...la Cisl è un sindacato di regime e vanno cacciati dai lavoratori, anche i loro iscritti, perché servi del moderno fascismo e non degli interessi della classe lavoratrice
Ha lasciato la leadership della Cisl, sempre morbida con il governo, da pochi mesi e ora la presidente gli porge una poltrona: sua la delega al Sud
Se n’era andato appena quattro mesi fa, salutando il sindacato che aveva guidato per anni con accanto a sé proprio la presidente del Consiglio. E tra Luigi Sbarra e Giorgia Meloni era stato tutto un sorrisino, una buona parola, un elogio e un fiume di complimenti. E va bene che il segretario aveva schierato la Cisl su posizioni morbidissime nei confronti del governo, passi per il rifiuto di condividere la battaglia del referendum voluta dalla Cgil, va bene anche il netto rifiuto allo sciopero generale, alle rotture su sanità e Jobs Act, ma quegli abbracci erano apparsi più prodromici a qualcos’altro che una vicenda di stima reciproca. E infatti, a 121 giorni di distanza dall’addio e 60 dall’uscita di scena ufficiale, ecco avversarsi quello che per settimane era stato solo sussurrato, previsto, immaginato: Meloni porta Sbarra al governo.
C’era chi immaginava una sua candidatura blindata alle prossime politiche, altri avevano pensato che il suo nome sarebbe spuntato in caso di rimpasto o in una girandola necessaria in caso di dimissioni di Daniela Santanché. Invece, l’ex capo della Cisl diventa subito sottosegretario al Sud, delega che la premier aveva trattenuto quando Raffaele Fitto aveva lasciato l’esecutivo per andare a ricoprire il ruolo di vicepresidente esecutivo della Commissione europea. La proposta di nomina, portata in Consiglio dei ministri, arriva all’indomani del quorum mancato dei referendum ai quali Sbarra si era opposto con tutte le sue forze criticando aspramente Maurizio Landini, per i quesiti e altre ragioni, arrivando a definire la sua cultura sindacale come “contrassegnata da un mix di antagonismo, populismo e ‘benaltrismo’”.

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