comunicato
Slai
Cobas per il sindacato di classe – Taranto
slaicobasta@gmail.com
347-5301704
quello
che Di Maio chiama 'cittadini ' altro non è che la sua base
elettorale l’Ilva:
Luigi
Di Maio convoca il tavolo sull’acciaieria tarantina ma non si
limita ad invitare sindacati, commissari dell’azienda e
rappresentanti della ArcelorMittal, il possibile acquirente
dell’impianto. Il vicepremier, a sorpresa, allarga la riunione a
ben 62 interlocutori, compresi i sindaci della zona, i presidenti di
Puglia, Liguria e Piemonte e, soprattutto, tante associazioni di
cittadini e comitati di protesta. Tutti convocati per questa mattina
alle 10 al ministero dello Sviluppo economico per valutare, in due
ore, il dossier aggiuntivo che ArcelorMittal presenterà.
Francesca
Re David della Fiom chiede già una nuova riunione perché quello di
oggi sarà un«incontro oggettivamente informativo, per la quantità
di persone coinvolte e per la durata prefissata
editoriale 21 luglio proletari comunisti
editoriale 21 luglio proletari comunisti
I
padroni e il governo fascio-populista Di Maio-Salvini precipitano
l’Ilva in una nuova fase acuta della crisi che mette ulteriormente
in discussione i posti di lavoro, salari, diritti degli operai, il
piano di trasformazione dell’Ilva e il piano di bonifica e
risanamento ambientale dei quartieri popolari aggrediti
dall’inquinamento.
La
fabbrica resta intanto in mano ai commissari, continua il suo
processo di degrado delle condizioni di lavoro, di sicurezza che
mettono quotidianamente a rischio di infortuni e morte.
Ripartiamo
dalla storia concreta più recente.
Da
anni questa fabbrica è nelle mani dello Stato, è gestita dai
governi tramite i commissari; dal 2017 essa è stata virtualmente
ceduta ai nuovi padroni indiani dell’ArcelorMittal; da mesi è in
corso una trattativa romana, intorno al piano della Mittal che è
fondato su 10mila operai assunti, 4000 scaricati e gli operai
dell’appalto con un futuro prevalente di licenziamenti e
cassintegrazione permanente. A questo la Mittal ha aggiunto una
novazione contrattuale che, tramite le vigenti leggi, fino al jobs
act, comporta tagli di salari e di diritti acquisiti. Sul piano
ambientale, invece, l’unica cosa è l’avvio
effettivo
della copertura dei parchi minerali, di cui strada facendo si sono
espresse disponibilità ad accelerare i tempi di realizzazione; quasi
niente sul fronte di un’ampia bonifica, ambientalizzazione della
fabbrica con nuove tecnologie, nuovi impianti e massimo irrigidimento
delle misure a tutela della sicurezza in fabbrica.
A
questo piano vi è stata finora solo una chiara risposta alternativa,
quella proposta dallo Slai cobas per il sindacato di classe, fondata
su non solo esuberi zero, salvaguardia dei salari e dei diritti per
tutti i lavoratori, ma anche utilizzo pieno degli operai dipendenti,
tutti assunti Mittal, per tutti i lavori di bonifica interna, primato
della sicurezza, con una postazione ispettiva, Asl/Ispettorato del
lavoro, permanente in fabbrica, salvaguardia dell’appalto,
distinguendo tra appalto permanente che deve avere condizioni di
salario e sicurezza paritari a quelli degli operai Ilva e la
conservazione del posto di lavoro attraverso un meccanismo che con
senta il travaso degli operai da una ditta dell’appalto all’altra;
l’applicazione di un nuovo contratto siderurgica più adeguato alle
condizioni effettive di lavoro degli operai Ilva e un massiccio
prepensionamento – 25 anni bastano, avevamo detto – che avesse la
funzione di salvaguardare soprattutto la salute e risarcire gli
operai prime vittime delle morti da lavoro, inquinamento.
Infine,
una riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario.
Avevamo
chiesto fin dall’inizio, noi e solo noi, che tutto questo andasse
in quello che abbiamo chiamato “decreto operaio”, unica forma per
vincolare qualsiasi governo, qualsiasi padrone che acquisisse l’Ilva,
qualsiasi trattativa sindacale.
Tutti
i sindacati in fabbrica, quelli confederali e poi l’Usb divenuto
una sorta di 4° sindacato con la stessa logica dei sindacati
confederali – ci sono numerosi esempi a dimostrazione di questo che
via via noi abbiamo denunciato – non hanno fatto propria questa
piattaforma nel suo insieme e hanno partecipato invece al teatrino
inscenato da padroni, governo, istituzioni, commissari, ecc.
Era
chiaro che questo “decreto operaio” poteva essere solo frutto di
una lotta dura, prolungata e generale, che lo imponesse a qualsiasi
governo, a qualsiasi ministro. Su questo non solo i sindacati in
fabbrica non ci hanno seguito, ma non è emersa neanche tra le fila
operaie una giusta ribellione e autorganizzazione. I sindacati
confederali ora divisi ora uniti hanno partecipato ad un’eterna
trattativa; la Fim/Cisl di Bentivogli si è legata mani e piedi al
governo con l’asse Calenda/Bentivogli; la Uilm, sindacato
maggioritario, non ha fatto assolutamente nulla per cambiare lo stato
delle cose, anzi è stata decisiva per mantenere la fabbrica in
stand-by, in stretta alleanza coi commissari; la Fiom dai tempi di
Landini è sostanzialmente un sindacato inutile con un piede in due
staffe; l’Usb ha nascosto dietro gli strilli sulla
“nazionalizzazione” una ricerca ossessiva di partecipazioni ai
Tavoli, per fare esattamente quello che hanno fatto gli altri, certo,
ogni tanto si è alzata dal tavolo, scontrandosi in particolare con
Calenda, ma per legarsi mani e piedi ad Emiliano che ha usato la
vicenda Ilva nel quadro della lotta all’interno del PD nella
vicenda nazionale.
All’esterno
della fabbrica l’ala ambientalista ha avuto una sola posizione, la
chiusura della fabbrica, l’attacco agli operai, posizioni che nel
contesto attuale non potevano che servire i piani di divisione di
padroni e governo e l’accerchiamento degli operai. Il braccio degli
ambientalisti nella fabbrica sono stati i ‘Liberi e pensanti’ che
nulla hanno fatto né in fabbrica né fuori per difendere realmente
la condizione operaia e per lavorare all’unità tra operai e masse
popolari, unica arma da opporre a padroni, governo e Stato. Anzi, non
è vero che non hanno fatto nulla, sono stati “cavalli di troia”
per la penetrazione nella fabbrica di un movimento estraneo ai
lavoratori, alla loro lotta, il M5S che ha usato il “doppio
linguaggio”, tipo degli ingannapopolo, di dire di volere la
chiusura, mentre a Roma si alleava con il partito legato a Riva e
agli industriali dell’acciaio del nord.
In
questo stato delle cose tutti hanno lavorato in quella che abbiamo
chiamato “la tempesta perfetta”, ognuno per suo conto per
arrivare allo stesso risultato.
Che
solo la lotta, la piattaforma operaia, il decreto operaio poteva
contrastare e scongiurare.
Con
la formazione del nuovo governo i nodi sono tornati al pettine.
Di
Maio ha preso in mano la questione per trasformarla in quella che in
queste ore viene chiamata “caos calmo”.
La
prima cosa che Di Maio ha smentito, da bravo ingannapopolo, che i
5stelle al governo vuole la chiusura dell’Ilva, con buona pace di
chi gli ha fatto la campagna elettorale e l’ha sostenuto,
ambientalisti, piccola borghesia e media borghesia locale e una fetta
degli operai che si sono prestati all’inganno. Quindi ha aperto al
demagogo reazionario, Emiliano, con la cosiddetta “verifica della
gara d’appalto”, per buttarla chiaramente in caciara.
Ma
anche su questo le cose non stanno come dice Di Maio. Le osservazione
dell’Autorità Anac – stranamente molto rapida e limitate a
problemi di procedura – non cambiano la sostanza del problema. La
cordata AcciaItalia ha accettato tutto di questa procedura, non ha
mai fatto alcun ricorso, né ha fatto alcuna obiezione; lo
slittamento dell’asta è stato concordato tra AmInvestco,
AcciaItalia e governo; lo slittamento delle scadenze intermedie non
ha avuto alcuna influenza nella gara d’appalto. L’unica
differenza riguardava la possibilità del rilancio da parte di
AcciaItalia, a quanto pare dell’ordine di 50milioni di euro, e su
questo durante la gara, a quesito del governo, nessuno ha fatto
obiezioni, Anac compresa. Mentre è totalmente falso che le
condizioni poste da AcciaItalia fossero migliori di quelle di
ArcelorMittal, in materia di esuberi, diritti e salari dei
lavoratori, gli occupati erano meno, non erano riconosciuti gli
scatti di anzianità né il pregresso, i soldi per il piano
ambientale erano di meno, compresi quelli per la copertura dei parchi
minerali; della cordata AcciaItalia faceva parte Arvedi che è
l’industriale immediatamente dopo Riva distruttore di salute, ecc.
Quindi,
Di Maio inganna e ciurla nel manico su questo.
Sanno
bene lor signori che l’annullamento della gara ha solo
un’alternativa, No una nuova gara che avverrebbe in condizioni
ancora più disperate, data la crisi del mercato e degli impianti, ma
la nazionalizzazione. Tutti questi mesi hanno già dimostrato
ampiamente che l’azienda nerlle mani dello Stato e del governo è
andata peggio su tutti i terreni rispetto allo stesso periodo di
Riva.
Il
M5S non ha mai dichiarato in tutti questi anni di volere la
nazionalizzazione della fabbrica, bensì la sua chiusura. Ma anche la
nazionalizzazione non cambierebbe assolutamente i tremini della
questione, nell’attuale situazione l’azienda nazionalizzata, per
stare nel mercato mondiale, nella fase di protezionismo e guerra
commerciale scatenata da Trump, dovrebbe anch’essa stare alle leggi
di questo mercato, di questa guerra: più lavoro, più sfruttamento,
meno operai, taglio dei salari, taglio della sicurezza e una quantità
di denaro dello Stato – che poi sono i lavoratori e i cittadini che
pagano – che nessun governo nello Stato capitalista è in grado di
mettere in campo per il risanamento.
Il
problema, quindi, torna alla casella iniziale, e i lamenti attuali
dei sindacati sono patetici e si muovono lungo la logica di “salvare
il salvabile”, sempre e comunque sulla pelle degli operai e con
piani ambientali e di bonifica assolutamente insufficiente e
inadeguati – mai i sindacati hanno portato ai Tavoli un loro piano
di ristrutturazione/ammodernamento degli impianti, con uso delle
tecnologie più avanzate per renderli meno nocivi.
La
“soluzione” è sempre quella dell’inizio: lotta generale ad
oltranza, autorganizzazione, piattaforma operaia, decreto operaio.
Se
l’Ilva – come dicono tutti – è così importante, la classe
operaia può imporre il suo programma!
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