30 giugno - Messaggi per Sebastiano Lamera - Lottare contro sfruttamento e oppressione e a sostegno dei popoli oppressi non è reato!

 

Precari Coop Sociali Slai Cobas Palermo

Forte solidarietà al delegato sindacale di fabbrica e compagno di lotta Slai Cobas sc, Sebastiano Lamera, colpito dalla repressione per avere sempre con grande coerenza sostenuto la lotta dei popoli oppressi come il popolo palestinese. Sebastiano ha ricevuto un provvedimento di "foglio di via", cioè gli viene impedito di andare a Milano la citta cuore della lotta delle comunità palestinesi da mesi e mesi contro il genocidio messo in atto da Israele.

Se toccano uno toccano tutti, giù le mani da Sebastiano! Chi lotta da sempre in difesa dei diritti dei lavoratori, degli operai, contro le morti sul lavoro, contro la guerra imperialista, a sostegno dei popoli oppressi non è un criminale.

Il provvedimento repressivo contro Sebastiano rientra nella più ampia azione repressiva moderno fascista che il governo attuale Meloni vuole imporre sempre più a tutti coloro che lottano contro le ingiustizie sociali e in difesa di diritti basilari. 

Ritiro immediato del foglio di via!

Lottare contro sfruttamento e oppressione e a sostegno dei popoli oppressi non è reato!

Lavoratori e lavoratrici Slai Cobas di Taranto

Denunciamo il grave atto di repressione che ha colpito un nostro compagno, operaio della Tenaris Dalmine, responsabile dello Slai cobas a Bergamo/Milano, Sebastiano Lamera, in tutti questi mesi molto attivo nelle manifestazioni dei sabati a Milano per la Palestina - e colpito proprio per questo.

Questo compagno è stato a Taranto in alcune occasioni di iniziative di lotta, di assemblee, e in particolare alle portinerie dell'ex Ilva, portando con la sua presenza e interventi il legame che c'è e che deve crescere sempre più tra le avanguardie operaie per essere forti contro padroni e governi.

Sebastiano è tornato recentemente in Puglia per partecipare attivamente alla manifestazione contro il G7 di Fasano, insieme a una delegazione di giovani operai immigrati di Bergamo; dal palco alla conclusione del corteo, Sebastiano ha lanciato un forte appello come proletari ad unirci ed elevare la lotta contro questo sistema di miseria, sfruttamento, guerra, repressione.

Facciamo appello anche a Taranto, in primis ai lavoratori, lavoratrici, agli operai dell'ex Ilva e appalto, ai compagni e compagne dei movimenti di lotta e in particolare a tutti coloro che si stanno mobilitando per la Palestina ad esprimere la loro solidarietà a Sebastiano, e a chiedere la revoca del provvedimento di "foglio di via" da Milano.

*****

Si possono mandare messaggi direttamente a Sebastiano: WA 3355244902 - e mail: sindacatodiclasse@gmail.com e allo Slai Cobas sc WA 3519575628 - e mail: slaicobasta@gmail.com  

30 giugno - Strage di Viareggio, migliaia in corteo: la città si stringe ai familiari delle vittime

 

di Donatella Francesconi



Quindici anni dopo quella notte maledetta la città non ha dimenticato. Il ricordo del medico: «In ospedale c’era un lago di acqua e amuchina»

29 giugno 2024

VIAREGGIO. Sfila Viareggio, nel 15esimo anniversario del disastro ferroviario – 29 giugno 2009, 32 morti – e «guarda quanto c’è che c’è». Quindici anni di una città intera riassunti in questa frase di una donna che si unisce al corteo, strada facendo. Sfilano le associazioni cittadine e della Versilia, pezzi di sindacato, una rappresentanza degli Ultrà bianconeri che in corteo, dopo così tanto tempo, portano lo striscione della manifestazione del primo mese: “Giustizia”. E camminano, mescolati nel fiume che scorre, i ragazzi e le ragazze degli scout: piccolissimi 15 anni fa se non ancora nei sogni dei genitori, ma tengono in mano le foto plastificate delle vittime di quella maledetta notte. 

Non mancano i ferrovieri, ancora mobilitati per la sicurezza, e – da Livorno – i rappresentanti del Comitato Moby Prince. Poco prima del semaforo di via Coppino – quest’anno il corteo ha preso il via dalla Darsena – due donne si abbracciano dietro lo striscione con i volti delle 32 vittime del disastro ferroviario: sono Daniela Rombi, che quella notte ha perso la figlia Emanuela Menichetti, 21 anni, e Rita Razzuoli, madre di Manuele Iacconi che su quel marciapiede fu ucciso a colpi di casco la notte di Halloween del 2014.

Poco più indietro spicca nel corteo lo striscione “FenomenAle”, l’associazione attraverso la quale familiari e amici di Alessandro Cecchi, morto in un incidente stradale, lo ricordano attraverso la solidarietà. Migliaia di piedi camminano per raggiungere via Ponchielli, il luogo dove quella notte tutto cambiò. Chi non sfila non rimane indifferente.


29 giugno - STRAGE OPERAIA: ANCORA MORTI SUL LAVORO, DA NORD A SUD

 

Le denunce di infortunio sul lavoro Inail (che non coprono tutti gli infortuni, ma solo quelli poi denunciati) al 31 maggio sono state 251.132 (+2,1% ), 369 le denunce mortali (+3,1%). A crescere anche le patologie professionali, 38.868 (+24%). 

Agrigento, muore operaio 21enne. Coetaneo muore a Latina

La tragedia è avvenuta in una zona rurale chiamata Pulcherini

28 Giugno 2024 


Ennesima vittima di un incidente mortale sul lavoro. Un ragazzo di 21 anni ha perso la vita mentre stava lavorando in un campo nelle campagne di Minturno. Il suo trattore si è ribaltato schiacciandolo e per lui non c’è stato nulla da fare. La tragedia, l’ennesima sul lavoro, è avvenuta in una zona rurale chiamata Pulcherini, in provincia di Latina. I rilievi sono stati effettuati dai carabinieri del comando provinciale del capoluogo pontino con i tecnici dell’ufficio S.pre.s.a.l. dell’Asl di Latina. Le indagini sono coordinate dalla procura della Repubblica di Latina.

Agrigento, operaio 21enne muore schiacciato da un muletto

Un operaio di 21 anni, Angelo Giardina, è morto schiacciato da un muletto mentre era al lavoro nella ditta Calderaro che produce manufatti in calcestruzzo nella periferia nord di Canicattì, in provincia di Agrigento.

La vittima da quanto si apprende stava operando vicino al mezzo che, per cause in via di accertamento, si è rovesciato e lo ha travolto. Una delle ipotesi è che il carico che stava trasportando si sia inclinato sbilanciando il mezzo. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco e i carabinieri di Cannicattì con i tecnici dell’ispettorato del lavoro per ricostruire la dinamica dell’incidente mortale sul lavoro. L’area è stata sequestrata e gli inquirenti stanno accertando che la ditta fosse in regola per quel che riguarda le autorizzazioni e sulle questioni amministrative. La procura ha aperto un fascicolo per omicidio. Gli inquirenti stanno accertando se la vittima indossava i dispositivi di protezione personale.

Milano, operaio caduto nel fiume Adda: stava lavorando su un canale

Un operaio di 58 anni della Italgen è caduto nel fiume Adda. L’uomo, italiano, stava lavorando su un canale scolmatore della A4 all’altezza di Vaprio d’Adda. Le squadre dei sommozzatori e del Saf fluviale sono al lavoro per ritrovarlo. Le forti correnti stanno rendendo difficili le operazioni di soccorso.

venerdì 28 giugno 2024

28 giugno - TOCCANO UNO TOCCANO TUTTI! GIÙ LE MANI DA SEBASTIANO LAMERA, OPERAIO/DELEGATO CLASSISTA, INTERNAZIONALISTA, ANTIMPERIALISTA

stralci che entrano nel merito del provvedimento da controinformazione rossoperaia del 25 giugno
 Dobbiamo segnalare un nuovo grave episodio di repressione, che non è l'unico ed è certamente inserito nel quadro della campagna di repressione di Stato che questo governo conduce contro le lotte proletarie di ogni genere e tipo e contro i movimenti che si oppongono su tutti i piani alla sua politica - e tutti sappiamo quanto siamo impegnati pure su questo fronte - che ha toccato un nostro compagno. Il provvedimento di "foglio di via" preso dal Questore della provincia di Milano contro Sebastiano Lamera di Bergamo. Questo attacco deve essere trattato all'interno la logica “se toccano uno, toccano tutti”.

Sebastiano Lamera, delegato di fabbrica dello Slai Cobas alla Dalmine è da sempre avanguardia riconosciuta nelle manifestazioni di ogni genere che vengono fatte a Bergamo o a Milano, sia nei vari settori dei posti di lavoro, sia nelle piazze e, in particolare, Sebastiano è impegnatissimo nei sabati di solidarietà con la Palestina a cui lui e i suoi lavoratori e i suoi compagni non mancano mai.

Il Questore di Milano ha stabilito per Sebastiano, proprio perché vuole colpire questa attività che Sebastiano fa ed è riconosciuto dal movimento proletario e dal movimento rivoluzionario e dal movimento palestinese, ha stabilito un provvedimento repressivo consistente nel foglio di via e nel divieto di presenza di Sebastiano nel Comune di Milano, con il chiaro obiettivo di impedirgli sia di condurre l'attività sindacale, dato che Sebastiano in quanto responsabile dello Slai Cobas del territorio segue diverse vertenze dei lavoratori anche nel milanese, oltre che chiaramente nel bergamasco, sia soprattutto per impedire che partecipi e che assuma il ruolo d'avanguardia che gli viene riconosciuto nelle manifestazioni dei sabati di piazza in solidarietà con la Palestina che si svolgono a Milano. Ed il pretesto è ancora più grave perché non è formalmente per il ruolo avuto e per le attività che Sebastiano ha svolto in queste manifestazioni, ma per i fatti avvenuti il 25 Aprile.

Il 25 Aprile, come si sa, vi è stata la manifestazione del 25 Aprile unita alla manifestazione di solidarietà con la Palestina ed è chiaro che in Piazza Duomo vi sono stati dei momenti di tensione e di scontro nei confronti della brigata ebraica, braccio operativo nel campo del nostro movimento protetto in questa occasione dai partiti parlamentari e dai falsi antifascisti, la cosiddetta contestazione della brigata Ebraica. 

......... 

Quindi la descrizione del fatto che fa la Questura di Milano è capziosa e volutamente persecutoria, è indirizzata a colpire Sebastiano e non certo una descrizione “oggettiva”. Sulla base di questo la Questura ha proceduto e per di più, nello stabilire i precedenti di Sebastiano, fa un elenco di cose che testimoniano le iniziative a cui abbiamo partecipato come Slai Cobas, a cui abbiamo partecipato come lavoratori di Bergamo, a cui ha partecipato Sebastiano in questa veste. L'elenco comprende diversi tipi, però prendiamo in considerazione uno. “In data 18 giugno 2021 veniva deferito in stato di libertà alla competente autorità giudiziaria da personale della Digos di Bergamo per violazione delle disposizioni su riunioni in luogo pubblico o aperta a pubblico e violenza privata, poiché nel Comune di Calcio (Bergamo), presso il Polo logistico dell'Italtrans di Spa, in qualità di rappresentante delle organizzazioni sindacali denominati SiCobas e Slai Cobas, dava luogo a una manifestazione non autorizzata, coordinando altri 50 manifestanti. In particolare sostava sulle corsie di accesso allo stabilimento generando forte disagio alla viabilità stradale autostradale. In seguito all'arrivo delle forze dell'ordine si sedeva a terra unitariamente a manifestanti, formando un cordone umano”. Quindi è evidente che in realtà la questura di Milano, lo Stato borghese per conto della questura di Milano, agisce per questo, vuole colpire in generale l'attività di Sebastiano dello Slai Cobas e non solo dello Slai Cobas, la citazione impropria che qui “rappresentante delle organizzazioni sia SiCobas che Slai Cobas" ha lo scopo di colpirne uno per colpire tutti gli altri.

Per questo nel denunciare questo provvedimento e nell'attivare tutte le procedure legali per respingerlo ribadiamo che intendiamo fare una campagna, facciamo appello a tutte le realtà sindacali e politiche e tutto il movimento di solidarietà con la Palestina, le stesse realtà palestinesi, di stringersi intorno al nostro compagno, di respingere questa repressione e in qualche maniera mobilitarsi in tutte le forme per la revoca di questo provvedimento che evidentemente ha l'obiettivo di essere un primo provvedimento volto a impedire l'attività politica, sindacale e di solidarietà internazionalista non solo di Sebastiano, ma di tutta l'organizzazione dei lavoratori e l’organizzazione politica di cui Sebastiano è parte.

giovedì 27 giugno 2024

27 giugno - info da Taranto: Ex Ilva sentenza corte europea/processo “ambiente svenduto”

 

venerdi ore 17 - - incontro aperto alla sede Slai Cobas via Livio Andronico 47 Taranto

ex Ilva - far leva anche della sentenza della corte di giustizia europea per imporre con la lotta unitaria un piano industriale e ambientale che tuteli lavoro e salute - rigettando sia la chiusura della fabbrica sia che tutto procede secondo gli intendimentii di governo e padroni

Slai Cobas per il sindacato di classe Taranto 

parti civili processo ambiente svenduto

info wa 3519575628


Lussemburgo, 25 giugno 2024

Sentenza della Corte nella causa C-626/22 | Ilva e a.

Se presenta pericoli gravi e rilevanti per l’ambiente e per la salute umana, l’esercizio dell’acciaieria Ilva dovrà essere sospeso
Spetta al Tribunale di Milano valutarla

La nozione di «inquinamento» ai sensi della direttiva relativa alle emissioni industriali include i danni all’ambiente e
alla salute umana. La previa valutazione dell’impatto dell’attività di un’installazione come l’acciaieria Ilva nell’Italia
meridionale deve quindi costituire atto interno ai procedimenti di rilascio e riesame dell’autorizzazione all’esercizio
previsti da tale direttiva. Nel procedimento di riesame occorre considerare le sostanze inquinanti connesse
all’attività dell’installazione, anche se non sono state valutate nel procedimento di autorizzazione iniziale. In caso di
pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana, l’esercizio dell’installazione deve essere
sospeso.
L’acciaieria Ilva si trova a Taranto, nell’Italia meridionale. Essa ha iniziato le sue attività nel 1965. Contando circa
11 000 dipendenti e avendo una superficie di circa 1 500 ettari, è una delle più grandi acciaierie d’Europa.
Nel 2019 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha accertato che l’acciaieria provocava significativi effetti dannosi
sull’ambiente e sulla salute degli abitanti della zona1. Varie misure per la riduzione del suo impatto sono state
previste sin dal 2012, ma i termini stabiliti per la loro attuazione sono stati ripetutamente differiti.
Numerosi abitanti della zona hanno agito in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano contro il proseguimento
dell’esercizio dell’acciaieria. Essi hanno sostenuto che le sue emissioni nuocciono alla loro salute e che l’installazione
non è conforme ai requisiti della direttiva relativa alle emissioni industriali

27 giugno - da tarantocontro: Acciaierie d'Italia - no alla nuova cassa integrazione

 

verso l'incontro a roma del 2 luglio - sulla cassa integrazione - la posizione dello Slai Cobas per il sindacato di classe - Taranto

NO A QUESTA CASSAINTEGRAZIONE CON QUESTI NUMERI E MODALITA’ E SENZA UNA VERA INTEGRAZIONE SALARIALE PER TUTTI

Acciaierie Italia ha annunciato una nuova cassa integrazione per 5200 lavoratori di cui ben 4400 a Taranto. È da settimane che si sapeva che Acciaierie d’Italia e i suoi Commissari sostenuti dal governo avrebbero avviato una nuova cassa integrazione per un anno. Era da settimane che si sapeva che i numeri di questa cassa integrazione sarebbero stati molto più alti. Per noi era chiaro E LO ABBIAMO SEMPRE DETTO AI LAVORATORI che tutte le decisioni del governo Meloni/Urso : l'Amministrazione Straordinaria, la nomina dei Commissari e l'avvio di quella attività che porterà a una nuova svendita di Acciaierie d‘Italia a nuovi padroni, indiani o ucraini con qualche italiano a fiancheggiare, sarebbero state per i lavoratori un rimedio peggiore del male.

Tutti volevamo che Mittal, che non stava certo sviluppando la produzione né tutelando lavoro e salute, andasse via, e in particolare andasse via la Morselli, ma solo lo Slai Cobas ha detto che con questo cambio di governance la situazione per i lavoratori sarebbe peggiorata. Solo lo Slai Cobas ha dichiarato forte e chiaro che il passaggio dell'azienda, sia pure provvisoriamente, allo Stato, non avrebbe portato alcun vantaggio ai lavoratori, né in termini di lavoro, né di salari, né di salute, né di futuro lavorativo. Solo lo Slai Cobas ha detto che il nuovo piano governo-commissari avrebbe portato a una cassa integrazione permanente all'interno dello stabilimento a totale discrezione dei Commissari e secondo logiche del piano governo/Commissari che non hanno all'orizzonte alcuna soluzione che tuteli realmente lavoro, salari, salute dei lavoratori. Giorno dopo giorno questo è stato sempre più evidente. E’ stato evidente nelle ditte dell'appalto, i cui lavoratori sono già stati mandati in cassa integrazione, e molti di essi sono ai limiti del licenziamento, della Naspi, della chiusura dell'attività.

Sapevamo benissimo tutto questo e lo abbiamo in parte denunciato ai lavoratori con i nostri modesti mezzi. Ma chiaramente la passività degli operai delle Acciaierie e il dominio nelle loro file del sindacalismo confederale, fa sì che ai piani di padroni e del governo non si risponda mai con la lotta, mai per cambiarli e rovesciarli secondo gli interessi dei lavoratori, ma si risponde “accompagnando il morto”, cioè favorendoli con trattative a Roma e a Taranto che producono il risultato - scontato - del peggioramento della condizione dei lavoratori.

Da sempre diciamo che se ci sarà cassa integrazione - ma certamente questi numeri non sono accettabili! - deve andare insieme all'integrazione salariale che solo lo Slai Cobas ha sempre chiesto sin dal primo momento della crisi ultima delle Acciaierie; solo lo Slai Cobas ha insistito perché coloro che stanno ai tavoli lo ponessero come pregiudiziale per ogni ulteriore passaggio di cassa integrazione, perché senza integrazione salariale non si tratta soltanto di andare a casa senza sapere quanti potranno tornare, ma si tratta di vivere di miseria. Gli operai sono stanchi di vivere di cassa integrazione.

Ora il punto è rispondere con la lotta, ma non possiamo fare la lotta di sempre, un giorno in cui si è fuochisti e tutti gli altri giorni in cui si è pompieri. Si deve fare la lotta prolungata per ottenere risultati concreti che oltre la riduzione, il dimezzamento dell'attuale cassa integrazione, anche ottenga l'integrazione salariale e dica chiaro che nessun licenziamento, nessun operaio deve andare a casa, sia in Acciaierie che nell'indotto.enza l'alternativa sindacale di classe, senza la ribellione dei lavoratori, in questa fabbrica, passo dopo passo, al di là se si arriverà alla chiusura, si arriverà sicuramente, dopo periodi di massiccia cassaintegrazione, ad esuberi di oltre 5000 operai; si arriverà sicuramente a una condizione in cui i lavoratori saranno più sfruttati e faranno più lavoro con meno paga; si arriverà sicuramente a una condizione che non tutelerà né la sicurezza sul posto di lavoro e né la situazione ambientale in città; si arriverà sicuramente nell'appalto a una massiccia ondata di chiusure e licenziamenti, precarizzazioni dei lavoratori, mancanza di tutele e sicurezza.

Senza la lotta e la rivolta degli operai, senza l'organizzazione sindacale di classe, attualmente rappresentata sostanzialmente come progetto/indicazione dallo Slai Cobas per il sindacato di classe, in questa fabbrica non si può invertire la situazione né tanto meno tutelare gli interessi immediati e futuri dei lavoratori.


27 giugno - Eternit Bagnoli, confermata in appello la condanna per Schmidheiny- i padroni assassini riescono sempre a farla franca?

 

Bruno Pesce: «Ma è una vittoria amara, nel prossimo grado di giudizio il reato andrà in prescrizione»

NAPOLI – Oggi la Corte d’Assise in Appello di Napoli ha confermato la condanna di Stephan Schmidheiny a 3 anni e 6 mesi per l’omicidio colposo di Antonio Balestrieri, operaio dell’Eternit Bagnoli, scomparso a causa del mesotelioma nel 2009.

«La sentenza ci conforta un po’, dopo la delusione del primo grado, le cui richieste dei Pubblici Ministeri sono state in gran parte disattese» ha commentato l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto che ha diffuso la notizia tramite una nota stampa, come riportato da Il Fatto Quotidiano.

Una notizia che però sembra preoccupare, e non poco, il fronte casalese. Spiega Bruno Pesce, coordinatore alla sanità di Afeva e testimone all’Eternit Bis di Novara: «Balestrieri è mancato nel 2009. Per cui è certo che nel prossimo grado di giudizio sopraggiungerà la prescrizione del reato, come già successo per gli altri casi in occasione del declassamento del reato da omicidio volontario con dolo eventuale a omicidio colposo. È un ripetersi di situazioni troppo amare e dolorose per le vittime, per tutti noi e per il sistema Giustizia».

«L’uso dell’amianto era senza cautele»

Durante la sentenza è stata confermata anche la fondatezza della richiesta di risarcimento del danno dell’Osservatorio, costituitosi parte civile nel procedimento penale. «Il processo – continua la nota – ha evidenziato come l’uso dell’amianto fosse senza cautele, privo di confinamento e con le maestranze ignare e sprovviste di mezzi di protezione. Sia all’interno dello stabilimento che all’esterno c’era amianto in sacchi di juta privi di chiusura ermetica scaricati dalle navi senza che i lavoratori fossero a conoscenza del rischio».

Insomma, una vittoria che però lascia dell’amaro in bocca. Soprattutto alla luce della sentenza dell’anno scorso del maxi processo Eternit Bis davanti alla Corte d’Assise di Novara, dove per ben 199 era sopraggiunta l’estinzione del reato, dato che l’omicidio colposo viene prescritto in 15 anni. 

Conclude Pesce: «Sarebbe ora che nel dibattito e nei provvedimenti nazionali sulla Giustizia nel nostro Parlamento e del nostro Governo, finalmente si intervenga seriamente per risanare queste gravissime ferite, ulteriormente inferte a già enormi sofferenze».


martedì 25 giugno 2024

25 giugno - OGGI A GENOVA CONTRO LA GUERRA E CON IL POPOLO PALESTINESE

 

Manifestazione ai varchi San Benigno e Ponte Etiopia contro la guerra in Palestina: “Tutto inizia dal porto, blocchiamolo”

Bloccato lo svincolo di accesso al porto, all’altezza dell’Elicoidale



lunedì 24 giugno 2024

24 giugno - PER SATNAM: A Napoli migranti e lavoratori in piazza contro razzismo e sfruttamento

 

A pochi giorni dalla brutale morte di Satnam Singh, il bracciante agricolo che lavorava nelle campagne di Latina, appuntamento sabato mattina alle 10 a Piazza Garibaldi.

Iniziativa organizzata in realtà da tempo dal Movimento Migranti e Rifugiati di Napoli. Contro razzismo e sfruttamento. 

Fin dalle nove sotto la statua di Garibaldi iniziano a riunirsi i primi gruppi di immigrati provenienti dalla provincia. Famiglie con bambini in carrozzina , ragazzotti con bandiere del proprio paese, altri con quella palestinese; d’altronde al corteo ha aderito anche il Coordinamentoper la Palestina di Napoli a ricordare il genocidio in atto a Gaza.

Spicca il gruppo di ragazzi del Burkina Faso con maglietta con i colori nazionali e slogan in sostegno di Ibrahim Traorè , il giovane presidente golpista autodichiaratosi nuovo Thomas Sankara e stessa voglia di emanciparsi dal giogo colonialista delle potenze occidentali. Francia in primis. Tante anche le bandiere di Potere al Popolo, unica forza politica organizzata presente oggi.

Il sole picchia forte e si cerca necessariamente l’ombra, la piazza inizia a riempirsi e alle 10 e mezza il corteo inizia a muoversi lungo il Rettifilo. Migliaia di persone che chiedono rispetto e diritti , lo urlano

forte attraverso gli slogan, gli interventi al microfono. Un corteo che può definirsi rabbioso e sereno allo stesso tempo.

domenica 23 giugno 2024

23 giugno - dal blog tarantocontro: Processo Ilva - il 28 giugno alle ore 10 alla corte d'appello Paolo VI - Importante, parlano i nostri avvocati

 

 Appunti dell'udienza del 21 giugno

In questa udienza ha parlato la Procura Generale, rappresentata dal Sostituto Procuratore Generale il dott. Mario Antonio Barruffa, e poi i PM Raffaele Graziano e Giovanna Cannarile. Il cuore dei loro interventi è stato il rigetto della richiesta di trasferimento del processo fatta dagli avvocati di Riva e soci. Questa richiesta, ha detto Baruffa, è stata già rigettata per ben 4 volte, in particolare ha ricordato le ordinanze del 18.7.2016 e del 12.10 2016. In merito al caso "Russo" ha ricordato che questi aveva presentato richiesta per costituzione pc il 16.6.2014, ma vi aveva rinunciato ad ottobre del 2014. Tra l'altro, della sua richiesta di pc non si era potuta subito occupare la giudice del Gup, quindi l'atto non risultava neanche notificato. Su altri magistrati, citati dai legali degli imputati Ilva, questi erano definitivamente privi di funzione giuridica - es. Cassetta che aveva cessato tali funzioni nel 2005, quando non era ancora iniziato il processo Ilva. E si costituisce parte civile nel 2016. Anche un altro personaggio - Iacovelli - era già uscito dall'ordine giudiziario - era stato giudice di pace dal 1994 al 2015. Quando ha presentato istanza di parte civile era pertanto ormai fuori dall'ordinamento giudiziario. Quindi è da escludere un pericolo di influenza. Nel merito dell'interpretazione dell'Art. 11 la Corte d'Assise aveva già detto che deve esistere in concreto il pericolo di colleganza e frequentazione tra il magistrato parte in causa e quello che dovrà decidere, quindi un pericolo concreto di  influenzare i giudici. La Corte Costituzionale si è espressa con una sentenza affermando che l'Art. 11 non comprende il caso in cui il soggetto è appartenuto all'ordine giudiziario ma poi ha cessato quella appartenenza, ed è passato un "apprezzabile lasso di tempo".

sabato 22 giugno 2024

22 giugno - Acciaierie Italia/ex Ilva Taranto: NO alla cassintegrazione e ai licenziamenti!

 

Acciaierie Italia ha annunciato una nuova cassa integrazione per 5200 lavoratori di cui ben 4400 a Taranto.

È da settimane che si sapeva che Acciaierie d’Italia e i suoi Commissari sostenuti dal governo avrebbero avviato una nuova cassa integrazione per un anno. Era da settimane che si sapeva che i numeri di questa cassa integrazione sarebbero stati molto più alti.

Quindi stupisce che a fronte dell'annuncio dell'azienda, i sindacati confederali e la USB si lamentino, strillino.

In realtà era già chiaro che tutte le decisioni del governo: l'Amministrazione Straordinaria, la nomina dei Commissari e l'avvio di quella attività che dovrebbe portare a una nuova svendita di Acciaierie d‘Italia a nuovi padroni, indiani o ucraini con qualche italiano a fiancheggiare, a quanto si può capire, sarebbero state un rimedio peggiore del male. 

Tutti volevamo che Mittal, che non stava certo sviluppando la produzione né tutelando lavoro e salute, andasse via, e in particolare andasse via la Morselli, ma solo lo Slai Cobas ha detto che con questo cambio di governance la situazione per i lavoratori sarebbe andata peggio di come era già ai tempi di Mittal. Solo lo Slai Cobas ha dichiarato forte e chiaro che il passaggio dell'azienda, sia pure provvisoriamente, allo Stato, non avrebbe portato alcun vantaggio ai lavoratori, né in termini di lavoro, né di salari, né di salute, né di futuro lavorativo. Solo lo Slai Cobas ha detto che il nuovo piano governo-commissari avrebbe portato a una cassa integrazione permanente all'interno dello stabilimento a totale discrezione dei Commissari e secondo logiche del piano governo/Commissari che non hanno all'orizzonte alcuna soluzione che tuteli lavoro, salari, salute dei lavoratori.

Giorno dopo giorno questo è stato sempre più evidente. E’ stato evidente nelle ditte dell'appalto, i cui lavoratori sono già stati mandati in cassa integrazione, e molti di essi sono ai limiti del licenziamento, della Naspi, della chiusura dell'attività.

Sapevamo benissimo tutto questo e lo abbiamo in parte denunciato ai lavoratori con i nostri modesti mezzi. Ma chiaramente la passività degli operai delle Acciaierie e il dominio nelle loro file del sindacalismo confederale e della USB, fa sì che ai piani di padroni e del governo non si risponda mai con la lotta, mai per cambiarli e rovesciarli secondo gli interessi dei proletari e dei lavoratori, ma si risponde “accompagnando il morto”, cioè favorendoli con trattative a Roma e a Taranto che producono il risultato - scontato - del peggioramento della condizione dei lavoratori.

Senza l'alternativa sindacale di classe, senza la ribellione dei lavoratori, in questa fabbrica, passo dopo passo, al di là se si arriverà alla chiusura, si arriverà sicuramente, dopo periodi di massiccia cassaintegrazione, ad esuberi di oltre 5000 operai; si arriverà sicuramente a una condizione in cui i lavoratori saranno più sfruttati e faranno più lavoro con meno paga; si arriverà sicuramente a una condizione che non tutelerà né la sicurezza sul posto di lavoro e né la situazione ambientale in città; si arriverà sicuramente nell'appalto a una massiccia ondata di chiusure e licenziamenti, precarizzazioni dei lavoratori, mancanza di tutele e sicurezza. Senza la lotta e la rivolta degli operai, senza l'organizzazione sindacale di classe, attualmente rappresentata sostanzialmente come progetto/indicazione dallo Slai Cobas per il sindacato di classe, in questa fabbrica non si può invertire la situazione né tanto meno tutelare gli interessi immediati e futuri dei lavoratori.

I Commissari dicono: “come facciamo a tenere tutti questi lavoratori con una media di 1000 operai su volumi di 1500 tonnellate annue? Come facciamo a tenere una forza lavoro che è stata costruita e sviluppata per arrivare un tempo a 8 milioni di tonnellate, e a oggi l'obiettivo dichiarato, non si sa quando, è quello di 6 milioni di tonnellate?

I Commissari non fanno che certificare questo stato delle cose. Ma dalla certificazione dei Commissari non si vede assolutamente in che misura la situazione da essi dichiarata potrà realmente cambiare, i dati che vengono portati circa il piano “di ripartenza” dimostrano una ripartenza infinita a dimensioni incerte e pluriennali. Quindi, di conseguenza la strada che si è scelta è senza via d'uscita.

Rispetto a questo, il quadro della cassa integrazione attuale è chiaramente drammatico a Taranto: l'area servizi e lo staff del siderurgico è quello in cui ci sarà il maggior impatto, si prevede che vadano in cassa 1854 addetti divisi tra 473 tra impiegati e quadri, 176 intermedi, 1205 operai. A seguire ci saranno le aree laminazioni con 1276 cassintegrati, di cui 1042 operai, e fusione con 1270 di cui 921 operai. La cassa integrazione prevede oltre i 4400 di Taranto, 400 a Genova e 245 a Novi ligure.

I Commissari dicono: “non vi preoccupate, serve alla ripartenza, serve a realizzare il piano che ci porterà a un futuro migliore”. Per il resto essi dichiarano che farà perno su trasparenti criteri di forte rotazione del personale, sarà strettamente connesso ai livelli di produzioni degli stabilimenti e consentirà di ultimare il piano di ripartenza che prevede dopo l'estate il secondo altoforno.

Ma, circa la rotazione non pensiamo che ci saranno cambiamenti sostanziali ed è l'unica trattativa che andrà avanti tra Commissari e sindacati. Qualcosa di meglio del passato si potrà forse vedere, ma non cambia assolutamente la sostanza che la cassa integrazione penalizzerà il salario di tutti.

Da sempre diciamo che se ci sarà cassa integrazione - ma certamente questi numeri non sono accettabili! - deve andare insieme all'integrazione salariale che solo lo Slai Cobas ha sempre chiesto sin dal primo momento della crisi ultima delle Acciaierie; solo lo Slai Cobas ha insistito perché coloro che stanno ai tavoli lo ponessero come pregiudiziale per ogni ulteriore passaggio di cassa integrazione, perché senza integrazione salariale non si tratta soltanto di andare a casa senza sapere esattamente quanti potranno tornare, ma si tratta di vivere di miseria.

Gli operai sono stanchi di vivere di cassa integrazione.

I sindacati dicono: “perlomeno diamo quei ratei che ci toccano”. Ma quelli dovrebbero essere scontati, sono cose che i lavoratori dovrebbero già avere. Noi vogliamo un'integrazione salariale certa, decisa al limite con decreto governativo che permetta ai lavoratori durante la cassa integrazione di avere un salario decente.

22 giugno - In fabbrica come in guerra - Esplosione in una fabbrica a Bolzano

6 feriti, 4 sono gravi 

Ustionati operai dell'Aluminium. Il luogo dell'incidente è stato sottoposto a sequestro

È di sei feriti, di cui quattro in gravi condizioni, il bilancio definitivo dell'esplosione all'Aluminium di Bolzano.

La scorsa notte, intorno alle 00.30, è stata segnalata l'esplosione di un macchinario alla ditta Aluminium Bozen srl di Bolzano, sita in via Toni Ebner n. 24, nel cui stabilimento risultano addetti circa 130 dipendenti per la produzione di estrusi in leghe dure di alluminio  Sul posto è prontamente intervenuta una pattuglia della locale Questura e, dalle prime informazioni acquisite da un operaio rimasto incolume, risulta che lo scoppio si è verificato in uno dei locali destinati alla fusione dell'alluminio, ove è divampato un incendio, domato in breve tempo dalle squadre dei Vigili del fuoco del Corpo permanente e volontarie di Bolzano.

   L'incidente sul lavoro, le cui cause sono in corso di accertamento, ha coinvolto alcuni operai, tempestivamente soccorsi da personale dei servizi sanitari con medico d'urgenza, della Croce Bianca e della Croce Rossa. Sul luogo è intervenuto anche l'Ispettorato del lavoro della Provincia Autonoma di Bolzano, prosegue la nota.

   A seguito delle gravi ustioni riportate, tutti i sei feriti rimasti coinvolti sono stati inizialmente trasportati all'ospedale San Maurizio di Bolzano. In seguito, quattro lavoratori sono stati trasferiti d'urgenza in cliniche specializzate: uno a Verona, due a Padova e uno a Murnau, nei pressi Monaco di Baviera.

   Attualmente il luogo ove è avvenuto il grave incidente, su disposizione dell'Autorità giudiziaria, è stato sottoposto a sequestro per i conseguenti accertamenti.

Il 24 giugno sciopero in Alto Adige

Fim, Fiom e Uilm hanno proclamato, per lunedì 24 giugno, uno sciopero di 8 ore all'Aluminium e di 4 ore per tutto il settore metalmeccanico in Alto Adige. La protesta riguarderà le ultime 4 ore per ogni turno. Dalle 10 di oggi, invece, è previsto un presidio davanti allo stabilimento. 

   "La sicurezza sul lavoro deve essere messa al primo posto tra le priorità da perseguire. Le aziende devono garantire la salute e la vita dei lavoratori. Non è accettabile che nel nostro Paese si continui in una tragica striscia di incidenti gravi, e mortali, senza che nulla cambi". Così, in una nota congiunta, le sigle sindacali, che aggiungono: "Non è più accettabile rischiare la vita per lavorare". 


venerdì 21 giugno 2024

21 giugno - La catena infinita di operai morti sul lavoro in Lombardia

L’operaio Mirko Schirolli muore in una fabbrica di 

Cividale Mantovano, incastrato tra i rulli di un 

macchinario

Un operaio di 35 anni è morto questa mattina in una fabbrica di laminati in vetroresina di Cividale Mantovano, una frazione del Comune di Rivarolo Mantovano in provincia di Mantova, durante il suo turno di lavoro. Secondo le prime informazioni l'operaio sarebbe rimasto incastrato tra i rulli di un macchinario.

L’incidente è avvenuto alla Sintostamp quando erano circa le 8. La vittima, 35 anni compiuti giovedì scorso, si chiamava Mirko Schirolli ed era residente a Rivarolo Mantovano con i genitori a pochi chilometri di distanza dalla fabbrica. Secondo l’agenzia Ansa, lavorava da cinque anni

nella fabbrica che produce laminati in plastica ma con un contratto interinale. La sua posizione lavorativa sarebbe comunque stata regolare.

Questa mattina poco prima delle 8 era al lavoro su un macchinario di stampaggio di lastre in plexiglas per un intervento di manutenzione quando un braccio è rimasto impigliato nei rulli ed è stato trascinato finendo schiacciato. A poca distanza da lui c'era anche un altro lavoratore che ha assistito alla scena sotto choc.

E’ l’ennesimo incidente mortale sul lavoro in Lombardia, regione capofila della tragica contabilità nera delle vittime in Italia. E avviene a meno di 24 ore dalla morte di un ragazzo di 18 anni, Pierpaolo Bodini, schiacciato da un macchinario agricolo a Brembio, in provincia di Lodi.

 Il dramma del ragazzo di Brembio che amava i trattori ed è morto al lavoro. La mamma: “Era la vita che voleva fare”

di Massimo Pisa

Pierpaolo Bodini aveva 18 anni e un contratto da apprendista nel paese in provincia di Lodi: si è sdraiato sotto il mezzo per farlo ripartire, un perno ha ceduto e un’ala della seminatrice l’ha schiacciato


21 giugno - ULRIMA ORA: Esplosione nella notte all’Aluminium di Bolzano: sei feriti, quattro ustionati gravi. Gli operai sono 8 e non 6 al momento

 

L’incidente poco dopo la mezzanotte nello stabilimento in zona industriale: un lavoratore ricoverato in rianimazione al San Maurizio, quattro ustionati portati con gli elicotteri in ospedali specializzati a Verona, Padova e in Baviera. Sul posto vigili del fuoco, soccorritori e polizia (foto DLife)

BOLZANO. Un’esplosione si è verificata nella notte all’Aluminium Bozen, nella zona industriale di Bolzano.

I feriti sono sei, di cui uno ricoverato in rianimazione al San Maurizio e quattro portati con gli elicotteri in strutture specializzate per i grandi ustionati a Verona, Padova e Murnau in Baviera. Un sesto operaio è rimasto ferito in modo meno grave. 

L’incidente poco dopo la mezzanotte, nel magazzino dello stabilimento di via Toni Ebner. Dopo l'esplosione è scoppiato un incendio e diversi dipendenti sono rimasti coinvolti nelle fiamme.

Sul posto sono intervenuti vigili del fuoco, soccorritori e polizia.

Fondata nel 1936, l'Aluminium ha iniziato la sua attività concentrando le proprie risorse sulla produzione di alluminio primario per poi riconvertirsi, nel 1976, alla produzione di estrusi di alluminio. Questo cambiamento strategico ha segnato l'inizio di un percorso di crescita e trasformazione che ha portato l'azienda a primeggiare nel contesto europeo per la produzione di estrusi in leghe dure di alluminio.



giovedì 20 giugno 2024

20 giugno - LE CONDIZIONI DELLE LAVORATRICI: SFRUTTAMENTO E DIRITTI VITALI NEGATI. "Controllerò quante volte andate in bagno mentre siete al lavoro", l'audio choc della direttrice del supermercato

 

"MD buona spesa..." - Sì, ma a sfruttamento delle lavoratrici a cui vengono negati anche i minimi bisogni 

Fatevela addosso, avete rotto”: vieta alle cassiere di andare in bagno.

I sindacati: «Da quando per andare alla toilette in orario di lavoro serve il certificato medico?». La direttrice del supermercato MD di Brandizzo, che impediva alle cassiere di usare il bagno durante l'orario di servizio, è stata sospesa per cinque giorni. Lo ha comunicato l'azienda, che in una nota ha spiegato di aver subito raccolto le segnalazioni dal negozio, esaminato il materiale disponibile e adottato una misura disciplinare di sospensione a partire dal 5 giugno.

Ma «Il problema del bagno è solo uno dei tanti. La direttrice aveva instaurato un clima di terrore nel supermercato. Tante colleghe sono andate via perché non reggevano più. Basti pensare che solo due settimane fa abbiamo avuto la possibilità di avere le sedie in cassa: c’erano, ma imballate fuori alla pioggia e noi eravamo costrette a stare in piedi per ore».

Questa mattina, davanti al supermercato MD, è andato in scena il presidio organizzato dal sindacato Uiltucs di Ivrea per protestare contro le condizioni di lavoro all'interno del punto vendita. 

Davanti al negozio si sono date appuntamento anche alcune ex dipendenti che hanno raccontato le loro esperienze. "Abbiamo chiesto al sindaco di Brandizzo di farsi parte attiva nei confronti di MD, non si può pensare di risolvere la vicenda con i cinque giorni di sospensione della direttrice". 

Vietato andare in bagno per le cassiere, dopo il caso Brandizzo stato di agitazione in tutti i supermercati MD d’Italia

20 giugno - NELLO STESSO GIORNO DELLA MORTE DI SATNAM ENNESIMO MORTO, GIOVANISSIMO, IN AGRICOLTURA

 



ma anche la lista che si allunga delle stragi sul lavoro e il dato che quasi la metà vede lavoratori in nero

 

Il 40% dei morti sul lavoro sono in nero, siamo a 670 lavoratori morti nel 2024, di questi 492 sui luoghi di lavoro 

 Solo quando succedono cose orrende come quella del povero bracciante in nero Satnam Singh ci si ricorda dei morti sommersi che appaiono solo come per questo orrendo caso. Ma ogni anno denuncio, e da ben 16 che il 35/40% dei morti sono in nero e che spariscono da ogni statistica e che solo l’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro li registra tutti, lo Stato e il Parlamento li occulta perché mettersi contro a istituzioni come INAIL che ha uno sterminato potere economico/mediatico e politico non conviene. Ma ora che i morti sul lavoro sono sotto gli occhi di tutti e soprattutto grazie all’Osservatorio che mai si è arreso nel denunciare la narrazione minimalistica, non si può più nascondere questa carneficina, rispetto all’orribile 2023, quest’anno siamo a + 20%. Già 69 gli schiacciati dal trattore anche quest’anno, due ieri sempre a Latina e un altro a Bolzano, ho denunciato all’inizio di giugno che ci sarebbe stata una carneficina di schiacciati, lo vedo dalle statistiche dei morti provocati dal trattore a giugno, già 17 questo mese e siamo soltanto al giorno 20 e nessuno di questi rientra nelle statistiche di INAIL, 167 nel 2023, oltre 2700 da quando ho aperto l’Osservatorio e stiamo parlando solo degli schiacciati dal trattore, tanti “cadaveri” di poveri immigrati clandestini che muoiono anche in edilizia e in agricoltura che spariscono nel nulla. Di loro non si saprà più nulla. E anche noi non possiamo metterli tra i morti sul lavoro se il loro corpo non si trova. Tanti parlamentari hanno tradito il loro mandato, per 17 anni, ho spedito per e mail la reale situazione a tantissimi di loro, anche recentemente, a parte qualcuno, nessuno di loro ha mai voluto venire e “vedere” se quello che scrivevo era vero, lo sanno bene tutti, ma mica si possono “sbattere” per cose così poco importanti che sono le vite dei lavoratori, e poi mettersi contro questi potentati economici e affaristici non conviene. In questo momento, alle ore 9 del 20 giugno del 2024 sono morti dall’inizio dell’anno 760 lavoratori complessivi e di questi 492 sui Luoghi di lavoro, gli altri in itinere e sulle strade.

Carlo Soricelli curatore dell’osservatorio nazionale di Bologna morti sul lavoro

20 giugno - SATNAM SINGH È MORTO, UCCISO DA QUESTO SISTEMA DI SCHIAVISMO/RAZZISMO DI QUESTO GOVERNO E DEI SUOI DECRETI, CHE CHIEDE UNA MOBILITAZIONE/SCIOPERI IMMEDIATI

 

da radio onda d'urto

 AGROPONTINO: SATNAM SINGH “È STATO UCCISO DAL SISTEMA” POLITICA-PADRONATO

20 Giugno 2024 -

Satnam Singh, 31 anni, che lavorava senza un contratto, è morto mercoledi dopo due giorni di agonia. Probabilmente avrebbe potuto salvarsi, ma il suo padrone ha omesso il soccorso. Lunedi scorso a Borgo Santa Maria in provincia di Latina, il lavoratore di origini indiane, dopo che un macchinario gli aveva tagliato un braccio, era stato caricato su un furgone e buttato in strada, nei pressi della sua abitazione. L’arto amputato è stato lasciato in una cassetta per gli ortaggi.

Le omissioni di soccorso per le persone di origine migrante iniziano lungo le rotte che li portano nella Fortezza Europa: un percorso di vulnerabilizzazione disumanizzante fatto di violenze estreme, che prepara futuri lavoratori e lavoratrici ad essere docili ed ubbidienti. Gli stessi non vengono certi protetti dalle normative, che inchiodano le persone al ricatto del permesso di soggiorno; succede “da oltre vent’anni: a partire dalla Bossi-Fini, all’ultimo decreto sicurezza varato da questo governo”. Le leggi vigenti puntano infatti a mantenere “un esercito di riserva di persone clandestinizzate, uomini, donne e a volte anche minori, ridotti a tutti gli effetti in schiavitù” come ha ricordato Marco Omizzolo ai nostri microfoni, citando un rapporto di Save The Children.

“Una politica che non decide più di salvaguardare la vita, i diritti essenziali e costituzionali, ma li mette in discussione”, partendo dai migranti per colpire poi a cascata tutta la classe lavoratrice. Satnam è stato quindi vittima di un sistema fatto di politici e sedicenti imprenditori che segue una volontà precisa. Lo dimostra anche il silenzio assordante del governo sulla vicenda, a partire dal Ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida, quello della sostituzione etnica e dei poveri che mangerebbero meglio dei ricchi. Nessuna parola nemmeno da parte di Giorgia Meloni, che nella scorsa legislatura, proprio a Latina, fece il pieno di voti; per di più nel giorno di insediamento da Presidente del Consiglio disse la famosa frase “chi produce non verrà disturbato”.

Secondo un articolo pubblicato questa mattina dal quotidiano Il Manifesto, firmato dalla sindacalista Laura Hardeep Kaur e intitolato “Padroni, non datori di lavoro”, siamo di fronte ad un fatto orribile “qualcosa che si fa fatica a raccontare, oltre l’incidente sul lavoro e pone davanti la triste realtà di persone per le quali la vita umana non vale nulla. Padroni, questo il loro vero nome, non datori di lavoro: posseggono i campi, i trattori e pensano di disporre della vita e della morte delle persone; é questo che è accaduto”.

Ai nostri microfoni il commento di Marco Omizzolo, sociologo e docente all’Università La Sapienza di Roma e autore di un articolo pubblicato oggi dal quotidiano Domani e intitolato “Il dramma del lavoro nero. Il bracciante Singh ucciso dal cinismo e dallo sfruttamento”. Ascolta o scarica

Ci siamo collegati anche con Andrea Paco Mariani, regista del film The Harvest, che racconta le condizioni di lavoro nella comunità Sikh nell’agropontino. Ascolta o scarica


 

mercoledì 19 giugno 2024

19 giugno - NELLA BELLA E POPOLARE MANIFESTAZIONE DI FASANO CONTRO IL G7 DEI SIGNORI DELLA GUERRA SI LEVA FORTE LA VOCE CLASSISTA OPERAIA

 

una voce che ha messo in chiaro che a questo meeting operai, lavoratori dovevano starci per contestare i governi imperialisti. Perché le guerre, e questo G7 è stato un G7 non per fermare la guerra ma per allargarla, la pagano lavoratori, proletariato e i popoli oppressi di tutto il pianeta. Un richiamo alla ribellione e unità per farla finita con questo barbaro sistema di guerra, sfruttamento, miseria e lutti. Un intervento in una manifestazione che ha visto una accoglienza da parte della popolazione di Fasano, che non ha coinciso con le aspettative della Meloni e di tutto l'armamentario repressivo e intimidatorio che aveva cercato di creare il terrore dei "barbari" che sarebbero arrivati per devastare, e che invece si è sentita come liberata dai manifestanti dopo essere stata sequestrata per giorni e impedita anche nei propri bisogni primari. Insomma una manifestazione che ha sancito che ha sbagliato chi ha disertato questa manifestazione, come una parte del sindacalismo di base e classista, lasciando da soli operai e lavoratori/lavoratrici dello Slai Cobas sc