Tagli agli stipendi degli
statali
Lo dice testualmente il Sole24Ore:
Capiamoci:
– ai dipendenti pubblici sono bloccati i rinnovi contrattuali dal 2008. Niente aumenti salariali per loro, e lo potete vedere dalla foto tratta dal Rapporto Istat 2015, in cui esce fuori che le retribuzioni dei dipendenti sono SCESE di più del 6%! (dato che sarebbe ben più grande se si escludessero le retribuzioni dei dirigenti)
– ai dipendenti pubblici sono bloccati i rinnovi contrattuali dal 2008. Niente aumenti salariali per loro, e lo potete vedere dalla foto tratta dal Rapporto Istat 2015, in cui esce fuori che le retribuzioni dei dipendenti sono SCESE di più del 6%! (dato che sarebbe ben più grande se si escludessero le retribuzioni dei dirigenti)
– la Corte Costituzionale ha dichiarato il blocco dei
rinnovi INCOSTITUZIONALE. Sapete perché lo Stato non dà soldi indietro? Solo
perché nella costituzione ora c’è anche il pareggio di bilancio, e quindi
“scurdammuc o passat”. Il punto è che non vuole scucire soldi neanche per il
FUTURO, e per gli imminenti, rovinosi rinnovi, stanzia solo briciole!
– con la scusa della “meritocrazia”, che in realtà
aumenta solo la competizione tra i lavoratori, il potere dei dirigenti e delle
loro clientele, si taglia ulteriormente il salario integrativo.
RISULTATO: perdita ulteriore di potere d’acquisto per i dipendenti pubblici, a cui aumentano pure i carichi di lavoro per colpa del blocco delle assunzioni (vedetevi l’altra foto sempre dall’Istat… -10% di occupati in 6 anni!).
RISULTATO: perdita ulteriore di potere d’acquisto per i dipendenti pubblici, a cui aumentano pure i carichi di lavoro per colpa del blocco delle assunzioni (vedetevi l’altra foto sempre dall’Istat… -10% di occupati in 6 anni!).
Poi sarebbero loro i fannulloni! Poi ci si lamenta che
so frustrati e incazzosi quando uno ci parla!
Clash City Workers
di seguito l'articolo del sole 24h
Statali, rischio tagli agli
stipendi con il rinnovo dei contratti - Per i sindacati prospettiva
«impossibile»
di Gianni
Trovati
Per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici
«oggi non ci sono le condizioni». Parola dei sindacati del pubblico impiego,
che ieri hanno incontrato il ministro della Pa Marianna Madia per avviare il
confronto sul nuovo testo unico, atteso entro l'estate, ma hanno ovviamente
messo sul tavolo i problemi più spinosi della stretta attualità: a partire dal
fatto che, con 300 milioni a disposizione, il rinnovo dei contratti rischia
addirittura di far perdere soldi ad alcuni lavoratori, per l'obbligo di applicare
le tre fasce di merito previste dalla riforma Brunetta nella distribuzione dei
"premi" di produttività (come evidenziato già sul Quotidiano degli enti
locali e della Pa del 14 ottobre scorso).
Il meccanismo
Da un lato, infatti, i 300 milioni (a cui si
aggiungono le risorse che Regioni ed enti locali devono individuare nei propri
bilanci), permettono solo mini-aggiustamenti nelle buste paga, mentre
dall'altro l'obbligo della «meritocrazia» targata Brunetta imporrebbe di
tagliare drasticamente i "premi" al 25% dei dipendenti, quelli che
verranno collocati nell'ultima fascia di merito, e produrrebbe qualche taglio
anche al gruppone più numeroso, rappresentato dal 50% del personale, destinato
a finire nella fascia di merito media: le buone notizie sarebbero riservate al
25% giudicato più "produttivo", al netto delle difficoltà di avviare
davvero un sistema di valutazione che finora nei fatti è rimasto congelato.
Madia: niente incrocio tra riforma e contratti
Ovviamente la nuova ondata di polemiche
sull'assenteismo impone di dare segnali concreti sull'introduzione di
trattamenti diversi a seconda dei risultati individuali e d'ufficio, ma un
rinnovo contrattuale che dopo sette anni di blocco finirebbe per alleggerire
molte buste paga sembra una prospettiva politicamente impercorribile, prima di
tutto per i sindacati. I problemi della riforma Brunetta, che già sta imponendo
la complicata riduzione dei comparti pubblici (sulla proposta di nuova
articolazione si veda Il Quotidiano degli enti
locali e della Pa di ieri), si incrociano con i tempi di approvazione del futuro testo unico. Sul
punto, il ministro ha rivendicato la «massima apertura a un confronto tecnico
nel merito e approfondito» sul testo unico, chiedendo però ai sindacati di «non
legare a questo percorso il tema del rinnovo dei contratti», che secondo il
ministro è bloccato a causa dei ritardi nell'accordo sul taglio ai comparti.
Per i sindacati «così il rinnovo è impossibile»
Proprio questo incrocio, tuttavia, sta a cuore alle
organizzazioni sindacali: «Chiudendo l'accordo sui comparti – riflette per
esempio Michele Gentile, responsabile dei settori pubblici della Cgil - si
dimostrerà come il rinnovo dei contratti abbia grandi difficoltà ad entrare nel
merito e non solo per le risorse che sono assolutamente insufficienti, quanto
per il fatto che la legislazione vigente oggi è gravemente lesiva della
situazione contrattuale». Analoga la posizione della Uil, che con il segretario
generale Michele Foccillo taglia corto sostenendo che «i contratti oggi non si
possono fare perché non ci sono le risorse e perché le norme tolgono invece di
dare soldi ai dipendenti»; la Cisl, dal canto suo, con il segretario
confederale Maurizio Bernava ha manifestato «la volontà di fare un percorso
comune con il Governo» sia sulla legge delega sia sul rinnovo contrattuale, «ma
se ci ascoltano solo quando il procedimento è già chiuso, il meccanismo non
serve».
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