ecco il link:
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da una intervista di Noi Restiamo - stralci
Fabrizio è un immunologo italiano che lavora nel team cubano che sta realizzando il vaccino contro il COVID-19.
Per cominciare, chiediamo intanto a Fabrizio qual è il percorso personale che l’ha portato a Cuba.
...Io dal 2014 collaboro con l’Istituto di vaccini Finlay di Avana – Finlay era un vecchio scienziato cubano che ha scoperto il vettore della febbre gialla – un istituto che è sempre stato pioniere nel campo di ricerca dei vaccini sintetici e di cui mi sono occupato durante il dottorato.
Avendo sempre avuto questa idea “malata” e testarda di una ricerca totalmente pubblica e di un prodotto che possa raggiungere il paziente totalmente attraverso il pubblico, e avendo conosciuto a una conferenza l’attuale direttore dell’Istituto Finlay Vicente Bencomo, ho iniziato una serie di collaborazioni già mentre stavo in Olanda.
Con loro abbiamo fatto diversi progetti per ottimizzare una certa classe di vaccini, per esempio quello contro il meningococco, e abbiamo vinto molti progetti Erasmus per cui con molti studenti che venivano da l’Avana in laboratori olandesi si è instaurato un rapporto di
amicizia e collaborazione. Quando è venuto fuori il Covid-19 sono stato coinvolto nel disegno e nella parte iniziale – quella più critica, la fase 1 – con diversi candidati.
Cuba adesso ha quattro candidati in clinical trial, di cui due dell’Istituto Finlay rispetto ai quali ho collaborato dal disegno fino alle attuali pubblicazioni.
...Io sono un meridionale che dopo la laurea sono dovuto andare via, tra Spagna e Olanda, per poter continuare a fare ricerca. In Italia si investe pochissimo sulla ricerca in percentuale al PIL, a Cuba si investe dieci volte di più, inoltre è totalmente pubblica.
Questo fa una grandissima differenza, soprattutto in questo modello economico per cui Marx si rivolterebbe nella tomba, dove non solo chi è stato formato dallo stato viene sfruttato poi da una compagnia privata, ma dove lo stesso stato deve poi pagare i privati per riavere indietro il prodotto biotecnologico.
A Cuba questo ovviamente non succede grazie a un forte finanziamento nella ricerca da parte dello stato. Poi certo a livello di cultura di base e accesso alla cultura ammetto che noi Italiani manteniamo comunque un altissimo livello, anche agli occhi dei paesi del nord-Europa.
Poi ovviamente l’ingresso nel mondo del lavoro per il ricercatore è veramente straziante, semplicemente perché non ci sono soldi. O meglio, non ci sono soldi investiti in ricerca pubblica, i soldi ci sarebbero.
Un sistema che poi chiaramente crea una competizione anche tra gli stessi laureati. Una competizione insana!
Andando allora nello specifico del vaccino cubano, a che punto è? E ancora, che differenze ci sono tra i quattro candidati cubani, in particolare i due a cui hai lavorato personalmente, e quelli invece delle multinazionali dei paesi a capitalismo avanzato? Sia riguardo la produzione che soprattutto la distribuzione, che in Europa già è cominciata e rispetto alla quale stanno già emergendo profonde contraddizioni.
Inizio da quest’ultimo punto portando dei numeri: sembra che nove persone su dieci su settantadue paesi del mondo riceveranno il vaccino nel 2023 o alla fine del 2022. Partendo da questo punto di vista, raccontiamo allora il resto.
Era ben prevedibile che i primi vaccini a disposizione sarebbero stati quelli a materiale genetico, quindi i vaccini mRNA e quelli adenovirali, che introducono nell’uomo l’informazione genetica perché il corpo possa produrre pezzettini di virus contro cui poi sviluppare una risposta immune che protegge dall’infezione. Era ovvio che venivano fuori per primi perché tecnologicamente si tratta solo di dare le informazioni e presentarle nel modo giusto.
Di contro, ci sono i vaccini disattivati, attenuati, per cui si prende il virus “bruciato” e lo si inietta, tra cui il vaccino cinese che ha quasi concluso il clinical trial. Tra questi – non se ne parla – ci sono il 30% dei vaccini in clinical trial, al momento 60 nel mondo.
Di questi il 30% si chiamano a subunità, per cui, invece di dare l’informazione genetica o prendere tutto il virus attenuato, si preparano in laboratorio pezzi di virus che poi si somministrano con degli adiuvanti: sono i vaccini a subunità.
Questi da sempre hanno costi bassi, stabilità a temperatura ambiente, produzione altamente scalabile – se ne possono produrre cioè tante dosi – e hanno inoltre un’altissima sicurezza. Di questi il 20% sono i quattro disegnati e sviluppati a Cuba.
I due più avanti sono quelli a cui stiamo lavorando all’Istituto Finlay, che si chiamano Soberana 1 e Soberana 2. Soberana vuol dire “sovrana”, in spagnolo vaccino è femminile per cui l’aggettivo è sovrana, com’è Cuba.
Il Soberana 1 è in un clinical trial combinato 1-2, mentre il Soberana 2 sta iniziando ora la fase 2. Queste sono le fasi più importanti, in cui si misurano gli anticorpi, la sicurezza, l’effettiva capacità di neutralizzare il virus. Nella fase 3, invece, si descrive semplicemente l’efficacia e per questi due candidati dovrebbe finire verso marzo.
La cosa interessante è che delle ricette complesse che compongono questi due vaccini abbiamo cambiato soltanto un ingrediente, cioè un pezzettino della proteina del virus utilizzando formulazioni e piattaforme che Cuba da 15\20 anni usa anche e soprattutto in pediatria.
Questo fa intuire che con grande probabilità questi vaccini avranno una sicurezza elevatissima, costi bassi e se in futuro gli epidemiologi ci diranno che anche i bambini dovranno essere vaccinati probabilmente si utilizzeranno questi.
Emerge sicuramente un altissimo livello di ricerca, tra livello di sicurezza e bassi costi di produzione. Questo ci dà sicuramente, anche al di là del vaccino, un esempio molto forte di un diverso modello che fin dall’inizio abbiamo evidenziato come modello più efficace, volto alla tutela delle persone. Parlando di questo, come pensi abbia influito questo modello nella gestione della pandemia?
Le varie componenti – sanità pubblica di altissimo livello, con il più alto numero di medici per paziente al mondo, mondo accademico a disposizione di quello medico e alta tecnologia subordinata al mondo clinico e medico, così come medici che conoscevano il Dengue, che è stagionale a Cuba, o venivano dall’esperienza dell’ebola – hanno fatto sì che il 93% dei malati Covid escono dalla malattia, curati con l’interferone e anticorpi monoclonali, con peptidi immunomodulatori, tutti prodotti a Cuba dallo stato nonostante l’embargo.
Il mondo medico e quello biotecnologico, così come una grande divulgazione scientifica in televisione, hanno quindi fatto sì che su 11 milioni e mezzo di abitanti Cuba abbia avuto solo 140 morti circa dall’inizio della pandemia.
C’è qualche aspetto che vuoi invece aggiungere?
Aggiungo che, la critica va fatta al modello economico. Io posso odiare Pfizer per tutta una serie di motivi, a cominciare dalle pressioni al WTO, però in questo caso non posso mettere in dubbio l’efficacia dei loro vaccini ed è chiaro che quello fa Pfizer lo fa perché il modello economico glielo permette, per cui dobbiamo imparare a rinominare il capitalismo, vederne i limiti e riconoscere che esiste un modello biofarmaceutico a modello socialista.
Di questo Cuba è un esempio, e lo è nonostante l’embargo, un atto criminale: tutto ciò che contiene più del 10% di prodotto americano non può entrare a Cuba. Pensate solo cosa significa rispetto alle apparecchiature degli ospedali o quelle per fare ricerca. È un atto di terrorismo brutale.
Rispetto ai no vax allora.... non va criticato il vaccino per sé, perché è il prodotto biofarmaceutico più sicuro che ci sia mai stato. Quello che va criticato è il modello economico
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