giovedì 17 agosto 2023

17 agosto - ThyssenKrupp: IL CARCERE PER IL PADRONE

Ha varcato le porte del carcere Harald Espenhahn, il manager tedesco condannato per omicidio colposo per la morte di sette operai dello stabilimento ThyssenKrupp di corso Regina Margherita, a Torino, durante un incendio scoppiato nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007. Una sentenza arrivata in via definitiva nel 2016 ma mai eseguita a causa dei continui ricorsi che l’imputato ha fatto alla giustizia tedesca per evitare il carcere.

L'ingresso della fabbrica in corso Regina Margherita

"Dopo 5726 giorni il signor Harald Espenhahn, dopo tanto correre, scappare dalla giustizia ha varcato la soglia del carcere. Non è un risarcimento, non è vendetta. È solamente l'unico epilogo che si sarebbe già dovuto compiere da tempo e che è stato solo rimandato". Antonio Boccuzzi, l'operaio sopravvissuto poi diventato parlamentare del Pd, commenta notizie provenienti dalla Germania secondo le quali l'allora amministratore delegato dell'azienda il 10 agosto ha cominciato a scontare la parte detentiva della condanna inflitta in Italia. "Quei 5 anni - continua - saranno ulteriormente ridimensionati. Lo sappiamo e non ci facciamo strane o vane illusioni, ma un passo è stato compiuto e questo non ce lo porta via nessuno".

Il murales in corso Valdocco che ricorda la tragedia della Thyssen

La vicenda giudiziaria legata alla strage della Thyssen è stata travagliata. In Italia il processo era stato istruito dal pm Raffaele Guariniello, che aveva coordinato indagini rapidissime con cui aveva dimostrato l’atteggiamento colpevole dei vertici dell’azienda che avevano trascurato consapevolmente gli aspetti legati alla sicurezza in vista delle dismissioni dell’impianto e per questo aveva contestato il reato di omicidio volontario con dolo eventuale. L’imputazione però non resse nei successivi gradi di giudizio e venne riqualificata in omicidio colposo con colpa cosciente e alla fine dopo una serie di ulteriori passaggi tra appello e cassazione, furono confermate sei condanne. La pena più alta fu di 9 anni e 8 mesi ll'ad Harald Espenhahn, quella più bassa, di 6 anni e 3 mesi per i manager Marco Pucci e Gerald Priegnitz. Condannati inoltre gli altri dirigenti Daniele Moroni a 7 anni e 6 mesi, Raffaele Salerno a 7 anni e 2 mesi e Cosimo Cafueri a 6 anni e 8 mesi.

Le sette vittime della Thyssen

Tuttavia mentre per gli italiani si iniziò subito a scontare la pena nelle carceri italiane, per i due manager tedeschi le cose si complicarono, a partire dal fatto che in Germania il codice prevede che la pena per l’omicidio colposo non possa superare i 5 anni di detenzione. Ma ancora molte pagine dovevano essere scritte, tanto che nel frattempo i familiari delle vittime – che a più riprese avevano sollecitato il governo di fare pressioni diplomatiche sulla Germania – avevano anche presentato un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo lamentando le lungaggini della vicenda processuale. Nel luglio 2020 Gerald Priegnitz era andato in carcere, non prima aver ottenuto (prima ancora di iniziare la detenzione) la semilibertà, che gli ha consentito di continuare a lavorare per la multinazionale e di andare solo a dormire in cella la sera. Secondo quanto riferito dall’emittente tedesca Wdr, da novembre 2022 Priegnitz è stato scarcerato per buona condotta ed è libero.

Harald Espenhahn, invece, aveva tentato altri ricorsi, uno al tribunale di Hamm (subito respinto), l’altro alla Corte costituzionale tedesca, in cui lamentava che in Italia sarebbero state violate alcune norme sul giusto processo in particolare sulle traduzioni degli atti processuali, sulla mancanza di motivazione del suo coinvolgimento nel rogo. La Corte si era presa sei mesi di tempo per decidere ma continue proroghe hanno allungato i tempi della giustizia fino ad ora. Nei giorni scorsi i giudici hanno rigettato la sua richiesta e il manager è andato in carcere


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