dal Mattino
ERCOLANO – La tragica fine di Errico Formisano
non verrà dimenticata tanto facilmente negli ambienti del teatro. Trentasette
anni, nato a Torre del Greco ma residente a Ercolano, sposato e padre di tre
figli, l’operaio è morto giovedì mattina al teatro Era di Pontedera, paesino
alle porte di Pisa mentre scaricava le scenografie della Medea, produzione
tosco-campano per la regia di Gabriele Lavia. Un gruppo di operai in arrivo da
San Giorgio a Cremano deve consegnare il set. Errico da il via in
solitario alle operazioni di carico e scarico. E’ un facchino esperto, lo ha
fatto decine di volte. Ma soprattutto vuole sbrigarsi per tornare presto a
casa, dalla moglie Maria e dai loro tre bimbi. E così inizia a svuotare il
camion e a trasportare i pannelli: bisogna ancorarli alle quinte.
Improvvisamente il carico piomba giù, lo colpisce al collo: Errico resta
impiccato alla struttura e muore, soffocato. Tre giorni il terribile incidente
ci sono ancora tanti, tantissimi dubbi. E’ stata un’imprudenza del 37enne a
determinarne la morte o qualcuno doveva vigilare, e non lo ha fatto, sulle
operazione di trasporto? Com’è stata selezionata l’azienda che ha fornito il
servizio di facchinaggio? Chi doveva garantire gli oneri di sicurezza?
Il
Teatro della Toscana, che ha gestito la produzione della Medea insieme allo
Stabile di Napoli, declina ogni responsabilità: la tragedia è avvenuta
all’interno del camion che trasportava le scene, dunque fuori dallo spazio
gestito dalla Fondazione. Che, sebbene addolorata, prende le distanze dal caso.
Di diverso avviso i Cobas Pisa che accusano “i ritmi e i tempi di lavoro:
operazioni condotte in poco tempo, con un numero ridottissimo di operai non
specializzati e senza formazione che spesso restano senza dormire anche per 24
ore”. Secondo il sindacato toscano “in assenza di personale in numero adeguato
e il carico e lo scarico delle scenografie avviene senza rispettare le
normative di sicurezza”. Da chiarire, ancora, il rapporto di lavoro che legava
Errico Formisano alla Massimo Liberato Srl Socio Unico di San Giorgio a
Cremano, l’azienda di autotrasporti teatrali per conto della quale agiva il
giovane di Ercolano. Stando al cv presentato dalla stessa ditta – un’impresa
storica, fondata a Napoli nel 1956 e con l’attivo collaborazioni con i maggiori
teatri italiani – “l’anima della società è composta da collaboratori tecnici,
autisti e amministrativi, persone fidate, competenti e specializzate: un’equipe
affiatata di professionisti seri, italiani, qualificati e regolarmente
inquadrati”. Eppure Errico risultava disoccupato, come racconta la sua carta
d’identità. “Era un casuale, lavorara per noi a chiamata, un paio di giorni al
mese, solo quando ne avevamo bisogno”, spiega il titolare Massimo Liberati. Sul
camion a bordo del quale Formisano ha trovato la morte c’era proprio il suo
nome. “Sono sotto choc, sono frastornato, non so ancora di preciso cos’è
successo – continua l’imprenditore – Vi posso garantire che siamo bravi nel
nostro lavoro, siamo scrupolosi: in tanti anni non ci è mai capitato un
incidente del genere”. A stabilire se Errico Formisano avesse un contratto, sia
pure interinale o se invece lavorasse a nero sarà la Procura di Pisa che sul
caso ha aperto un fascicolo. Al momento si indaga contro ignoti e l’ipotesi di
reato è quella dell’infortunio sul lavoro. Il magistrato toscano ha scelto di
non procedere al sequestro del cantiere e degli attrezzi di scena costati la
vita al giovane operaio. Da accertare infine la causa del decesso: l’ipotesi
più accreditata resta quella delle primissime ore, l’asfissia. Errico sarebbe
rimasto impiccato ad una quinta teatrale: i pannelli caduti giù lo avrebbero
colpito alla gola, soffocandolo e strappandogli via il respiro tra atroci
sofferenze.
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