Il magistrato ha così certificato, per questo
giudizio, la concausa tra esposizione ad amianto sul posto di lavoro e la
patologia che ha fatto l'ennesima vittima della fibra
killer, quantificando l'importo dei danni non patrimoniali subiti nella
misura di oltre 236mila euro
D’amianto si muore anche sui bus. È quanto stabilito
dal Tribunale del lavoro di Roma che ha condannato la Cotral (l’azienda
di trasporto pubblico regionale del Lazio) a risarcire la vedova di un ex
dipendente dell’azienda, Vincenzo Cecchini, morto nel 2011 a seguito di un cancro
polmonare. Il magistrato ha così certificato, per questo giudizio, la
concausa tra esposizione ad amianto sul posto di lavoro e la patologia che
ha fatto l’ennesima vittima della fibra killer, quantificando l’importo
dei danni non patrimoniali subiti nella misura di oltre 236mila euro.
“L’azienda ora – spiega Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, legale della famiglia – dovrà sborsare un terzo di 236mila euro alla vedova di Vincenzo Cecchini. Gli altri due terzi dovranno essere dati ai figli che hanno fatto la messa in mora nei confronti della società. Se l’azienda si rifiuterà di pagare faranno un’azione legale utilizzando la medesima sentenza a favore della madre”.
“L’azienda ora – spiega Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, legale della famiglia – dovrà sborsare un terzo di 236mila euro alla vedova di Vincenzo Cecchini. Gli altri due terzi dovranno essere dati ai figli che hanno fatto la messa in mora nei confronti della società. Se l’azienda si rifiuterà di pagare faranno un’azione legale utilizzando la medesima sentenza a favore della madre”.
Una condanna che certifica che nelle officine Cotral
c’era l’amianto visto che Cecchini, per oltre dieci anni, è stato un meccanico
della ditta. “L’amianto non era presente nella struttura degli immobili
dove avvenivano le riparazioni – spiega in una nota Cotral – ma nei pezzi di
ricambio che venivano utilizzati per la manutenzione dei mezzi, come
freni e frizioni. Per questo motivo l’azienda ha deciso di impugnare la
sentenza e ricorrere in appello. Anche perché – prosegue la nota – fino al 1992
l’amianto in Italia era legale e il periodo di esposizione all’amianto di Cecchini
termina proprio nel 1992”. È la prima volta che l’azienda di trasporto
regionale viene condannata per una vicenda del genere. “La valutazione di
sintesi – sottolinea il giudice – di tutti gli elementi sin qui esaminati
consente, con ragionevoli margini di probabilità, di ritenere sussistente un
rapporto eziologico tra l’esposizione lavorativa realizzatasi tra il dicembre
1981 e il dicembre 1992 e lo sviluppo dell’adenocarcinoma polmonare
diagnosticato nel 2010”.
Il giudice spiega che in conformità alle risultanze
del consulente tecnico “che appaiono correttamente ed esaurientemente
argomentate anche con ampi riferimenti ai diversi studi scientifici…deve
essere dichiarata la sussistenza del nesso di casualità fra la patologia che ha
determinato il decesso di Cecchini Vincenzo ed il periodo di esposizione ad
amianto riconosciuto e documentato in atti”. L’Osservatorio nazionale
amianto non vuole fermarsi qui, né per i familiari di Cecchini né per altre
probabili vittime. “C’è un’altra causa in corso – spiega Bonanni – al
tribunale civile per i danni subiti dalla vedova a titolo personale. Poi, anche
a seguito di questa sentenza, stiamo pensando di avviare una class action
nei confronti di Cotral visto che ci sono altre vittime che lavoravano
nell’azienda”.
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