Riportiamo l'intervista fatta ad agosto alla rappresentante delle
lavoratrici delle cooperative sociali di Palermo dello Slai Cobas per il
sindacato di classe, Giorgia, sulla lunga e importante lotta che stanno
portando avanti da anni, ripresa e in corso anche in questi giorni.
Come è nata la vostra lotta di lavoratrici precarie?
La lotta dei
precari di Palermo nasce anni fa principalmente, dalla necessità della rivendicazione
di diritti basilari quali lo stipendio perché non prendevamo lo stipendio
puntualmente e inizialmente stavamo anche 4-5 mesi senza prenderlo. Molti di
noi tra l'altro erano pure inconsapevoli degli altri vari diritti basilari,
proprio perché non avevamo conosciuto un'organizzazione sindacale, lo Slai
cobas per il sindacato di classe, con una linea diversa, e alcuni di noi erano
stati iscritti alla Cgil che poi faceva le telefonate ai padroncini dicendogli:
vabbè li tengo buoni io! E 8 anni fa abbiamo avuto questo cambiamento totale.
Quindi una distinzione netta della linea sindacale ufficiale, che comunque ha
portato ad una lotta molto più osservata.
La vostra lotta si scontra anche con le politiche nazionali del governo
La lotta dei
precari è una lotta che poi si trova a scontrarsi con la politica Istituzionale
e inizia proprio con uno scontro con la politica; risolto, infatti, il problema
degli stipendi, iniziamo a capire che c'è la necessità di affermare quelli che
sono i diritti del posto di lavoro e di contrastare i tagli ai posti di lavoro,
perché iniziamo a subire degli attacchi forti da parte delle istituzioni ad
iniziare dalla Provincia, ora chiamata città metropolitana, alla stessa
Regione, sino ad arrivare quest'anno al MIUR.
Quindi si può dire ormai che è una lotta al livello nazionale, adesso ci
troviamo a scontrarci col MIUR perché all'interno della legge sulla “buona
scuola” c'è una delle leggi delega che è la 378 che vorrebbe trasferire le
competenze di questo servizio ai collaboratori scolastici.
Per evitare
questo abbiamo iniziato una dura lotta già l'anno scorso, perché il governo
regionale aveva anticipato quella che era la legge delega attraverso
l'approvazione dell'articolo 10 a firma del governo Crocetta e Baccei e del
Movimento 5 Stelle, delle due deputate Foti e Zafarana. Quindi l'anno scorso
abbiamo fatto una lotta a 360 gradi.
Come dicevo
prima, questa lotta non è più una lotta a livello locale. A volta nelle nostre
riunioni
diciamo che abbiamo una responsabilità molto grande
perché noi stiamo lottando sul campo per 2000 assistenti in tutta la Sicilia e
su questo abbiamo cercato di fare comunque un lavoro di coinvolgimento. Siamo
stati pure a Messina l'anno scorso, e subito dopo l'abrogazione dell'articolo 10,
molti dei precari di Messina, o non iscritti a nessun sindacato o ritiratisi
dalla Cgil, si sono messi in contatto con noi; invece quelli di Catania hanno
una posizione un pò oscillante, sono male consigliati e altri sono addirittura
inconsapevoli di tutto quello che sta succedendo perché comunque chi guida
pensa sempre di prendere decisioni per loro, e vanno dai lavoratori dicendogli
per esempio “stai buono lì che poi ci penso io”, ma in realtà fanno accordi col
padroncino.
In questa lotta quanto pesa il fatto che siete soprattutto donne?
Un elemento
distintivo di questa lotta è che siamo in maggioranza donne, anche perché in
questo tipo di servizio siamo più donne che uomini e siamo l'elemento che
spicca di più in tutte le manifestazioni e le giornate di lotta come
determinazione e rabbia proprio perché come donne siamo doppiamente oppresse.
Racconta dei momenti più significativi della vostra battaglia
All'inizio abbiamo fatto dei blitz nei Palazzi andando a trovare i vari
politici di turno, tra Crocetta e Orlando, cercando anche di capire come si
muovessero questi tizi e quindi ogni occasione era buona per noi farci trovare
lì, in modo che loro ci vedessero, per creare quella suspence e fargli
chiedere: ma che sta succedendo? ma questi cosa vogliono? Questa lotta e
continuate così fin quando siamo “entrati nel cuore di Crocetta”. Siamo
andati al Gay Pride perché sapevamo che Crocetta non ci voleva incontrare;
sapevamo che sarebbe stato lì e ci sarebbe stato Orlando e altri politici, e
quindi ne abbiamo approfittato e ci siamo fatti trovare sul bordo del
marciapiede di via Roma con le locandine che abbiamo organizzato in sede con le
facce di Baccei e Crocetta e della Foti e Zafarana, gridando a gran voce e
denunciando il fatto che comunque il diritto al lavoro e il diritto dei ragazzi
allo studio non si tocca assolutamente, che noi non siamo disposti ad accettare
tutto questo, le loro sporche manovre fatte solo per risparmiare. I diritti
sono diritti e voi non c'è li potete toccare!
Quella è
stata una delle giornate di lotta più importanti dal punto di vista strategico,
perché da lì qualcosa è iniziata a smuoversi, perché poi hanno iniziato a
risponderci.
Ma in realtà
non si quagliava, i loro interessi sono troppo grandi e inoltre anche
all'interno della politica ci sono delle contraddizioni, perché è vero che
fanno parte dello stesso sistema, però Orlando ragione in un modo e Crocette in
un altro e i vari deputati dell'Ars hanno interessi con la cooperativa, il
Movimento 5 Stelle difende gli interessi dei padroncini, tanto che questo hanno
detto chiaro che se dovessero salire loro saremmo tutti fuori. Quindi dovevamo
cercare di capire bene per proseguire una lotta che è di resistenza e di difesa
del posto di lavoro ma che ha tanti punti per attaccare. Siamo anche in un
momento particolare in Sicilia, si stanno preparando alle elezioni regionali e
noi dobbiamo utilizzare questa fase a nostro favore. Perché comunque loro non
sono così forti come pensano di essere, o meglio, appaiono forti perché il
potere è nelle loro mani, ma una forte lotta riesce a metterli sulla difensiva.
La lunga lotta crea anche problemi all'interno dei lavoratori?
La nostra è
una lotta molto difficile, estenuante e questo lo vediamo in tutte le lotte dei
precari. In generale le lavoratrici, i lavoratori, precari sono molto
combattivi, ma rischiano di crollare perchè si tratta comunque di una
condizione di vita di ultra precarietà; quindi può capitare di crollare proprio
quando avremmo bisogno di un momento ideologicamente forte per lottare di più.
Facciamo per esempio delle riunioni molto corpose, ideologicamente forti e
sembra che tutti abbiano capito, ma appena escono da lì perdono quella
determinazione e sembra che siamo di nuovo al punto di partenza. Abbiamo tutti
gli stessi pesanti problemi di vita, e come donne si raddoppiano, si
triplicano, ma chiaramente non va bene che c'è chi si fa i fatti suoi, cioè chi
è opportunista, chi addirittura non partecipando alle lotte viene solo per
parlare destabilizzando pure i nostri compagni e cercando di rompere
quell'equilibrio che abbiamo raggiunto. Per esempio, un lavoratore che viene da
fuori senza un minimo di esperienza vuole venire a comandare su quello che
stiamo facendo a livello sindacale, quando noi sappiamo di essere nel giusto e
siamo legittimati, non può venire a dire: “a me lo sai... secondo me sarebbe
meglio così...”. Io allora gli dico: E tu dove sei? Non ci sei e vieni a
criticare pure il nostro operato!? Non esiste questo discorso e comportamento.
Ma per fortuna le lavoratrici che ogni giorno lottano non si fanno imbrogliare.
Siete riuscite ad ottenere dei risultati? Qual'è ora l'obiettivo immediato
della lotta?
L'anno
scorso per lo Slai Cobas per il sindacato di classe c'è stata una vittoria
politica di importanza non indifferente, Abbiamo fatto una lotta politica a 360
gradi dove ci siamo scontrati e siamo stati sotto i Palazzi per mesi, dalle
10:00 di mattina alle 11:00 di sera, con fischietti e tutto quello che avevamo
per fare casino, bloccando le macchine di Baccei, ecc. Il 10 agosto dell'anno
scorso finalmente l'articolo 10 è stato abrogato.
Quest'anno
la lotta è ancora più difficile perché ci scontriamo appunto con il governo
nazionale e noi in tutti i modi dobbiamo cercare di trovare una soluzione
definitiva, la stabilizzazione di questi servizi. Si tratta di servizi
obbligatori ed essenziali, ma loro continuano a votare queste leggi illegali.
Avete subito azioni repressive?
Al di là della repressione della polizia in generale che abbiamo spesso
subito nei vari momenti di lotta, siamo arrivati anche a scontrarci con la
polizia più e più volte, con una Digos sempre più arrogante – ma noi donne li
mettiamo sempre a posto - l'anno scorso è successo qualcosa molto particolare
perché ad alcune di noi precarie sono arrivate delle denunce. Non hanno toccato
in questo caso i coordinatori dello Slai cobas sc, è stato, volutamente, un
tipo di repressione individuale che aveva il senso di spaventarci di più, per
farci arretrare. Ma è successo esattamente il contrario! Quando siamo state
convocate in questura per ritirare la denuncia, abbiamo fatto un casino anche
là dentro. Loro pensano che ci spaventiamo ma in realtà non è così.
Quindi, la lotta continua?
Ripeto è una lotta dura non sappiamo se ce la faremo perché noi dobbiamo
essere sempre con i piedi per terra e non possiamo dire è semplice, ma noi ce
la stiamo mettendo tutta e stiamo continuando a farlo in tutte le forme perché
una lotta 360°. Dal punto di vista mediatico facciamo girare molto i nostri
comunicati a livello locale in televisione ma anche a livello regionale; a
livello nazionale l'anno scorso siamo arrivati addirittura alla Rai. Ma quello
che importa di più è che dobbiamo andare avanti senza se e senza ma, non gliela
daremo vinta, questo è sicuro. C'è un mio collega che comunque parla sempre
poco, però dice ogni volta “fino alla fine”! E almeno così, noi abbiamo
anche la coscienza pulita di aver fatto il possibile e di aver fatto quello che
è giusto che deve essere fatto da parte di tutti. Quindi ribellarsi con tutti i
mezzi possibili e immaginabili.
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