Anche a Bagnoli è in atto un processo inerente la “Bagnoli
futura”. Si tratta di un processo farsa che in primo grado non ha
comportato condanne gravi, hanno addirittura derubricato i reati come
“non intenzionali”, ma casuali, determinati dall'incapacità dei
manager di questa trasformazione urbana. E' un processo che si sta
svolgendo in una certa indifferenza, scarsa partecipazione ed essendo
avvenuto post chiusura non ha un coinvolgimento della popolazione né
degli ex lavoratori.
Sui soldi sprecati a Bagnoli, buona parte
dei fondi li ha sprecati proprio la Società creata dal Comune di
Napoli a fine anni '90 per procedere alla bonifica. Invece c'è stata
la falsa bonifica che invece di bonificare i suoli inquinati ha
equamente distribuito l'inquinamento.
Il paradosso è ancora
più assurdo perchè sicuramente l'Ilva di Bagnoli inquinava il
quartiere di Bagnoli e il quartiere di Cavalleggeri, come a Taranto
Tamburi e Paolo VI, ma non si è intervenuti all'epoca. Ci fu la
chiusura della fabbrica, ma questa fu dettata in primis da scelte
dirigenziali, non sicuramente da un confronto, un'analisi reale; la
dirigenza decise di investire altrove, non prima di aver
abbondantemente speculato e ricevuto soldi dallo Stato, che quando si
tratta di fare regali alle imprese è sempre pronto, poi quando si
tratta di assicurare diritti, garantire, dare ascolto alle istanze
popolari e proletarie scompare, o per meglio dire, scompare
dall'ascolto e passa ai fatti e con le parole ci fa capire chi ha il
vero monopolio della violenza.
I soldi sprecati a Bagnoli per la non bonifica sono un problema perchè creano anche un precedente molto grave dal punto di vista storico dell'azione dello Stato; perchè oltre ai soldi sprecati, la bonifica non fatta, c'è anche la questione dei debiti che questa Società ha contratto e che, nel commissariamento di Bagnoli, sono stati trasformati nella legge “sblocca Italia” del governo Renzi in quegli strumenti che da un lato hanno giustificato il commissariamento e l'ingresso di Invitalia per effettuare le bonifiche, ma soprattutto hanno giustificato delle voci nello “sblocca Italia” che dicono che un giorno, quando saranno effettuate le nuove bonifiche, al di là di guadagnare su quello che ci potrà essere dopo, quindi determinare il futuro con un futuro di speculazione, o comunque si produzione di denaro, ci saranno degli interventi che diventeranno degli strumenti finanziari con i quali poi entrare nel mercato. E' evidente che queste cose non si fanno pro bono e che lo spreco di fondi da parte dello Stato giustifica poi quello che potrebbe essere un modo perchè i privati che hanno inquinato Bagnoli, penso a Caltagirone, ecc., potrebbero rientrare, perchè dovrebbero acquistare pezzi dei terreni bonificati, e rifarsi in vario modo. C'è quindi da stare attenti da questo punto di vista.
La vicenda di Taranto non è detto che debba essere come Bagnoli, ma non lo è se si crea in primis una coscienza di classe all'interno della fabbrica e questa coscienza di classe deve anche saldarsi con coloro che vivono nel territorio, che lo abitano, che naturalmente vogliono intervenire su di esso per far sì che la fine della storia di Taranto non sia la stessa fine di Bagnoli, dove ci sono 30 anni di vuoto. Oggi le mobilitazioni ci stanno portando a vedere dei possibili risultati, ma nulla è già scritto e se viene meno il nostro fiato sul collo – e lo dico come abitante di Bagnoli – lo Stato ha posto tutti gli strumenti affinchè in un attimo ci butti fuori a “calci nel sedere” e si riprenda ciò che è suo. In questo momento non accade, probabilmente perchè tra il 2014 e 2016 si è vista una forte risposta e mobilitazione popolare; ma se noi abbassiamo la guardia, sappiamo ciò che succede; e qui purtroppo le questioni operaie, le questioni lavorative ce lo ricordano drammaticamente.
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