CHE ORA
SIANO PROCESSATI E CONDANNATI PESANTEMENTE PER I PROFITTI FATTI SUL SANGUE
DEGLI OPERAI E DELLA POPOLAZIONE.
Ne escono
giustamente sconfitti non solo i padroni Riva, ma anche i Procuratori di
Taranto, Capristo e di Milano che avevano cercato di far passare un
pasticciaccio vergognoso di accordo; ma anche e soprattutto il governo - allora
Renzi - e i suoi servi commissari, ancora una volta a difesa solo dei profitti
capitalistici, dei padroni vecchi e dei nuovi.
Questa, in
un processo che va avanti ancora troppo lentamente, con troppo spazio alle
eccezioni della difesa dei Riva, e in una situazione in cui tutte le operazioni
in corso di svendita dell'Ilva mettono sotto i piedi la difesa della salute,
della sicurezza, del lavoro, della dignità degli operai, degli abitanti di
Taranto, è la seconda notizia positiva (dopo quella del NO al trasferimento del
processo da Taranto).
Ora devono
essere processati e condannati pesantemente. Devono risarcire tutte le parti
civili.
Questo deve incoraggiare la partecipazione al processo Ilva di lavoratori, cittadini.
Questo deve incoraggiare la partecipazione al processo Ilva di lavoratori, cittadini.
L'opposizione
fatta ai patteggiamenti dallo Slai Cobas per il sindacato di classe, con una
protesta anche nell'aula del Tribunale, è l'unica strada per impedire che non
venga fatta giustizia.
Slai Cobas per il sindacato di classe -Taranto
Slai Cobas per il sindacato di classe -Taranto
Da inchiostro verde 30 giugno 2017
TARANTO – Il
collegio della Corte d’Assise ha respinto, questa mattina, l’istanza di
patteggiamento presentata da Ilva in amministrazione straordinaria e Riva Forni
Elettrici nell’ambito del processo “Ambiente Svenduto”. Secondo la
Corte – come spiega il Sole 24 Ore (leggi qui) – i reati contestati alle due
società sono gravi, trattandosi di disastro ambientale e di avvelenamento, e
quindi non possono rientrare nel patteggiamento. Ilva in amministrazione
straordinaria dovrà decidere, a questo punto, se ricorrere alla Corte di
Cassazione oppure no. Col patteggiamento, l’Ilva in amministrazione
straordinaria avrebbe dovuto versare 241 milioni a titolo di confisca, quale
profitto del reato, 2 milioni di sanzione, ed assoggettarsi a otto mesi di
commissariamento giudiziale affidato ai commissari attuali. La notizia del
mancato patteggiamento ha già fatto il giro dei Social Network, a partire da
Facebook, dove molti ambientalisti esultano al grido di “Giustizia per
Taranto”. Da segnalare, inoltre, che il procedimento è stato riunito al
processo-madre (in precedenza era stato stralciato), fissato per il 12 luglio,
che vede imputate 44 persone fisiche e la società Partecipazioni industriali
(ex Riva fire). In merito alla decisione assunta dalla Corte d’Assise di
Taranto, fonti vicine all’azienda affermano che essa “non interferisce con la
procedura di trasferimento degli asset aziendali”. Parimenti, “non interferisce
con la disponibilità delle somme recuperate ai fini dell’ambientalizzazione”. La
Corte d’Assise ha dichiarato inammissibile il patteggiamento in quanto
nel processo a carico delle persone fisiche “sono contestati reati – aggiungono
le stesse fonti – puniti con pene elevate, non definibili con rito alternativo.
In realtà, la disciplina prevede questo sbarramento solo per le ipotesi
rientranti nel catalogo dei reati 231; l’avvelenamento non rientra in questo
catalogo, per cui il provvedimento potrebbe essere viziato da abnormità; si sta
valutando il ricorso per Cassazione”.
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