INDICE
VOUCHER:
IL DECRETO CORRETTIVO CHE NON CORREGGE
Muglia la
Furia noreply+feedproxy@google.com
PENSIONATI GUARDONI E
CANTIERI!
Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
I MORTI SUL LAVORO IN EMILIA ROMAGNA SONO MOLTI DI PIU’
DI QUELLI INDICATI DA REPUBBLICA
Teoria & Prassi piattaforma_comunista@lists.riseup.net
SCIOPERI E MANIFESTAZIONI D’AUTUNNO, VERSO IL
REFERENDUM
Muglia la
Furia noreply+feedproxy@google.com
LA SICUREZZA SUL LAVORO E’ UNA PRIORITA’ E COSTITUISCE IL BANCO DI
PROVA DELL’EFFICIENZA DI UN PAESE
Muglia la
Furia noreply+feedproxy@google.com
DARIO FO CENSURATO PERCHE’
VOLEVA PARLARE DI MORTI SUL LAVORO IN TV
Alessio Di
Florio abruzzo@ritaatria.it
MORTI SUL
LAVORO: NON ESISTE NESSUN “NON SONO STATO IO”
LA SETTIMANA DI 30 ORE: UN APPROCCIO MODERNO DEL TEMPO DI LAVORO
Associazione Italiana Esposti Amianto aiea.mi@tiscali.it
PRESIDIO PER RIPRESA DEL PROCESSO ETERNIT BIS DEL
27 OTTOBRE
Assemblea 29 Giugno assemblea29giugno@gmail.com
SULLA STRAGE DI VIAREGGIO E SUL LICENZIAMENTO DI
RICCARDO ANTONINI
Unione
Sindacale di Base Ospedale Gaslini ospedalegaslini.sanita@usb.it
LA NOSTRA
SICUREZZA E’ IN MANO LORO
Lavoro & Politica lavoro&politica@partito-lavoro.it
BASTA MORTI
SUL LAVORO: STOP ALLA STRAGE NEI CANTIERI
Associazione Italiana Esposti Amianto aiea.mi@tiscali.it
COMUNICATO STAMPA PROCESSO FIBRONIT
Gina De Angeli ginadeangeli58@gmail.com
IO SONO LA SANITA’
PUBBLICA: CONVOCAZIONE ASSEMBLEA 29 OTTOBRE
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From: Clash City
Workers cityworkers@gmail.com
To:
Sent: Monday,
October 10, 2016 5:42 PM
Subject: VOUCHER: IL DECRETO
CORRETTIVO CHE NON CORREGGE
Riceviamo e ripubblichiamo un utile commento su un
aspetto della riforma del lavoro di cui non si è parlato abbastanza: la
liberalizzazione dei buoni-lavoro e in particolare le misure con cui il governo
annuncia di voler contrastare l’utilizzo fraudolento dei voucher.
Il boom dei voucher nel 2016 certifica come il Jobs
Act non abbia affatto concorso a stabilizzare il lavoro, ma al contrario abbia
creato le condizioni per uno scivolamento di tutti i lavoratori verso
condizioni di lavoro più precarie, con il voucher che ne rappresenta la massima
espressione. Un contratto che non certifica la continuità del rapporto e quindi
svincola il datore di lavoro da ogni responsabilità, con la conseguenza
che il lavoratore rischia di essere abbandonato senza alcuna tutela da un
momento all’altro.
Un istituto che nasceva con l’intento, almeno
quello dichiarato, di far emergere il lavoro nero, ma che invece è oggi un’utile
strumento con cui i padroni pagano sempre meno la loro forza-lavoro. Ce lo
conferma anche la ricerca VisitINPS a cura di Bruno Anastasia che indaga l’evoluzione
del lavoro accessorio tra il 2008 ed il 2015: l’emersione di lavoro nero è
stata minima, il voucher continua ad essere la porta di ingresso nel mondo del
lavoro per tantissimi giovani e addirittura ci sono centinaia di migliaia di
lavoratori con contratti da dipendenti che usano anche i voucher.
Rimandiamo all’ottimo articolo che segue per tutti
i dettagli, ci limitiamo solo ad una considerazione sull’invito finale che pone
il referendum indetto dalla CGIL per la prossima primavera come l’unica
speranza per abolire l’attuale normativa sui voucher.
Innanzitutto non possiamo certo fidarci di chi, la CGIL, solo pochi mesi fa ha
rinunciato alla battaglia quando era veramente possibile fermare il Jobs Act e
quindi anche la liberalizzazione dei voucher. Di chi ci aveva raccontato che
avrebbe combattuto il Jobs Act sui posti di lavoro e invece ora si limita ad
organizzare un referendum, per altro dall’esito rischioso come ci racconta la
storia di questo genere di consultazioni, con il principale intento di
riguadagnare un po’ di credibilità agli occhi dei lavoratori.
Su questo punto vogliamo essere chiari: la politica
ci impone di lottare su ogni campo che abbiamo a disposizione, quindi se il
referendum ci permetterà di rimettere al centro la questione lavoro,
ripristinare le tutele precedenti al Jobs Act e limitare il ricorso ai voucher,
non dovremo certo sprecare questa opportunità. Ma dobbiamo essere consapevoli
che anche un’eventuale vittoria non sarà sufficiente, che dobbiamo fin da
subito mettere in campo dei meccanismi di controllo popolare dal basso che sanzionino
chi fa ricorso indebito ai voucher, che dobbiamo, come in alcuni Comuni si sta
già facendo, obbligare la pubblica amministrazione a non affidare appalti a
società che fanno ricorso ai voucher (i cosiddetti “Comuni voucher-free”). Solo
se il referendum sarà un passaggio di questa lotta diffusa e generale allora
potremo vincerlo e segnare davvero un punto contro questo governo.
di
Sergio Farris
4
Ottobre 2016
Alla notizia che il
Governo ha varato un Decreto che prevede una cosiddetta “stretta” sui voucher
(i buoni lavoro liberamente acquistabili anche presso le rivendite di
tabacchi), viene da chiedersi se in questo paese la propaganda non abbia
definitivamente soppiantato la ragionevolezza. I voucher, lo ricordiamo, sono
buoni lavoro del valore nominale di dieci euro mediante i quali, sulla carta, è
possibile retribuire prestazioni di lavoro “accessorio”. Ufficialmente nati con
l’intento di regolarizzare diffuse forme di lavoro sommerso, specie in
agricoltura (anche se, come ben sa chi conosce la teoria “neoclassica” del
mercato del lavoro, qualunque forma di lavoro precario serve in realtà a dare
una spinta verso il basso alle retribuzioni), i voucher sono via via diventati,
grazie alle norme che ne hanno permesso il loro utilizzo in quasi tutti i settori,
la prevalente forma di ingaggio lavorativo alternativa al normale contratto.
Nel solo 2015 ne sono stati venduti 115 milioni, ed
hanno interessato il 10% del lavoro dipendente. E i dati registrano, nel 2016,
un costante incremento. Ne fanno uso, addirittura, enti pubblici
come i Comuni. Ci sono addirittura amministratori comunali che cercano di
instillare nell’opinione pubblica l’idea che, con l’attivazione di questo
strumento, renderebbero un commendevole atto di solidarietà a persone
costrette, in mancanza d’altro, ad accettare un lavoro da svolgere sotto questa
forma “contrattuale”.
A dispetto degli
intenti di facciata, l’entità del lavoro sommerso non è stata minimamente
scalfita. Il perchè è intuitivo: è sufficiente conservare nel cassetto un buono,
della validità di un’ora, da esibire in caso di controllo e continuare, come
prima, a far svolgere prestazioni anche per l’intera giornata.
Ecco allora
agevolmente svelato il vero intento dello strumento alternativo: modico versamento di contributi previdenziali e assistenziali, niente
ferie, né malattia retribuite, niente permessi, niente diritto alla maternità e
nessun diritto a sussidi di disoccupazione. In sintesi,
liberalizzazione del più bieco istinto predatorio. Perchè pagare 15 se è
possibile pagare 10? La prova? Il ricorso all’impiego dei buoni per il lavoro
accessorio anche in settori come l’industria, il che fa cadere anche qualunque
giustificazione che potrebbe vedere nella mitizzata flessibilità, già
ampiamente possibile in svariate altre forme, la ragione per l’acquisto dei
voucher.
Ora, con il
provvedimento summenzionato, il Governo si fa vanto di avere introdotto la
cosiddetta tracciabilità dei buoni lavoro, ovvero la comunicazione obbligatoria
della prestazione all’Ispettorato del Lavoro, via messaggio su telefono
cellulare o posta elettronica, almeno un’ora prima dell’inizio dell’attività
lavorativa. Ma cosa ha a che fare, questo, con i prima richiamati veri problemi
della questione? Indovinato: nulla.
Prima di tutto perchè
se si volesse seriamente organizzare un sistema di controlli finalizzato al
contrasto del lavoro nero bisognerebbe investire nuove risorse nel
potenziamento degli organici in forza agli Ispettorati, e poi, pare credibile
che pochi controllori possano correre dietro a migliaia di sms, con i quali si
potrà magari dichiarare fraudolentemente prestazioni di una sola ora? Sarebbe
stato inoltre opportuno prevedere, nel caso qualche controllo dovesse andare a
segno, uno specifico e particolarmente severo sistema di sanzioni, aspetto che
nel nuovo Decreto non viene nemmeno sfiorato.
Il problema centrale non è comunque l’abuso dello
strumento. E’ lo strumento stesso, con tutte le sue caratteristiche.
Ecco perchè se si
volesse veramente contrastare l’abuso nell’utilizzo dei voucher, l’unico atto
adottabile veramente efficace sarebbe l’abolizione di questo obbrobrio.
Ma è evidente che non
è possibile, in proposito, riporre alcuna aspettativa su un Governo il quale,
con questo provvedimento di facciata, dimostra ancora una volta il proprio
indirizzo culturale e identifica gli interessi che vuole privilegiare.
Non resta che sperare
nel referendum abrogativo dell’attuale legislazione sui voucher promosso dalla
CGIL. Un successo in tale occasione sarebbe anche un segnale di democrazia.
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From: Muglia la Furia noreply+feedproxy@google.com
To:
Sent:
Tuesday, October 11, 2016 5:29 PM
La notizia
che il Comune di Riccione avesse stanziato 11.000 euro per retribuire
pensionati “guardoni” che sorvegliano i cantieri dei lavori in corso è di
qualche mese fa.
E’ vero che
in ogni città ci s’imbatte spesso nella figura degli anziani che, mani dietro
la schiena, s’affacciano a un cantiere per osservare cosa sta accadendo.
Curiosano
tra i lavori in corso, danno consigli agli operai. Possono stare intere
mattinate davanti alla rete per controllare che l’opera proceda. A Bologna li
chiamano gli “umarells”. Ecco, a Riccione quello degli “umarells” è come un
lavoro.
Il settore
Lavori pubblici di Riccione ha stretto un accordo con la Cooperativa unitaria
sociale pensionati srl per avere uomini che facciano da guardie ai lavori
quando il personale non è presente.
Di fatto, si
tratta di controllare la condotta degli operai e riportarla al Comune e alle
società incaricate dei lavori. Ad esempio in un cantiere che deve scavare e
rimuovere grandi quantità di sabbia, il pensionato deve vigilare e riportare il
numero di camion che entrano ed escono dalla zona di scavi, per verificare che
la sabbia rimossa sia riutilizzata nel rinascimento dell’arenile e non dispersa
o destinata ad altri usi.
Ma ecco che
subito è scattata la controffensiva delle imprese “sorvegliate” che hanno
deciso di applicare delle tariffe per coloro i quali passano il tempo ad
osservare e commentare ciò che accade.
Non sappiamo
ancora chi verrà incaricato alla riscossione e nemmeno che fine faranno i fondi
raccolti, ma davvero la fantasia italica non ha limiti.
Franco
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From: Carlo Soricelli
carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent:
Wednesday, October 12, 2016 8:10 AM
Subject: I MORTI
SUL LAVORO IN EMILIA ROMAGNA SONO MOLTI DI PIU’ DI QUELLI INDICATI DA REPUBBLICA
A: Giovanni
Egidio g.egidio@repubblica.it
Egr. Direttore
Egidio,
leggo su
Repubblica che i morti in Emilia Romagna sono 75, numero di morti che l’INAIL
diffonde attraverso i suoi Report.
Ormai tutti
sanno che il numero di morti e di infortuni in generale sono relativi alle
denunce che arrivano a questo Istituto dello Stato. Come l’anno scorso molte di
queste denunce non verranno riconosciute dall’INAIL come infortuni, anche
quelle mortali. Questo perchè l’INAIL monitora SOLO i propri assicurati e in
tanti lavoratori non lo sono. Anche le morti in nero non sono comprese tra
queste morti.
L’anno
scorso le denunce per infortuni mortali pervenute all’INAIL sono state quasi 1.200.
Alla fine sono diventati quelli riconosciuti come tali meno di 700. Che fine
hanno fatto gli altri 500 morti?
Poi anche in
queste denunce sono esclusi gli agricoltori morti schiacciati dal trattore e
tanti altri.
Insomma i
morti per infortuni sul lavoro sono molti di più!
Noi li monitoriamo
tutti i morti sui LUOGHI DI LAVORO che sono in questo momento 50 in Emilia Romagna, con i
morti sulle strade e in itinere si superano abbondantemente i 100. Qui sotto la
situazione in Emilia Romagna dei morti sul lavoro.
Bologna: 10
Ferrara: 3
Forlì Cesena:
6
Modena: 11
Parma: 5
Piacenza: 3
Ravenna: 3
Reggio
Emilia: 9
Rimini: 0
EMILIA
ROMAGNA: 50
Carlo
Soricelli
Curatore
dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro
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From: Teoria
& Prassi piattaforma_comunista@lists.riseup.net
To:
Sent:
Thursday, October 13, 2016 10:35 AM
Subject: SCIOPERI
E MANIFESTAZIONI D’AUTUNNO, VERSO IL REFERENDUM
Partecipiamo
agli scioperi e alle manifestazioni in programma nei prossimi giorni e
settimane mettendo al centro gli interessi comuni dell’intero proletariato.
Diciamo “no”
alla controriforma costituzionale ed esigiamo le dimissioni del Governo Renzi.
Lottiamo uniti
per le rivendicazioni urgenti, economiche e politiche, dei lavoratori:
-
no al Jobs Act,
alla precarietà, alla “buona scuola”, alla TAV e alle grandi opere, alla
demolizione dello stato sociale, alle privatizzazioni, alla riforma Fornero e
agli interventi sulle pensioni per favorire le banche;
-
blocco dei
licenziamenti, no alla chiusura delle fabbriche, un lavoro stabile e sicuro per
tutti;
-
veri contratti
collettivi nazionali di lavoro, con forti aumenti salariali sganciati dalla produttività;
-
riduzione dell’orario
di lavoro a 32 ore e dei ritmi a parità di salario;
-
salute e
sicurezza sui posti di lavoro e sul territorio;
-
basta missioni
di guerra, ritiro delle truppe e riduzione delle spese militari, fuori l’Italia
dalla NATO;
-
diritto all’accoglienza,
al soggiorno e alla mobilità dei migranti che fuggono dalle guerre e dalla
fame, stessi diritti per tutti;
-
nessuna
limitazione del diritto di sciopero, no alla repressione e alla
criminalizzazione della protesta sociale.
Approfittiamo
del referendum per rafforzare l’organizzazione operaia e popolare. Proponiamo
la convocazione di uno Sciopero generale nazionale politico, proclamato da
tutte le forze politiche, sindacali, sociali, di classe e democratiche, che si
oppongono alle controriforme, da realizzarsi prima del 4 dicembre, con
manifestazione a Roma.
Rompiamo l’immobilismo
dei vertici sindacali e smascheriamo chi si limita a coltivare il proprio
orticello. E’ ora di passare all’offensiva unitaria, con la prospettiva di
farla finita con una società dominata dai vandali dell’alta finanza.
Seppelliamo con
le lotte e sotto una montagna di NO le controriforme, il neoliberismo e la
politica di austerità!
Con il fronte
unico di lotta proletario apriamo la strada al Governo degli operai e degli
altri lavoratori sfruttati!
Piattaforma
Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia
---------------------
A proposito
delle “belle parole” del Presidente Mattarella, leggete anche l’interessante
articolo di Alessio Di Florio MORTI SUL LAVORO: NON ESISTE NESSUN “NON SONO
STATO IO” riportato più sotto.
Marco Spezia
From: Muglia la Furia noreply+feedproxy@google.com
To:
Sent:
Thursday, October 13, 2016 5:33 PM
Subject: LA
SICUREZZA SUL
LAVORO E’ UNA PRIORITA’ E COSTITUISCE IL BANCO DI PROVA DELL’EFFICIENZA DI UN
PAESE
ANMIL IN
OCCASIONE DELLA GIORNATA NAZIONALE DELLE VITTIME SUL LAVORO
“La sicurezza sul lavoro è una priorità e costituisce
il banco di prova dell’efficienza di un Paese. Sul tema non è accettabile alcun
calo di attenzione da parte delle istituzioni e delle forze sociali”. Lo scrive
il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio all’ANMIL in
occasione della giornata nazionale delle vittime sul lavoro.
“Qualsiasi
incidente sul lavoro” - aggiunge - “è infatti intollerabile, e anche una sola
vittima infligge al corpo sociale una ferita non rimarginabile”.
Tema
essenziale per la prevenzione è l’effettività delle norme: “Un Paese moderno si
misura anche dalla capacità di creare e conservare ambienti di lavoro sicuri:
morire sul lavoro, ammalarsi per una causa professionale o restare invalidi o mutilati
a seguito di un infortunio sul lavoro non è accettabile in un contesto
industriale avanzato”, scrive il presidente della Repubblica.
“Giornate
come questa nel ricordare le vittime degli incidenti sul lavoro, forniscono l’occasione
di riflettere su un dramma che non vede fine”, e contribuiscono “a diffondere
quella cultura della prevenzione che è la base per la creazione di condizioni
di lavoro che prevengano rischi e incidenti”.
“Un tema
essenziale in questo senso” - prosegue Mattarella - “è quello dell’effettività
delle norme. Non è sufficiente dotarsi di una legislazione sofisticata, occorre
altresì che essa venga concretamente attuata, anche nella disciplina di
dettaglio”. Mattarella si rivolge quindi alle autorità presenti al convegno ANMIL
di Venezia, per un invitarle ad adoperarsi “affinché vuoti di legislazione non
si traducano in assenze di tutele per i lavoratori e in incertezze applicative
per i datori di lavoro”.
“L’attuazione
dei provvedimenti sulla sicurezza sul lavoro, a partire da quelli che
discendono dal testo unico promulgato nel 2008” - conclude - “deve assumere un
significato prioritario”.
Ricordiamo
che, calano gli infortuni sul
lavoro nel 2015 ma, dopo un decennio, tornano ad aumentare i morti. In totale, riferisce l’INAIL,
l’anno scorso si sono avute 632.665 denunce, con una riduzione del 3,9%
rispetto al 2014. Le denunce di infortunio mortale sono state invece 1.172,
contro le 1.009 di un anno prima.
Il maggior
incremento di denunce si è registrato nei settori fabbricazione dei macchinari
(da 4 a
15), costruzioni (da 106 a
132), trasporto e magazzinaggio (da 74 a 91) attività dei servizi di alloggio e
ristorazione.
Se dovesse
proseguire la tendenza al rialzo degli infortuni sul lavoro, “dopo un decennio
ininterrotto di contrazione delle morti sul lavoro, l’anno in corso vedrà
segnare una preoccupante inversione nell’andamento del fenomeno come non si
verificava dal 2006”.
Lo ha
affermato il presidente ANMIL Franco Bettoni che ha anche sottolineato come gli
infortuni sul lavoro restano “un’emergenza”. Nei primi 8 mesi di quest’anno
infatti le denunce di infortuni mortali arrivate all’INAIL sono
aumentate, 752 contro le 652 dello
stesso periodo del 2014 (+15%), secondo i dati dell’ANMIL.
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From: Muglia la Furia noreply+feedproxy@google.com
To:
Sent: Friday,
October 14, 2016 5:06 PM
Subject: DARIO FO CENSURATO PERCHE’ VOLEVA PARLARE DI
MORTI SUL LAVORO IN TV
Pochi di voi, i meno giovani, ricorderanno
che Dario Fo nel 1962 si dimise dalla conduzione di “Canzonissima”, lo
spettacolo musicale RAI del sabato sera, perché voleva parlare di
sicurezza sul lavoro.
Alle 21:10 di giovedì 29 novembre 1962,
mentre l’Italia aspetta, come ogni sabato, l’inizio di “Canzonissima”, il
programma più popolare del momento, compare una gentile annunciatrice che si
limita a dire “Dario Fo e Franca Rame si sono ritirati da Canzonissima”.
E’ l’inizio di una tipica “tragedia all’italiana”,
che regala a Fo momenti di straordinaria notorietà, coinvolge esponenti
politici, sollecita interrogazioni parlamentari (tra quella di Giovanni
Malagodi che chiedeva il “riordinamento giuridico della RAI”).
All’origine di tutto c’è uno sketch, prima
approvato dalla RAI, poi censurato, sui lavoratori edili, proprio mentre era in
corso la vertenza sindacale che li riguardava.
La causa dell’abbandono fu l’ennesima
operazione di censura dei testi di Fo: lo sketch su un costruttore edile che si
rifiutava di dotare di misure di sicurezza la propria azienda fu considerato
eccessivamente provocatorio dai dirigenti RAI. Attori a cui fu chiesto di
sostituire Fo e la Rame,
incluso Walter Chiari, si rifiutarono.
Sandra Monadini e Tino Buazzelli finirono
per accettare la conduzione della trasmissione.
Dario fo ritornerà in video soltanto nel
1977 con il suo famoso spettacolo Mistero Buffo.
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From: Alessio
Di Florio abruzzo@ritaatria.it
To:
Sent:
Saturday, October 15, 2016 10:59 AM
Subject: MORTI
SUL LAVORO: NON ESISTE NESSUN “NON SONO STATO IO”
Si è celebrata nei giorni scorsi la Giornata Nazionale delle Vittime degli Incidenti sul lavoro. Il Capo dello Stato Mattarella ha inviato il solito rituale messaggio. Un discorso nel quale alla retorica presidenziale, immancabile in queste occasioni, si sono aggiunti indicazioni e bei propositi. Dopo aver esordito affermando che “un paese moderno si misura anche dalla capacità di creare e conservare ambienti di lavoro sicuri: morire sul lavoro, ammalarsi per una causa professionale o restare invalidi o mutilati a seguito di un infortunio sul lavoro non è accettabile in un contesto industriale avanzato”, Mattarella ha invitato “ad adoperarsi affinché vuoti di legislazione non si traducano in assenze di tutele per i lavoratori e in incertezze applicative per i datori di lavoro”.
Tutto bello,
tutto giusto, tutto sottoscrivibile e sacrosanto.
Ma c’è un “ma”
grosso come i più grandi stabilimenti industriali d’Italia e d’Europa, un “ma”
grosso come un macigno.
Perché nel
2016 altro che “vuoti di legislazione”, le lavoratrici e i lavoratori si
trovano davanti a molto di più: atti di alcune istituzioni e leggi che “de
facto” non solo non lasciano vuoti, ma denunciate perché peggiorano la
situazione di chi lavora. In tanti, troppi, luoghi dello Stivale, dai cantieri
alle industrie, dall’agricoltura alla logistica, al commercio e alla
distribuzione alimentare, i lavoratori vivono sempre più precarizzati,
ricattati, costretti a subire scarsissime (se non nulle) protezioni, orari di
lavoro da schiavismo, insalubri e inquinatissimi ambienti, continui soprusi
padronali. I ricatti, il precariato, non sono figli di nessuno, non sono una
calamità improvvisa di sconosciute radici.
Sono il
frutto di ben precise scelte degli ultimi vent’anni, di quella narrazione che
ha guidato leggi, istituzioni, enti e tanto altro sulla “bella flessibilità”,
sulla “rigidità del mercato del lavoro” ostacolo alla prosperità e alla
ricchezza della Patria, sui “troppi diritti” da cancellare. Quante volte
abbiamo sentito dire “ma in Italia non si può investire perché i sindacati”, “ma
quante ne vuoi, se non ti sta bene vattene che qua fuori c’è la fila”? Cercate
il libro che detiene il record del maggior numero di pagine, e scoprirete che
con queste “perle” se ne potranno riempire molte di più...
La Giornata
Nazionale delle Vittime degli Incidenti sul Lavoro si celebra il 9 ottobre, il
giorno prima il Ministro dell’Ambiente della Stessa Repubblica ha dichiarato
che a Taranto non si rischia, che se ci fossero dei rischi lui agirebbe.
Queste le
conclusioni dello studio presentato da PeaceLink nei giorni precedenti:
-
a Taranto si
perdono 937 anni di vita in media ogni anno facendo un raffronto con la
provincia;
-
a Taranto si
perdono 1.340 anni di vita in media ogni anno facendo un raffronto con la
regione;
-
a Taranto si
perdono 2.665 anni di vita in media ogni anno facendo un raffronto con la
provincia della Regione che ha la più alta speranza di vita (in genere è Bari
la provincia con la migliore speranza di vita).
Disaggregando
per maschi e femmine emerge che a Taranto sono gli uomini che perdono più anni
di vita.
In
particolare ogni anno gli uomini a Taranto perdono 657 anni di vita rispetto
alla media provinciale, 912 anni di vita rispetto alla media regionale e 1.419
anni di vita rispetto alla provincia con più elevata speranza di vita.
Per quanto
riguarda le donne perdono ogni anno 280 anni di vita rispetto alla provincia di
Taranto, 428 rispetto alla media regionale e 1.246 anni rispetto alla speranza
di vita della migliore provincia.
Un
recentissimo studio dell’Istituto Superiore di Sanità (non un covo di comunisti
sindacalisti conflittuali antagonisti di classe o di estremisti ambientalisti
isterici, tanto per citare un certo alto narratore qualche anno fa...) ha
osservato a Taranto tra i bambini di età compresa tra 0 e 14 anni “eccessi
importanti per le patologie respirative” con un +24% di ricoveri tra i
residenti del quartiere Tamburi e +26% tra i residenti del quartiere Paolo VI
affermando che “c’è relazione causa-effetto tra emissioni industriali e danno
sanitario”. Le emissioni a cui fa riferimento lo studio sono quelle dell’ILVA.
Il rapporto dell’ultimo studio SENTIERI sui rischi per la salute riproduttiva
in 18 Siti di Interesse Nazionale ha evidenziato a Taranto 531 casi di
malformazioni congenite, 238 per 10.000 nuovi nati.
Sulle
condizioni all’interno dello stabilimento denunce e letterature sono ormai
ampissime.
Ampi
riferimenti li ho riportati in quest’articolo:
“A fine
giornata pareva un bollettino di guerra, con incidenti di tutti i tipi:
ustioni, intossicazioni, fratture e, qualche volta si moriva anche. Le morti ci
lasciavano attoniti a pensare all’esagerato tributo da pagare in cambio di un
lavoro di per sé duro e alienante”.
“Lo stress
derivava dal carico di responsabilità per l’esecuzione tecnica secondo precisi
parametri e tempi sempre troppo limitati, dettati da gare al ribasso, che ci
imponevano turni impossibili, arrivando a volte a lavorare per 16 e addirittura
24 ore di seguito” sono parole di una vedova di “vittima di incidente sul
lavoro” scritte nel 2008.
Sono passati
otto anni, ma trafiggono ancora il cuore e colpiscono come un pugno nello
stomaco... Nel 2012 nel presentare lo spettacolo “Vico Ospizio. Storie di vita
e di fabbrica” Giovanni Guarino, l’autore, scrisse:
“Vico
Ospizio è dove sono nato. E’ il vicolo incastonato nel dedalo di viuzze della
Città vecchia, la parte più antica di Taranto. L’Isola. Circondata dal mare e
assediata dall’ILVA, il più grande stabilimento siderurgico d’Europa. Sono
stato bambino in quei vicoli e ho avuto i suoni della città nelle orecchie,
delle barche che rientravano all’alba dalla pesca, delle voci che riempivano i
vicoli di richiami, dei “cunti” che la nostra zia Mimina ci raccontava ogni
sera nel vicolo. Mentre io crescevo, però, la città lentamente moriva. Nel
corso degli anni decine di scelte scellerate hanno ridotto la città di Taranto,
l’antica capitale della Magna Grecia, in un coacervo di tensioni, rabbia e
povertà. L’industria ha aggredito il territorio producendo fumi, veleni, disoccupazione
e tensione sociale. Ma soprattutto morte e miseria. Le centinaia di morti
cosiddette “bianche” sono una lunga lista di uomini che hanno pagato a caro
prezzo il costo dell’industrializzazione. Una lista che non si arresta neanche
oggi nel XXI secolo. A quelle si aggiungono le morti “nere”, quelle del cancro”.
Nell’articolo
si è fatto riferimento alla logistica, ma basta girare litorali, paesi, città
per trovare turni di lavoro più che massacranti e tanto altro anche in bar,
ristoranti, piccoli e grandi esercizi commerciali. E l’unica risposta è sempre
la stessa “ma cosa pretendi? Questo è il lavoro”, “Che ti lamenti? Non vuoi
lavorare?” perché, che sia una piccola o grande fabbrica, il commercio o la
ristorazione se provi a parlare di sindacalizzazione, rispetto del riposo,
diritti, condizioni decenti di lavoro la colpa è tua, lavoratore che non vuoi
lavorare.
Senza mai
dimenticare la terribile piaga del caporalato e dello schiavismo in
agricoltura. Nel documentario “Schiavi. Le rotte di nuove forme di schiavitù”,
citato nell’articolo, viene fatto riferimento anche all’unico processo in corso
in Europa (almeno alla data di uscita, per quanto di conoscenza di Stefano) per
induzione alla schiavitù. Nelle scorse settimane il pubblico ministero ha
chiesto per i 16 imputati, in totale, quasi 170 anni.
Qualcuno si
ricorda di Paola Clemente? E’ passato poco più di un anno. Ha lasciato 3 figli
a 49 anni, morta mentre lavorava anche 13 ore al giorno nei campi ) di Andria:
Paola era
una delle almeno dieci persone strappate alla vita nelle stesse condizioni
durante l’estate 2015:
Una realtà
che incatena e sfrutta almeno 400.000 lavoratori in tutta Italia:
E intanto
viene chiuso il progetto “Bella Farnia”:
a Sabaudia
che stava portando avanti enormi risultati nello strappare i braccianti
(soprattutto indiani Sikh) dallo sfruttamento. Un progetto che, sicuramente, “era
inviso a molti datori di lavoro criminali della zona, ai caporali, ai
trafficanti umani (coloro che organizzano la tratta Punjab-Agro Pontino), e a
politici invischiati nella faccenda”.
Recentemente
Marco Omizzolo, il presidente dell’associazione In Migrazione che curava il progetto,
ha subito minacce ed intimidazioni. Davanti a tutto questo la risposta delle
istituzioni è stata la chiusura del progetto. In un lembo d’Italia, l’Agro
Pontino, dove di recente L’Espresso:
ha
denunciato lo sfruttamento schiavista avviene anche “tra i rifiuti tossici”. L’incipit
dell’articolo è a dir poco emblematico “trentuno fusti da 200 litri con la scritta
Telone e 70 da 50 litri
di Didiclor, liquidi tossici e pericolosi abbandonati tra serre di pomodori e
carote; e poi 107 braccianti assoldati con un appalto che potrebbe essere
illecito e persino un caporale che avrebbe preteso denaro per assicurare il
lavoro. Un lavoro pagato appena 3 euro l’ora. Ogni giorno dall’alba al tramonto
i braccianti indiani stanno piegati sui campi, sotto ricatto, costretti a vivere
in condizioni disumane a pochi metri dalle ville di Sabaudia, seminando e
raccogliendo la frutta e la verdura che arriveranno sulle nostre tavole”.
L’emergenza
Nordafrica del 2011, il CARA di Mineo (e chissà su quante altre analoghe
situazioni vige troppo spesso la cappa di un omertoso e vergognoso silenzio), denunciato
e documentato negli anni, hanno portato centinaia, migliaia di persone dritte
dritte nelle braccia dei caporali e dello sfruttamento.
Si veda in
proposito il dossier InCastrati della campagna LasciateCientrare:
Ma per tanti
lor signori, in alto e ben seduti nelle poltrone sempre di questa “repubblica”
è più facile e strumentale scendere in piazza, lanciare giri di vite,
sgomberare e reprimere i migranti. Perché è più comodo togliere diritti a
lavoratrici e lavoratori e poi urlare che la colpa è dei migranti, è di altri
lavoratori. E’ più facile sponsorizzare e strillare propaganda contro
inesistenti complotti e piani di sostituzione dei popoli, inventarsi le balle
più violente e false che fare i conti con la realtà, con lo schiavismo e lo
sfruttamento peggio che medioevali. E chi dovrebbe avere la schiena dritta,
sbattere in faccia la realtà, con coraggio e amore di vera democrazia (moderni
Savoia) china la testa e accetta tali propagande e non porta avanti politiche e
leggi molto diverse:
http://popoffquotidiano.it/2016/09/09/braccianti-stranieri-i-lavoratori-invisibili-che-lottano/
Amianto. Una parola che tutti abbiamo imparato a conoscere e ad associare ad altre parole come cancro, malattia, morte, pericolo. Quanti articoli di giornale, quanti minuti televisivi, leggi sono state emanate in materia.
Amianto. Una parola che tutti abbiamo imparato a conoscere e ad associare ad altre parole come cancro, malattia, morte, pericolo. Quanti articoli di giornale, quanti minuti televisivi, leggi sono state emanate in materia.
Proibizioni
che si perdono negli anni. Poi...
“Morire d’amianto
in Italia: Lavoravamo al teatro comunale circondati dalla polvere killer”.
Il teatro
comunale è quello del Maggio fiorentino... Leggiamo nella descrizione del video
su Fanpage.it “Cosa volete che sia, la polvere di teatro non ha mai ammazzato
nessuno”, dicevano ai lavoratori.
Il processo,
oggi in corso, accerterà se esistono responsabilità per la mancata messa in
sicurezza degli operai da parte del proprietario dell’immobile, cioè del Comune
di Firenze, responsabile anche dei lavori di ristrutturazione. Per le
conseguenze dell’amianto nel Teatro Comunale del Maggio Fiorentino alcuni
lavoratori sono già morti; ne sopravvivono tre che Saverio Tommasi ha
intervistato “perché la loro storia è una storia simile a quella di tante altre
fabbriche in Italia”.
Una dedica
speciale a Dario Fo che “seguendo la tradizione dei giullari medioevali” come
scrissero nella motivazione per il Nobel per la letteratura 1997, tutta la vita
ha dileggiato “il potere restituendo la dignità agli oppressi”, cacciato (come
lui stesso scrisse in un articolo su L’Espresso) dalla RAI per 15 anni “per
aver denunciato per la prima volta nella storia della RAI gli incidenti sul
lavoro che producevano vittime come fosse una guerra” (e per aver parlato,
durante la trasmissione “Canzonissima”, di mafia) e autore nel 2015 del libro “Un
uomo bruciato vivo”, raccontando la morte di Ion Cazacu, cosparso di benzina e
arso vivo per aver chiesto di poter avere un contratto regolare, insieme alla
figlia Florina:
Una storia
non unica nell’Italia di questi decenni. Una di quelle storie che mai finiscono
in prima pagina, mai catturano i riflettori. E mai indignano abbastanza …
Alessio Di
Florio
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From: La Città Futura noreply@lacittafutura.it
To:
Sent: Sunday,
October 16, 2016 11:00 PM
Subject: LA SETTIMANA DI 30 ORE: UN APPROCCIO MODERNO DEL TEMPO DI LAVORO
I salariati non hanno goduto che molto parzialmente degli aumenti della produttività dell’epoca recente. Esiste di conseguenza un margine praticabile per una riduzione significativa del tempo di lavoro. Tanto più che gli aumenti di produttività sono ben lontani da essere terminati.
Il dibattito sulla
riduzione generale del tempo di lavoro (ed in particolare il dibattito per la
settimana lavorativa di 30 ore) prende sempre più piede. Recentemente ha avuto
un’ulteriore eco a seguito di un’interrogazione parlamentare del deputato del
PTB di Bruxelles, Michaël Verbauwhede, al ministro del Lavoro della Regione a
proposito dell’introduzione di una settimana di lavoro ridotta per i lavoratori
della Bruxelles-propreté (l’impresa regionale
di raccolta dei rifiuti).
Il ritorno del
dibattito sulla riduzione generale del tempo di lavoro permette di ridare
ossigeno al dibattito politico, di portarlo fuori da alcuni conservatorismi
superati e di ritrovare un po’ di modernità nel dibattito sulla combinazione
tra vita lavorativa e vita privata. Già nel XIX° secolo, le forze più
conservatrici hanno tentato di tutto per contenere il movimento irresistibile
lanciato all’epoca dapprima in Australia, e poi dall’altro lato dell’Atlantico,
per la giornata lavorativa di 8 ore. Un movimento audace affacciatosi un po’
prima della metà del secolo in un periodo in cui gli operai lavoravano spesso
più di 12 ore per giorno e 84 ore alla settimana!
Per paura di aprire
una vero vaso di Pandora e per mettere in guardia i suoi pari, il barone di
Gand, e futuro parlamentare, Arnold t’Kint de Rodenbeke dichiarava nel
1886: ”Quando ci si fermerà su questa strada intrapresa? Qualche anno fa,
si chiedeva un massimo di 12 ore; poco dopo 10 ore; già dall’altro lato dell’Atlantico,
sta nascendo un movimento potente in favore della giornata di 8 ore. Perché non
si dovrebbe arrivare a chiedere la giornata legale di sei ore, di cinque ore
forse, quando una produzione sempre più abbondante potrebbe lasciare senza
lavoro un numero ancora più grande di operai...”.
Oggi, si direbbe che
il nostro barone poneva, a sua insaputa, un’ottima domanda. Perché se la sua
domanda era attuale nel 1886, lo è diventata ancora di più gli anni successivi.
Infatti, se gli aumenti di produttività sono stati importanti, ma lenti all’inizio
del capitalismo moderno, sono letteralmente esplosi dal dopoguerra in poi. Per
dare un ordine di grandezza, uno degli specialisti della riduzione del tempo di
lavoro in Francia spiega che, se ci sono voluti 140 anni (tra il 1820 ed il
1960) per raddoppiare la produttività in Francia, questa si è moltiplicata per
5 da quel momento a oggi.
Lungo il corso del
XX° secolo, i sostenitori della riduzione del tempo di lavoro hanno potuto
imporre l’idea forte che la crescita della ricchezza doveva migliorare, al
tempo stesso, la nostra vita sul piano del benessere materiale ma anche su
quella del tempo disponibile per poter approfittare tutti di questo benessere. E’
da questa battaglia che il tempo di lavoro è stato abbassato del 29% tra il
1950 ed il 1993. Principalmente grazie alle riduzioni generali del tempo di
lavoro degli anni 1970 (aumento del numero di ferie, settimana di 5 giorni al
posto di 6, settimana di 38 ore al posto di 45) e, a partire dagli anni 1980,
ad un ritmo molto più modesto, a causa dei meccanismi di riduzione individuale
del tempo di lavoro (soprattutto i crediti-tempo). Purtroppo, dal 1993, abbiamo
abbandonato la strada intrapresa nell’immediato dopoguerra. L’establishment
politico ed economico ha ripreso le vecchie idee conservatrici del XIX° secolo
che vuole il salariato lavorare sempre di più. Che sia in una giornata, in una
settimana, in un anno o in una carriera.
Il dibattito sulla riduzione del tempo di lavoro: la
paura o la ragione?
“Le proposte che
promettono di lavorare meno mantenendo uguale il proprio stipendio sono
irrealistiche ed insostenibili. Questo governo fa di tutto per contenere il
costo del lavoro, per conservare i posti di lavoro e crearne altri. Vogliamo
mettere questi sforzi in pericolo introducendo tali misure?”, “Inoltre se si
instaurasse la settimana lavorativa di 30 ore, sarebbe veramente il principio
della fine”. Ecco una serie di dichiarazioni allarmistiche lanciate
recentemente da una deputata del N-VA (Nieuw-Vlaamse Alliantie - Nuova
Alleanza Fiamminga) responsabile di un’azienda. La volontà di
mettere paura per evitare di avere un dibattito aperto e razionale è molto
forte. Ma la paura è molto spesso la nemica della ragione.
La riduzione del
tempo di lavoro conosciuta tra il 1950 ed il 1993 può essere qualificata come
molto modesta in confronto agli enormi aumenti di produttività conosciuti
durante questo periodo. Questi si sono stati moltiplicati almeno per 4! Ma,
cosa più grave, dal 1993 il movimento di riduzione del tempo di lavoro si è
arrestato. E da quell’anno, il tempo di lavoro annuo è addirittura leggermente
tornato ad aumentare. Aumento che deve essere aggiunto all’aumento del tempo di
lavoro in una carriera (per l’aumento dell’età
pensionabile). Tuttavia, dei margini esistono per settimane
lavorative più corte.
Dal 1993 a oggi, le ricchezze
prodotte per abitante sono aumentate di più del 37%. E i salari di solamente il
13% durante lo stesso periodo (e in gran parte negli anni ‘90). I salariati non
hanno goduto che molto parzialmente degli aumenti della produttività dell’epoca
recente. Esiste di conseguenza un margine praticabile per una riduzione
significativa del tempo di lavoro. Tanto più che gli aumenti di produttività
sono ben lontani dall’essere terminati.
Che cosa si farà con i robot e dei computer?
“Il 47% dei posti di
lavoro negli USA potranno essere affidati a computer intelligenti da qui a 20
anni”. Questa è la conclusione di un studio condotta da due ricercatori
dell’Università di Oxford. I due ricercatori citano il celebre economista John
Maynard Keynes per il quale una larga disoccupazione tecnologico sarebbe ”dovuta
al fatto che la nostra scoperta di mezzi per economizzare la forza lavoro è
molto più rapida del ritmo col quale troviamo dei nuovi utilizzi per la mano d’opera”. Questo
studio conferma altri studi che vanno nello stesso senso. Recentemente, dei
ricercatori hanno adattato lo stesso studio americano alla realtà del Belgio e
la loro conclusione è impressionante: il 49% del lavoro in Belgio ha una forte
probabilità media di scomparire nella sua forma attuale nei prossimi 20 anni.
La capacità di
gestione di immense banche dati, il riconoscimento vocale, l’automobile senza
conduttore, i robot di supporto negli ospedali, la logistica, la traduzione... i
campi in cui computer e robot potranno (parzialmente) rimpiazzare l’uomo in
tutta una serie di compiti noiosi, ripetitivi o faticosi fisicamente sono
immensi. E questo in un orizzonte di appena 20 anni. Come dire che si tratta di
domani.
Ma che cosa faremo
con tutte queste tecnologie? Faranno ancora salire la disoccupazione? O saranno
utilizzate per distribuire il lavoro? Per liberare del tempo? O verranno
utilizzate per sviluppare ancora una volta una società sempre più diseguale? Le
si utilizzeranno per permetterci di concentrarci su dei compiti che solo gli
uomini sono capaci di compiere: dei compiti che necessitano di competenze
creative e sociali? Ecco una serie di domande fondamentali che dovrebbero
essere poste al centro del dibattito politico, sociale e scientifico negli anni
a venire.
15/10/16
Centro Studi e
responsabile per le relazioni sindacali del PTB (Partito dei
Lavoratori del Belgio)
Fonte: L’Echo
---------------------
To:
Sent: Tuesday,
October 18, 2016 7:07 PM
Subject: PRESIDIO PER RIPRESA DEL PROCESSO ETERNIT BIS DEL
27 OTTOBRE
Associazione Italiana Esposti
Amianto e Medicina Democratica Comitato per la difesa della salute negli
ambienti di lavoro e sul territorio
INVITANO
in occasione
della ripresa del processo Eternit bis del 27 ottobre prossimo a partecipare a
un Presidio davanti al Tribunale di Torino a partire dalle 9,30 (via Falcone
angolo Corso Vittorio Emanuele) e a un Convegno a partire dalle ore 14 nella Sala
del Tempio Valdese in Corso Vittorio Emanuele 23 (nei pressi del Tribunale).
Si farà il
punto della situazione del procedimento in corso davanti al Giudice dell’Udienza
Preliminare (GUP), dei pericoli che si corrono e dei problemi legati ai
processi sull’amianto, ampiamente trattati nel convegno svolto il 23 settembre 2016
al Senato della Repubblica. Parteciperanno:
-
il professor
Benedetto Terracini di Epidemiologia e Prevenzione;
-
il professor
Dario Mirabelli direttore del Registro Mesoteliomi del Piemonte;
-
l’avvocato
Laura Mara parte civile per alcune associazioni;
-
l’avvocato Sergio
Bonetto parte civile per altre associazioni e vittime.
Interveranno
per le Associazioni:
-
Pierrette
Iselin del Comitè d’aide et d’orientation aux victimes del l’Amiante (Losanna,
Svizzera);
-
Michele
Michelino del Comitato per la difesa della salute negli ambienti di lavoro e
sul territorio di Sesto San Giovanni;
-
Fulvio
Aurora di Medicina Democratica;
-
Valentino
Gritta dell’Associazione Italiana Esposti Amianto.
Milano, 15
ottobre 2016
Fulvio
Aurora
---------------------
From: Assemblea
29 Giugno assemblea29giugno@gmail.com
To:
Sent:
Wednesday, October 19, 2016 7:15 AM
Subject: SULLA
STRAGE DI VIAREGGIO E SUL LICENZIAMENTO DI RICCARDO ANTONINI
Riportiamo a
seguire il volantino diffuso ieri, 18 ottobre, di fronte al Tribunale di
Livorno da una delegazione di Assemblea 29 giugno e familiari della strage.
Il giudice
del lavoro Nannipieri si è fatto trasferire (o è stato trasferito) da Lucca a
Livorno ed è, quindi, indispensabile ricordargli il “disastro” che ha provocato
confermando il licenziamento di Riccardo voluto e deciso dal cavalier Mauro
Moretti.
Ringraziamo
quanti e quante non hanno dimenticato e non hanno voluto e non intendono
mollare la vicenda di questo licenziamento, che come scrive l’Associazione dei
familiari “Il Mondo che vorrei”, nel documento approvato, oramai, da numerosi
Consigli comunali, è “...strettamente e indissolubilmente legato alla tragica
notte del 29 giugno 2009”.
PROCESSO PER
LA STRAGE
FERROVIARIA DI VIAREGGIO DEL 29 GIUGNO 2009 E LICENZIAMENTO
DI RICCARDO ANTONINI
Il 20
settembre 2016, dopo la requisitoria di ben 6 udienze, i pubblici ministeri
della Procura di Lucca hanno emesso le richieste di condanna nel processo per
il disastro ferroviario che provocò 32 Vittime, tra cui 3 bambini sotto i 4
anni.
16 anni per
l’ex Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti, 15 anni per
l’ex Amministratore Delegato di Rete Ferroviaria Italiana Michele Elia; 13 anni
per Giulio Margarita, direttore Sistemi di sicurezza della circolazione dei
treni e dell’esercizio ferroviario; 12 anni per Gilberto Galloni, Amministratore
Delegato di FS Logistica... per un totale di 258 anni a 29 dei 33 imputati (per
4 è stata chiesta l’assoluzione).
Sono
richieste importanti per quello che rappresentano i “lorsignori”; sono
richieste leggere per le gravi responsabilità che hanno di fronte a 32 persone
bruciate vive e ai feriti con ustioni dell’80-90% sul corpo. La sentenza di 1°
grado è attesa per fine novembre.
Il 7
novembre 2011, Riccardo viene licenziato da Rete Ferroviaria Italiana (RFI) “per
essersi posto in un evidente conflitto di interesse con la società”.
Motivo: l’impegno
a fianco dei familiari nella mobilitazione iniziata dopo la strage ferroviaria
del 29 giugno 2009. L’accusa di aver partecipato all’incidente probatorio a
titolo gratuito per familiari e sindacato è un bieco pretesto. L’accusa di aver
offeso Moretti, Amministratore Delegato delle ferrovie, alla Festa del PD a
Genova il 9 settembre 2011, è un falso pretesto. La querela di Moretti contro
Riccardo è stata archiviata dalla magistratura di Genova perché priva di ogni
fondamento. Dopo che lo stesso Pubblico Ministero ne aveva chiesto l’archiviazione(!)
I giudici
del lavoro, Luigi Nannipieri di Lucca (poi trasferito al Tribunale di Livorno)
con sentenza del 4 giugno 2013 e Giovanni Bronzini (presidente), Gaetano
Schiavone e Simonetta Liscio di Firenze con sentenza del 17 luglio 2014 hanno
confermato il licenziamento perché Riccardo è stato dipendente infedele a
Moretti, Elia, Margarita, Galloni, Soprano, ecc. Se un numero maggiore di
ferrovieri fosse stato infedele a questi responsabili condannabili, non vi
sarebbe stata la strage di Viareggio.
Questi
giudici non hanno neppure creduto ai testimoni che hanno riferito le frasi
pronunciate dal cavalier Moretti il 14 settembre 2009 a Firenze, nella sede
della Regione, quando dichiarò pubblicamente che quel ferroviere di Viareggio,
prima o poi, lo avrebbe licenziato... Hanno, invece, creduto ai testimoni di
Moretti: l’addetto stampa Federico Fabretti, l’autista e due addetti alla
protezione aziendale (signori La
Manna, Ragusa, Passaseo). Questi sì, che hanno mostrato e
manifestato la loro fedeltà!
Obbligo di
fedeltà, Codice etico, conflitto d’interessi, riservatezza... Di fronte all’immane
tragedia del 29 giugno non sono altro che sciocchezze maldestramente costruite
per avvalorare e assecondare un licenziamento politico. Questi giudici hanno
mostrato la loro sudditanza nei confronti di poteri forti e dimostrato
disprezzo per le 32 Vittime. Il diritto d’informazione e la denuncia su
sentenze vergognose sono un atto di giustizia e di umanità.
Se i
Moretti, gli Elia, i Soprano... avessero avuto la coscienza e la responsabilità
di adottare le azioni prudenziali, precauzionali, preventive e protettive,
richieste dai ferrovieri dopo innumerevoli incidenti, la strage di Viareggio
sarebbe stata e-vi-ta-ta!
Dimissioni
per Moretti & company! Reintegrare Riccardo e i ferrovieri licenziati!
NO alla
prescrizione per Viareggio!
L’unica
lotta persa è quella che si abbandona!
18 ottobre
2016
Assemblea 29
giugno
Associazione
“Il mondo che vorrei”
---------------------
From: Unione
Sindacale di Base Ospedale Gaslini ospedalegaslini.sanita@usb.it
To:
Sent:
Wednesday, October 19, 2016 6:34 PM
Subject: LA NOSTRA SICUREZZA
E’ IN MANO LORO
I Rappresentanti per la Sicurezza dei Lavoratori (RLS) sono figure fondamentali per la salute sia dei lavoratori ed anche, nel nostro caso, dei piccoli pazienti.
Al Gaslini
sono 8 e il loro mandato è scaduto a marzo. Un nostro delegato dovrebbe
subentrare ma con piccoli sotterfugi questo non viene permesso.
Il motivo? Probabilmente
la paura di perdere il controllo dei lavoratori usati come merce di scambio con
l’amministrazione.
Da marzo
continuiamo a chiedere il rinnovo degli RLS, sia negli incontri RSU, sia
tramite mail, facendo appello a CGIL CISL UIL e FIALS. Conosciamo bene le
modalità della CGIL, della sua finta opposizione interna e del suo
coordinatore, ciò che forse i lavoratori non hanno ancora compreso è l’asservimento
delle altre sigle sindacali ad un personaggio che nulla ha a che fare con la
nostra concezione di tutela dei diritti dei lavoratori.
Le tematiche
affrontate dagli RLS sono riassunte (ma non solo) dal D.Lgs. 81/08,
fondamentali per il poter lavorare in maniera serena sul proprio luogo di
lavoro. Ad oggi non vi è alcuna trasparenza sugli incontri avuti con il Servizio
di Prevenzione e Protezione. Pur facendo parte della RSU non ne sappiamo
assolutamente nulla e tantomeno i lavoratori. Continuiamo a denunciare tramite l’ASL
Prevenzione sui luoghi di lavoro e comunicati stampa le carenze sulla sicurezza,
ma sono argomenti che meriterebbero seri approfondimenti.
Stanno
giocando con la nostra vita!!!!
Negli ultimi
giorni sono caduti alberi e crollati soffitti, si sono riempite alcune stanze
di fumo da incendio e si sono bloccati quasi tutti gli ascensori.
Abbiamo
chiamato il Servizio Prevenzione e Protezione per chiedere se esistevano dei
protocolli su come comportarsi in determinate situazioni.
Ci è stato
risposto che molte cose dipendono dall’ufficio tecnico e che anche a loro a
volte si rompe il riscaldamento in casa...
Vorremmo
ironizzare, ma l’argomento è troppo serio.
Quando vi
iscrivete ad un sindacato perchè “vi portano comodamente il 730 in reparto” o perchè “vi
regalano i gadgets...”, pensate a cosa dovete dargli in cambio....
Luca Nanfria
RSU USB Gaslini
---------------------
From: Lavoro
& Politica lavoro&politica@partito-lavoro.it
To:
Sent:
Wednesday, October 19, 2016 11:21 AM
Subject: BASTA MORTI
SUL LAVORO: STOP ALLA STRAGE NEI CANTIERI
IL
7 NOVEMBRE SCIOPERO DEGLI EDILI CGIL, CISL E UIL: NEL 2016 INCREMENTO DEI MORTI
DI OLTRE IL 27% RISPETTO AL 2015
E’
sconcertante il dato degli over 60, più che raddoppiato rispetto allo scorso
anno: “Siamo in presenza di una vera e propria strage di nonni”.
Un mese di
assemblee, convegni, volantinaggi, iniziative di sensibilizzazione in tutti i
territori e in tutti i cantieri, e il 7 novembre lo sciopero nazionale di un’ora
degli edili per dire basta morti sul lavoro: è quanto hanno stabilito le
segreterie nazionali FENEAL, FILCA e FILLEA, che ancora una volta si mobilitano
per chiedere più attenzione sul tema della sicurezza e salute sul lavoro a
fronte di dati sempre più tragici ed allarmanti su infortuni, morti e malattie
professionali.
“Per le costruzioni il bilancio provvisorio del 2016 è
terribile, con un incremento delle vittime, ai primi di ottobre, di oltre il 27%
rispetto al 2015”,
fanno sapere le segreterie nazionali FENEAL, FILCA e FILLEA, che proseguono: “A
questo dato drammatico si aggiunge quello relativo alla media di età delle
vittime: in particolare è sconcertante il dato degli over 60, più che
raddoppiato rispetto allo scorso anno. Siamo in presenza di una vera e propria
strage di nonni”.
Per i sindacati “occorre intervenire subito,
rafforzare controlli e sanzioni, completare l’attuazione del decreto legislativo
81 del 2008, anche con la costituzione della patente a punti”.
“Lo sciopero” - proseguono - “serve a sensibilizzare
su un tema che non può più passare in secondo piano e per questo chiediamo
azioni precise per contrastare il lavoro irregolare e nero, causa di molti incidenti
e di mancata applicazione delle regole. Tra queste è per noi fondamentale ripristinare
il DURC nella sua formula originaria e passare in breve tempo alla congruità,
applicare il contratto edile a tutti i lavoratori in cantiere e rafforzare il
ruolo degli enti bilaterali che attraverso i responsabili della sicurezza
svolgono un lavoro indispensabile”.
“Sul fronte pensionistico” - aggiungono in conclusione
- “apprezziamo l’intesa raggiunta da Governo e Sindacato, ma occorre fare un
passo in più affinché l’APE agevolata si rivolga esplicitamente agli operai
edili e permetta di accedere alla pensione in anticipo senza penalizzazioni a tutti
quegli operai con pensioni inferiori ai 1.300/1.400 euro netti, il cui lavoro è
sicuramente pesante e rischioso. Solo in questo caso si darà una risposta
concreta alle migliaia di operai con più di 60 anni che ancora stanno sulle
impalcature”.
---------------------
To:
Sent:
Friday, October 21, 2016 4:45 PM
Subject:
COMUNICATO STAMPA PROCESSO FIBRONIT
Tribunale di Milano V
Sezione: assoluzioni e prescrizioni.
Per gli operai e i cittadini
contaminati da amianto a Broni (la gran parte deceduti), nessuna giustizia:
assolti i manager Fibronit nel processo d’appello. Annullata la condanna a 4
anni inflitta in primo grado.
Questa mattina subito dopo mezzogiorno i giudici della
Corte d’Appello della V sezione del Tribunale di Milano hanno assolto per non
aver commesso il fatto i due manager della Fibronit di Broni (PV) imputati
della morte di decine di operai. Contestualmente hanno applicato per alcuni
reati la prescrizione.
Gli stessi imputati Claudio Dal Pozzo e Giovanni
Boccini, erano stati condannati a 4 anni per omicidio colposo e disastro
ambientale colposo nella sentenza emessa nel luglio 2013, con giudizio
abbreviato.
La sentenza della Corte d’Appello
che capovolge quella di primo grado è un pugno nello stomaco ai famigliari dei
lavoratori deceduti, agli ammalati e quanti si ammaleranno in futuro è un pugno
in faccia alle associazioni e comitati delle vittime che da anni si battono per
ottenere giustizia.
Per il Tribunale nessuno è
responsabile di queste morti.
Ricordiamo che nel 1990 i cittadini di Broni si sono
trovati una “nevicata bianca”. Era l’amianto fuoriuscito dalla Fibronit
Ancora una volta la V Sezione del Tribunale
Penale di Milano ha preso in considerazione le argomentazioni dei padroni e
manager trascurando quelle delle vittime e pure le molte condanne su simili
situazioni sancite da altri Tribunali e dalla Corte di Cassazione.
Certamente anche in questo caso, lette le motivazioni
e verificate le decisioni della Procura, ricorreremo per Cassazione,
attendendoci finalmente giustizia. Ed infatti il diritto non può essere
astratto dalla giustizia
Anche se la Costituzione afferma che l’operaio e il padrone
sono uguali e hanno gli stessi diritti, la condizione di completa
subordinazione economica sancita dalla pratica quotidiana e non meno condizione
sociale di classe fa sì che la “libertà” e la “uguaglianza” dei cittadini sia
solo formale. Sembrerebbe infatti che in REALTÀ “la legge è uguale solo per i
ricchi”.
Tuttavia non ci arrendiamo. La nostra lotta non si
arresta. Vogliamo per ottenere giustizia per i cittadini e i lavoratori che
continuano a morire in silenzio dentro e fuori i luoghi di lavoro. Ed ancora ci
battiamo contro la prescrizione dei reati, specialmente quelli del lavoro e
dell’ambiente che lascia impuniti i colpevoli.
Milano, 21/10/16
Medicina Democratica
Associazione Italiana
Esposti Amianto
Comitato per la Difesa della Salute nei
Luoghi di lavoro e nel Territorio
---------------------
From: Gina
De Angeli ginadeangeli58@gmail.com
To:
Sent:
Saturday, October 22, 2016 2:12 AM
Subject: IO SONO LA SANITA’ PUBBLICA: CONVOCAZIONE ASSEMBLEA 29
OTTOBRE
In seguito all’assemblea
che si è tenuto a Viareggio il 25 giugno, vi abbiamo spedito il comunicato nel
quale s’indicava per la fine di settembre il prossimo incontro, nel quale
formalizzare la costituzione di un Osservatorio, strumento utile per
centralizzare esperienze e conoscenze accumulate sul territorio nazionale con
la prospettiva di costituire un Coordinamento nazionale.
In questi
mesi si è aperta una discussione su diverse questioni, dal rinnovo del
Contratto Collettivo di Lavoro alla legge europea sul riposo delle 11 ore, che
rivoluzionerà a partire dall’ orario, l’organizzazione del lavoro.
Pensiamo che
alla luce di quando detto sia ancora più urgente il bisogno di organizzarci e
unirci per costruire un ambito d’intervento, d’iniziativa e di denuncia, contro
il peggioramento delle condizioni di lavoro, per il mantenimento delle tutele e
dei diritti del CCNL, in difesa di ogni agibilità politica e del diritto di
sciopero, per tutelare la salute e la sicurezza, diritto inviolabile,
rimettendo al centro la solidarietà e il sostegno a chi, per il suo impegno
sindacale è colpito da ogni forma di rappresaglia.
La data
della prossima riunione è stata fissata per il 29 ottobre ore 11.00 a
Viareggio presso il Dopolavoro ferroviario (uscita dalla stazione sulla
sinistra).
Per
informazioni chiamare:
-
Gina 333 33 99 718
-
Evita 389 16 88 470
-
Francesca 380 18 01 827
Comitato “Io sono la sanità pubblica”
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