Milano giovedì 5 maggio 2016
via G. D’Annunzio 15
Centro per la Cultura della
Prevenzione nei Luoghi di lavoro e di vita
Relazione di Michele
Michelino
I morti sul lavoro e di
lavoro non sono mai una fatalità
Gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali sono quasi sempre il risultato della mancanza di
adeguate misure di sicurezza, che provocano condizioni di vita e di lavoro
insicure in ambienti insalubri, a contatto con sostanze nocive e cancerogene, senza
adeguate protezioni per i lavoratori.
Secondo l’ILO (l’International Labour Office), ogni giorno muoiono nel mondo più di seimila persone per infortuni e malattie professionali. Nonostante le campagne pubblicitarie, a livello mondiale il numero dei lavoratori morti per infortuni sul lavoro e malattie professionali è sempre da bollettino di guerra, nonostante la diminuzione dei posti di lavoro dovuti alla crisi economica che dura dal 2008. Le malattie professionali diluiscono semplicemente le morti nel tempo: per esposizione o contatto con sostanze nocive e cancerogene nel processo di produzione, l’ILO stima che ogni anno perdano la vita circa 438.000 lavoratori, cifra senz’altro in difetto rispetto alla realtà.
L’amianto, in particolare, è responsabile della morte di 100.000 persone l’anno (più di 4.000 nella sola Italia), mentre la silicosi continua a colpire milioni di lavoratori e pensionati nel mondo.
Così scriveva G. Berlinguer in Medicina del lavoro in La salute nella fabbrica (edizioni Italia – URSS, Roma 1972, pag. 32):
Secondo l’ILO (l’International Labour Office), ogni giorno muoiono nel mondo più di seimila persone per infortuni e malattie professionali. Nonostante le campagne pubblicitarie, a livello mondiale il numero dei lavoratori morti per infortuni sul lavoro e malattie professionali è sempre da bollettino di guerra, nonostante la diminuzione dei posti di lavoro dovuti alla crisi economica che dura dal 2008. Le malattie professionali diluiscono semplicemente le morti nel tempo: per esposizione o contatto con sostanze nocive e cancerogene nel processo di produzione, l’ILO stima che ogni anno perdano la vita circa 438.000 lavoratori, cifra senz’altro in difetto rispetto alla realtà.
L’amianto, in particolare, è responsabile della morte di 100.000 persone l’anno (più di 4.000 nella sola Italia), mentre la silicosi continua a colpire milioni di lavoratori e pensionati nel mondo.
Così scriveva G. Berlinguer in Medicina del lavoro in La salute nella fabbrica (edizioni Italia – URSS, Roma 1972, pag. 32):
“Nel ventennio1946–1966 si sono
verificati in Italia 22.860.964 casi di infortunio e di malattia professionale,
con 82.557 morti e con 966.880 invalidi. Quasi un milione di invalidi, il
doppio di quelli causati in Italia dalle due guerre mondiali, che furono circa
mezzo milione. Mentre la media degli infortuni e malattie professionali nel
ventennio 1946–1966 è stata lievemente superiore ad 1 milione di casi annui,
negli anni dal 1967 al 1969 la cifra è salita ad oltre 1,5 milioni di casi e
nel 1970 ad 1.650.000 casi”.
Sono passati molti anni da quello
studio ma la condizione dei lavoratori italiani è in continuo peggioramento.
Nella crisi si sono ridotti i posti di lavoro, ci sono meno lavoratori
occupati, ma aumentano i morti sul lavoro. Nel 2015 gli infortuni mortali sul
lavoro sono aumentati del 16% rispetto al 2014 (1.172 a fronte dei 1.009 del
2014)
Gli incidenti sul lavoro in
Italia hanno fatto più morti fra i lavoratori che fra i soldati della
coalizione occidentale della 2° guerra del Golfo. L’Eurispes ha
calcolato che dall’aprile 2003 all’aprile 2007 i militari che hanno perso la
vita sono stati 3.520, mentre dal 2003 al 2006 in Italia i morti sul lavoro
sono stati ben 5.252 e l’età media di chi perde la vita è intorno ai 37 anni.
Secondo dati Eurostat (del 2005) ogni anno 5.700 persone muoiono a causa di incidenti sul lavoro.
L’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) stima che altri 159.500 lavoratori perdano la vita a causa di malattie professionali. Sommando i dati, si stima che ogni 3 minuti e mezzo nell’Unione Europea ci sia un decesso per cause legate all’attività lavorativa. Anche le malattie professionali non tabellate dall’INAIL sono in aumento: nel 2002 erano il 71%, nel 2006 sono arrivate all’83%, mentre si calcolano in 200mila gli incidenti sommersi e non denunciati.
Secondo dati Eurostat (del 2005) ogni anno 5.700 persone muoiono a causa di incidenti sul lavoro.
L’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) stima che altri 159.500 lavoratori perdano la vita a causa di malattie professionali. Sommando i dati, si stima che ogni 3 minuti e mezzo nell’Unione Europea ci sia un decesso per cause legate all’attività lavorativa. Anche le malattie professionali non tabellate dall’INAIL sono in aumento: nel 2002 erano il 71%, nel 2006 sono arrivate all’83%, mentre si calcolano in 200mila gli incidenti sommersi e non denunciati.
Di lavoro si continua a
morire.
Questi dati ci dicono che avremmo
estremo bisogno di prevenire gli “incidenti” e le malattie professionali, a
cominciare da quelle derivanti dall'amianto, eliminando le sostanze cancerogene
dai processi e dagli ambienti di lavoro. Serve una medicina preventiva in grado
di rintracciare le cause che producono malattie e morte e di eliminarle, ma
questo non è nell'interesse di chi ha trasformato la salute e la morte in una
fonte di profitto. In questa società gli esseri umani sono trattati come merce,
come cose e la natura è ridotta a qualcosa da saccheggiare selvaggiamente. Da
qui la causa delle “catastrofi naturali” che di naturale non hanno niente.
Tocca quindi agli RLS ricordare - anche entrando in conflitto con padroni e
istituzioni - che i lavoratori sono esseri umani e non numeri.
Il nostro paese ha il suo fondamento nella Costituzione Repubblicana, che all’art. 32 recita “La Repubblica Italiana tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e della collettività”, arrivando a dichiarare che la stessa iniziativa privata - pur essendo libera - “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” (art. 41 II comma cost.). Il ruolo degli RLS consiste proprio nel fare applicare questa norma. Non basta intervenire dopo che il danno c'è stato, bisogna intervenire per prevenirlo.
L’amianto come tutte le sostanze cancerogene provoca danni che sono all’origine di numerosi tumori. Ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che non esistono soglie di sicurezza o di tolleranza alle sostanze cancerogene. Sebbene sia necessario, non basta predisporre dispositivi di protezione individuali o collettivi per la riduzione del rischio, ma bisogna adoperarsi affinché il rischio sia ridotto a zero. L’esposizione alle fibre di amianto riduce l’aspettativa di vita di chi è stato esposto, facendo inoltre vivere lui e la sua famiglia nel terrore di ammalarsi, e questa situazione è già una malattia.
Gli RLS, insieme ai lavoratori (che non devono delegare solo agli RLS il problema della sicurezza e della difesa della salute ma essere protagonisti mobilitandosi in prima persona), si devono battere per il rischio zero. Anche se questo può generare contrasti sul posto di lavoro con i datori di lavoro. Sulla sicurezza e la salute non si scherza! Non si può accettare, sotto il ricatto del posto di lavoro, di rimetterci la salute e la vita.
Il nostro paese ha il suo fondamento nella Costituzione Repubblicana, che all’art. 32 recita “La Repubblica Italiana tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e della collettività”, arrivando a dichiarare che la stessa iniziativa privata - pur essendo libera - “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” (art. 41 II comma cost.). Il ruolo degli RLS consiste proprio nel fare applicare questa norma. Non basta intervenire dopo che il danno c'è stato, bisogna intervenire per prevenirlo.
L’amianto come tutte le sostanze cancerogene provoca danni che sono all’origine di numerosi tumori. Ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che non esistono soglie di sicurezza o di tolleranza alle sostanze cancerogene. Sebbene sia necessario, non basta predisporre dispositivi di protezione individuali o collettivi per la riduzione del rischio, ma bisogna adoperarsi affinché il rischio sia ridotto a zero. L’esposizione alle fibre di amianto riduce l’aspettativa di vita di chi è stato esposto, facendo inoltre vivere lui e la sua famiglia nel terrore di ammalarsi, e questa situazione è già una malattia.
Gli RLS, insieme ai lavoratori (che non devono delegare solo agli RLS il problema della sicurezza e della difesa della salute ma essere protagonisti mobilitandosi in prima persona), si devono battere per il rischio zero. Anche se questo può generare contrasti sul posto di lavoro con i datori di lavoro. Sulla sicurezza e la salute non si scherza! Non si può accettare, sotto il ricatto del posto di lavoro, di rimetterci la salute e la vita.
Spesso, nel nostro paese, i diritti
sanciti nella Costituzione sono subordinati ai poteri forti e applicati solo se
compatibili con essi. Gli RLS devono essere indipendenti e autonomi da
qualsiasi condizionamento economico e politico. Il loro obiettivo principale,
la sicurezza sui posti di lavoro e la salute dei lavoratori, viene prima di
tutto, anche se questo comporta il rischio di scontrarsi con i datori di lavoro
e le istituzioni che spesso sono in conflitto di interesse. Le nomine dei
direttori dei vari Enti - INAIL, INPS, ATS (ex ASL) - e delle aziende pubbliche
sono decisi dalla politica a cui rispondono, cosi come i manager delle aziende
private rispondono agli azionisti, ai quali interessa realizzare il massimo
profitto e non è raro che molti cerchino di risparmiare anche i pochi euro
sulla sicurezza, anche se questo va a scapito della salute dei lavoratori.
Basti qui ricordare la strage, una delle tante, della ThyssenKrupp. L’INAIL
è l’Ente che deve accertare e nello stesso tempo indennizzare le malattie
professionali e questo è in palese conflitto di interessi.
Generalmente in prima istanza respinge, quasi sempre le domande di malattia
professionale, anche per casi di mesotelioma.
Gli RLS devono agire nell'interesse dei lavoratori, non possono lasciarsi condizionare dalle disponibilità economiche dell’azienda o da quelle politiche. Non si può subordinare la salute e la vita umana alla logica del profitto, ai costi economici aziendali o ai bilanci dello stato. Senza rispetto per la sicurezza sul lavoro, gli operai, i lavoratori continueranno a subire infortuni, ad ammalarsi e morire sul lavoro e di lavoro e l'amianto e altre sostanze cancerogene presenti sul territorio, se non si eliminano, continueranno ad uccidere gli esseri umani e la natura.
Gli RLS devono agire nell'interesse dei lavoratori, non possono lasciarsi condizionare dalle disponibilità economiche dell’azienda o da quelle politiche. Non si può subordinare la salute e la vita umana alla logica del profitto, ai costi economici aziendali o ai bilanci dello stato. Senza rispetto per la sicurezza sul lavoro, gli operai, i lavoratori continueranno a subire infortuni, ad ammalarsi e morire sul lavoro e di lavoro e l'amianto e altre sostanze cancerogene presenti sul territorio, se non si eliminano, continueranno ad uccidere gli esseri umani e la natura.
Gli RLS devono intervenire su
ogni questione che riguarda la sicurezza, denunciando e segnalando al datore di
lavoro e al Responsabile del Servizio per la Prevenzione e la Protezione,
all’ATS per iscritto, l’eventuale sospetta pericolosità rilevata senza timori
di rappresaglie, senza paura di ricorre anche alla magistrature in caso di
inadempienza, con esposti – denunce.
Il ruolo di RLS è tutelato dalla legge e anche nei casi di contenzioso o conflitti essi devono mettere al primo posto la salute individuale e collettiva dei lavoratori. I limiti legali imposti per legge alle sostanze cancerogene non danno alcuna garanzia alla tutela della salute. In presenza di cancerogeni la salute è continuamente esposta a rischi. Lottare per ambienti di lavoro salubri e per un mondo pulito significa lottare contro chi - pur di fare soldi sulla pelle dei lavoratori e cittadini - condanna a morte ogni anno migliaia di esseri umani, anteponendo i suoi interessi privati a quelli collettivi della società su cui, tra l’altro, ricadono i costi di tutte queste malattie e queste morti.
Il ruolo di RLS è tutelato dalla legge e anche nei casi di contenzioso o conflitti essi devono mettere al primo posto la salute individuale e collettiva dei lavoratori. I limiti legali imposti per legge alle sostanze cancerogene non danno alcuna garanzia alla tutela della salute. In presenza di cancerogeni la salute è continuamente esposta a rischi. Lottare per ambienti di lavoro salubri e per un mondo pulito significa lottare contro chi - pur di fare soldi sulla pelle dei lavoratori e cittadini - condanna a morte ogni anno migliaia di esseri umani, anteponendo i suoi interessi privati a quelli collettivi della società su cui, tra l’altro, ricadono i costi di tutte queste malattie e queste morti.
Michele Michelino - Comitato per la
Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
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