Salutiamo tutte le lotte dei lavoratori, dei disoccupati, dei precari, degli immigrati, di tutti i settori sociali che si stanno opponendo non solo al al governo e ai padroni ma all’intero sistema che ci ha “regalato” la crisi, l’ha aggravata con la pandemia e ora ci trascina in una guerra interimperialista che ricade innanzitutto sui proletari e sui popoli, sia come costi immediati sul piano economico, sia come in prospettiva per le trasformazioni politiche e sociali che introduce.
Noi lottiamo nelle realtà dove siamo e cerchiamo di essere più uniti e più forti, più in grado di rispondere, perché abbiamo fiducia che ciò possa avvenire. Non è un fronte difensivo a cui pensiamo, anche se la difesa è l’aspetto più immediato in questa fase, il fronte unico di classe ha la potenzialità di inglobare l’organizzazione politica e sociale per la trasformazione rivoluzionaria di questo paese. Ciascuna delle realtà che lotta da sola non è in grado di invertire i rapporti di forza, e di creare una situazione più favorevole sia per i risultati concreti dei lavoratori, sia per modificare questi rapporti di
forza che ci possano permettere di mettere in discussione non il singolo padrone o la singola vertenza ma l’intero sistema del capitale, del governo, partiti che lo sostengono.
Noi dobbiamo stare dove è necessario, dove è possibile tradurre nei fatti il fronte unico di classe. Perchè il FUC è sempre un fronte di realtà diverse non realtà uniche. Quindi noi non possiamo scegliere dove esserci, siamo dove è necessario esserci.
Nell’assemblea della Gkn è stata raccolta una parte, attivata dalla battaglia della Gkn, tante realtà che si sono ritrovate in quel percorso che innanzitutto è stato segnato dalla grande battaglia alla fabbrica – e il dato di qualità di questa lotta sta in questo. Non è la prima volte che forze si mettono insieme, Ma se una fabbrica guarda oltre la singola vertenza, chiama a raccolta tutti gli altri e in qualche maniera riesce a raccoglierne uno spezzone significativo, è li che dobbiamo esserci perchè questo percorso deve continuare in coerenza sia con le cose che dice sia con le cose che non dice.
In questo senso facciano osservazioni, rilievi che sono fatti sempre con spirito unitario, per dare un contributo, non da “grilli parlanti”.
Sullo sciopero generali, quello del 20 contro la guerra, diciamo che non possiamo continuare con scioperi “indicazioni”, “testimonianza”; è chiaro che ogni volta che realizziamo questo tipo di scioperi, si realizza un primo passo, un orientamento, ma noi non dobbiamo chiamare scioperi generali, scioperi che non lo sono nella fase attuale, che non permettono, anche associando tutti i sindacati di base, di dare spessore, forza materiale alla lotta contro padroni e governo, in condizioni tali da ottenere risultati concreti e modificare i rapporti di forza. Noi ci siamo ogni volta che c’è una lotta; però non è questa la strada che ci porterà ad influenzare l’intero movimento dei lavoratori e delle lotte.
Le ragioni dell’unità e della lotta generale ogni giorno aumentano, l’agenda ce la tracciano padroni e governo; al peggio non c’è mai fine, i padroni e il governo hanno la possibilità di fare tutto quello che gli pare, con un parlamento grottesco e sindacati confederali acquietati, nonostante ogni tanto volino parole grosse.
E’ una situazione che diventa sempre più inaccettabile che in forma deformata si esprime anche con l’astensionismo elettorale, anche se noi non pensiamo che l’astensionismo sia il centro del problema; noi siamo per il protagonismo, per la partecipazione attiva. Non basta dire: la lotta e non il voto, perchè non è che chi vota sarebbero gli arretrati e chi non vota invece sarebbe l’avanzato. La lotta è l’arma ma deve avere l’ambizione di proporsi come alternativa di opposizione reale e alternativa di governo, con i tempi lunghi e le dinamiche che prima di parlarne bisogna fare.
Su questa strada vi sono due questioni importanti: la questione delle fabbriche e la questione dei migranti. Non si tratta di guardare la realtà e fotografarla così com’è, il lavoro che vogliamo e dobbiamo fare è di mutare questa realtà. Migranti e operai sono due corni fondamentali della ricomposizione di classe; quando si dice migranti si dice la grande questione dell’imperialismo, dello sfruttamento schiavista nelle campagne, parliamo dei lavoratori della logistica sono parte della classe operaia. Questi sono la base materiale del fronte unico di classe.
Lavoriamo per la radicalizzazione delle forme di organizzazione di classe già esistenti esistenti e per la ricomposizione di classe innanzitutto delle fabbriche e dei migranti.
Questi due anelli possono dare forza e consistenza oggi al movimento di classe contro la guerra imperialista. Le fabbriche sono ben dentro la dinamica internazionale del capitale in relazione alle dinamiche che sono state innescate dalla crisi e dalla guerra.
Partiamo dalle vertenze, perchè non possiamo fare solo propaganda – sempre necessaria - e dobbiamo partire dallo stato delle cose. Dobbiamo socializzare le lotte che si stanno facendo, per permetterci anche di riflettere su le cose che possiamo e dobbiamo fare e le cose che non possiamo fare.
Noi dobbiamo “vivere” di organizzazione delle lotte sul posto di lavoro e di manifestazioni nazionali che abbiano un peso, un impatto e che ci portino avanti nei rapporti di forza e nella identità del movimento reale su basi di classe.
(Dall'intervento dello Slai Cobas per il sindacato di classe)
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