Su: Guerra imperialista in Ucraina. Il posizionamento dei lavoratori - Le violenze dei poliziotti a Verona - La mobilitazione in Francia continua. 9/6 assemblea a Milano
Mentre i lavoratori, le masse popolari, si misurano giorno dopo giorno con il peggioramento delle loro condizioni di vita, della loro certezza lavorativa, dei loro salari, redditi, a causa della politica di questo governo - che è in continuità con tutti i governi dei padroni e della classe dominante che in questi anni hanno scaricato prima la crisi, poi la pandemia, poi la guerra, sulle condizioni di vita delle masse - occorre che i proletari e le masse popolari guardino alla politica estera di questo governo, guardino a quello che sta succedendo nel mondo, perché da essa dipende una buona parte delle loro condizioni di vita e del loro futuro.
Innanzitutto la guerra imperialista in Ucraina.
Se ne parla fin troppo poco tra i lavoratori, viene ormai dato quasi come un fatto scontato che ci sia la guerra e si presta poca attenzione a quello che fa il nostro governo, il governo dell'imperialismo italiano dell'industria bellica, in questo campo.
Le potenze imperialiste a guida USA, con un con un ruolo crescente dei governi e degli Stati europei, della Germania, stanno inviando armi di ogni genere e tipo al regime ucraino. Ormai non parlano più di armi a difesa di un paese aggredito - fermo restando che, nel caso dell'Ucraina, la questione è più complessa rispetto all'invasione dell'imperialismo russo, ma parlano di controffensiva.
Controffensiva significa attaccare il territorio russo, significa fornire alla manovalanza di questa guerra, rappresentata dalle forze armate ucraine, tutte le armi necessarie per colpire direttamente il territorio russo. E’ evidente che questo porta ad una inevitabile accelerazione del conflitto e alla possibilità che, lungo un crinale scosceso, esso deflaghi in un conflitto mondiale generale.
Già oggi, in ogni angolo del mondo, questo conflitto comincia ad essere presente. Pensate a ciò che
avviene nel Pacifico dove è chiara l'intenzione dell'imperialismo americano di mettere in discussione l'unità della Cina decisa in tutte le sedi del mondo: Taiwan è Cina. Eppure questo dato di fatto viene messo in discussione attraverso manovre militari che sfiorano i confini cinesi e che provocano l’inevitabile accentuazione della reazione cinese e della volontà della Cina di conservare il controllo strategico su Taiwan.
Si tratta di un passo ulteriore a rendere più chiaro che questa non è la guerra dell'Ucraina invasa ma è la guerra tra le potenze imperialiste, da un lato gli Stati Uniti e i governi imperialisti europei, sia pur con differenze e titubanze – con un ruolo di prima linea dell'Italia - e dall'altra le potenze imperialiste rappresentate da Russia e Cina.
Il teatro della guerra produce, all'interno del paese, del governo che ha utilizzato anche il 2 giugno, la riconferma che l'imperialismo italiano è ben presente in questa guerra e si appresta a fare di più e meglio - inteso peggio - nella partecipazione italiana alla guerra.
Insistere su questo punto è fondamentale perché, oltre a vedere l'inevitabile nesso tra la guerra che avanza e l'economia di guerra all'interno del nostro paese, lo scaricamento dei costi della guerra sulle masse popolari, va visto il versante interno dei governi che si vanno a formare nei periodi di guerra e il rapporto che c'è tra guerra esterna e guerre interna.
Anche i governi all'interno diventano governi di guerra che nel nostro paese, per tradizione storica, per composizione anche dell'attuale governo, si chiama fascismo.
L'ostentazione militarista, nazionalista, l'ostentazione del rapporto tra l'Italia e le potenze imperialiste - prima di tutto gli USA -, l'attivismo dei ministri per sostenere questo, sono diventati una delle caratteristiche di questo governo.
Un governo di guerra che mette le mani su tutti i gangli fondamentali dello Stato e dell'informazione. Un'economia di guerra che fa avanzare a passi da gigante i profitti delle industrie belliche e la trasformazione delle industrie non direttamente belliche in parte del complesso militare-industriale che sorregge questo governo e diventa la frazione dominante della classe dominante.
Su questo è necessario sviluppare l’iniziativa, iniziative anche simboliche da farsi davanti ai cancelli delle industrie belliche - che non sono evidentemente contro i lavoratori che lavorano in queste industrie così come lavorano in tutte le altre industrie per il salario, come tutti gli altri operai e proletari; queste grandi industrie, la Leonardo, anche la Fincantieri e tutto il sistema industriale ad esse collegato, determinano la politica del paese e insieme ai grandi colossi delle energie, l’Eni in primis, costituiscono l'imperialismo italiano.
Quando si dice “imperialismo” non è una politica, non è una proiezione internazionale dell’economia, l'imperialismo è un sistema fondato su un classe dominante di cui la frazione dell'industria bellica diventa sempre di più la frazione dominante e condizionante dei governi, dei ministri e delle loro politiche economiche, soprattutto in una fase di guerra.
Rovesciare l'imperialismo italiano significa combattere questa classe dominante.
E i proletari e le masse popolari innanzitutto devono essere informate su quello che è la reale situazione in questo campo.
Ben vengano, quindi, le iniziative verso le fabbriche che fanno parte dell'industria bellica, del complesso militare-industriale nel nostro paese; cosi’come ben vengano le iniziative davanti le Basi militari, ben venga inserire in tutte le lotte sociali il rapporto tra salari/condizioni di lavoro/posti di lavoro e guerra.
Questo mese deve essere di posizionamento su questo. Dalle città dove ci sono le Basi militari e le industrie belliche occorre far partire una serie di iniziative che progressivamente possano portare a una mobilitazione nazionale su larga scala che comprenda lo sciopero dei lavoratori, in cui i lavoratori, la classe operaia, i settori più combattivi della classe, assumano un ruolo di prima fila in questa battaglia. Oggi è importante il posizionamento dei lavoratori. Abbiamo lanciato una petizione nei mesi scorsi che poteva essere una grossa occasione perché si sensibilizzassero le larghe masse operaie e proletarie. Là dove ci sono stati proletari comunisti e lo Slai Cobas psc questa petizione è stata portata avanti. Oggi è chiaro che la petizione è uno strumento limitato e debole, bisogna passare ai presidii. Per questo noi proponiamo a tutte le forze del sindacalismo di base di classe, a tutte le organizzazioni che si oppongono a questo governo e alla guerra, che si costruisca una campagna nazionale intensa e prolungata; non lancino scioperi che non possano ancora riuscire, ma una campagna intensa e prolungata che comprenda anche forme di azione diretta nei confronti dei centri della guerra, dei ministri della guerra e del governo nel suo insieme.
A Taranto ci sarà un iniziativa alla Leonardo, a Palermo è stata già fatta un'iniziativa alla Fincantieri, l'assemblea di Pisa ha rialzato la lotta nei confronti della Base, e così via. Vi è un ruolo da sempre dei portuali di Genova nel legare la battaglia del loro porto contro la presenza di navi da guerra.
Oggi questo distingue le forze che sono realmente dalla parte del proletariato e delle masse popolari e le forze invece che, per varie ragioni, sono dalla parte del governo e collaborano al sistema di guerra.
Sono senz'altro dalla parte del governo i sindacati confederali: non hanno fatto fino ad ora alcun tipo di iniziativa contro la guerra, non dicono nulla, anzi, sono complici in maniera corporativa all'interno delle industrie belliche in cui si propongono non solo come collaboratori ma come cogestori dei piani che, in nome del lavoro, intensificano l'indirizzo bellico delle industrie in generale. Hanno a cuore i profitti dell'industria bellica spesso con più zelo dei padroni. Quindi queste iniziative si rivolgono ai lavoratori, non ai loro sindacati maggioritari, perché i loro sindacati in maggioranza sono alleati.
Un Convegno importante ci sarà a Milano, convocato da alcune organizzazioni comuniste, rivoluzionarie, a cui proletari comunisti aderisce per l'11 di giugno. Si spera che non sia la fiera delle chiacchiere – certo, le buone chiacchiere sono meglio delle cattive chiacchiere – ma che si sviluppi un piano, una programmazione di una stagione di lotte da subito che attraversi l'estate e che punti a un autunno caldo, nel senso che leghi l'attacco alle condizioni di vita dei lavoratori alla lotta contro la guerra, alla lotta contro lo Stato moderno fascista che questo governo sta edificando.
E’ parte di questa battaglia ciò che sta avvenendo nel Mediterraneo, terreno di caccia dell'imperialismo italiano: il viaggio della Meloni in Tunisia, i rapporti con il regime libico, con quello egiziano, sono una parte del ruolo specifico dell'imperialismo italiano su cui torneremo.
La visita di Meloni è stata una buona opportunità per mettere sotto attenzione – diremmo noi sotto il mirino - il ruolo dell'imperialismo italiano in quest'area, che non è certo la soluzione del problema delle migrazioni ma è la causa della gigantesca emigrazione che arriva nel nostro paese dal Mediterraneo e da paesi come la Tunisia e la Libia.
Le violenze dei poliziotti di Verona
L'altra questione. Non dobbiamo mai stancarci di denunciare quello che sta diventando - e che lo sarà sempre di più - l'apparato repressivo dello Stato.
La violenze dei poliziotti, vili, impuniti, di Verona che utilizzano il loro ruolo per colpire la gente che capita nelle loro mani, sono ormai frequenti.
Ogni tanto viene fuori un'inchiesta come questa di Verona ma, in realtà, in tutti i commissariati di questo paese esiste una consistente minoranza di poliziotti che sono fascisti, che sono legati al processo di fascistizzazione della polizia e, quindi, sostenuti dai ministri che si sono susseguiti - da Salvini a Piantedosi - e coperti dal governo. Chi più di questo governo copre le forze di polizia fasciste?
Sono un bubbone, un cancro e non certo sul piano morale ma proprio sul piano strutturale di quelli che sono gli apparati di Polizia, delle Forze Armate e perfino dei vigili urbani in questo paese. E’ violenza di Stato istituzionalizzata.
Alla violenza di Stato si risponde con la denuncia, con l'appello perché vengano fuori queste cose, che si facciano le inchieste necessarie. Ma è chiaro che la violenza di Stato pone il problema dell'autodifesa, di una risposta uguale e contraria e richiede che tutte le forze di opposizione a questo governo inseriscano l'autodifesa e l'autorganizzazione – sempre al fine di autodifesa, di resistenza per ora - delle masse.
Non si può pensare che questo sia un tema che debba essere estraneo, che debba riguardare i gruppi politici, irivoluzionari, gli anarchici, come si dice. Bisogna porre all'interno delle organizzazioni sindacali, nelle assemblee dei lavoratori, nelle assemblee degli studenti, dei movimenti, la necessità di come bisogna rispondere a un governo che marcia verso un moderno fascismo, che utilizza la violenza che è parte della guerra interna.
Sfuggire a questo tema significherebbe nascondersi, fare la politica dello struzzo e non, invece, svolgere un ruolo d'avanguardia, di coscienza civile e organizzata, che tocca alle forze che si riferiscono alla classe operaia, ai lavoratori e che ne organizzano le loro lotte.
Meloni in Tunisia
Nella giornata di oggi, in occasione del viaggio della Meloni in Tunisia – proletari comunisti ha rapporti con la Tunisia, con le forze che si oppongono in Tunisia rischiando la loro vita al regime reazionario dittatoriale, della borghesia compradora, alle parti più parassitarie di questo paese legate e al servizio da sempre dell'imperialismo; proletari comunisti da sempre ha lavorato per costruire un ponte con l'altra sponda del Mediterraneo - perché occorre l'unità dei proletari del nostro paese che si oppongono al governo Meloni con le forze che in quel paese si oppongono al regime asservito all'imperialismo e anche al governo Meloni, come l'attuale dittatore Sayed e noi abbiamo lavorato precedentemente perché ci fossero manifestazioni contro la Meloni – le prime notizie ci dicono che queste manifestazioni cominciano ad esserci e speriamo in questo numero di Controinformazione rossoperaia di ottenere notizie dirette dalla Tunisia stessa, ottenere valutazioni di questa visita e dei suoi effetti in quell’area.
La mobilitazione in Francia continua
Infine ieri si è svolta la quattordicesima giornata di mobilitazione in Francia di questo movimento generale, senza precedenti negli ultimi tempi nei paesi europei che, di fronte alla riforma delle pensioni che aumenta l'età pensionabile, ha visto in piazza milioni di lavoratori, sostenuti via via da altri settori delle masse popolari, dalla gioventù e dal movimento studentesco.
14 giornate di mobilitazioni in cui il movimento ha tenuto e resiste, nonostante il governo Macron – che non è come la Meloni, che non si dichiara fascista ma si comporta esattamente come si comporta un governo fascista – ha imposto in Parlamento con un articolo particolare, il 49.3, che questa riforma passasse a tutti i costi.
I lavoratori, i sindacati riuniti nell'Intersindacale stanno portando avanti una lotta da vari mesi.
Questa lotta è giunta un punto nodale. Le giornate di lotta - sia pure sempre sostenute da manifestazioni, da blocchi, da scontri con la polizia, in particolare del settore giovane più radicale delle masse e degli stessi lavoratori - sono continuate e ci sono state anche nella giornata di ieri.
Nei prossimi giorni forniremo un'informazione dettagliata di questo.
Intanto il giorno 9 giugno a Milano, al centro sociale Transiti, vi è un'assemblea organizzata dai nostri compagni, dai nostri lavoratori dello Slai Cobas psc, di proletari comunisti, che sono stati in Francia in occasione del 1 Maggio e, precedentemente, in occasione di altre giornate di lotta e hanno parlato con gli altri lavoratori dicendo chiaramente che stiamo lavorando per l'unità dei lavoratori italiani con i lavoratori francesi, a partire dall'unità dei settori più combattivi presenti nel movimento in Francia con noi che siamo uno dei settori più combattivi in questo paese.
Il 9 a Milano vi è un'assemblea in cui i lavoratori che sono andati a Parigi testimoniano la situazione e anche cosa ne viene come insegnamento nel cammino per fare in Italia come in Francia. Un auspicio che hanno tutti coloro che hanno interesse a lottare contro padroni e governo in questo paese.
Quindi c'è parecchia carne a cuocere che richiede l'unità delle forze, il fronte unito di classe, un Fronte Unito, un patto d'azione tra le organizzazioni sindacali combattive, un patto d'azione tra le forze politiche di opposizione, un patto d'azione che non sia un elenco di sigle di tanto in tanto ma un coordinamento, una unità che ci permetta in ogni angolo - non solo nelle grandi città ma anche nelle piccole e in tutti i posti di lavoro in cui siamo - di essere una forza unita di fronte al fronte unito dei padroni e del governo.
Contro la guerra, contro il moderno fascismo e la repressione, contro l'attacco alle condizioni di vita e di lavoro in questo paese dobbiamo praticare l'unità, la lotta e la trasformazione.
L'unità perché senza l'unità non si raggiunge il numero necessario, la massa critica per combattere realmente questo governo.
La lotta perché è la lotta - non quella tradizionale, non quella fatta di scioperi-passeggiata o di manifestazioni al sabato - ma la lotta vera che dia forza alle masse, che faccia paura al nemico.
La trasformazione perché bisogna trasformare la realtà di questo paese e il movimento reale.
Dobbiamo porci l'ambizioso obiettivo di rovesciare questo governo e di marciare verso un governo operaio, un governo che rappresenti gli interessi dei lavoratori e delle masse popolari, un governo che si può ottenere non solo con la lotta ma con un processo che chiamiamo rivoluzionario, anche se le forme e i contenuti, la qualità di questa battaglia, sono tutti da scrivere e da decidere insieme.
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