Lo ha deciso il Garante per la protezione dei dati
personali in merito al licenziamento comminato ad una lavoratrice
ott 2, 2015
Il datore di lavoro non può in alcun modo spiare le
conversazioni effettuate su Skype dai propri dipendenti. Lo ha sancito
in modo netto ed inequivocabile il Garante per la protezione dei dati
personali che, con provvedimento n.345 (link), è intervenuto in merito al
licenziamento comminato ad una lavoratrice. I dati indicati nella lettera di
contestazione disciplinare e in quella di licenziamento, infatti, erano stati
illegittimamente utilizzati dal datore di lavoro, che aveva acquisito
comunicazioni Skype in parte avvenute anche al di fuori dell’ambito lavorativo
quando la lavoratrice, in ferie, si trovava già presso il proprio domicilio privato.
Il Garante, rilevato che il contenuto di comunicazioni di tipo elettronico e/o
telematico scambiate dal dipendente nell’ambito del rapporto di lavoro sono
assistite da garanzie di segretezza tutelate anche a livello
costituzionale e che, pur spettando al datore di lavoro la definizione delle
modalità di corretto utilizzo degli strumenti di lavoro, occorre comunque rispettare
la libertà e la dignità dei lavoratori, nonché (con specifico riferimento
alla disciplina in materia di protezione dei dati personali) i principi di
correttezza, ha accolto il ricorso della lavoratrice ordinando
all’azienda, contestualmente, di non effettuare alcun ulteriore trattamento dei
dati personali relativi alle conversazioni Skype avvenute tra la ricorrente e
soggetti terzi. Intervento a gamba tesa del Garante, dunque, nei confronti di
tutti i datori di lavoro che invadono la sfera privata dei lavoratori alla
ricerca di comportamenti scorretti o illeciti. Sospiro di sollievo, invece, per
i lavoratori che potranno continuare ad utilizzare Skype (e gli altri software
di messaggistica istantanea e VoIP) senza temere di perdere il proprio impiego.
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