domenica 30 ottobre 2022

30 ottobre - ASSEMBLEA OPERAIE BERETTA: una bellissima assemblea delle operaie, un forte messaggio di unità, incoraggiamento alla lotta, a tutte le operaie e lavoratrici

 

"Ho partecipato ad una delle più belle e sentite assemblee degli ultimi anni dove le operaie sono state le protagoniste e la loro partecipazione attiva mi ha insegnato che insieme si possono superare le difficoltà che ci ritroviamo a vivere a 360 gradi. Ringrazio le operaie della Beretta. Unite siamo una forza che nessuno può mettere in discussione. Siamo il futuro che avanza". Da un commento di una lavoratrice.

E, in effetti, questo è stata quest'assemblea, voluta dalle operaie della Beretta ma rivolta a tutte le operaie e lavoratrici.

Un'assemblea in cui il 90% è stata di operaie di fabbrica, di lavoratrici. Oltre la folta presenza della Beretta, vi erano le operaie della Montello, le operaie delle aziende dell'Insalata di Bergamo e di altre fabbriche, poi lavoratrici delle Poste, del Pubblico impiego, della scuola, lavoratrici precarie; a loro si è

unita nel corso dell'assemblea la voce, lontana ma vicina nella lotta e nello spirito, delle lavoratrici delle coop sociali assistenti igienico sanitarie di Palermo, delle operaie della Pellegrini appalto Acciaierie d'Italia Taranto, delle immigrate dei campi e delle baraccopoli tramite Campagne in lotta, operaie della Clementoni, e di varie lavoratrici dell'Assemblea Donne/Lavoratrici.   

Quindi vi è stata la presenza, o la voce, di rappresentanti delle tante realtà solidali, dalle compagne del "Comitato 23 settembre" alle compagne del Si.Cobas Milano, a giovani compagne di Nudm, insieme ai tanti messaggi arrivati da compagne, democratici, medici impegnati sul fronte della sicurezza, ecc. 

Chiaramente questa "Assemblea operaie" è stata possibile per il lungo lavoro fatto dal Movimento femminista proletario rivoluzionario, dell'Assemblea Donne/lavoratrici e dal lavoro quotidiano dello Slai cobas per il sindacato di classe di Bergamo.

L’introduzione della compagna di Palermo del Mfpr si è centrata sul significato dell’assemblea, sul suo messaggio ad altre fabbriche, lavoratrici e ha posto l’assemblea nella situazione generale, oggi nella fase del "nuovo" governo reazionario Meloni. 

Sul carattere di questo governo in altri interventi è stato ripreso il discorso della Resistenza, dell’azione delle partigiane in unità alle donne proletarie, collegando il vecchio con il moderno fascismo.

Gli interventi delle operaie sono partiti dalla situazione in fabbrica: meno operaie e più lavoro, più attacchi alle condizioni di salute, discriminazioni con gli operai maschi. Le operaie hanno più volte sottolineato l'importanza dell’unità delle fabbriche perchè la lotta è difficile, ma se non restiamo sole siamo più forti.

Gli altri interventi, anche telefonici, raccontando la loro realtà, le esperienze di lotta, e raccogliendo l'appello della Beretta, hanno posto la necessità del collegamento, dell'unità di diversi posti di lavoro, di una lotta che incoraggia altre lotte; ma anche subito hanno posto il legame delle diverse situazioni con la lotta generale contro tutti gli attacchi alle donne, oggi contro il tentativo del governo Meloni di mettere in discussione il diritto d’aborto, i femminicidi, e tanto altro; e, legata a questo, la necessità di elevare la coscienza che siamo della stessa classe sfruttate e oppresse.

Alcune realtà solidali, soprattutto giovani compagne di Nudm, o il rappresentante della Rete lavoro sicuro si sono posti la questione del "che fare", mettendosi al servizio della lotta delle operaie, perchè sia conosciuta e diventi pioniera di una lotta per cambiare la società di oppressione, razzista, disumana.


 Lo Slai cobas per il sindacato di Bergamo, organizzatore delle lotte della Beretta, come delle altre fabbriche della zona, in questa assemblea ha inquadrato la vertenza Beretta nell’analisi delle leggi del sistema capitalista, di sfruttamento, oppressione, razzismo, bene espresso dalla ‘Famiglia Beretta’ il cui capo in testa ha affermato di prendersi molta cura del benessere degli animali, e si dice orgoglioso di fare una linea di prodotti "Viva le mamme", mentre tratta malissimo le operaie e attacca i diritti sulla maternità.

Purtroppo dobbiamo dire che l'unica nota stonata è stato l'intervento di un rappresentante del Si.Cobas, che ha sì parlato della solidarietà, della repressione verso le lotte operaie, portando l'esempio recente dell'Italpizza, ma con una concezione autopropagandista, arrogante verso le operaie, per affermare che solo loro sono bravi e solo loro lottano contro la repressione; in una logica economicista, pessimista, che di fatto invece di elevare abbassava lo spirito positivo dell'assemblea.

Nelle conclusioni la compagna del Mfpr di Palermo ha soprattutto posto l'accento sul fatto che con questa assemblea abbiamo iniziato un percorso che andrà avanti, per fare iniziative simili in altre città dove vi sono fabbriche e posti di lavoro significativi di operaie, e in cui, come è stata in questa occasione, legheremo interventi alle fabbriche verso tutte le operaie con l'organizzazione di assemblee, riunioni, incontri. E ha chiamato le operaie ad essere in prima fila nella battaglia generale contro tutti gli attacchi e le condizioni di oppressione delle donne: una prossima tappa sarà il 26 novembre.

In questa assemblea sono state ricordate le operaie uccise sul lavoro e per il lavoro, come Luana, Layla e altre, a cui con un grande applauso si è dedicata l’assemblea, operaie che continuano a vivere attraverso le lotte di altre operaie/lavoratrici.

L'assemblea si è chiusa con un forte saluto solidale alla rivolta delle coraggiose donne iraniane e con la  lettura di un messaggio di una donna iraniana ora in Italia. La sala dell'assemblea era tappezzata anche di cartelli al fianco della rivolta in Iran.

Questa assemblea operaie è una novità nel panorama attuale, sia del sindacalismo di classe che del movimento delle donne, ed è appunto l’inizio di un percorso che continua. 

I giudizi/commenti post delle operaie sono stati tutti belli e positivi, incoraggianti. Certo, come ha detto un'operaia della Beretta, rientrare nella dura realtà di fabbrica è pesante, la lotta è difficile, ma ora c'è una forza in più.

Nell’assemblea si è creato uno spirito bello, di sintonia, unità, calore, di gioia. Le operaie hanno vissuto come importante lo scambio tra operaie. L’assemblea ha concretizzato la parola d’ordine: “Lotta una lottano tutte”; e ha allargato la visione.



 

sabato 29 ottobre 2022

29 ottobre - LAVORATORI PULIZIA AMAT TARANTO IN LOTTA

 

Redazione corriere di taranto

Esplode la protesta dei lavoratori delle pulizie dei mezzi dell’Amat a fronte dell’annuncio di una nuova gara d’appalto che aumenta i carichi di lavoro e riduce di fatto l’orario e il salario“. Per questo ieri Slai Cobas Taranto e Cobas Confederazione Cobas hanno tenuto un presidio all’esterno della sede della partecipata in via Cesare Battisti a Taranto.

“Tutto ciò comporta notevoli danni al servizio alla cittadinanza che ha bisogno di pullman puliti e sanificati – durante la protesta è stato strappato simbolicamente il capitolato dell’appalto -. Pertanto trasferiamo la protesta al Comune il 4 novembre alle 11 con un presidio compatto e chiedendo l’intervento del comune socio di maggioranza. I lavoratori durante l’assemblea hanno affermato di voler essere ascoltati e di pretendere il rispetto – non siamo robot – altrimenti bloccheremo il servizio spiegando alla cittadinanza di chi è la responsabilità di questa situazione”.

(leggi l’articolo https://www.corriereditaranto.it/2022/10/21/amat-agitazione-lavoratori-pulizie-bus/)

info wa 351 957 5628


29 ottobre - UN COMUNICATO CHIARO

 

comunicato

una assemblea a Taranto tenutasi ieri per la manifestazione di Napoli - a differenza di molte altre del giro dei compagni del 7 novembre- purtroppo povera e scadente, sia per partecipazione che per dibattito

con tutto il rispetto verso i compagni di Napoli - la casa occupata di città vecchia purtroppo non rappresenta l'opposizione proletaria e popolare in questa città e non c'è nessuna coperta napoletana e della GKN che possa nascondere  la natura effettiva di questa realtà

Purtroppo anche l'assemblea per la manifestazione di Napoli è diventata occasione per questi compagni far tornare il dibattito su quello che a quanto pare è la cosa principale che interessa che è la posizione antilockdown e no vax, travestita da no green pass - che è sempre stata una posizione contigua ai fasci e che oggi con la Meloni diventa la posizione del nuovo governo reazionario e la prassi dello stato borghese attraverso il ministero della salute e dell'interno ecc

noi combattiamo il governo su tutti i campi e  la infame posizione del governo sulla pandemia e vaccinazione e un insulto alle masse proletaria e ai lavoratori della sanità  per questo sarà per proletari e masse un tema importante di lotta contro le decisioni del governo per cui non possiamo avallare in nessuna maniera queste posizioni e questo spazio

lo Slai Cobas per il sindacato di classe Taranto considera non possibili i rapporti con questi compagni e con questo spazio

chiaramente resta chiaro che combattiamo ogni repressione contro questi compagni e ogni sgombero della casa occupata, così  come sempre le manifestazioni proletarie che organizzaziamo e le iniziative contro la guerra sono sempre aperte a tutti coloro che ne condividano obiettivi e parole d'ordini

Slai Cobas per il sindacato di classe Taranto

28 ottobre 2022


venerdì 28 ottobre 2022

28 ottobre - Luana D'Orazio: basta impunità per i padroni assassini! A cura della Rete Nazionale per la sicurezza e salute nei luoghi di lavoro

 ‘Ora gli imprenditori potranno continuare a fare

 quello che vogliono’, denuncia la mamma di

 Luana.

Anche questa infame decisione del

 patteggiamento per evitare il processo dimostra 

che è sempre più necessario presidiare i Tribunali

 dei padroni dove si svolgono i processi per gli 

omicidi sul lavoro e che l'unica giustizia è quella 

proletaria!

Dopo avere manomesso l’impianto di sicurezza dell’orditoio per aumentare produttività e profitti che ha portato alla morte sul lavoro dell’operaia apprendista Luana D'Orazio, ai padroni niente processo, viene permesso di cavarsela con il patteggiamento, con i risarcimenti e una multa e scaricano ora la responsabilità, che è solo la loro in quanto sono al vertice del comando organizzativo e decisionale della fabbrica, al responsabile della manutenzione. La giustizia di classe che ha ammazzato un’altra volta ancora Luana, che impedirà ancora ai padroni di fare anche un solo giorno di galera per aver violato le norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, è la stessa che ha garantito l’impunità ai padroni assassini nei processi per gli altri omicidi sul lavoro, è la stessa che colpisce le lotte operaie, gli scioperi e picchetti, con norme penali, con pene pesanti che arrivano fino all’arresto di chi partecipa e organizza quelle lotte. Ma che cosa ci potevamo aspettare dai giudici di questo Stato? Nessuna illusione: i Tribunali dei padroni devono essere terreno di lotta, di mobilitazione e denuncia, di scontro politico e sociale. Dobbiamo lavorare perché sia sempre di più possibile organizzare davanti ai Tribunali la presenza di una Rete che raccolga diverse energie, dai lavoratori e dalle loro organizzazioni, dai famigliari e dalle loro associazioni, dagli studenti agli avvocati a tutti coloro che si impegnano concretamente per la difesa della vita e per la sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro. La sicurezza sul lavoro passa dai rapporti di forza tra operai e padroni ed è sempre più necessario organizzare la forza dei lavoratori a partire dalle lotte nei luoghi di lavoro per portarle su di un piano nazionale. Dobbiamo ricostruire dal basso il potere degli Rls, non nominati dall’alto dai confederali o dai sindacati di base nelle rsa e arrivando a organizzarli anche nelle fabbriche con meno di 15 dipendenti. Per fare questo ci vogliono nuove leggi, un nuovo Statuto del Lavoratori, obiettivi che possiamo raggiungere solo con la lotta, con un movimento nazionale espressione di una Rete che unisca diverse realtà.

Luana D’Orazio: quanto vale la vita di un’operaia?

27 OTTOBRE 2022 | di Massimo Alberti radiopopolare

Un milione di euro e 10300 di multa per evitare il processo.

Il Giudice dell’udienza preliminare della procura di Prato ha accolto la richiesta di patteggiamento per la morte di Luana D’Orazio, la giovane operaia di 22 anni uccisa il 3 maggio 2021 in una ditta del pratese mentre lavorava su un macchinario cui erano stati tolti i dispositivi di sicurezza per farlo andare più veloce, produrre di più, aumentare il profitto. La procura e i difensori degli imputati hanno patteggiato rispettivamente 2 anni e un anno e mezzo per i titolari della ditta Luana Coppini e il marito Daniele Faggi, entrambi con sospensione della pena a condizione del pagamento di un risarcimento di 1 milione di euro. La ditta, in qualità di persona individuale, pagherà un’ammenda di 10300 euro. Rabbia e delusione della mamma di Luana D’Orazio, Emma Marrazzo “Mi aspettavo più rispetto per nostra figlia” ha commentato. A processo andrà invece il manutentore dell’orditoio. Tutti erano accusati di omicidio colposo e rimozione dolosa di cautele antinfortunistiche. La madre ha ricordato la morte particolarmente atroce della figlia. La perizia sull’orditoio su cui Luana D’Orazio stava lavorando è in effetti raccapricciante. Al macchinario era stato levato deliberatamente un cancelletto di protezione che doveva evitare ciò che poi accadde: l’operaia restò agganciata con la maglia ad una sbarra sporgente che la trascinò dentro al motore, stritolandole il torace per 7 interminabili secondi prima che qualcuno corresse a spegnerla. Il primo soccorritore era infatti a circa 30 metri di distanza. D’Orazio dunque non era vigilata, eppure era stata assunta come apprendista, contratto meno costoso, ma che richiede la sorveglianza di un tutor. Senza protezione il macchinario aveva aumentato la sua produzione dell’8%. Le modalità di lavoro a rischio della vita degli operai erano talmente consuete, che la perizia accertò che il dispositivo di sicurezza non era usato da così tanto tempo da esser pieno di ragnatele. Se i proprietari della ditta se la caveranno con i soldi, andrà a giudizio il terzo imputato, il manutentore Mario Cusimano, colui che materialmente metteva le mani sulla macchina, ma che certo non prendeva le decisioni. La perizia parla ancora di “evidente manomissione con altrettanto evidente nesso causale con l’infortunio”. Ma di fronte alla richiesta comprensibile di patteggiamento delle difese, anche con prove così schiaccianti la procura ha preferito evitare il processo, e come spesso accade nei processi per morti sul lavoro, puntare su pene pecuniarie che, al netto delle assicurazioni, costano relativamente poco a imprenditori che, proprio grazie al risparmio sulla sicurezza, hanno aumentato i profitti.

giovedì 27 ottobre 2022

27 ottobre - Sostegno alle operaie di Trezzo (Beretta) ovvero…

 

se Rosa Parks abita in Val Padana

di Vito Totire (*). E domattina assemblea solidale. Con un invito della “bottega” a costruire insieme iniziative solidali.

Abbiamo espresso solidarietà alle operaie dell’appalto Mpm-Beretta e al sindacato di base Slai Cobas. Alcune questioni necessitano però di essere approfondite e divulgate. In vista della assemblea del 28 ottobre – vedi sotto – proponiamo alcune osservazioni,

Ovviamente il nostro primo obiettivo è il benessere delle lavoratrici e dei lavoratori e non certo dare “consulenze” né al datore di lavoro né a quei sindacati che firmano contratti capestro. Legare gli incentivi salariali alla “presenza” è motivo di distress per le lavoratrici e per i lavoratori ma anche di malessere generale che si riverbera su tutta l’organizzazione. Paradossale firmare un contratto che penalizza chi fa anche un giorno di assenza per malattia o per carichi sociali e familiari. Assurdo farlo in particolare per maestranze in maggioranza femminile visto che carichi sociali e familiari sono, nella nostra società, soprattutto a carico delle donne sia per quello che riguarda la gravidanza e le cure genitoriali che per quello che riguarda il ruolo di caregiver quando ci sono familiari con problemi di salute. TUTTO CIO’ RENDE INCONGRUO, INIQUO E PUNITIVO UN ACCORDO COME QUELLO CHE SI STA CONTESTANDO. Ma è anche assurdo a poche settimane da un dibattito parlamentare (pur debole e contraddittorio) in cui è balenata l’ipotesi di una giornata di riposo retribuita al mese per decreto governativo (!) perché le lavoratrici possano gestire serenamente il ciclo mestruale. Indubbiamente devono in primis esprimersi le donne, certamente anche prima del Parlamento. Ma la questione, ad oggi, pare poco discussa. Il problema è ampio e articolato: la pandemia ha confermato che certe scelte sono negative per la salute individuale ma anche per la salute collettiva e pubblica. In pieno Covid infatti nei comparti con maggiore incidenza di lavoro precario e “a chiamata” molti lavoratori, per non perdere il loro scarso salario di sussistenza, sono andati a lavorare anche se non erano in buone condizioni di salute e ciò ha contribuito (certo assieme alla mancanza di mascherine e altre misure di prevenzione) a creare pericolosi focolai con gravi conseguenze per tutti.

La produzione non deve essere garantita con il “presentismo” (termine proposto dagli psicologi del lavoro per indicare una forma di presenza indotta da paura o costrizioni) ma da una “forza lavoro” motivata che raggiunge la sua postazione lavorativa senza ansie e preoccupazioni derivanti dal proprio stato di salute o da rilevanti carichi socio-familiari pendenti e irrisolti. Hanno riflettuto i firmatari di accordi-capestro sulla situazione psicologica di una donna che evita di tenere prudentemente il figlio a casa sotto il ricatto di una strategia orientata al “presentismo”? Hanno riflettuto sul fatto che motivo di precarietà ed esitazione oggi può essere anche il pensiero delle bollette astronomiche in arrivo? La nota Dichiarazione del Lussemburgo della UE (ma purtroppo pullulano solo gli “europeisti parolai”) sostiene che «una forza lavoro motivata è la premessa più importante» per prevenire infortuni e malattie professionali.

In sostanza la prestazione lavorativa esercitata in condizioni di benessere è sempre preferibile rispetto al lavoro coatto e, certamente, non riduce neanche la produttività.

Un altro motivo per cui ci pare importante sostenere la lotta delle operaie di Trezzo è che questa lotta fa venire in mente il gesto di Rosa Parks – era una sarta – che il 1 dicembre 1955 a Montgomery (in Alabama) stanca per una pesante giornata di lavoro si sedette in uno spazio dell’autobus riservato ai bianchi, dando inizio con quel gesto a un grande movimento contro le discriminazioni razziali.

Le operaie di Trezzo pongono un problema generale di equità, di eguaglianza e di rifiuto delle modalità di lavoro costrittive e coatte. Vogliono lavorare in condizioni di serenità e vanno sostenute nell’interesse dell’intera comunità.

Viceversa i firmatari di contratti-capestro e ovviamente i datori di lavoro (errare è umano e non si vuole demonizzare nessuno soprattutto se si accetta un dialogo che potrebbe preludere a un’autocritica) dovrebbero meditare su un interrogativo: gli accordi non devono passare al vaglio della valutazione prevista dall’articolo 28 del decreto 81-2008 riguardante il distress lavorativo? Non è forse congruo e necessario che l’organizzazione del lavoro sia valutata anche in relazione alle differenze di età, di genere e di Paese di provenienza?

Che il distress psicosociale, fino ad oggi, sia stato quasi sempre ignorato e pagato, nelle sue conseguenze negative per la salute, dalle lavoratrici e dai lavoratori NON SIGNIFICA che si debba continuare così : le combattive “Rosa Parks” di Trezzo ci indicano che cambiare rotta è possibile.

(*) Vito Totire, medico del lavoro e psichiatra, è il 

portavoce della RETE NAZIONALE LAVORO SICURO 


 L’ASSEMBLEA SI TIENE IL 28 OTTOBRE A 

TREZZO (MI)

DALLE 12,30 ALLE 15

presso la sala di via monsignor Grisetti 1 a Trezzo Sull’Adda  (abbastanza vicina alla fabbrica). 

Per adesioni: lavoratriciprecariedisoccupate@gmail.com 

Una proposta della “bottega”

La nostra piccola redazione aderisce (ma per noi sarà impossibile essere fisicamente presenti a Trezzo domani) e lancia – d’intesa con Vito Totire – l’idea che intellettuali e gente comune, donne e uomini, si mobilitino non solo a sostenere le operaie di Trezzo ma appunto l’impegno perchè ci si impegni su «un problema generale di equità, di eguaglianza e di rifiuto delle modalità di lavoro costrittive e coatte». Chi vorrà impegnarsi per una raccolta firma (e/o per iniziative simili da decidere insieme) dia intanto la sua disponibilità a vitototire@gmail.com e qui in “bottega”.

27 ottobre - TREZZO(MI): “LOTTA UNA LOTTANO TUTTE” ASSEMBLEA OPERAIE VENERDI 28 OTTOBRE CON LE LAVORATRICI DELLA BERETTA

 da rdio Onda D'urto

26 Ottobre 2022 - 09:51


 Per essere piu’ forti contro discriminazioni sul lavoro, salari piu’ bassi, attacco ai diritti delle donne che il nuovo governo si appresta a peggiorare e per sostenere la lotta delle lavoratrici al salumificio Beretta di Trezzo sull’Adda l’Assemblea Donne Lavoratrici e Lavoratrici Slai-Cobas Beretta hanno indetto un’assemblea operaia per venerdi 28 ottobre dal titolo “Lotta una lottano tutte”.

Ne parliamo con Donatella Assemblea Donne Lavoratrici Ascolta o scarica

27 ottobre - OGGI STELLANTIS MELFI

 

OPERAI


La crisi dell’auto è all’interno della più generale crisi del capitalismo mondiale. Essa si aggrava a causa delle emergenze che questo sistema produce a ripetizione: dall’emergenza pandemia all’emergenza guerra e al suo impatto sull’economia a partire dalla situazione del caro energia

Questa crisi viene scaricata da padroni e governo in tutto il mondo sulla pelle degli operai e delle masse proletarie, con ristrutturazioni che intensificano lo sfruttamento, riducono l’occupazione; e naturalmente con la ricaduta di una cassintegrazione flessibile e permanente che in diversi casi si traduce in chiusure e licenziamenti.

Contro tutto questo è necessaria l’unità operaia a livello di singoli complessi industriali e tra i diversi comparti della classe operaia, sia a livello nazionale che a livello internazionale.

I padroni non vogliono questo e mettono per i loro profitti in concorrenza operai contro operai delle diverse fabbriche, dei diversi stabilimenti dei diversi gruppi industriali e all’interno di ciascuno di essi tra i diversi settori di operai. Contano per questo sulla pressione dell’esercito industriale di riserva rappresentano da operai temporaneamente fuori dal ciclo produttivo, operai in cassintegrazione senza ritorno e naturalmente disoccupati.

Questo ha una ricaduta effettiva sui salari e spinge all’accettazione all’interno delle fabbriche di condizioni di lavoro sempre peggiori che incidono nella sicurezza, nella salute e in alcuni settori anche nell’ampliamento dei morti sul lavoro.

E’ chiaro che a fronte di tutto questo non esiste altra strada che la lotta.

La lotta per il salario, la lotta per migliori condizioni di lavoro, la lotta contro licenziamenti e cassintegrazione permanente, la lotta per ridurre l’orario di lavoro a parità di paga e per combattere chiusure e licenziamenti.

Questa lotta richiede l’unità del sindacalismo classista e combattivo, l’unità operai in produzione e operai cassintegrati, l’unità operai disoccupati.

Il gruppo Stellantis è al centro di questa situazione.

La Stellantis francese ha dato una tantum agli operai di 1400 euro – certo anche questa concessione va analizzata bene per capire quanti effettivamente di questi soldi vanno in busta paga - è naturale e legittimo che questa una tantum venga data agli operai di tutti gli stabilimenti Stellantis in Italia.

La Stellantis invece dice che “per quanto riguarda l’Italia… bisogna tener conto delle sue specificità in termini di legislazione d’inflazione”. Se davvero volessimo tenerne conto, vuol dire soltanto che si dovrebbero dare più di 1400 euro e non meno, come vuole fare l’azienda.

Chiaramente l’azienda lo fa perché vuole escludere aumenti strutturali salariali, come sarebbe necessario. Invece è chiaro che noi vogliamo, a parte l’una tantum, degli aumenti strutturali sia sul piano nazionale per tutti i lavoratori in Italia, a fronte del carovita, carobollette, ecc., sia a livello di gruppo Stellantis nel nuovo contratto collettivo di lavoro che deve essere rinnovato per tutti i 48mila lavoratori del gruppo. Qui sì che ci vogliano aumenti strutturali.

Chiaramente a livello generale andrebbe rivendicata la reintroduzione della scala mobile. In attesa che ci siano condizioni generali di lotta per fare una grande battaglia su questo, è giusto che questa battaglia venga fatta in ogni fabbrica, in ogni gruppo e in tutte le forme possibili.

La seconda questione è l’unità degli stabilimenti Stellantis. E’ chiaro che l’azienda ha piani differenziati di produzione, di occupazione, ma questo non vuol dire che le ricadute sui lavoratori debbano essere che in uno stabilimento si assume e negli altri si riduce l’occupazione. Si mette in cassa integrazione e si licenzia.

E’ fondamentale che il sindacato, al di là delle sigle, non diventi parte di un “patto corporativo” stabilimento per stabilimento. Alla Stellantis di Melfi, l’azienda opera con mani libere nei cambi di turno – decretatati quasi giorno per giorno:

E’ giusto pretendere che il piano di organizzazione lavorativa sia mensile e che non si verifichino situazioni di turni messi e rimessi il giorno prima per il giorno dopo, compromettendo la gestione della vita privata dei lavoratori e delle loro famiglie con un’assoluta mancanza di rispetto verso i lavoratori trattati alla stregua di schiavi. Ma purtroppo anche una assoluta mancanza di difesa sindacale effettiva sul posto di lavoro.

Se si analizza ogni stabilimento, fatti come questo avvengono e non riguardano solo i turni ma ogni aspetto della vita di fabbrica.

Questa situazione deve essere cambiata.

A Roma un’assemblea proletaria anticapitalista, promossa dallo Slai cobas per il sindacato di classe ha visto una forte partecipazione sia di rappresentanti operai di diverse fabbriche sia di realtà esterne alla fabbrica. E’ un messaggio generale che viene da questa assemblea, e che stiamo portando in questi giorni alle principali fabbriche dove riusciamo ad arrivare. Reso oggi ancora più necessarrio a fronte al nuovo governo dei padroni, dove ci sono ministri che vengono direttamente dalla Fiat stellantis e altri padroni

Ora è il tempo innanzitutto di riorganizzarci come operai delle diverse fabbriche

questo è il senso e lo scopo di questo volantinaggio che avviene anche nelle altre fabbriche Stellantis e nelle altre grandi fabbriche del paese dalle Acciaierie d’Italia Taranto – ex Ilva alla tenaris di Bergamo, alla Marcegaglia, alla Fincantieri

Slai Cobas per il sindacato di classe

Per info e contatti: Slaicobasta@gmail.comWA 3519575628 


mercoledì 26 ottobre 2022

26 ottobre - Siamo tutte operaie della Beretta - venerdì 28 ottobre ASSEMBLEA OPERAIE

 

"...L'attacco che viene fatto alle operaie, le discriminazioni, ricatti, trasferimenti, licenziamenti - anche se colpiscono spesso tutti i lavoratori - per le donne è di più, sia in termini quantitativi che qualitativi, perchè colpisce non solo il problema del salario, del posto di lavoro ma colpisce l'indipendenza economica delle donne... colpisce il fatto che le donne possano lavorare, riconoscersi in una realtà collettiva, unirsi e non essere relegate individualmente nelle case..."

"...è necessario che si senta forte la solidarietà, il sostegno quando le operaie lottano, e vengono minacciate, ricattate, a volte represse...

...lotta una lottano tutte"

"...quando lottano le donne lavoratrici allora le cose cominciano effettivamente a cambiare, perchè emerge in maniera evidente che è una lotta di classe, una lotta contro l'intero sfruttamento e ogni oppressione..."

(Da interventi alle Assemblee Donne/Lavoratrici)


26 ottobre - da Taranto: VOLANTINO ALLE ACCIAIERIE d'ITALIA CONTRO IL NUOVO GOVERNO

 


 Operai

E' nato il “nuovo” Governo dei padroni. Il governo Meloni è prima di tutto come tutti gli altri e va verso la strada di un governo forte con pieni poteri al servizio dei padroni contro proletari e masse più povere.

Non si tratta affatto di un "governo nuovo" e "giovane": la maggior parte dei ministri già faceva parte di precedenti esecutivi o dei sottoboschi ministeriali; Salvini, Berlusconi e i loro uomini e donne si conoscono fin troppo bene; la stessa Meloni è già stata ministro ed è da una vita in parlamento, dove ha votato varie volte in accordo ai precedenti governi, compreso Draghi sulla guerra e aumento spese militari.
Non si tratta affatto di un governo che unisce capacità politiche e professionali: i ministri sono frutto di una spartizione delle poltrone, fatta a suon di "coltelli" fino all'ultimo minuto; vi sono aspetti clamorosi di incompatibilità tra interessi personali di alcuni Ministri e ruolo nel governo (Lavoro, Difesa per es.), fino a forme anche di nepotismo (il Min. Lollobrigida cognato della Meloni). Si tratta di un'accozzaglia di politicanti, che continuerà a sviluppare al suo interno lo scontro tra fazioni e interessi personali e di lobby.

Infine, tutta la sottolineatura che viene data da tutti di una donna per la prima volta alla presidenza del consiglio, non è affatto un "valore aggiunto"; i primi ad essere attaccati saranno proprio i diritti delle donne, quali il diritto all’aborto.

C’è un aspetto di continuità e un programma che sarebbe valso anche se il governo Draghi fosse rimasto in carica, ma sarebbe sbagliato non cogliere le caratteristiche specifiche del governo Meloni, la gravità costituita dalla messa delle mani non solo sul governo ma sull’apparato dello Stato, dell’economia, dei mass media da parte della destra reazionaria, fino alla messa in discussione della Costituzione,

Il sistema elettorale partorito dalla riforma pilotata da Renzi, PD, M5S ha offerto su un piatto d’argento al partito di FdI di ottenere la maggioranza assoluta - nonostante i voti ricevuti da questo partito, siano in minoranza rispetto ai votanti e in netta minoranza rispetto alla popolazione , tenendo conto del grande astensionismo - che userà il parlamento e le leggi dello Stato per una trasformazione moderno fascista, a partire dal presidenzialismo.

Contro questo governo è necessario sviluppare la lotta sindacale, sociale, politica, perchè le lotte non solo sono la risposta agli attacchi e agli interessi immediati dei lavoratori e delle masse povere ma sono anche l’unico brodo di coltura in cui può muoversi una nuova opposizione politica e sociale autentica dei proletari e delle masse,

In questo senso è stata importante l’Assemblea proletaria anticapitalista che si è tenuta a Roma il 17 settembre, una settimana prima delle elezioni, perchè si è mossa all’interno della ricerca dell’unità di classe dei lavoratori, delle fabbriche, di un fronte unico di classe, con la classe operaia e le masse proletarie protagonisti e agenti.

Quello che è evidente è il livello di peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori e delle masse.

Questo “nuovo” governo non vuole il reddito di cittadinanza, il salario minimo, non vuole i sindacati di lotta nelle fabbriche e posti di lavoro e le conseguenti lotte sindacali, non vuole la libertà di manifestazione nelle piazze, nelle scuole, e si è visto subito all’opera nelle cariche agli studenti alla Sapienza di Roma, non vuole la libertà di pensiero, vuole imporre l’unico pensiero di destra, moderno fascista, vuole ripristinare i decreti sicurezza contro migranti, Ong e la repressione contro le lotte operaie, studentesche e dei movimenti a difesa di salute ambiente e territori Questo governo sposa apertamente le ragioni della guerra dell’imperialismo Usa, e vuole farsi parte attiva del processo innescato dall’invasione imperialista dell’Ucraina verso una nuova guerra mondiale; con un forte umento delle spese militari, invio di soldati e estensioni delle basi militari con sviluppo di una economia di guerra con le conseguenze scaricate sulle masse, carovita, bollette, benzina, questo governo darà qualche elemosina ai proletari e pace fiscale, condoni ai padroni e i grandi evasori fiscali e libertà ai padroni per riduzione del salario, licenziamenti, precarietà e peggiori condizioni di lavoro

Serve una nuova resistenza proletaria e di massa adatta ai tempi nostri, chiama le avanguardie operaie a costruire il partito dei proletari, fronte unito, lotta politica e sociale di massa, ma anche se necessario lalotta partigiana, perchè al fascismo non c’è l’alternativa della democrazia borghese ma l’alternativa della rivoluzione.

Le battaglie da fare subito in maniera unitaria nelle fabbriche posti di lavoro territorio:

1 – contro ristrutturazioni e chiusura delle fabbriche, con maggior sfruttamento, licenziamenti, cassa integrazione flessibile e permanente anticamera dei licenziamenti; per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di paga; contro il carovita, bollette, benzina, riscaldamento, ecc per forti aumenti del salario; salario minimo garantito per precari e disoccupati; lavoro e difesa del reddito di cittadinanza per le masse povere; sicurezza e salute nelle fabbriche e nel territorio – no devastazione ambientale per i profitti e la speculazione capitalistica e parassitaria

2 - No alla guerra imperialista, No all'Italia in guerra con più spese militari, basi, soldati, No all'economia di guerra, fondi alla sanità, scuola, servizi sociali

3 – No a nuove leggi antimmigrati, per l’accoglienza, solidarietà, permesso di soggiorno, diritto di asilo, documenti regolari, alloggi, contratti - No schiavismo e razzismo

4 - difesa del diritto d'aborto e dei diritti delle donne

5 - contro la repressione, per la difesa del diritto di sciopero, le libertà sindacali, la libertà di manifestare, contro ogni modifica della Costituzione e moderno fascismo


Slai Cobas per il sindacato di classe - slaicobasta@gmail.com WA 3519575628

proletari comunisti – pcro.red@gmail.com - proletaricomunisti.blogspot.it


26 ottobre - info: Rete Nazionale Lavoro Sicuro. A che punto siamo nella edificazione operativa della RETE?

 

Con la riunione di Firenze del 22 settembre si erano definite le linee generali di intervento. 

“Arrivare il giorno prima e non il giorno dopo”. E’ stata l’idea forza che anima la RETE. Centrale in questo progetto è la prevenzione. Prevenzione che deve partire dalla mappatura dei rischi per l’abbattimento delle cause, altrimenti la ricognizione “statistica” degli incidenti e dei morti si risolve in una logica burocratica, in una presa d’atto sconsolata ed insincera.


La diffusione della cultura della sicurezza, che andrebbe meglio definita come cultura della prevenzione, non deve essere materia per specialisti e tra questi medici del lavoro, tecnici, fino agli RLS oggi relegati al ruolo di specialisti minori.

La cultura della sicurezza e prima ancora la prevenzione deve essere presidiata da chi i rischi alla salute li vive e li subisce. Rischi del momento, rubricati come incidenti, e rischi di accumulo di fatica ed esposizione che si manifesteranno col passare degli anni.

La somma degli insulti psico-fisici mette a repentaglio la capacità di lavoro che va preservata e non svalutata o mercanteggiata a favore di chi compra la forza lavoro. La figura del RLS deve essere espressione di una ritrovata consapevolezza, diffusa a larga parte dei lavoratori, che la salute è tema centrale al pari della contrattazione economica che va rivalutata ed affermata nella pratica.

Da questo punto in poi il nostro sforzo è stato quello di fare una ricognizione delle forze (i lavoratori in primis) disponibili a impegnarsi su questo fronte di lotta: RLS, delegati e tutti i lavoratori sensibili a questo tema.

Sono arrivate le prime adesioni di lavoratori al progetto, ma per il varo di iniziative operative, come la creazione di momenti di formazione, occorre allargare la lista. Di qui l’azione da parte dell’organizzazione centrale che ha ri-sollecitato la segnalazione e l’invio, da parte dei coordinamenti provinciali, dei nomi dei lavoratori RLS o altri che vogliono partecipare ai corsi di formazione.
Senza impegnarsi in progetti faraonici che non andranno a mai costruire nessuna piramide credo che sia utile puntare su una prima riunione che coinvolga un numero non grande di lavoratori (20-25) afferenti dalle città più grandi ad una riunione da tenere al più presto a Milano e avvalerci della disponibilità del Dottor Vito Totire.

Questo primo incontro dovrebbe fornire un inquadramento generale per poi dare il via a momenti di applicazione concreta nei luoghi di lavoro.

Senza anticipare gli indirizzi da concordare con Vito Totire ci sono dei temi comunque da affrontare:
- La movimentazione manuale dei carichi.
- Il Documento Valutazione Rischi (DVR).
- Le riunioni dei “gruppi omogenei” (lavoratori impegnati nelle stesse mansioni) per far emergere attraverso l’autoanalisi i medesimi sintomi condivisi e quindi le potenziali patologie riconducibili alla tipologia di lavoro. Cause da rimuovere!
- L’elezione degli RLS e i passaggi pratici previsti dalla normativa.

Resta solo da definire, dopo uno stretto giro di telefonate, una data per partire senza indugio


21 ottobre - PRATO: ALL'ALBA SGOMBERATO IL PRESIDIO DEI 22 LICENZIATI IRONLOGISTICS. Dopo le multe lo sgombero, violento, MASSIMA SOLIDARIETÀ E DENUNCIA

 I lavoratori che dormivano all'esterno dei cancelli sono stati portati in Questura.

È ora in corso un presidio fuori alla Questura del SI Cobas che, col supporto dei solidali, chiede con forza il rilascio immediato dei fermati.

Seguiranno aggiornamenti.

Le lotte operaie non si arrestano!!!

 

Sgomberato il presidio dei 

lavoratori davanti alla Iron 

& Logistics

La polizia è arrivata in forze prima dell’alba in 

via Ciulli e ha portato via gli operai che 

protestavano contro i licenziamenti. Un 

elicottero ha sorvolato a lungo la zona

21 ottobre 2022

PRATO. E’ stato sgomberato prima dell’alba di oggi, 21 ottobre, il presidio degli operai licenziati all’ingresso della Iron & Logistics, l’azienda di via Ciulli davanti alla quale da tre settimane il sindacato Si Cobas aveva organizzato una protesta dopo il licenziamento di 22 lavoratori, in gran parte pachistani.

La polizia, insieme alla guardia di finanza e ai carabinieri, è arrivata in forze alle 6,30 e ha portato via una decina di persone che dormivano nelle tende montate nel piazzale. I lavoratori sono stati portati in Questura. Un elicottero ha sorvolato a lungo la zona di Narnali. Mercoledì era stata invece la polizia municipale a notificare una multa di 173 euro ai manifestanti per l’occupazione del suolo pubblico, contestando la presenza di un bagno chimico.

Dopo lo sgombero, le forze dell’ordine sono rimaste a presidiare la zona di via Ciulli impedendo ai sindacalisti e ai simpatizzanti del Si Cobas di avvicinarsi all’azienda. Sarah Caudiero, sindacalista del Si Cobas, è stata portata in Questura.

Il Si Cobas parla di “sospensione della democrazia”. Alcune decine di simpatizzanti del sindacato si sono radunati davanti alla Questura e si sono fronteggiati coi poliziotti del reparto mobile.


giovedì 20 ottobre 2022

20 ottobre - MULTATI GLI OPERAI LICENZIATI #IRONLOGISTICS: comune di Prato al servizio permanente dei padroni

 

SI Cobas Prato e Firenze

 

173 € di multa per “occupazione di suolo pubblico”. E' quella notificata ieri agli operai licenziati della Iron&Logistics dalla Polizia Municipale del Comune di Prato. Il corpo del reato sarebbe un bagno chimico noleggiato per il presidio permanente che va avanti da ormai venti giorni.

“Ordini dall'alto” hanno detto i due agenti – non poco imbarazzati – mandati sul posto a notificare la sanzione.

A fatti indecenti come questi il Comune di Prato ci ha già abituato. Vi ricordato la multa – sempre per occupazione di suolo pubblico – agli operai Texprint in sciopero della fame?

L'unico risultato ottenuto da queste multe è sempre stato quello di riempire di vergogna una giunta comunale debole con gli sfruttatori e forte con gli sfruttati. E sarà così anche questa volta.

Siamo lontani anni luce dai tempi in cui le giunte di sinistra difendevano gli operai. I tempi, ad esempio, dell'epica lotta del Lanificio Balli di Montemurlo. Era il 1969 e gli operai bloccano tutta la produzione occupando lo stabilimento per richiedere un aumento salariale come condizione di migliore favore rispetto al contratto nazionale. Il Pretore dell'epoca ordinò lo sgombero della fabbrica. Il Consiglio Comunale in quel caso approvò un documento in cui “esprime la propria solidarietà ai lavoratori della Balli in lotta” oltre ad “affermare la convinzione che simili controversie non debbano essere risolte tramite il ricorso all'autorità giudiziaria, o con l'intervento delle forze di polizia” e poi “impegnare l'amministrazione comunale a disporre eventuali forme di solidarietà concreta in favore dei lavoratori in lotta”. Eppure anche a quei tempi – come un disco rotto pronto a ripartire ad ogni sciopero – i padroni parlavano di “picchettaggi illeciti, agitazioni ed intimidazioni” e rivendicavano “il pieno rispetto del contratto nazionale”.

I tempi sono cambiati, si dirà. Certo. Ma è stato un salto all'indietro e non certo in avanti. E infatti oggi in questo distretto gli operai non scioperano per aumenti salariali superiori a quanto stabilito dai CCNL, perchè devono scioperare per lavorare otto ore invece che dodici, per il riposo settimanale, per il diritto alle ferie e alle malattie pagate. Oppure presidiare i cancelli di una fabbrica per settimane intere dopo essere stati licenziati in tronco poiché “colpevoli” di essersi iscritti al sindacato. E questi stessi operai, oggi, sono ritenuti dal Comune di Prato colpevoli di essere rimasti davanti ai cancelli di quella fabbrica. Colpevoli di non accettare l'invisibilità a cui questo distretto li ha condannati da due decenni. Colpevoli di esiste e colpevoli... di fare la pipì.

E' la giunta “di sinistra” che a parole “non vuole prendere le parti né dell'azienda né dei lavoratori” - nemmeno quando si parla di supersfruttamento – e nei fatti da quattro anni fa la guerra solo a chi sciopera per i diritti minimi.

I diritti degli operai a Prato, si sa, sono tornati all'ottocento. E questa politica non può essere la soluzione perchè – semplicemente – è parte del problema.


mercoledì 19 ottobre 2022

20 ottobre - LOTTARE NON È REATO

 

revocato l’obbligo di firma per Arafat

Nella giornata di ieri è stata revocata la misura di obbligo di firma al coordinatore provinciale del Si Cobas Mohamed Arafat, arrestato lo scorso luglio dalla polizia insieme ad altri esponenti sindacali con le accuse di associazione a delinquere, violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale, sabotaggio e interruzione di pubblico servizio.

“Il Si Cobas – si legge in una nota diffusa dal sindacato – esprime la sua soddisfazione per la decisione della magistratura e nei prossimi giorni inoltrerà tramite i suoi legali medesima istanza di revoca per gli altri tre sindacalisti ancora sottoposti a questa misura”.


19 ottobre - Ennesima orrenda strage di operai: in Turchia ad Amasra

 

di Vito Totire

Una strage operaia per estrarre carbone …

La ricerca del profitto a tutti i costi uccide gli operai e accelera il disastro climatico planetario

Inorridiamo alla notizia della ennesima strage operaia consumatasi in Turchia in una miniera di carbone. Ritorna l’incubo di Marcinelle (8 agosto 1956) che comportò un numero maggiore di vittime ma seguì dinamiche molto simili. Causa della strage risulta essere l’esplosione del grisù e questo fa inorridire ulteriormente per quel che riguarda la prevedibilità della strage. Il rischio grisù è conosciuto da sempre. Un secolo fa i minatori si difendevano portando con sé i canarini che sono particolarmente sensibili al grisù. Se e quando morivano asfissiati o davano segni di sofferenza respiratoria i minatori scappavano. Ricordiamo un’esplosione di grisù una domenica di pochi anni fa a Monte Bibele (Bologna) con danni molto gravi anche se non mortali. Il canarino, come logo grafico, fu persino adottato da una struttura sanitaria pubblica dell’Emilia Romagna che si occupò di medicina del lavoro (CDS): questo per sottolineare come il rischio grisù sia sempre stato conosciuto come reale e incombente in certe attività del sottosuolo.

Ci chiediamo – ma la domanda è retorica – allora: con lo sviluppo delle nuove tecnologie è possibile assistere impotenti a una strage di questa natura ed entità?

In verità se la millesima parte delle tecnologie sprecate per fare le

guerre fossero applicate alla prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro queste stragi non si verificherebbero. QUANTO SPENDE LA TURCHIA PER STARE NELLA NATO E QUANTO SPENDONO STATO E PADRONI PER LA SICUREZZA DEI LAVORATORI TURCHI ? L’altra questione è che le tecnologie, molto avanti anche nelle loro applicazioni nei luoghi di lavoro, sono però concentrate solo sull’ aumento della produttività e quindi dei profitti anzichè sulla sicurezza degli operai e dell’ambiente esterno.

Le scarse notizie reperibili su Amasra parlano di strage ampiamente annunciata. E non abbiamo dimenticato la strage di SOMA il 13 maggio 2014 con 301 morti: il relativo processo si è concluso con solo 14 condanne ma ha confermato quanto evidenziato dalle immediate manifestazioni di protesta del 2014… cioè quel che accade in tutto il mondo Italia compresa: il ruolo delle privatizzazioni e dei subappalti nella caduta a cascata della speranza di sicurezza e di salute dei lavoratori. Fonti indipendenti dal potere politico turco fanno sapere che le condizioni di insicurezza e di rischio per AMASRA erano note e prevedibili; il quotidano «il manifesto» menziona interventi repressivi nei confronti di chi ha fatto circolare notizie e informazioni su questo ennesimo e luttuoso evento.

CI UNIAMO ALLA PROTESTA DEI LAVORATORI E DEI CITTADINI DEMOCRATICI DI TUTTO IL MONDO PER QUESTA ENNESIMA STRAGE DOLOSA E PREVEDIBILE

CI UNIAMO PER SOLIDARIETA’ MA ANCHE COME PARTE IN CAUSA.

L’ECONOMIA MONDIALE è UN SISTEMA DI VASI COUNICANTI E LE CONDIZIONI DI SFRUTTAMENTO AI DANNI DI LAVORATORI DI QUALUNQUE PAESE SI RIVERBERANO SUI LAVORATORI DI TUTTO IL MONDO

OCCORRE CONTRASTARE IL MODO DI PRODUZIONE (LO SCHIAVISMO SI VA SEMPRE PIU’ ALLARGANDO SU TUTTO IL PIANETA) MA ANCHE METTERE IN DISCUSSIONE L’OGGETTO DELLA PRODUZIONE: CON IL PIANETA SULL’ORLO DELLA CATASTROFE CLIMATICA SI CONSUMA UNA STRAGE PER ESTRARRE CARBONE, UNA MERCE CHE, A SUA VOLTA, PRODUCE ULTERIORI DANNI ALLA SALUTE E ALL’AMBIENTE

LA LOGICA DEL PROFITTO CAPITALISTICO HA SUPERATO L’ASSURDO

OCCORRE TIRARE IL FRENO DI EMERGENZA

MOBILITIAMOCI perché non cadano il silenzio e l’indifferenza.



martedì 18 ottobre 2022

19 ottobre - ANSALDO E SOLIDARIETÀ OPERAIA

 

gli operai in lotta non devono sentirsi mai soli

massimo sostegno a tutte le lotte operaie contro la chiusura delle fabbriche licenziamenti cassa integrazione permanente sfruttamento e attacchi ai salari

Genova, sindacati di Ansaldo Energia: "Grazie Genova, non ci siamo sentiti soli" 

-Rischiavano il posto di lavoro perché la azienda era sull'orlo del pre fallimento, ma grazie alle loro coraggiose lotte i lavoratori di Ansaldo Energia, la fabbrica più grande di Genova, sono riusciti ad ottenere la promessa scritta dallo Stato di un investimento che salverà l'azienda.

"Ma nei giorni delle agitazioni non ci siamo sentiti soli e abbiamo avvertito al nostro fianco la presenza dei genovesi, che ora ringraziamo pubblicamente" sottolineano da Rsu di Ansaldo Energia.

Un ringraziamento che Andrea Capogreco, della Fim Cisl di Ansaldo, aveva preannunciato in un'intervista a Primocanale e che ora si è concretizzato in un comunicato ufficiale in cui si legge: "Non dimenticheremo mai i lavoratori della Fincantieri scesi in sciopero con noi, i delegati di tutte le altre fabbriche e categorie sempre presenti ai nostri cortei, i commercianti di Sampierdarena che in  segno di solidarietà hanno abbassato le saracinesche, la Curia genovese che con don Molinari, il cappellano, sempre a noi vicina. Non dimenticheremo mai tutti i cittadini che dalle loro finestre e dai balconi ci applaudivano e sostenevano!.

Le manifestazioni degli operai di Ansaldo Energia, corretto aggiungerlo, hanno creato anche malumori fra i cittadini danneggiati dai cortei e dalla veemente occupazione dell'aeroporto Colombo: ma è vero anche che la maggior parte dei genovesi sembra avere compreso le ragioni delle agitazioni e si è schierata al fianco dei lavoratori in lotta per il posto di lavoro.

Lo stesso Capogreco in un'intervista ha sottolineato che i lavoratori di Ansaldo sono scesi in strada in passato e lo faranno anche in futuro al fianco di altri lavoratori di aziende meno importanti e dunque meno forti nelle rivendicazioni che rischiano il posto di lavoro".


lunedì 17 ottobre 2022

18 ottobre - NO AL RIGASSIFICATORE A PUNTA MARINA DI RAVENNA

 

contro la salute e la vita

Ipotesi rigassificatore a Punta Marina di Ravenna

Il progetto è da respingere per varie ragioni di sicurezza, salubrità ambientale e geopolitiche. Dal punto di vista geopolitico la motivazione principale addotta dai proponenti è totalmente e gravemente subalterna alla ipotesi di un confitto russo-ucraino infinito e inevitabile. I proponenti infatti hanno messo in evidenza la quota di gas non più fornito dalla Russia che il rigassificatore potrebbe rimpiazzare (un sesto); poiché la fruizione dell’impianto ravennate non sarà disponibile prima della seconda metà del 2024 evidentemente chi propone il progetto è certo che a quella data il conflitto sarà ancora in corso. Dovesse “scoppiare la pace” prima della seconda metà del 2024 sarebbe una “sfortuna” che renderebbe il progetto uno spreco assoluto: circa 50 km. di tubazioni appena realizzate sarebbero da rottamare. Chi propone il progetto e chi lo condivide prevede una guerra permanente ? e se il confitto si spostasse dal fronte russo al fronte degli ipotetici fornitori via mare? In verità i proponenti hanno evidentemente grandi capacità di prevedere il futuro se la nave BW Singapore è stata comprata nel luglio 2022. Ma se si compra un’auto per un lungo viaggio e dopo averla comprata si scopre che è più ergonomico ed ecologico fare il viaggio in treno? L’acquisto della nave BW Singapore risponde evidentemente alla logica del “fatto compiuto” che dà per scontato il bypass delle più elementari norme della democrazia e della partecipazione popolare. Si può ipotizzare che i proponenti il progetto dispongano di informazioni riservate che consentono loro di fare previsioni sulla guerra in atto ? Se la guerra finisce, come si augurano tutti gli “uomini di buona volontà” che ce ne facciamo degli impianti al servizio della nave BW Singapore e della stessa nave ? Una seconda questione di carattere storico induce a Ravenna alla massima prudenza; non che in altri contesti territoriali sia legittimo procedere più “sommariamente… ma Ravenna è stata teatro di una tragica strage operaia il 13 marzo 1987, maturata in un contesto di assenza totale di vigilanza (fu delegata alla valutazione affidata da un imprenditore privato ad un professionista privato); quella «vigilanza» asserì l’esistenza di un ambiente “gas free” nella stiva della nave Elisabetta Montanari ma il gas c’era e una semplice fiamma ossidrica determinò l’esplosione che causò la morte di 13 persone. A chi sarebbe affidata oggi la vigilanza sull’impianto di rigassificazione che evidentemente comporta un rischio intrinseco enormemente più alto di un cantiere navale ? Solo tredici anni fa a Viareggio una “piccola” quantità di gas circolante su strada ferrata – per un evento non monofattoriale ma più articolato – ha determinato una strage in cui il primum movens fu l’omessa o non sufficiente manutenzione della componente di un carro ferroviario, complicato da un altro rischio (non bonificato per ritardo e incuria) a terra cioè un picchetto piantato nel suolo che non era stato rimosso per tempo e lacerò un serbatoio.

17 ottobre - INTRODUZIONE E CONCLUSIONI APA 17/9/2022

 

SLAI COBAS SC introduz

Questa bella e significativa struttura è la location esatta per l'assemblea proletaria anticapitalista. Il senso dell'assemblea acquista tutta un'altra veste in una realtà come questa conquistata con l'occupazione. Per questo ringraziamo veramente i compagni di darci questa ospitalità e di permettere alla nostra assemblea di avere un valore aggiunto. Questa è “un'assemblea di lavoro”, un'assemblea poco incline alla retorica, alla sola denuncia, a raccontarci cose che già sappiamo, ma che cerca il bando della matassa per tradurre le parole in fatti, perché le parole senza i fatti valgono davvero nulla a fronte di questo governo, di questo Stato, di questo sistema. Questa assemblea è la prima in presenza che facciamo dopo averne fatte alcune durante i mesi scorsi, in particolare quando la pandemia non permetteva di fare assemblee in presenza, ne abbiamo fatte tre significative con l'area dei compagni qui presenti. Le abbiamo fatte per una ragione molto semplice. Noi insieme ai compagni di Roma e Viterbo abbiamo fatto parte del ‘Patto d'azione per un fronte unico di classe’ che è durato per più di due anni e ha realizzato alcune iniziative importanti, alcuni scioperi generali, pur di minoranza ma di indirizzo e di contenuti condivisi, un patto d'azione che è stato anche un luogo di dibattito in certi momenti anche di scontro sia di posizioni sia alla ricerca di soluzioni; un patto d'azione che aveva dato la parola innanzitutto ai proletari in lotta, e anche chi faceva parte di organizzazioni sindacali ben definite o di organizzazioni sociali e politiche è stato chiamato essenzialmente a esprimersi senza la “casacca” ma portando il contributo necessario alle lotte e a l’elevamento politico e sociale di queste lotte; una realtà che non accettava non la differenza che obiettiva è scientifica e necessaria tra lotta economica e lotta politica quanto la distinzione/separazione della lotta economica e della lotta politica, per unire ciò che si doveva unire, per contribuire a un fronte unico di classe necessario all’opposizione al fronte unico dei padroni. Questo ‘Patto d’azione’ è stato una buona cosa per diversi mesi, e noi vi abbiamo partecipato nelle forme in cui le nostre forze ci permettevano, e con le nostre posizioni che chiaramente, come ogni organizzazione di tipo nazionale, sono dipendenti sia dalle posizioni politiche ideologiche presenti, sia dalla natura delle lotte, sia dalle differenze territoriali. Ritrovarci nel ‘Patto d'azione’ ci sembrava comunque una buona cosa. E questa doveva andare avanti, doveva allargarsi intorno alla piattaforma che si era definita col dibattito innanzitutto tra i lavoratori impegnati nelle lotte; questa piattaforma doveva trovare una sintesi in una forma organizzativa che permettesse al Patto di non esistere solo in forme assembleare, prevalentemente anche lì telematiche, ma esistere come struttura organizzata che capitalizzasse, unisse le lotte e le facesse in qualche maniera contaminare e crescere. Ma il ‘Patto d'azione’ a un certo punto è stato sostanzialmente sciolto, dismesso dall'organizzazione principale che l'aveva promosso, il Si.cobas, senza dibattito, senza alcuna motivazione. Chiaramente questa cosa non andava bene, non poteva andare bene; perlomeno ci fosse stato un dibattito, perlomeno ci si fosse confrontati sul come perseguire. Ma invece questo scioglimento è stato fatto con una logica burocratica, da parte di chi si dice “non burocratico”, una logica puramente egemonista, da chi si dice “non è egemonista”; e quindi questo non poteva essere accettato. Non è stato accettato da noi come da altri compagni, che evidentemente hanno ripreso per ritessere il filo del patto d'azione. Questo ripresa l'abbiamo definita “Assemblea proprietaria anticapitalista”, che è una forma per realizzare quella unità di azione, di lotta e di dibattito, di prospettiva politica e perfino strategica rispetto all'avversario di classe; una forma che abbiamo ritenuto in qualche maniera adatta alla fase: ‘assemblea’, perché oggi pensare che si possano prendere decisioni collettive di realtà di lotte differenti senza i momenti assembleari, evidentemente è una pura velleità. C'è da dire che spesso nelle assemblee le cose non vanno in forma orizzontali come è necessario e quindi non sono vere assemblee, in questo senso la sottolineatura “proletaria” è perché vuole mettere in luce che troviamo un'unità se prendiamo a base le lotte dei proletari e su queste ci ragioniamo, ci scontriamo, decidiamo come unirci o come dividerci. Se non prendiamo a base le lotte proletarie scadiamo nell'intersindacale, che in tutta sincerità, a parte qualche buon impegno per scioperi generali che sono stati lanciati e a cui anche noi abbiamo partecipato, non ci sempre la forma adatta a realizzare l'unità di classe, l'unità delle lotte, per cui invece occorre intraprendere una marcia in avanti rispetto allo stato delle cose esistente. In questo senso l’Assemblea proletaria è “anticapitalista”, perché il cemento che ci unisce e l'anticapitalismo ma non un generico anticapitalismo ma quello di ritenere che il modo di produzione capitalista sia alla base di tutto, dello sfruttamento come della repressione, della devastazione ambientale, delle guerre, sia base di tutto ciò che opprime i lavoratori e le masse popolari, e che fa da freno dello sviluppo stesso delle forze produttive e della trasformazione in senso socialista della realtà non solo del nostro paese ma di tutto i paesi del mondo. Quindi siamo ripartiti da questo. Abbiamo fatto, come dicevamo, già delle assemblee telematiche, le più significative sono state quelle che hanno permesso di mettere in collegamento alcune realtà di lotta, ino ad allora separate, come i lavoratori della Tessitura Albini di Mottola impegnati contro un processo di delocalizzazione che produce chiusure di fabbriche e fonte di sofferenze e difficoltà per i lavoratori e le loro famiglie; ma anche perché sono state il luogo dove abbiamo discusso insieme i problemi della pandemia della guerra, trovando una base di unità, di impostazione. Abbiamo partecipato insieme, come Assemblea proletaria anticapitalista alla manifestazione importante di Firenze del 26 Marzo promossa dalla GKN che al di là del dell'essere una grossa manifestazione a sostegno della lotta della Gkn, è risultata essere la prima grossa manifestazione organizzata dagli operai, anche se non erano certo solo i proletari a parteciparvi, contro la guerra e il governo italiano guerrafondaio; una manifestazione fuori da un'unità autoreferenziale di gruppi politici che pure fanno parte del nostro campo. Lo striscione portato dall’Assemblea proletari anticapitalista racchiudeva in un certo senso il messaggio forte che può venire dai proletari avanzati rispetto alla guerra imperialista in corso, rispetto al nostro governo, e poneva la forma con cui opporsi alla guerra imperialista, che non è il pacifismo ma l'insurrezione per il “potere operaio”, che è l'obiettivo necessario perchè, come l'ottobre rosso ci ha insegnato, solo il potere operaio, solo una rivoluzione proletaria è in grado di fermare le guerre. Un messaggio universale e permanente a cui ogni proletario al di là del suo livello di coscienza non può non riferirsi se vuole effettivamente opporsi alla guerra e a chi gliela scarica addosso e lavorare per costruire un mondo senza guerre che sono davvero la barbarie del sistema sociale in cui viviamo. Dopo queste iniziative il problema era riuscire a trovare le forme per cui queste assemblee telematiche non siano un parlarsi addosso ma la possibilità di riunirsi realmente e fare dei passi in avanti, piccoli ma determinati e soprattutto non autoreferenziali, perché l'importante dell'assemblea proletaria anticapitalista è di non dover diventare autoreferenziale, un altro gruppo che aumenta i mini raggruppamenti rispetto ai raggruppamenti più grandi; noi non siamo l'ombelico del mondo, ne dipende dall'assemblea l'avanzata delle lotte proletarie e la creazione di un fronte unico di classe necessario per affrontare insieme lo stato di cose presenti. Noi dobbiamo fare la nostra parte, cioè contribuire perché tutte le forze sindacali e politiche che sono nel campo del fronte proletario e popolare possano unirsi, non solo nelle scadenze - perché questa maniera di riunirsi solo per lo sciopero generale, la manifestazione a Roma, punto e basta non è servita, non è servita a realizzare l'unità sindacale di classe, non è servita a mettere in discussione i governi, ecc. Abbiamo bisogno di qualcos'altro che non sia l'auto indizione di uno sciopero generale, che non sia una rituale manifestazione. Abbiamo bisogno della guerra di classe, della guerra sociale, del conflitto diffuso, di trasformare ogni vertenza in ogni angolo di questo paese, grande o piccola che sia, in una vertenza generale nazionale che si oppone al governo; abbiamo bisogno di tirare fuori da ogni lotta quello che c'è di particolare che va ad arricchire il generale e a darci la possibilità di costruire una piattaforma comune che non sia un elenco della spesa o di buone intenzioni, ma sia un movimento reale di un esercito proletario che intorno alle sue rivendicazioni costruisce anche la sua forza. Questo vogliamo fare. Dovevamo riunirci subito, la prima domenica possibile il primo sabato possibile di settembre, proprio perché dobbiamo lavorare insieme in tutto ciò che verrà dopo il 17 settembre, dall'assemblea dei lavoratori combattivi organizzata dal Si.cobas per il 18/9 al calendario di scadenze lanciate dalla Gkn, di cui alcune condividiamo altre un pò meno, al movimento del sindacalismo di base e di classe che cerca la “quadra” per dichiarare un nuovo sciopero generale, ecc.; così come dobbiamo guardare alle lotte operaie, perché la mancanza del peso delle lotte operaie nel quadro generale del lavoro comune del sindacalismo di base di classe ha pesato tantissimo. Senza le fabbriche, e i compagni che hanno una visione classista scientifica per non dire banale della realtà, del conflitto di classe lo sanno bene, non potremmo costruire una forza materiale in grado di rendere la vita ai governi prima difficile poi impossibile.

Noi dobbiamo e vogliamo “stare bene” in questo autunno - ne caldo ne freddo. Ogni anno si annuncia un “autunno caldo”, ma chi l'autunno caldo l’ha vissuto realmente sa bene che l'autunno calda è un'altra cosa di quello che viene annunciato; non si tratta di eventi annunciati ma di movimenti che realmente mettono in discussione lo stato di cose esistente, e sono brodo di coltura e punto d'impatto che cova nella società capitalistica e domanda il momento, i canali perché possa esplodere e possa trasformare lo scontro di classe in lotta rivoluzionaria per il potere. Questo è l’”autunno caldo” da ripetere, in condizioni chiaramente diverse. Però, chi l'ha vissuto sa bene che due anni prima dell'autunno non sembrava affatto che ci sarebbe stata quell’esplosione. Anche oggi non ci fidiamo della mera fotografia dello stato di cose esistenti ma lavoriamo sul profondo di una società che brulica di tensioni, esigenze che non trovano ancora il canale organizzativo politico per esplodere, poi una volta che esplode “chi ha filo tesse”. Noi siamo per il partito comunista rivoluzionario, ma non pensiamo che debba nascere prima il partito e poi ci sarà il movimento, poi ci sarà la rivoluzione. Questa è una visione assolutamente cattedratica, mai realizzatesi effettivamente nella storia del movimento operaio. Noi siamo per la rivoluzione qui ed ora, siamo per l’insorgenza, siamo perché le lotte si trasformino... e poi e poi; siamo perché dentro questa via, nel fuoco della lotta di classe in stretto legame con le masse, nasca lo stato maggiore delle lotte prodotto dai proletari legati alla storia e al pensiero storico del movimento operaio, che trovi il punto di incontro tra socialismo e movimento operaio e si trasformi in quel processo virtuoso verso l'insurrezione attraverso la via della guerra di popolo rivoluzionaria, intesa come guerra in cui le masse sono protagoniste. L’assemblea è dentro questa dimensione, guardando in alto ma avendo cura dei piccoli passi; perché oggi è tempo di piccoli passi e perfino di piccoli gruppi. E’ sbagliato quando questi piccoli passi vengono già vantati come i grandi passi, quando uno sciopero economico viene già chiamato sciopero politico, perché quando si dice questo non si lavora per trasformare lo sciopero economico in sciopero politico, che è quello che mette in discussione il potere dell'avversario. Noi dobbiamo occuparci “del grano e del sale”, come ci diceva, occuparci delle lotte minime perché solo attraverso esse oggi troviamo un legame reale con i proletari che si trovano in una congiuntura storica oggettiva e soggettiva difficile. Mettere insieme le lotte significa dare a ciascuna di esse valore; ma non metterle tutte insieme come se fossero un tutto unico, perché questo tipo di collegamento non ha mai funzionato e resta un'intenzione, ma costruire su ogni lotta una battaglia nazionale. Questo è quanto già avviene, anche se nelle forme non proprio ideali come vorremmo, come è la GK, ma anche come è avvenuto con le lotte del Si.cobas e anche come è avvenuto sul terreno della repressione. E’ questa la marcia a cui teniamo e in cui la forma del fronte unito di classe del patto d'azione ci sembrava opportuna, pur tra realtà ideologicamente e perfino con riferimenti storici molto diversi (evidentemente ognuno difende il suo di riferimento, ma non si può usare un riferimento storico per contrastare il movimento reale che vuole l'unità delle lotte in funzione della messa in discussione sia gli attacchi di padrone e governo, sia più in generale l'intero sistema sociale che questi padroni e governo gestiscono in nome dei profitti, dello sfruttamento). in questo senso questa assemblea vede il lavoro da fare. I compagni che sono qui conducono delle lotte e in queste lotte cercano di portarci qualcosa in più, di farle uscire dal limite della lotta stessa, e in questo si uniscono, bisogna unirsi, a tutti coloro che si muovono nella stessa direzione; e nel muoversi nella stessa direzione dobbiamo fare la corsa a chi fa meglio e non la corsa a chi divide di più, a chi si auto identifica di più. Questa Assemblea proletaria anticapitalista è un processo in movimento. Oggi non c'è nessuna assemblea per quando iper preparata che possa realmente rappresentare il magma delle lotte, dei problemi, delle difficoltà, delle contraddizioni che sono presenti; quindi non stiamo tanto a dire chi siamo e chi non siamo, quanti siamo e quanto non siamo, facciamo il nostro, facciamo dei passi in avanti, individuiamo anche nel corpo di questa assemblea alcune proposte sia da praticare sia per portarle nell'insieme generale del movimento. Questo lavoro si deve verificare lungo la strada, non si tratta di parole d'ordine eterne, sono parole d'ordini di fase che se sono giuste contengono in sé i passaggi successivi che ne faranno parole d’ordini di una fase più generale.


SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE conclusioni

L'assemblea è andata un pò oltre, questo è un fatto positivo innanzitutto, cioè l’appello è stato raccolto, la partecipazione è stata veramente più ampia e più articolata. Non possiamo fare le conclusioni in questa assemblea perché dobbiamo tirare le fila degli interventi fatti e avremo bisogno di un piano d'azione, però dentro quella logica che avevamo detto all'inizio. Non stiamo facendo l'intersindacale, non stiamo collegando le lotte sindacali, sarebbe da un lato una presunzione, dall'altro troppo o troppo poco. Stiamo costruendo il lavoro per un fronte unico di classe, estendendolo a tutte le realtà che con cui intendiamo farlo; nello stesso tempo vogliamo scagliare ogni singola vertenza nella battaglia generale, contro il nuovo governo, dal discorso della delocalizzazione al discorso dei migranti. Vogliamo immettere le realtà di intellettuali che si pongono al servizio dei lavoratori con la formazione, perché dobbiamo far fare il salto di qualità all’intera realtà in cui operiamo. Se noi non lo facciamo, in questo senso ci manca qualcosa, ci manca il lavoro giusto per mettere insieme questi aspetti. Domani l'assemblea del Si.Cobas deciderà per lo sciopero generale e una manifestazione a Roma. Ma gli ultimi scioperi generali indetti in questa maniera non sono serviti a niente; una manifestazione a Roma che non raccoglie le lotte che sono state messe in movimento e si sono già scontrate col governo non è ciò che ci serve, non è con questa strada che noi riusciremo ad intercettare il possibile cambiamento necessario. La strada tracciata in questa assemblea la dobbiamo percorrere, non abbiamo alternative, non ce la caviamo dichiarando uno sciopero generale nell’assemblea domani o nell'intersindacale. L'ultimo sciopero generale è stato peggiore di quelli precedenti, rendiamocene conto. E questo non vuol dire che i proletari si sono stancati di lottare ma che dobbiamo cambiare il metodo con cui stiamo parlando dell'unità delle lotte, della crescita della coscienza operaia e nello stesso tempo impattare il problema dei problemi che è la guerra, e noi siamo d'accordo coi primi interventi, serve la campagna contro la guerra che significa la campagna contro la guerra e contro il carovita, significa la costruzione di un movimento reale che non parta dalla fine, lo sciopero generale, ma parte dalla guerra quotidiana che dobbiamo aprire, e la guerra quotidiana si alimenta delle questioni economiche, e non perché si è economicisti ma perché chiaramente le questioni immediate queste sono, non è che ce le dobbiamo inventare, e sappiamo che durante una fase di preparazione della guerra ogni contraddizione sociale economica all'interno diventa una mina per i governi, per sabotare il governo che invece vuole marciare ancora di più per la guerra.


PROLETARI COMUNISTI

E’ stata un'assemblea importante, un'assemblea che avrebbe richiesto un’intera giornata. Ma abbiamo cominciato in presenza, e questo non è da poco, e, poi, continueremo. Ma non è un continuare le assemblee, è continuare il discorso delle lotte, dell'unità delle lotte, dell’autonomia politica, teorica della classe operaia. Quindi non è da assemblea ad assemblea. C’è l‘assemblea, le lotte, c'è la marcia che dobbiamo fare insieme. Noi non partiamo da zero, ed sta in questo senso la questione posta anche in alcuni interventi di guardare anche agli errori che si sono fatti. Per esempio, parlare di fronte unico è il minimo essenziale o il massimo essenziale, però poi dobbiamo entrare nel merito. Per noi il fronte unico vede la classe operaia come classe centrale, che deve dirigere. Attualmente ci sono problemi, ci sono problemi di autonomia della classe operaia, sul fronte delle lotte perchè siano guidate sempre da una linea di classe, sul fronte politico, sul fronte teorico e ideologico, sul fronte dell’azione cosciente, del sentirsi forti, non succubi di tutto quello che sta intorno. Se facciamo questo, è vero che ci sono i problemi soggettivi, come diceva il compagno del Si.cobas, ma se noi partiamo e poi invece di andare avanti, approfondire, porre al centro il problema delle fabbriche, non comprendiamo l’importanza delle grandi fabbriche, allora non poniamo la rotta giusta per dare risoluzione a una parte importante di quei problemi soggettivi. C'è Acciaierie d’Italia, la più grande fabbrica siderurgica d'Italia, e non solo, su cui noi sono anni che ci sbattiamo come si dice le corna ma alla fine ce la faremo anche là. C'è la Stellantis, uno dei cuori storici e attuali, dal nord al sud, della classe operaia, per citare le più importanti dal punto di vista oggettivo e della classe. Allora, non si può dire ci sono problemi e non c'entrare quali sono i problemi. Per esempio, la Gkn il bandolo della matassa non lo deve perdere sulla battaglia centrale sulla delocalizzazione/chiusura di fabbriche, perché non è solo il problema della delocalizzazione, è il problema di affermare che la battaglia contro i padroni, contro il capitale, contro il governo deve vedere al centro gli operai. Se gli operai partono e poi, per una discorso anche buono - però fino a un certo punto - si estendono e vanno dovunque, non consolidano la loro unità, la loro autonomia, si rischia di perdere quel bandolo della matassa di classe. Sono andati quelli del PD a Mirafiori, a farsi la propaganda elettorale e gli operai hanno detto “noi non votiamo”... ma noi diciamo a questi operai: non basta non votare, non basta astenersi, il problema è che occorre costruire, darsi strumenti organizzativi, politici per la propria autonomia, pechè la classe operaia non si confonde con le altre classi, ma abbia la forza per unire intorno a sé le altre classi, gli altri settori che vengono attaccati, impoveriti, che vogliono lottare, che stanno lottando, dai giovani, in primo luogo gli studenti, a tutti gli altri settori in movimento. Allora affrontiamo questi problemi, ma non solo a parole; per esempio alla Stellantis bisogna andarci, stabiliamo un periodo in cui in tutte le fabbriche Stellantis ci stiamo, da Melfi a Torino; ad Acciaierie d'Italia dobbiamo riuscire a costruire una mobilitazione nazionale - è possibile che andiamo dovunque e in questo gli operai del collettivo Gkn sono molto bravi, vanno dovunque, ma quando si viene a Taranto non si va ad Acciaierie/ex Ilva? - certo, in questa fabbrica c'è da "impazzire", perché vai, gli operai ti danno ragione, il 6 maggio hanno fatto un grande sciopero e protesta, ma dopo di allora dovresti aspettare l'altro “6 maggio”, e chiaramente non è bello; però una fabbrica così non vediamo la sua importanza, la sua centralità? Perchè se si muove quella classe operaia, se si muovono le grandi fabbriche, beh, allora fatevi le vostre elezioni che noi ci prepariamo, che noi facciamo il nostro lavoro.