Dalla
stampa -
"Drammatico incontro sulla cassa integrazione al ministero. I
dirigenti: "I ricavi diminuiscono sempre più". A breve la
procura deciderà su Afo1: non è "del tutto compromesso"
come diceva il ministro.
Un “crescente squilibrio economico”
dovuto a “livelli produttivi non sufficienti” a garantire la
tenuta dei conti a causa dei “costi fissi”. Insomma, l’Ilva
ha troppi dipendenti rispetto a quanto produce in questo momento e
quindi deve aumentare del 50% i lavoratori in cassa
integrazione... Attualmente,
l’autorizzazione alla Cigs vigente scade nel febbraio 2026. Nel
corso del prossimo anno, quindi, il numero di lavoratori coinvolti
passerà dagli attuali 3.062 a 4.450".
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La conclusione di questa drammatica telenovela, di questa politica del "gambero" che invece di andare avanti va indietro e che dura da più di un anno, rendendo ogni settimana che passa a rischio la fabbrica, è che questa criminale politica deve essere pagata dai lavoratori, per ora con più cassa integrazione - in cui dovrebbe essere posto quasi il 50% degli operai - poi con esuberi/licenziamenti.
Urso/governo non se ne frega nulla della difesa del lavoro, come non se ne frega dell'inquinamento ambientale che in questa situazione di immobilismo non può che aumentare, perchè eventuali bonifiche, ristrutturazione dell'attività produttiva, tutto viene rinviato sine die, con tempi che si allungano all'infinito e con ipotetici compratori che via via si smarcano (vedi ultimo Jindal).
Così alla fine rimarrà sul tappeto una svendita quasi gratis, senza alcun obbligo per posti di lavoro e ambiente da parte del compratore; o, cosa più probabile, una vendita a spezzatino, in cui Taranto verrebbe considerata la rogna di cui chi si vorrà caricare lo vorrà fare a beneficio solo dei suoi profitti.
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Dalla stampa - "la luce non si vede in fondo al tunnel, hanno chiarito il direttore generale Maurizio Saitta e il responsabile delle Risorse Umane Claudio Picucci durante l’incontro al ministero del Lavoro di fronte ai rappresentanti dei metalmeccanici che chiedevano lumi e sottolineavano come il faccia a faccia sia arrivato dopo ben sei rinvii... In ogni caso, la situazione è destinata a non migliorare nel breve termine. I toni usati dai due dirigenti di Acciaierie d’Italia sono stati gravi e netti. Hanno garantito che l’altoforno 2 ripartirà “entro la fine dell’anno” e che le ispezioni sull’altoforno 4, l’unico attivo in questo momento, sono state positive, quindi l’impianto può rimanere acceso fino al termine del 2025. Dopo verrà fermato e si potrà produrre con due altoforni solo da “marzo del prossimo anno”.
Anche per questo – è stato spiegato ai metalmeccanici – la produzione odierna “non è sufficiente a reggersi in piedi”... Quindi l’allarme: “Bisogna fare l’accordo (sulla cassa integrazione, ndr) nel più breve tempo possibile". Per questo il ministero ha invitato a chiudere l’intesa sulla cassa entro il 24 settembre, data del prossimo incontro.
E
i sindacati che dicono?
“È
inconcepibile che ad oggi, i 20.000 lavoratori, diretti ed indiretti,
interessati dalla vertenza, a distanza di 18 mesi di amministrazione
straordinaria e di 13 anni dall’esplosione della crisi, non
conoscano il loro destino ma, soprattutto, vedono aggravarsi le loro
condizioni economiche con la persistenza e l’estensione della
Cigs... “Adesso basta. Serve chiarezza su dove si vuole andare a
parare. Ci attendiamo quanto prima che questa chiarezza venga fatta
nell’atteso, già richiesto, prossimo incontro a Palazzo Chigi”.
Ma abbiamo apprezzato la disponibilità del ministero nel concedere
alle parti ulteriore tempo per verificare, anche in un incontro
successivo a quella scadenza, la possibilità di poter raggiungere un
accordo sulla Cigs”... “Abbiamo quindi chiesto ai rappresentanti
del Ministero del Lavoro di sollecitare la convocazione presso la
Presidenza del Consiglio dei Ministri". Lo dichiara Guglielmo
Gambardella, Segretario nazionale della Uilm Guglielmo Gambardella.
“L’incontro ha avuto toni drammatici. È ora di fare chiarezza: i lavoratori – ha detto Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom – non possono pagare il prezzo dei ritardi. Bisogna dare corso alla nostra richiesta di un incontro a Palazzo Chigi”... "La situazione degli impianti è di una gravità inaudita, registriamo una fermata quasi assoluta degli impianti ed una difficoltà a continuare le operazioni di manutenzione ordinarie e straordinarie.
Per
la Fim l’aumento del numero di lavoratori
richiesto dall’azienda “non ci spaventa in sé, ma deve essere
motivato da ragioni solide e inserito in un piano di rilancio che
progressivamente riduca il ricorso alla cigs”..."L’aumento
del numero di lavoratori richiesto dall’azienda «non ci spaventa
in sé, ma deve essere motivato da ragioni solide e inserito in un
piano di rilancio che progressivamente riduca il ricorso alla Cigs".
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Il sindacato USB ha sottolineato in una nota
"che vengono meno le condizioni minime che avevano sorretto
l'accordo precedente... Ci troviamo dunque in una condizione di
totale assenza di certezze e non è accettabile gestire la crisi
dell'acciaieria più grande d'Europa senza un piano industriale
trasparente e senza un percorso credibile di rilancio, per la
decarbonizzazione e ovviamente per la salvaguardia di tutta la platea
dei lavoratori, dai diretti agli appalti fino all'Ilva in AS.
Per
queste ragioni USB ha ribadito che l'unica strada percorribile è un
intervento pubblico immediato e diretto. Lo Stato deve assumersi la
responsabilità di governare questa fase, garantendo occupazione,
salario e futuro produttivo..."
"L’incontro è
stato aggiornato della scadenza tecnica per la sigla della procedura,
ovvero il prossimo 24 settembre, poiché al momento non si sono
create le condizioni per condividere un accordo".
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Quindi da tutta questa situazione, la conclusione di Uilm, Fiom, Fim è un nuovo incontro presso la Presidenza del Consiglio. Incontro che non potrà che ribadire la linea Urso.
La Usb riprende la soluzione momentanea dell'intervento pubblico diretto dello Stato.
Nessuno pone sui Tavoli una piattaforma operaia e ambientale; nessuno intende chiamare i lavoratori a farsi sentire con la lotta - sola possibilità di cominciare a cambiare le carte in tavola.
Senza la scesa in campo degli operai su una propria piattaforma autonoma questa tragica telenovela rischia di concludersi come altre vertenze nazionali e locali: gran parte di operai a casa, con salari tagliati, nessun avvio di bonifiche nè dentro la fabbrica nè in città. E un governo che cerca di svendere al peggior compratore che però, come ogni padrone, vuole tutto e non mettere niente.
Ci vogliono tanti soldi? Sì, ma il problema è che i miliardi per le armi ci sono, per il lavoro, l'ambiente NO! Questo governo non li vuole mettere.
Questa è la partita in gioco, è contro il governo. Ma per questo occorre realmente una rivolta sociale.

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