da ORE12/Controinformazione rossoperaia del 03.11.25
Lo scorso 28 ottobre il governo, con decreto legge numero 147, ha approvato una serie di riforme in tema di sicurezza sul lavoro, annunciate in modo trionfalistico come l'impegno mantenuto con gli italiani, ovvero come la promessa mantenuta di risolvere il dramma degli infortuni sul lavoro.
Si tratta di un vero e proprio dramma perché quotidianamente si consuma la tragedia di persone che vanno al lavoro e perdono il diritto di tornare a casa sane e salve, uccise dal lavoro, non solo sul lavoro.
La media è di almeno quattro morti al giorno e circa 2.000 infortunati al giorno.
Ma curiosamente non esiste una parola per descrivere una tragedia civile come questa e non si tratta di morti ma di omicidi, non importa se siano dolosi o colposi. Parole come “fenomeno infortunio” sono forvianti, dietro questi termini c'è l'idea del fatalismo, della mancata fortuna e fanno parte di una narrazione deresponsabilizzante e scorretta perché di fatto sono omicidi.
Per questo la ricostruzione e la presentazione delle norme approvate da parte della ministra del lavoro Calderone è da considerare molto enfatica se pensiamo che persino la filo governativa CISL ha espresso riserve sul testo.
Siamo parlando di 18 articoli che aggiungono soprattutto adempimenti, controlli documentali, un
generale aumento burocratico piuttosto che un effettivo salto in avanti nella prevenzione degli infortuni. Si resta troppo sul piano formativo o sanzionatorio e meno su quello strutturale ovvero sulle modifiche reali all'organizzazione del lavoro, alle responsabilità, alla qualità dell'azienda che opera nei settori al rischio.
Il provvedimento non affronta la causa primaria dell'infortunio e delle malattie, ovvero le imprese che non adottano misure tecnico-strutturali ed organizzative efficaci per prevenire queste morti sul lavoro e gli infortuni, perché queste misure hanno dei costi che i datori di lavoro non sono disposti a sostenere e questo è il cuore del problema.
In altri termini, se l'impresa non ha interesse, obbligo reale a investire in macchinari più sicuri, manutenzione, riorganizzazione del lavoro, le norme approvate rischiano di avere scarso effetto pratico.
Il decreto non prevede strumenti sufficientemente forti per qualificare le imprese, per contrastare i contratti irregolari o intervenire nel vasto settore del subappalto, nonostante tutte queste siano indicate come cause rilevanti di rischio.
Senza nascondere il fatto che stiamo parlando di un decreto legge e quindi con entrata in vigore immediata, che pone dubbi sulla profondità del confronto parlamentare e sulla fase di attuazione, alcune norme, infatti potrebbero richiedere regolamentazioni attuative da parte di altri decreti, non ancora definite, generando quindi un vuoto operativo temporale.
Ma vediamo cosa prevede il nuovo decreto legge. Un capitolo è dedicato a formazione, indennizi e tutela specifica. Il decreto introduce e interventi in materia di formazione tutela specifica della salute e sicurezza sul lavoro, prevedendo in particolare un rafforzamento della formazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, tutela degli studenti nei percorsi di formazione e scuola al lavoro estendendo la copertura anche agli infortuni occorsi nel tragitto casa lavoro e viceversa e prevedendo una stretta per le attività ad alto rischio.
Prevede anche la prevenzione dei mancati infortuni “near miss”, cioè viene promossa l'adozione da parte delle imprese con più di 15 dipendenti di linee guida per l'identificazione, la registrazione e l'analisi dei mancati infortuni. Prevede anche visite medica aggiuntive nelle attività ad alto rischio e anche la destinazione delle risorse derivanti dalle sanzioni al rafforzamento dei servizi di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro, il cosiddetto Spesal, e attività di formazione e aggiornamento professionale che questa volta si prevedono essere reali e non fantomatiche, online e semplicemente certificate.
L'unica novità positiva per il settore degli edili è l'introduzione del badge di cantiere, una sorta di tessera con codice anticontraffazione per tracciare presenze e regolarità contributiva. La tessera dovrà contenere infatti un codice identificativo univoco per prevenire frodi e potrà essere realizzata anche in formato digitale, in modo da essere utilizzabile tramite strumenti compatibili con il sistema informatico per l'inclusione sociale e lavorativa. Il badge di cantiere quindi sarà una sorta di carta di identità del lavoratore, strettamente collegata al cantiere in cui opera. Le modalità d'attuazione però saranno stabilite con apposito decreto ministeriale da approvare e da varare.
Ancora, le nuove norme prevedono più severe sanzioni relativamente alla cosiddetta patente a punti per le imprese e per i lavoratori autonomi operanti nei cantieri temporali o mobili, patente a punti che si era dimostrata fallimentare dopo l'introduzione nel 2008 e che ora prevede per ogni lavoratore in nero trovato in azienda una decurtazione di 5 punti e non più di uno, come era prima, ed una multa per chi opera senza patente a crediti che sale a 12.000 euro rispetto ai 6.000 precedenti.
Vengono in volte previsti incentivi per le "imprese virtuose" che riducono gli infortuni sul lavoro e sono previsti anche più controlli attraverso l'assunzione di 500 ispettori del lavoro e 100 carabinieri del comando tutela lavoro, oltre a 500 addetti Inail per la gestione diretta delle sanzioni amministrative, numeri che comunque rappresentano in un’inezia rispetto ai controlli necessari.
Le nuove norme prevedono la revisione delle aliquote Inail e contributi agricoli a partire dal 1 gennaio 2026. Si autorizza l’Inail alla revisione delle aliquote per le oscillazioni in bonus per andamento antinfortunistico e dei contributi in agricoltura, con l'obiettivo di premiare le imprese che dimostrano un andamento positivo in materia di sicurezza. Per aderire alla rete del lavoro agricolo di qualità le imprese dovranno dimostrare l'assenza di condanne penali o sanzioni amministrative in materia di salute e sicurezza sul lavoro negli ultimi tre anni.
A queste "imprese virtuose" verrà riservata una quota delle risorse programmate dall’ Inail.
Si tratta in gran parte, quindi come abbiamo visto, di norme che integrano e intervengono su aspetti formali: titoli, formazione, incentivi per le imprese, ma che non incidono sulle vere cause degli infortuni.
Il decreto di fatto si limita a fotografare l'esistente senza affrontare i nodi strutturali che portano a una media drammatica di circa quattro morti sul lavoro al giorno.
Questo provvedimento non salverà alcuna vita, continueremo solo ad ascoltare l'ipocrisia del cordoglio e la retorica dei numeri perché le cause più profonde e vere degli infortuni e morti sul lavoro sono legate al modo in cui il lavoro è organizzato e gestito: pressioni produttive e ritmi elevati, tempi stretti, straordinari, obiettivi irrealistici o tagli di personale portano i lavoratori a ridurre l'attenzione sulla sicurezza; subappalti a cascata e catene di forniture complesse, la moltiplicazione dei livelli di appalti di appalto riduce il controllo diretto del committente e spesso porta a risparmiare sulla sicurezza.
I subappaltatori si oppongono ai contratti nazionali, non garantiscono ai lavoratori la necessaria formazione, eludono obblighi formativi pre-ingresso e verifica della congruità della mano d'opera. Molti infortuni anche mortali avvengono quando si deroga all'applicazione del contratto nazionale in termini di orario di lavoro, di obblighi formativi e, in presenza di subappalti a cascata, si colpiscono gli anelli più deboli della catena. Se non viene regolato il subappalto verranno colpiti sempre lavoratori e sicurezza, perché ogni livello d'appalto, ogni livello di quella catena deve avere il suo margine di profitto che inevitabilmente si abbatte sull'ultimo anello, ovvero il lavoratore.
Inoltre, altre cause strutturali sono la precarietà e il lavoro irregolare. Chi lavora con contratti instabili o in nero tende a non segnalare i rischi o irregolarità per paura di perdere il lavoro, per paura di perdere quelle poche ore di lavoro che ha. Una scarsa cultura aziendale della sicurezza, molte imprese considerano la sicurezza un obbligo burocratico ed un valore che incide negativamente sul profitto.
Carente manutenzione di impianti e macchinari rappresentano poi il motivo più importante delle cause di morti e infortuni. L'uso di attrezzature obsolete non revisionate o modificate senza autorizzazione aumenta il rischio di incidenti e il datore di lavoro che bada soltanto al profitto ovviamente non può interessarsi delle sostituzioni e di tenere a norma impianti e macchinari perché queste incidono sul suo guadagno e sul suo profitto.
Il nuovo decreto quindi non affronta nessuno di questi nodi e si profila come l'ennesimo provvedimento fatto di regole, formalità, destinato più ad aumentare la burocrazia che a ridurre gli infortuni.

Nessun commento:
Posta un commento