pressione dell'assemblea dei lavoratori facesse fare a qualche sindacalista uno
scatto di orgoglio e quindi chiedere, garanzie occupazionali, maggiore
trasparenza nelle informazione, più tempo per affrontare il contratto di
solidarietà, e con esso una revisione dei carichi di lavoro resi inumani
dall'accordo del luglio 2014.
Purtroppo dobbiamo prendere atto che il ricatto
Marangoni ha imposto tempi e contenuti di quella che con un eufemismo viene
definita trattativa, ma che in realtà, come successo 13 mesi fa con l'accordo
capestro, si è trattato di una pura registrazione notarile delle volontà di
Marangoni nascosta dietro il solito dogma chiamato “mercato”. Oggi, come ieri,
alla Marangoni va in onda una specie di overtour (anteprima) di cosa sono
capaci i padroni se come controparte avranno i sindacati confederali, che non
casualmente abbiamo definito complici. Per questo oggi è necessario che quanti
intendono contestare i contenuti di questa “resa senza condizioni”
subita/voluta da un sindacato ormai allergico al conflitto devono evitare di
chiudersi in fabbrica ed allargare le iniziative alla città, coinvolgere i
cittadini, i movimenti, e quanti oggi si oppongono allo strapotere dei padroni.
Forte in questo senso è la richiesta ai Cobas di allargare il fronte unendo su
questo obiettivo tutto il sindacalismo di base e quanti sono disposti a
scendere in lotta a fianco ed a sostegno dei lavoratori della Marangoni
pneumatici di Rovereto. Oggi, quello che serve non è un piano industriale, il
quale sarà smentito alla prima verifica, (come nell'accordo 2014) ma
costruire un grande movimento di lotta che metta al centro l'occupazione, il
salario, il reddito il diritto alla vita contro la logica del mercato e del
profitto.
Prima di tutto persone.
* Usb lavoro privato Trento
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