Dopo
oltre 40 giorni di resistenza tutte le 17 operaie illegittimamente escluse
dall’ultimo cambio di cooperativa nell’appalto della Montello sono rientrate al
lavoro a fine settimana scorsa.
Questo
è sicuramente un primo risultato, imposto grazie alla tenacia e direzione della
lotta, dalla solidarietà a livello nazionale che si è sviluppata a sostegno del
rientro delle operaie in fabbrica. Elementi che hanno dato più forza al
sindacato che le organizza e ha permesso di mantenere accesi i riflettori su
quanto stava accadendo alla Montello spa, coperto da una scandalosa censura da
parte della stampa locale.
Le
17 operaie sono state lasciate senza lavoro per oltre 40 giorni, per una pura
azione repressiva padronale, perché hanno osato rivendicare il riconoscimento
delle 8 ore di lavoro pagate 8 ore, mezz’ora di mensa compresa, arrivando anche
a promuovere un’azione legale.
Una
giusta rivendicazione sindacale sabotata fin dal suo nascere da parte della
Cgil che parallelamente alla mobilitazione in fabbrica dello Slai Cobas, ha
blindato il grosso delle operaie dell’appalto con una conciliazione tombale da
150/250 euro a seconda dell’anzianità e sottoscritto un accordo per un misero
ticket …. di fatto una barriera contro le rivendicazioni.
Un’azione
di fiancheggiamento che si è espressa ancora nell’immobilismo di fronte
all’esclusione delle 17 in violazione dell’accordo di cambio appalto firmato
dalla stessa Cgil, dove nero su bianco avevano garantito che tutte le operaie
sarebbero state assunte nel nuovo appalto.
A
seguito di una forte contestazione davanti alla sua sede il 26 di ottobre in
occasione di una manifestazione provinciale nella giornata di lotta al governo
Salvini DiMaio, Cgil fa uscire un vigliacco comunicato, di circostanza sulla
vicenda ma pesante nei contenuti dicendo che ‘...non avrebbe partecipato a
scioperi per le 17 operaie e che se erano restate fuori era solo colpa del loro
sindacato...’ (Slai Cobas)
Questo il quadro in cui si è svolta la lotta delle operaie, che
hanno dovuto dare battaglia su tutti i fronti, tra cui anche quello della
giustizia nei tribunali con varie iniziative per accelerare una decisione del
giudice, che invece non ha avuto il coraggio di decidere subito il rientro al
lavoro, ma che dopo 1 mese dalla presentazione del ricorso, burocraticamente ha
chiesto di sapere entro l’8 novembre se venivano pagate le spettanze del mese
di ottobre quando era chiaro che i pagamenti degli stipendi arrivano a fine
mese, per poi il 9 novembre emettere una sentenza di rigetto paradossale: le
operaie hanno ragione sul merito della loro richiesta di riassunzione, ma
siccome c’è il “rischio" che la vecchia cooperativa le possa pagare, non
esistono quindi i presupposti per la causa d’urgenza e quindi per ottenere “
giustizia" si devono rivolgere al rito ordinario con un altro giudice con un
udienza che si avrebbe dovuto tenersi il 21 febbraio.
Nella
vertenza non è mancato l’intervento del padrone della Montello Sancinelli,
sceso in campo direttamente vista la tenuta delle operaie, visto che il ‘caso
Montello’ accumulava energie su larga scala, facendo saltare tutti i piani
padronali di vittoria facile.
Questa
azione trova l’appoggio di una delle 17 operaie che ‘salta il fosso’ e inizia
un’attività sotterranea disfattista propagandando la resa tra le operaie in
cambio del rientro al lavoro, ‘visto che è passato tanto tempo, il giudice non
decide, magari cambiano ancora la cooperativa e non rientriamo più…’ Nella
sottomissione al ricatto alla repressione, l’obiettivo preciso di disgregare il
gruppo delle coraggiose operaie che stavano lottando, dando un colpo anche alle
operaie dentro la fabbrica che le stavano sostenendo.
Fino
a sabato 3 novembre quando, nel mezzo di un crescendo di iniziative davanti
alla fabbrica, di protesta alle redazioni locali e al tribunale, questa operaia
si smaschera nel tentativo di portare tutte le 17 operaie al cospetto del
padrone per siglare un accordo ‘senza sindacato, senza avvocato’ e rientrare
subito al lavoro. Un tentativo nelle intenzioni che avrebbe dovuto restare
nascosto al sindacato, fino al fatto compiuto (all’incontro in attesa, pronti
per ogni evenienza, i rappresentanti legali di tutte le società coinvolte!!!),
ma che grazie alle altre operaie è stato smascherato e contrastato.
L’incontro
si terrà, presenti 4 operaie, va da se che l’obiettivo primario per il padrone
era la resa di tutte 17 e la manovra così non riesce perché la maggioranza
delle operaie segue le indicazioni del sindacato. Ma le 4 operaie che si
staccano per conciliare con il padrone, assestano comunque un colpo al fronte
di lotta e seminano confusione anche tra le operaie in fabbrica.
In
sostanza, da quel giorno ha preso forma, incarnata nel gruppetto diventato di
5, la falsa alternativa del lavoro prima di tutto (senza diritti). La teoria
del cedere al ricatto, mollare il sindacato e arrendersi come soluzione. Una
proposta da parte dell’azienda di accordo al ribasso, incentivata da 1000 euro
per abbandonare la causa e chiudere le pendenze, rinunciando persino al
pagamento del mese di ottobre passato senza lavoro, senza avvocato, senza sindacato.
Ma
quanto sofferto fino a quel momento in 10 anni di duro lavoro in piedi alle
linee di selezione dei rifiuti per la Montello, la nuova esperienza di
resistenza collettiva alle angherie di
capi capetti e delegati sindacali confederali che si è aperta con l’iscrizione
allo Slai Cobas, il grande sciopero delle donne dell’8 marzo 2018 fortemente
voluto costruito e fatto nonostante le
mille minacce, 40 giorni di lotta e di solidarietà, hanno permesso di mantenere
l’unità del gruppo con il sindacato e definire degli obiettivi comuni per la
soluzione.
La
proposta di conciliazione gli avvocati delle società Montello l’hanno subito
formalizzata appena dopo la sentenza di rigetto del provvedimento d’urgenza da
parte del giudice. Tuttavia grazie al
fatto che il resto delle operaie è rimasto compatto con il sindacato, hanno
dovuto farla collettivamente, per la sola conciliazione economica per gli
arretrati della 1/2 ora senza la conciliazione tombale come quelle fatte
precedentemente in azienda dalla Cgil, senza rinuncia alla rivendicazione per
lo stipendio del mese di ottobre e metà novembre.
Pertanto
dopo una valutazione collettiva con il sindacato le operaie hanno deciso che in
quel contesto e visto tutti i fattori in campo, la scelta migliore era quella
di rientrare tutte al lavoro ma con il sindacato, per continuare assieme alle
altre iscritte la battaglia per i diritti sul posto di lavoro dentro la
Montello.
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