L’Ispettorato nazionale del lavoro nella relazione relativa al
2019, dice che lo scorso anno più di 37 mila lavoratrici madri hanno
abbandonato il proprio lavoro. Si sono dimesse "volontariamente"
(un termine assolutamente improprio). Ma il dato che testimonia il
vero “gender gap” è il raffronto con le scelte dei padri. Su
circa 51 mila dimissioni volontarie, il 73 per cento è stato firmato
da donne e il 27 per cento da uomini.
"L’Istat certifica che
in generale il 20 per cento delle donne è costretto a lasciare il
lavoro dopo la nascita dei figli», Una conciliazione impossibile tra
lavoro e cura dei figli, si legge nel rapporto, che l’Ispettorato
nazionale del lavoro, sulla base delle testimonianze delle
lavoratrici, sintetizza in tre fattori. L’assenza di parenti “di
supporto”, ossia nonni che possano dare una mano, nel 27 per cento
dei casi. Costi troppo alti di “assistenza al neonato”, cioè
asili nido e baby sitter nel 7 per cento dei casi. Ma anche il
“mancato accoglimento al nido” del proprio bambino, perché le
strutture sono piene, gli asili assenti ma anche, spesso, criteri di
accesso troppo rigidi. Dati identici a quelli dell’anno precedente,
dunque nulla è migliorato nel nostro Paese. E la fascia d’età in
cui le donne abbandonano (29-44 anni), ossia nel pieno dell’impegno
professionale, spiega perché in Italia la parità di salari e di
carriere sia ancora così lontana. Intanto però la fotografia
dell’Inl (Ispettorato nazionale del lavoro) è drammatica. Ancora
oggi le donne in Italia vengono messe di fronte alla scelta di fare
un figlio o poter lavorare.
I mesi del lockdown e dello smart working, hanno ulteriormente peggiorato la vita delle donne. «Mostrando drammaticamente quanto sia poco paritaria la condivisione della vita domestica. Le madri, lo sappiamo, hanno dovuto triplicare il loro impegno, tra professione, cura della casa e supporto dei figli nella didattica a distanza. Quanto accaduto in questi mesi peserà davvero sulle scelte future.
L'altra faccia della medaglia è il netto taglio sul lavoro delle donne, a seguito del lockdown.
Uno studio apparso su Sole 24 Ore "Mette in evidenza che la contrazione dei ricavi del settore della distribuzione avràanche impatti occupazionali rilevanti, soprattutto nel settore della distribuzione non alimentare, con una quota di occupati a rischio tra il 15,5% (circa 220mila occupati) e il26,9% (circa 380mila occupati). Poichè più del 60% degli occupati del settore della distribuzione è donna, saranno proprio le donne a subure un impatto maggiore, in un paese che è già al penultimo posto in Europa per tasso di occupazione femminile (53,8%)".
I mesi del lockdown e dello smart working, hanno ulteriormente peggiorato la vita delle donne. «Mostrando drammaticamente quanto sia poco paritaria la condivisione della vita domestica. Le madri, lo sappiamo, hanno dovuto triplicare il loro impegno, tra professione, cura della casa e supporto dei figli nella didattica a distanza. Quanto accaduto in questi mesi peserà davvero sulle scelte future.
L'altra faccia della medaglia è il netto taglio sul lavoro delle donne, a seguito del lockdown.
Uno studio apparso su Sole 24 Ore "Mette in evidenza che la contrazione dei ricavi del settore della distribuzione avràanche impatti occupazionali rilevanti, soprattutto nel settore della distribuzione non alimentare, con una quota di occupati a rischio tra il 15,5% (circa 220mila occupati) e il26,9% (circa 380mila occupati). Poichè più del 60% degli occupati del settore della distribuzione è donna, saranno proprio le donne a subure un impatto maggiore, in un paese che è già al penultimo posto in Europa per tasso di occupazione femminile (53,8%)".
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