Inail,
sconti alle imprese? No
di
Vito Totire (*)
Con
l’andamento – e incremento – degli infortuni (anche mortali) è
una decisione da rifiutare
Il
quotidiano «Il Resto del Carlino» diffonde (domenica 2 dicembre)
una notizia relativa all’Inail: «Imprese – Giù i contributi
Inail. Sconti per le imprese anche dal taglio dei contributi Inail ;
operazione che consentirebbe di risparmiare circa 600 milioni. Una
misura fortemente voluta dalla Lega». Il linguaggio (sconti) è un
po’ da supermercato. Qualcuno risparmierà ma certo non i
lavoratori che da questi tagli possono attendersi ulteriori rigidità
da parte dell’Inail nelle procedure di riconoscimento di malattie e
infortuni.
Assistiamo
frequentemente a:
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disconoscimenti di malattie professionali, persino di mesoteliomi in lavoratori esposti ad amianto; eventi che costringono lavoratori e familiari a defatiganti procedure nei tribunali; peccato che il testo unico amianto , presentato nel 2016 e mai discusso in Parlamento, prevedesse il gratuito patrocinio pubblico per i malati! L’ultimo caso di processo contro l’INAIL per il disconoscimento di un mesotelioma si è concluso poche settimane fa a Ferrara e speriamo che Inail NON RICORRA in appello e poi in Cassazione!
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disconoscimento SISTEMATICO di tutte le patologie collocate IN LISTA II nel decreto (sulle patologie professionali) del 2014; a nostro avviso quella che il decreto definisce “limitata evidenza” significa dover esaminare caso per caso e non respingere tutto in blocco. Per fare un esempio: quasi tutte le cause per il riconoscimento amianto/tumore del colon si vanno concludendo con sentenze che accolgono il nesso di causa (circola su Change.org una petizione su questo tema). Ciononostante Inail respinge persino il riconoscimento di nuovi “casi” emersi dalla stessa coorte nella quale si sono verificati eventi già riconosciuti con sentenza di primo e secondo grado; un modo ben discutibile di “risparmiare”;
-
Quel che davvero è misterioso è come mai ogni volta che l’Inail disconosce la natura professionale di un evento (malattia e/o infortunio) L’INPS PARE ESSERE SEMPRE D’ACCORDO. Dopo il “rigore” annunciato di recente dall’Inps con il sistema interno di incentivi premiali occorre comprendere le motivazioni di questo pedissequo e sistematico consenso; che sia la politica del “paga Pantalone” cioè classificare come «malattia comune» quel che invece spesso potrebbe essere «malattia professionale»? Un quesito ci turba: come mai INPS è sempre d’accordo? Esistono davvero e si tengono riunioni collegiali o queste riunioni collegiali INAIL/INPS per discutere i “casi” (scusate il termine “caso”: si tratta di lavoratori sofferenti) controversi sono solo una leggenda metropolitana? Perché quantomeno l’INPS lascia sempre “solo” il medico che ha segnalato la patologia e il patronato. Dunque INPS è stato folgorato sulla via della “medicina fiscale” però non controlla mai il responso dell’Inail. INPS ritiene vdi doversi concentrare ed esaurire nella lotta al cosiddetto assenteismo e nel contrasto a medici di base presunti compiacenti o inclini all’errore, esaurendo in questa attività tutto il suo potenziale critico e di vigilanza tanto da non avere più energie neanche per discutere con Inail. Ma perché questa lotta sul cosiddetto assenteismo e silenzio totale sul “presenteismo”?
In
conclusione :
anche
se CGIL-CISL-UIL insistono nella loro linea masochista (tanto poi i
danni li subiscono i lavoratori e non i dirigenti sindacali che vanno
tutte le sere in t) NOI RIBADIAMO CHE L’UNICA LINEA ADEGUATA PER LA
PREVENZIONE E LA DIFESA DELLA SALUTE E’ ESAUTORARE L’INAIL.
Altro
che sconti (siamo al supermercato?) alle imprese, piuttosto occorre
“potare” l’INAIL e trasferire il compito del riconoscimento
dell’infortunio e della natura professionale della malattia agli
organi di vigilanza delle Usl che sono ovviamente da potenziare.
Quanto ai dirigenti sindacali: se siete masochisti, ci dispiace per
voi, ma scudisciatevi fra dirigenti e lasciate stare chi lavora.
Circa poi il “ceto politico”: almeno quello non pretende
esplicitamente di avere la rappresentanza dei lavoratori e, abbiamo
ben capito, marcia da sempre unito (con qualche eccezione) nel negare
– per quanto materialmente possibile – la prevenzione e perfino i
risarcimenti per i danni subiti. Cgil, Cisl e Uil possono cercare di
impedire di parlare a chi la pensa diversamente da loro (come hanno
fatto a Monfalcone nel 2004) ma è inutile: la storia insegna che se
le idee sono giuste le minoranze tendono a diventare maggioranze.
3
dicembre 2018
(*)
Vito Totire è portavoce di AEA, l’associazione esposti amianto e
rischi per la salute.
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