Nuovo episodio all’outlet di Castel Romano: tutte le
lavoratrici del negozio Silvian Heach mandate a casa per «intemperanze». Una
delle sospese: le altre commesse ci hanno applaudito ma nessuna ha poi fatto
come noi
Rischiare il licenziamento per aver scioperato, per
aver alzato la testa davanti ad una proprietà che «in anni e anni di lavoro non
ci ha mai riconosciuto le maggiorazioni per i giorni festivi previste dal
contratto». L’outlet di Castel Romano si conferma un luogo in cui i diritti
delle lavoratrici faticano enormemente ad essere rispettati.
DOPO IL CASO DI VALERIA,
trasferita a 50 chilometri di distanza per aver chiesto di non lavorare una
sola domenica al mese, questa
volta ad essere colpite sono le cinque commesse – tutte full time a tempo
indeterminato – del negozio Silvian Heach da giovedì sospese dal lavoro. Dieci
giorni prima, a pasquetta, avevano scioperato – uniche in tutto l’outlet –
provocando l’ira dei responsabili dell’azienda (la Arav Fashion) di
abbigliamento con sede a Nola (Napoli) e negozi sparsi per l’Italia e per il
mondo.
Il giorno dopo Francesco Iacovone, sindacalista dell’esecutivo nazionale
dei Cobas a cui le lavoratrici si erano rivolte, ha incontrato i manager del
negozio per chiedere «il rispetto del contratto nazionale: le indennità festive
mai pagate, l’indennità di cassa mai pagata, le troppe ferie maturate». «Ci
hanno detto che avevamo sbagliato a scioperare, ad affidarci a persone
sbagliate, ma sembrava tutto rientrato», racconta una delle commesse, sotto
anonimato. Poi «la sorpresa»: «Ci hanno convocato una ad una e ci hanno
consegnato la lettera di sospensione». Un provvedimento molto duro che spesso
prelude al licenziamento.
NELLA LETTERA di «contestazione di illecito disciplinare» l’azienda
naturalmente non fa nessuna menzione dello sciopero (diritto costituzionale e
per pasquetta indetto da tutti i sindacati del commercio, anche dai confederali
Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs) ma riferisce di «dati di vendita in calo
del 40-50 per cento» e accusa le lavoratrici di «disattendere le direttive
ricevute, rifiutandosi di seguire la clientela e di allestire il punto vendita
come richiesto» con «interperanze verso i responsabili di area» e «violazione
dei doveri di ufficio, mancata cooperazione alla prosperità dell’impresa e
abuso di fiducia».
LA VERSIONE DELLE LAVORATRICI è molto diversa. «I responsabili di
area sono arrivati proprio per sostituire la manager, vera causa del calo delle
vendite. Tanto è vero che loro hanno messo a posto il magazzino e cambiato la
disposizione del negozio. Con loro stavamo lavorando bene e la lettera è
arrivata come un fulmine a ciel sereno». Anche perché la sospensione si basa
proprio sui «report trasmessi dai responsabili di area».
NELLA CONTESTAZIONE SI FA riferimento alla mancata presenza
delle commesse alla «Retail day del 26 marzo», «disertata» dalle commesse. «In
realtà quella riunione è per le manager non certo per noi commesse che
prendiamo 1.200 euro al mese nonostante lavoriamo tutti i festivi», è la
risposta.
COME DA NORMATIVA e contratto nazionale le lavoratrici hanno risposto
entro 5 giorni presentando «idonee giustificazioni». «Abbiamo risposto – spiega
Iacovone – che le ragioni addotte dall’azienda sono pretestuose, la verità è
che le ragazze sono state sospese perché hanno avuto il coraggio di denunciare
una situazione insostenibile».
«LA SCENA DI PASQUETTA – continua la commessa – è stata
molto forte. Noi inizialmente non volevamo scioperare, ma Francesco ci ha
spiegato che stavamo lavorando come al solito gratis perché non ci avrebbero
riconosciuto il giorno festivo e che così lo rafforzavamo per l’incontro che il
giorno dopo avrebbe avuto coi manager. Allora abbiamo deciso di non lavorare:
siamo uscite tra gli applausi di molti clienti e delle commesse degli altri
negozi. Che però hanno continuato a lavorare. Ora la paura è pagare per il
nostro gesto, per il nostro coraggio», spiega preoccupata.
ORA IL NEGOZIO VA AVANTI con le due nuove responsabili di
area che lavorano a tempo pieno assieme ad altre persone, «probabilmente con
contratti precarissimi, come accade in molti altri negozi dell’outlet»,
sottolinea Iacovone.
L’AZIENDA, CONTATTATA dal Manifesto, si è limitata ad una
precisazione affidata all’ufficio stampa: «In questi giorni le Risorse umane
dell’aziendahanno preso contatto con le dipendenti e hanno aperto un confronto
con le medesime per verificare le ragioni di entrambe le parti».
«IN REALTÀ DOPO LA NOSTRA lettera di giustificazione,
l’azienda ci ha proposto un incontro a Nola, totalmente ingiustificato visto
che la sede di lavoro è Roma», osserva Iacovone. «Speriamo che si convincano a
venire qua e a fare marcia indietro, noi certo non ci fermeremo. Mentre
l’azienda porta avanti una campagna contro la violenza sulle donne (una donna
bruciata dall’ex, Carla Caiazzo, è diventata modella per Silvian Heach con
l’hashtag #ioridoancora, ndr), noi abbiamo portato le lavoratrici in altri
centri commerciali con i cartelli #metoo per denunciare il comportamento tenuto
contro le loro dipendenti».
Massimo Franchi
da il manifesto
Nessun commento:
Posta un commento