alla stampa
agli operai ilva
a tutta la città
I'esposto dello slai cobas è sul tavolo del giiudice Todisco
solo questo è all'attenzione della magistratura
liberi e pensanti e usb sono venuti molto dopo
se tutti avessero sostenuto sin dall'inizio questo esposto avremmo gì à
vinto
questo esposto colpisce realmente i sindacati confederali veri
corresponsabili della truffa ai danni dei lavoratori
i ricorsi sono già partiti e se ne possono aggiungere altri bene
ma ora è possibile l'azione congiunta di
slai cobas
operai liberi e pensanti
USB
e i tanti lavoratori
per risolvere non nei tribunali la questione - ma in fabbrica con la lotta e
la riapertura della trattativa sindacale
che ridia almeno 5000 euro ai lavoratori per l'arretrato e almeno 4 euro al
giorno per il futuro
ma gli operai si devono unire e non dividere in bande
solo lo slai cobas propone l'unità
il resto fa propaganda elettorale e parole
slai cobas per il sindacato di classe taranto
slaicobasta@gmail.com
347-5301704
sede aperta martedi e giovedi ore 17.30-19.30
altri giorni telefonare prima
1) l'esposto fatto il 31.1.2012 che attualmente è presso il Giud. Todisco
2) un seguito inviato al Giudice Di Tursi come sintesi dei reati indicati
nell'esposto e di denuncia/documentazione irregolarità nella sottoscrizione
imposta agli operai del verbale di transazione
3) perchè dopo la nuova sente della Cassazione anche ci ha firmato può fare
ricorso e cosa fare sul piano sindacale
E' IMPORTANTE SOTTOLINEARE CHE L'ESPOSTO E TUTTI GLI ATTI CONSEGUENTI E'
STATO FATTO NON SOLO CONTRO RIVA MA ANCHE CONTRO I SEGRETARI DI FIM, FIOM E
UILM, quali corresponsabili dei reati di "truffa ed estersione" nei
confronti degli operai e dell'Inps
Saluti
Margherita Calderazzi
SLAI COBAS per il sindacato di classe Ilva
Slai Cobas per il sindacato di classe
Sede legale v. Rintone, 22 Taranto - T/F 0994792086 - 3475301704 -
cobasta@libero.it
TA. 6.2.2012
Alla PROCURA DELLA REPUBBLICA - TARANTO
Al PREFETTO, DR. SAMMARTINO - TARANTO
AL MINISTERO DEL LAVORO - ROMA
ALLA DIREZIONE TERRITORIALE DEL LAVORO -TARANTO
ALLA DIREZIONE INPS - TARANTO
OGGETTO: ESPOSTO c/ ILVA SPA (P.I. 11435690158) con sede in Milano v.le
Certosa 241) e stabilimento in SS Appia Km 648 74123 Taranto, nella persona
del suo legale rappresentante e c/ le OO.SS FIM, FIOM, UIL nella persona dei
rispettivi segretari.
La sottoscritta, Calderazzi Margherita, coordinatrice prov.le dello Slai
cobas per il sindacato di classe, a nome di centinaia di lavoratori
dipendenti dell'ILVA SPA, impugna e denuncia, per violazioni della normativa
sull'orario di lavoro, della normativa contrattuale, l'accordo sottoscritto
in data 15.12.2011 tra Direzione Ilva spa e segreterie territoriali di
Fim-Fiom-Uilm.
PREMESSA:
Dopo una vertenza durata mesi, che ha visto anche una iniziativa di sciopero
dei lavoratori Ilva Spa, in merito al riconoscimento del tempo "cambio
tuta" come orario di lavoro effettivo e pertanto retribuito come tale, in
data 15.12. 2011, l'Ilva e le OO.SS citate hanno sottoscritto un accordo che
prevede:
"con efficacia dal 1 gennaio 2012 e per il personale in forza a e da tale
data, al Premio di produttività (PRO) e di efficienza (PRE), previsti
dall'accordo
del 20.5.89, viene aggiunto un premio di presenza pari a euro 1,95 lordi per
giornata di presenza in stabilimento. Da questo incentivo viene escluso il
personale per il quale viene escluso dalla legislazione in vigore l'uso dei
DPI, in particolare delle tute da lavoro", allegando su questo un lungo
elenco di personale escluso.
Tale premio viene dato "alla luce del tempo trascorso dal detto accordo (del
20.5.89) e dell'opportunità di rafforzare tale incentivo. considerando,
peraltro ancora fortemente attuali le esigenze di efficienza e di
produttività connesse ai punti in questione così come regolati dal testo
pattizio del 20.5.89."
L'accordo del 15.12.11 poi prosegue: "alla platea dei lavoratori di cui al
presente accordo, con anzianità aziendale minima di cinque anni, pro quota
per anzianità inferiori, condizionalmente alla adesione individuale
all'accordo
mediante sottoscrizione di verbale di transazione in sede sindacale
(allegato b) avente ad oggetto rivendicazioni inerenti la problematica
regolamentata dalle intese richiamate, viene riconosciuta una una tantum
forfettaria di euro 1.750 lordi che verrà corrisposta in 2 tranches: euro
1000 al 31.12.2011, euro 750 al 30.9.2012".
Infine, l'accordo si conclude con la precisazione: "resta inteso che
l'intero
accordo sarà applicato ai singoli lavoratori previa adesione individuale
all'accordo
stesso".
All'accordo, quindi, viene allegato un "verbale di transazione ex art. 2113
cc in esecuzione dell'Accordo sindacale del 15.12.2011", che riprendendo la
parte iniziale dello stesso accordo specifica che:
"nelle more della sottoscrizione di detto ultimo accordo è insorto
contenzioso in ordine all'omnicomprensività delle pattuite erogazioni, con
riferimento alla rivendicata computabilità nell'orario di lavoro della
presenza e delle attività, a monte e a valle della effettiva prestazione
lavorativa;
"l'accordo del 15.12.2011, applicabile in favore della platea dei
lavoratori. svolgenti mansioni per la cui esecuzione è prescritto l'uso di
DPI, ha ribadito. l'onnicomprensività del trattamento normativo ed economico
in essere, ed attribuito - nei casi specificati - ulteriore erogazione
economica, condizionata all'adesione individuale dell'intesa sindacale del
dipendente interessato mediante sottoscrizione del verbale di transazione
individuale con assistenza delle parti stipulanti l'intesa collettiva;
"le somme erogate a titolo transattivo. non saranno computati ai fini del
ricalcolo di istituti retributivi diretti e/o indiretti, ivi compreso il
T.F.R.";
". i lavoratori dichiarano di non aver null'altro a pretendere da ILVA SPA
per i titoli e le causali oggetto del presente accordo transattivo e per
ogni controversia attuale o anche solo potenziale avente ad oggetto istituti
di legge e contrattuali oggetto dell'Accordo sindacale del 15.12.2011.".
Successivamente tale accordo, viene indetto un referendum tra i lavoratori
Ilva nei giorni 9-10-11 gennaio.
La Direzione Ilva in data 9.1.2012 affigge un "Avviso" che parla di "ipotesi
di accordo relativa al miglioramento dell'efficienza e della produttività
dello Stabilimento" e scrive che "in caso di esito positivo del referendum
sarà disponibile un modulo attraverso il quale aderire individualmente al
contenuto dell'accordo 15.12.2011 che verrà allegato al cedolino paga. Tale
modulo debitamente compilato in tutte le sue parti, dovrà essere consegnato
entro e non oltre mercoledì 25 gennaio 2012 al reparto di appartenenza
unitamente alla copia fotostatica di un documento di riconoscimento in corso
di validità".
Nel modulo è scritto: "il sottoscritto. ritenendo di avere i requisiti
previsti dall'accordo sindacale del 15.12.2011, dichiara di aderire
individualmente allo stesso accettando la proposta transattiva formulata da
ILVA Spa attraverso la sottoscrizione del verbale di transazione ex art.
2113 c.c. previsto in esecuzione dell'intesa".
RAGIONI DELL'ESPOSTO:
Il merito dell'accordo.
L'accordo del 15 dicembre 2011, pur essendo partito e trovando le sue
ragioni nella questione della mancata retribuzione del 'tempo cambio tuta'
all'Ilva, si conclude non riconoscendo tale retribuzione - e pertanto non
riconoscendo come tempo di lavoro a tutti gli effetti, retribuito a titolo
di compenso di orario ordinario, il tempo che i lavoratori trascorrono nel
passare dalla prima timbratura fatta all'ingresso nello stabilimento alla
seconda timbratura effettuata sul reparto, dopo essere arrivati con bus
interni all'Ilva allo spogliatoio vicino al proprio reparto ed aver già
indossato al tuta di lavoro; così come, in uscita, il tempo tra la
timbratura sul reparto, il cambio della tuta nello spogliatoio, il viaggio
in bus nell'area dello stabilimento , e la timbratura vicino alle portinerie
dell'Ilva.
L'accordo si conclude come se avesse avuto un altro oggetto: l'erogazione di
un incentivo legato alla questione dell'efficienza e produttività;
l'accordo,
infatti, riconosce solo un "premio di presenza", un "incentivo" dato
dall'azienda
sulla base dell'intesa del 20.5.1989, in cui le parti avevano regolamentato
tutta la "materia afferente i temi della produttività dello stabilimento di
Taranto." e in cui veniva scritto che "le pattuizioni di carattere economico
ivi concordate sono direttamente finalizzate a retribuire ed incentivare
(pur in assenza di obblighi specifici) l'implementazione delle citate
disposizioni.".
Quanto sopra viene confermato dallo stesso "Avviso" del 9.1.2012 esposto
dalla Direzione Ilva che parla di "ipotesi di accordo relativa al
miglioramento dell'efficienza e della produttività dello Stabilimento".
La conseguenza di questa sorta di 'cambio di oggetto della vertenza
sindacale', oltre che un danno economico ai lavoratori (successivamente lo
vedremo nel merito), è anche un inganno verso gli stessi, che si aspettavano
un riconoscimento retributivo certo di tempo di lavoro e invece si ritrovano
una "concessione" dell'azienda, un "premio" che come dice l'accordo,
richiamando quello del 20.5.1989, è dato in "assenza di obblighi specifici"
per l'azienda, la quale, quindi, come lo corrispondere lo può togliere in
condizioni di calo produttivo.
Va comunque rilevato che lo stesso testo dell'accordo è palesemente
contraddittorio: da un lato parla di premio di presenza (che, come tale,
dovrebbe essere condizionato solo alla "presenza" e quindi dato a tutti),
dall'altro esclude da detto "premio" parte consistente del personale con la
motivazione che " è escluso l'uso dei DPI, in particolare delle tute da
lavoro" (quindi la "condizione" è la "tuta da lavoro". Quindi da un lato è
un accordo che non parla di tempo cambio tuta, dall'altro però il cambio
tuta diventa discriminante per avere o non avere il premio. Un'evidente
contraddizione che può avere come unico fine quello di non riconoscere il
cambio tuta come tempo da retribuire a tutti gli effetti come parte
dell'orario
di lavoro.
L'accordo ha di fatto operato un aggiramento, elusione di normative - come
precisiamo in seguito.
Un'altra grave conseguenza da sottolineare è l'evasione contributiva nei
confronti dell'INPS che questo tipo di "aggiramento" dell'accordo comporta.
Non riconoscendo, infatti, il tempo a monte e a valle della prestazione
lavorativa, compreso il 'cambio tuta', come orario di lavoro a tutti gli
effetti, l'azienda omette volutamente di versare all'Inps i contributi
dovuti sulla retribuzione relativa a quell'orario di lavoro.
Entrando nel merito del quantum dell'accordo, pur volendo per un momento
ritenere che lo stesso avrebbe inteso sanare per il passato e per il futuro
la vertenza 'cambio tuta' benché chiamata con tutt'altra denominazione,
l'importo
stabilito risulta nettamente inferiore a quanto spetterebbe per diritto a
lavoratori.
Infatti, si riconosce un importo di 1,95 euro lorde al giorno, là dove,
considerando che la retribuzione oraria lorda dei lavoratori al 3° liv. è di
euro 8,54 e di quelli al 4° liv. è di euro 8,90 e considerando che
mediamente il tempo 'cambio tuta' trascorso dalla prima timbratura alla
seconda sommando entrata e uscita, è mediamente di mezz'ora/venti minuti al
giorno, l'importo doveva essere rispettivamente di 4,27 e di 4,45 al giorno
(o di circa 3 euro, nel caso di un tempo inferiore alla mezz'ora).
Va poi considerato che l'importo di 1,95 euro va tassato del 10%.
Stesso discorso chiaramente va fatto per l'una tantum forfettaria di euro
1.750 lordi - su cui verranno applicate le ritenute ordinarie di legge -
corrisposta in due tranches, là dove gli operai, per i 5 anni indietro
dovevano ricevere mediamente - facendo un calcolo medio molto al ribasso -
dai 4mila ai 5mila euro.
Un altro danno economico è dato dal fatto che l'accordo stabilisce che le
somme erogate a titolo transattivo non sono computate ai fini del ricalcolo
di istituti retributivi diretti e/o indiretti, ivi compreso il T.F.R.
Sottoscrizione del Verbale di Transazione
Ma a parte il merito dell'accordo, vogliamo portare all'attenzione di
codeste Autorità, l'illegittimità, della imposizione ad ogni lavoratore
della firma di una "liberatoria", del Verbale di transazione allegato
all'accordo,
e del conseguente condizionamento a tale firma della corresponsione delle
somme.
E' la prima volta, a nostra memoria, che un accordo siglato tra sindacati e
azienda per conto di tutti i lavoratori di una data realtà lavorativa debba
avere la firma di transazione ai sensi dell'ex art. 2113 c.c. di ogni
lavoratore, e non, invece, essere valido automaticamente per tutti i
lavoratori.
E' come se a fronte di un accordo di rinnovo di contratto nazionale, le
associazioni datoriali e le associazioni sindacali per riconoscere gli
aumenti contrattuali imponessero a tutti le centinaia, migliaia di
lavoratori a livello nazionale di sottoscrivere un Verbale di transazione, e
tali aumenti venissero dati solo agli operai che firmano la "liberatoria" e
agli altri No. E' evidente l'assurdità! E l'illegale discriminazione che si
produrrebbe tra gli operai.
Un accordo sindacale che riguarda l'insieme dei lavoratori di quella
fabbrica, riguarda tutti i lavoratori. Nel caso in esame invece si vuole
rendere un accordo che è a tutti gli effetti collettivo, accordo
individuale, con una operazione truffaldina verso i lavoratori che si vedono
costretti a firmare una transazione mai da loro richiesta, e di
stravolgimento delle norme.
L'art. 2113 parla di "rinunce e transazioni che hanno per oggetto diritti
del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge
e dei contratti e accordi collettivi".
Per un solo momento, potremmo anche considerare che tale sottoscrizione
avrebbe avuto se mai un senso solo se richiesta ai lavoratori che avevano
già avviato ricorso - ma, anche in questo caso, questi lavoratori avevano
fatto il ricorso per il "riconoscimento retributivo del tempo cambio tuta";
mentre l'accordo del 15.12.11 parla di "premio di presenza" - quindi
l'accordo
chiederebbe, paradossalmente, anche ai ricorrenti una transazione su un
oggetto mai rivendicato dagli stessi.
L'unica ratio, pertanto, della imposizione della sottoscrizione del "Verbale
di transazione" è data dal fatto che l'azienda vuole impedire che i
lavoratori possano rivendicare in sede legale, per il passato e per il
futuro, il riconoscimento del diritto retributivo sul 'cambio tuta'. Quindi,
di fatto l'imposizione di questa "liberatoria" è una implicita ammissione
che l'accordo sta violando "diritti del prestatore di lavoro derivanti da
disposizioni inderogabili della legge e dei contratti e accordi collettivi".
La sottoscrizione del "verbale di transazione" contenuta nell'accordo del
15.12.11, ha un senso esplicitamente ricattatorio verso gli operai (esistono
denunce da parte di operai che alcuni capi hanno sostenuto che chi non
firma, oltre a non avere il "premio di presenza" e l'una tantum, potrà
essere oggetto di ritorsioni aziendali), discriminatorio, dato che coloro
che non firmeranno la transazione non riceveranno nulla, usando un diritto
come strumento di intimidazione tra gli operai e di forzata accettazione.
Tornando sull'elemento discriminatorio, poiché la "liberatoria" viene
chiesta non solo per l'una tantum ma anche per l'importo giornaliero, vuol
dire che dal 1 gennaio 2012, due lavoratori dell'Ilva Spa nelle stessime
condizioni di lavoro, e di presenza lavorativa, uno potrà ricevere il
"premio di presenza" (perché ha firmato), l'altro no (perché non ha
firmato). Ma può essere una firma di transazione condizione per rientrare o
meno nei requisiti oggettivi indicati in un accordo collettivo?
E' chiaro d'altra parte che questa liberatoria individuale è anche di fatto
una sconfessione della rappresentanza sindacale. E' come se l'azienda avesse
fatto un accordo con ognuno degli operai dell'Ilva. A cosa servirebbe,
quindi, un accordo con le rappresentanze sindacali?
Per tutto questo, la sottoscrizione di questa "liberatoria" costituisce
anche un pericoloso precedente che può agire in altre realtà lavorative, e
pertanto potrebbe danneggiare non solo gli operai dell'Ilva, ma
potenzialmente la certezza del diritto per l'insieme dei lavoratori.
Va inoltre sottolineato l'anomalia del clima che accompagna questo accordo.
Mentre Fim, Fiom , Uilm lasciano nell'incertezza sui vari punti dell'accordo
gli operai, è l'azienda, che, sostituendosi alle OO.SS., informa gli operai
del percorso che dovranno fare per poter ricevere l'una tantum e il 'premio
di presenza'.
La stessa non attende neanche l'esito del referendum per far trovare nel
'cedolino paga' consegnato il 10 gennaio il modulo di adesione all'accordo;
così come prima del referendum, e prima di verificarne l'esito, nell'Avviso
esposto del 9.1.2012, la direzione aziendale scrive che tale modulo deve
essere compilato e consegnato entro il 25 gennaio 2012, con un'evidente
azione di pressione psicologica, e con un esautoramento, non considerazione
di fatto dell'esito del referendum stesso.
Non solo, il referendum si svolge all'interno di un clima di pressione
aziendale, di timori dei lavoratori di ritorsioni (cambio reparto, cambio
turno lavorativo, ecc.), e soprattutto di assenza di assistenza sindacale,
nonché di vere e proprie irregolarità: non c'è nessun rappresentante del NO
al referendum né nella commissione elettorale né nei seggi in cui si tiene
il voto, in tutte le fasi di esso - consegna scheda, votazione, conteggio
dei voti, risultati finali; siamo inoltre in grado, se necessario, di
produrre testimonianze su firme sostitutive, impedimenti di recarsi a
votare, e soprattutto la non presenza durante il voto di circa un terzo
degli operai aventi diritto al voto.
LEGGI E SENTENZE:
La "computabilità nell'orario di lavoro della presenza e delle attività, a
monte e a valle della effettiva prestazione lavorativa"; nonché l'obbligo
dell'uso della tuta per i lavoratori "svolgenti mansioni per la cui
esecuzione è prescritto dalla legge l'uso di DPI" (dall'accordo del
15.12.11) è disciplinato da precise norme.
Il D.Lgs 181/2008 disciplina l'uso della tuta come indumento di protezione
del corpo in particolari lavorazioni - tutte presenti nello stabilimento
siderurgico, dove appunto l'uso della tuta è obbligatorio.
Per quanto riguarda cosa debba intendersi per orario di lavoro e cosa
rientra nell'orario di lavoro, il Dlgs n.66/2003 e n.214/2004 stabiliscono
che per orario di lavoro si intende "qualsiasi periodo in cui il lavoratore
sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della
sua attività o delle sue funzioni".
L' art. 3 del R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692 dispone che è considerato lavoro
effettivo ogni lavoro che richieda un'applicazione assidua e continuativa.
Il successivo R.D. 10 settembre 1923, n. 1955, regolamento per
l'applicazione del D.L. 15 marzo 1923, n. 692 dispone all'art. 5, che non si
considerano lavoro effettivo i riposi intermedi che siano presi all'interno
o all'esterno dell'azienda ed il tempo impiegato per recarsi sul posto di
lavoro. Da ciò consegue che rientra nella nozione di lavoro effettivo tutto
il tempo comunque impiegato a disposizione del datore di lavoro e nel suo
interesse, quale, ad esempio, anche il tempo per indossare e togliere la
divisa.
Tale interpretazione è anche conforme alla direttiva comunitaria 93/104.
Vari giuristi hanno spiegato che "L'orario di lavoro rappresenta il confine
tra il momento in cui il dipendente è soggetto al potere organizzativo e
direttivo del datore di lavoro e il momento in cui è sottratto a tale
potere. In generale rientra nella nozione di orario di lavoro il tempo in
cui il lavoratore esegue la propria prestazione lavorativa strettamente
intesa, ovvero ogni attività che sia comunque funzionale all'esecuzione
della prestazione lavorativa principale.
Alla luce della nuova definizione di orario di lavoro. il tempo necessario
per indossare gli indumenti da lavoro (c.d. tempo tuta)...(essendo il
lavoratore) soggetto all'ordine impartito dal datore di lavoro, il tempo
fisiologico necessario per tale attività deve computarsi nell'orario di
lavoro".
Ancora: "ogni attività che sia comunque funzionale alla esecuzione della
prestazione lavorativa principale deve essere ricompresa nella nozione di
lavoro e, dunque, nell'ambito dell'orario lavorativo. (per fare) l'esempio
del tornitore, è evidente che il suo lavoro non consisterà solamente
nell'operare alla macchina ma, per esempio, anche nel prelevare dal
magazzino i pezzi che andranno lavorati. Nessuno dubita che il tempo
necessario a tale prelevamento rientri nell'orario di lavoro del tornitore;
analogamente deve essere per la vestizione / svestizione, in quanto attività
ausiliaria alla prestazione lavorativa principale, imposta dal datore di
lavoro per il migliore funzionamento dell'azienda".
E' evidente come questo esempio calzi a pennello per la situazione dei
dipendenti Ilva.
Ed è altrettanto evidente la contraddizione dello stesso accordo del
15.12.2011 che da un lato si richiama all'uso di DPI prescritto dalla
legge - quindi obbligatori, da un lato fa riferimento alle attività a monte
e a valle della effettiva prestazione lavorativa - quindi attività
funzionali all'esecuzione della prestazione lavorativa principale, e
dall'altro
nega che il 'cambio tuta' e le attività a "monte e a valle" siano funzionali
all'attività lavorativa principale e pertanto parte dell'orario di lavoro e
come tale debba essere retribuito.
Questo diritto retributivo certo dei lavoratori è stato ampiamente
confermato e sancito da varie sentenze (in allegato si riportano alcune) che
hanno stabilito che "siano da ricomprendere nelle ore di lavoro effettivo,
come tali da retribuire, anche le attività preparatorie o successive allo
svolgimento dell'attività lavorativa, purchè eterodirette dal datore di
lavoro, fra le quali deve ricomprendersi anche il tempo necessario ad
indossare la divisa aziendale, qualora il datore di lavoro ne disciplini il
tempo ed il luogo di esecuzione".
Ma è soprattutto la Cassazione, che da vari anni ha riconosciuto quanto
sopra; ricordiamo in particolare le sentenze n. 3763/1998, n. 15734/2003,
n. 19273/2006, n. 15492/2009, n. 19358/2010.
Vogliamo riportare alcune parti di quest'ultima sentenza (dipendenti
Unilever), perché descrive una situazione abbastanza simile a quella
presente nello stabilimento Ilva di Taranto .
Scrive la sentenza: "se tale operazione è diretta dal datore di lavoro, che
ne disciplina il tempo e il luogo di esecuzione, rientra nel lavoro
effettivo e di conseguenza il tempo ad essa necessario deve essere
retribuito". Nel caso della Unilever, le modalità di 'vestizione' erano
stabilite dalla stessa azienda e prevedevano quattro timbrature di
cartellino, il passaggio in più tornelli e il percorso di un lungo
corridoio. per entrare nel perimetro aziendale dovevano transitare per un
tornello apribile mediante tesserino magnetico di riconoscimento, indi
percorrere cento metri ed accedere allo spogliatoio, ivi indossare gli
indumenti di lavoro forniti dall'azienda, effettuare una seconda timbratura
del tesserino prima dell'inizio del lavoro; al termine, dovevano effettuare
una terza timbratura, accedere allo spogliatoio per lasciare gli abiti di
servizio, passare una quarta volta il tesserino al tornello ed uscire.
La Cassazione ha riconosciuto come retribuibile ".la metà del tempo
mediamente impiegato per passare dal primo al secondo tornello e dal terzo
al quarto. La relativa liquidazione è stata operata in via equitativa e con
prudente apprezzamento, stante la difficoltà di accertare con precisione il
"quantum" della domanda - poichè non è possibile individuare per ciascun
attore i tempi effettivamente impiegati per indossare e dismettere gli abiti
da lavoro, soccorre una valutazione equitativa ex art. 432 c.p.c.".
Anche nello stabilimento Ilva Spa di Taranto è l'azienda che disciplina il
tempo e il luogo di vestizione della tuta (nello spogliatoio vicino al
reparto di lavoro); anche all'Ilva gli operai per entrare nel perimetro
aziendale dovevano transitare per un tornello apribile mediante tesserino
magnetico di riconoscimento, quindi la maggior parte di loro devono
attendere un bus interno aziendale (mentre pochi operai possono raggiungere
a piedi il posto di lavoro) - tale attesa può anche essere non breve sia
perché il mezzo è insufficiente per portare tutti gli operai in attesa che
quindi devono aspettare un secondo bus, sia perché, non poche volte, i mezzi
(vecchi) si rompono, ecc. - e poi devono effettuare una seconda timbratura
del tesserino prima dell'inizio del lavoro, dopo essere passati dallo
spogliatoio ed essersi messi la tuta (per l'uscita, i passaggi e il tempo
impiegato, sono uguali, all'inverso).
Nelle sentenze della Cassazione viene ulteriormente ribadito che ". il tempo
necessario al lavoratore per raggiungere, una volta cambiato, il reparto
dove, timbrato l'orologio marcatempo, inizia a svolgere di fatto la
prestazione lavorativa, deve essere retribuito poichè parte del lavoro
effettivo, allorquando il dipendente sia tenuto a un tempo di percorrenza
funzionale soltanto alle esigenze organizzative dell'azienda e sia
assoggettato al potere direttivo, organizzativo e disciplinare della
medesima, mentre il tempo impiegato dal lavoratore dipendente dal varco di
accesso dello stabilimento di grandi dimensioni allo spogliatoio assegnato è
lavoro effettivo e come tale retribuito solo se una volta varcato il
cancello d'ingresso dell'area aziendale il dipendente è assoggettato al
potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro senza la libertà di
autodeterminazione.".
Tale è la condizione dei lavoratori nello stabilimento Ilva di Taranto, i
quali una volta entrati dalla portineria di ingresso sono assoggettati al
"potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro".
In una sentenza del Tribunale di Lodi n. 259 R.G. 2001, riportando una
sentenza della Cassazione, veniva riportato il seguente schema esplicativo:
Se l'imprenditore ha prescritto l'uso del camice, il tempo per indossarlo
rientra nell'orario di lavoro poiché l'obbligo di indossare una divisa
imposta dall'imprenditore rappresenta manifestazione di soggezione al potere
imprenditoriale (Cass.14/4/98 n. 3763, pres. Mileo, est. D'Angelo, in D&L
1998, 701). Il che vuol dire:
In Entrata:
1. Arrivare in negozio all'orario in cui inizia il turno
2. Timbrare in borghese
3. Entrare nello spogliatoio
4. Indossare la divisa
5. Dirigersi in reparto
6. Essere operativi circa 10 minuti dopo la timbratura all'orario di inizio
turno
In Uscita:
1. Dirigersi verso lo spogliatoio circa 10 minuti prima dell'orario della
fine del vostro turno
2. Entrare nello spogliatoio
3. Spogliarsi della divisa
4. Timbrare in borghese all'ora di fine turno
CONCLUSIONI:
Per tutto quanto sopra esposto, premesso che lo scrivente, e lavoratori
dell'Ilva
Spa sono a disposizione per fornire chiarimenti e ogni elemento utile,
SI CHIEDE:
di considerare tale accordo illegittimo, in quanto in violazione delle norme
di legge e contrattuali;
di verificare il carattere truffaldino dell'accordo relativamente
all'omissione dei contributi all'INPS, conseguente al mancato riconoscimento
del tempo 'cambio tuta' come tempo di lavoro;
di considerare illegittima e ricattatoria/estorsiva la sottoscrizione del
Verbale di Transazione;
di accertare se la firma di tale accordo illegittimo da parte delle OO.SS.
nella persona dei loro segretari sia da considerarsi collusiva alle
violazioni di leggi e contrattuali aziendali - cosa confermata, peraltro,
dalle irregolarità da parte delle stesse OO.SS avvenute nel corso del
referendum;
Si chiede, infine, di conoscere l'esito del presente esposto.
Per SLAI COBAS per il sindacato di classe
(coord. prov.le Calderazzi Margherita)
Allegati:
1. Verbale di accordo del 15.12.2011
2. Verbale di transazione ex art. 2113 c.c.
3. Avviso aziendale del 9.1.2012
4. Modulo di adesione individuale all'accordo del 15.12.2011
5. Elenco sentenze.
Per comunicazioni:
Slai cobas via Rintone, 22 Taranto - T/F 0994792086 - 3475301704 -
cobasta@libero.it
Ricorsi per cambio tuta - SI POSSONO E SI DEVONO FARE!
La nuova sentenza di Cassazione (proprio sull'Ilva) mette una parola
definitiva sul diritto degli operai a vedersi considerato il tempo tuta e di
arrivo al reparto a tutti gli effetti "orario di lavoro", e quindi
retribuito con la retribuzione oraria (proporzionata al tempo e al livello)
maggiorata dello straordinario - con recupero di 5 anni indietro.
Quindi lo SLAI COBAS per il sindacato di classe ha deciso:
- di rilanciare i ricorsi per il riconoscimento del cambio tuta - su questo
gli operai non devono avere alcun timore di ritorsioni da parte
dell'azienda,
sono centinaia anche all'Ilva di Taranto i ricorsi già in corso;
- di avviare il ricorso anche per quegli operai che hanno firmato la
transazione, dato che l'oggetto di essa era non il "cambio tuta", ma
"l'indennità
di presenza", ed inoltre la firma è stata estorta con ricatto e con modalità
illegali che noi possiamo dimostrare e documentare;
- di fare un seguito all'esposto penale per "truffa ed estorsione",
attualmente all'attenzione del giud. Todisco, a fronte di altre denunce
documentate forniteci anche ieri dagli operai;
- di chiedere alla luce di questa sentenza, che i sindacati confederali
ritirano la firma dall'accordo del 15 dicembre 2011 - questi non possono far
finta di niente o fare gli ipocriti, come la Fiom, che saluta la sentenza
della Cassazione, fa anche i ricorsi individuali, ma poi non dice niente
sulla vera causa di questo non riconoscimento del diritto cambio tuta:
l'accordo
del dicembre 2011, da essa stessa firmato.
Fare i ricorsi di massa aiuta in questo momento una soluzione più collettiva
e generale, e aiuta lo stesso esposto. Quindi, anche se lo slai cobas agisce
su più piani (compreso appunto, esposto penale, azione sindacale per far
decadere l'accordo), gli operai non devono aspettare l'esito dell'esposto,
ecc. ma fare subito i ricorsi.
Ci si può mettere in contatto con lo slai cobas, tramite e mail:
slaicobasta@gmail.com - o tel. 3475301704 - o venendo in sede v. Rintone 22
Taranto (prima del ple Bestat via Dante) martedì/giovedì 17,30 - 19,30.
SLAI COBAS ILVA
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SEDE LEGALE E NAZIONALE TARANTO VIA LIVIO ANDRONICO, 47 tel 099/4792086 347/5301704 slaicobasta@gmail.com
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