INDICE
GRAVE
INFORTUNIO SUL LAVORO A RIVOLI: GLI OPERAI OERLIKON DICONO BASTA!
NUOVO
CCNL TRASPORTI... LA PAROLA A
CHI GUIDA I MEZZI PUBBLICI OGNI GIORNO!
Lalla Bodini lalla.bodini@alice.it
SEMINARIO
“INFORTUNI SUL LAVORO:
PROGRAMMAZIONE DEGLI INTERVENTI, COMUNICAZIONE”
Riccardo Antonini erreemmea@libero.it
NOI NON
DIMENTICHIAMO
Post
Resistenze posta@resistenze.org
AMIANTO CONTINUA LA
STRAGE DI LAVORATORI
Giorgio Bignami g.bignami33@gmail.com
CASSAZIONE: I DIRIGENTI DEVONO GARANTIRE LA SICUREZZA ANCHE SE
NON HANNO UN'INVESTITURA FORMALE
Vittorio Agnoletto vagnoletto@primapersone.org
VIETATO AMMALARSI PER
PRECARI E PARTITE IVA
Pietro
Ferrari pietro.ferrari275@gmail.com
L'ABROGAZIONE
DEL REGISTRO INFORTUNI, UNA SEMPLIFICAZIONE FATTA SENZA TESTA
Posta Resistenze
posta@resistenze.org>
SUL LAVORO E’ STRAGE SENZA LIMITI: +16% I MORTI NEL 2015
Silvia Cortesi sylvyacort@gmail.com
L'ITALIA ERA UNA REPUBBLICA FONDATA SUL LAVORO,
OGGI È FONDATA SUL PROFITTO
Muglia la
Furia fmuglia@tin.it
Mario Murgia murgia.mario50@virgilio.it
BLITZ DEI CARABINIERI DEL NOE NELLA ZONA INDUSTRIALE
DI OTTANA: SEQUESTRATI CAPANNONI PER INQUINAMENTO AMBIENTALE
Muglia la
Furia fmuglia@tin.it
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From: Clash City
Workers Clash
City Workers
To:
Sent: Sunday,
January 17, 2016 10:22 AM
Subject: GRAVE INFORTUNIO
SUL LAVORO A RIVOLI: GLI OPERAI OERLIKON DICONO BASTA!
Sabato un
lavoratore della Oerlikon-Graziano di Rivoli (TO) ha avuto un grave incidente
mentre lavorava. Le sue condizioni sono ancora gravi: ha due polmoni perforati
e si trova intubato in coma farmacologico. L'ennesimo caso che ci dimostra come
ogni giorno sui luoghi di lavoro si combatta una vera e propria guerra. Da un
lato un padronato sempre più forte, arrogante e aggressivo.
Dall'altra
lavoratori sempre meno organizzati per far pesare i propri diritti. Così anche
riuscire a tornare sani e salvi a casa la sera diventa una fortuna. Non stiamo
esagerando, basta guardare i dati (per altro al ribasso degli infortuni non
dichiarati ad esempio dai lavoratori in nero): l'Osservatorio che monitora
i casi di decessi ed incidenti sul luogo del lavoro riscontra ad oggi 671 morti
nel 2015 (praticamente 2 al giorno, +1,5% rispetto all'anno scorso e più 5%
rispetto al 2009). Ecco la vera crescita del nostro paese: quella dello
sfruttamento e delle sue drammatiche conseguenze.
Ovviamente non è
nemmeno possibile conteggiare precisamente il numero degli infortuni più o meno
gravi sul luogo di lavoro. Sono tantissimi e saranno sempre di più visto che
per le aziende la sicurezza dei lavoratori è un costo da abbattere, mentre il
governo si affretta a ridurre fondi e potere ad un ispettorato che già prima
interveniva poco e male.
Sabato Luigi,
operaio della Oerlikon-Graziano, fabbrica che opera nel settore della
componentistica per auto e mezzi agricoli, è rimasto schiacciato sotto il
braccio metallico di un macchinario su cui stava effettuando lavori di
manutenzione. Il macchinario è partito improvvisamente, pare per un errore
causato da altri, è lo ha colpito alle spalle, perforandogli due
polmoni.
I suoi compagni di
lavoro lunedì, hanno deciso di scioperare dopo una partecipata assemblea che si
è trasformata in uno sciopero spontaneo con manifestazione davanti alla
palazzina della dirigenza. L'adesione all'iniziativa è stata del 100%.
“Non deve mai più
succedere che uno di noi non torni a casa dal lavoro. Mai più. Ecco perché oggi
spegniamo la fabbrica. E non è che l’inizio. Forza Luigi, i tuoi compagni ti
aspettano”.
La rabbia dei
lavoratori va contro una multinazionale che apparentemente ha sempre detto
di puntare molto su prevenzione e sicurezza, ma che in realtà non ha mai
risposto alle richieste dei lavoratori che pretendevano misure atte a garantire
la loro incolumità anche in caso di errore umano, come avvenuto in questo caso.
La Oerlikon è una fabbrica
molto sindacalizzata e i suoi lavoratori sono molto determinati e decisi ad
ottenere quanto chiedono. Aspettano che Luigi si riprenda, ma intanto lottano per
accoglierlo di nuovo in una fabbrica che garantisca almeno la salute e la
sicurezza dei lavoratori.
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From: Clash City
Workers Clash
City Workers
To:
Sent:
Sunday, January 17, 2016 10:22 AM
Subject: NUOVO CCNL
TRASPORTI... LA PAROLA A CHI GUIDA I MEZZI
PUBBLICI OGNI GIORNO!
Come abbiamo detto
in un precedente articolo, nel 2015 sono stati rinnovati o sono state
presentate le ipotesi di rinnovo di numerosi contratti collettivi nazionali.
Tra questi il contratto collettivo del settore trasporti autoferrotranvieri
(mobilità TPL) che riguarda oltre 116.000 lavoratori. Anche in questo come
negli altri contratti collettivi nazionali rinnovati o in via di rinnovo è
chiaro che l’attacco padronale è durissimo e che sempre più c’è un tentativo di
togliere qualsiasi diritto a chi lavora e di impadronirsi di una parte sempre
maggiore del suo tempo, in parallelo con lo smantellamento dei servizi
pubblici.
In particolare il
contratto di questo settore, peggiorando notevolmente le condizioni lavorative,
implica che la qualità del servizio di trasporto pubblico andrà abbassandosi
ulteriormente.
Infatti, senza
contare l’aumento irrisorio del salario (fermo da 8 anni) e l’obbligatorietà
per tutti i lavoratori di versare una quota al fondo PRIAMO, vediamo chiedere a
chi lavora maggiore flessibilità e la possibilità di deroghe alle limitazioni
dell’orario in caso di eventi speciali o crisi dell’azienda; tutte misure per
far sì che i lavoratori siano a piena disposizione dell’azienda sempre e quando
questa vuole. Tutto questo in un settore in cui, come abbiamo documentato nel
caso romano, i lavoratori vengono già ampiamente spremuti, contrariamente a
quanto sostenuto dalla propaganda giornalistica. Il che tra l'altro apre e
prepara la strada a un privato, là dove la privatizzazione ancora non è
avvenuta.
In tutto questo i
sindacati confederali sembrano essersi dimenticati cosa dovrebbe essere un
CCNL, cioè uno strumento importante per affermare la forza collettiva dei
lavoratori e così strappare condizioni di lavoro dignitose per tutti, anche per
quelli che si ritrovano in situazioni individuali o aziendali particolarmente
ricattabili. Il loro obbiettivo sembrerebbe piuttosto l’autoconservazione, come
dimostra la piattaforma che stanno presentando e che pretendono di aver
sottoposto ai lavoratori con il referendum del 28 novembre. Se questo ha visto
la vittoria del SI facendo cantare alla vittoria CGIL, CISL, UIL e FAISA, come
denunciano invece tanti lavoratori che vi si oppongono, si è trattato
praticamente di una truffa: infatti non solo non è stato organizzato e
pubblicizzato a dovere ed è stato accompagnato da false promesse e minacce di
precariato, ma spesso i lavoratori non sono stati messi nella condizione di
poter votare. Di conseguenza a votare è stato il 40% dei lavoratori, di cui il
35% era sfavorevole.
Contrariamente a quanto pretendono i confederali, a moltissimi lavoratori questo CCNL non va bene. Proprio per opporsi a esso a Firenze il 16 gennaio si è svolta un'assemblea chiamata dal Coordinamento Nazionale Autoferrotranvieri.
Contrariamente a quanto pretendono i confederali, a moltissimi lavoratori questo CCNL non va bene. Proprio per opporsi a esso a Firenze il 16 gennaio si è svolta un'assemblea chiamata dal Coordinamento Nazionale Autoferrotranvieri.
E’ importante
sostenere le mobilitazioni di questi lavoratori e lavoratrici, troppo spesso,
come di recente a Roma, accusati ingiustamente di essere dei fannulloni dai
media e dai politici; infatti sono gli unici a poter fermare, lottando contro
il peggioramento delle loro condizioni lavorative e cercando di migliorarle, il
declino del trasporto pubblico locale e la sua privatizzazione, che porta poi,
come è avvenuto a Firenze, a un evidente peggioramento del servizio...
LA PAROLA AI LAVORATORI!
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From: Lalla Bodini
lalla.bodini@alice.it
To:
Sent: Monday,
January 18, 2016 3:19 PM
Subject: SEMINARIO “INFORTUNI SUL LAVORO: PROGRAMMAZIONE DEGLI
INTERVENTI, COMUNICAZIONE”
La Società nazionale Operatori della
Prevenzione in collaborazione con Associazione Ambiente e Lavoro
organizzano il seminario “Infortuni
sul lavoro: programmazione degli interventi, comunicazione”.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità afferma che bisogna migliorare la
conoscenza degli operatori sanitari circa il legame tra salute e lavoro e le
opportunità di risolvere i problemi di salute attraverso interventi nei luoghi
di lavoro (dal Piano regionale Prevenzione Regione Toscana).
SNOP (Società Nazionale Operatori della Prevenzione, vedi sito www.snop.it) sta organizzando una serie di Seminari di confronto operativo, rivolta in
particolare a operatori delle strutture pubbliche di prevenzione. Il primo
evento ha avuto come tema le malattie professionali, ed è stato trattato in due
edizioni, la prima il 18 settembre 2015 a Milano, la seconda il 30 settembre 2015 a Viterbo.
Nel Seminario di Milano del 4 marzo 2016 verrà affrontata la questione
degli infortuni sul lavoro partendo dai risultati positivi ottenuti dai
Piani Nazionali Edilizia e Agricoltura nella prevenzione degli infortuni, dando
risalto all’importanza della programmazione (settori a elevato rischio di
infortuni, liste di aziende ricavabili dai Flussi informativi e da altri
archivi disponibili, piani mirati). Verrà dato rilievo anche all’importanza
dell’analisi della dinamica degli infortuni, fondamentale per rendere omogenea
la lettura del fenomeno, ma anche per comunicare in modo efficace le principali
cause di infortunio e trovare misure adeguate per prevenire gli incidenti,
valorizzando anche quanto pubblicato sui siti web delle ASL, sul sito DORS, sul
nuovo sito Banca Dati delle Soluzioni.
1° appuntamento
4 marzo 2016 Milano
FAST
piazzale Morandi, 2 Milano
ore
9.00-17.30
8.45 REGISTRAZIONE PARTECIPANTI
9.00 SALUTI E BREVE INTRODUZIONE
Norberto
Canciani (Segretario Associazione Ambiente e Lavoro), Laura Bodini e Giorgio di
Leone (SNOP)
9.30-11.30 INFORTUNI E PROGRAMMAZIONE DEGLI
INTERVENTI DI PREVENZIONE
Claudio
Calabresi (SNOP), Antonella Bena e Osvaldo Pasqualini (AIE): Infortuni serie storica, dati mancanti e
riflessioni
Roberto
Agnesi (ASL Treviso): Utilizzo dei sistemi
informativi correnti per la programmazione delle attività di prevenzione nei
luoghi di lavoro a livello territoriale: gli infortuni
Battista
Magna (ATS Città metropolitana Milano), Lalla Bodini (SNOP): La prevenzione degli infortuni nei Piani
Regionali Prevenzione 2014-2018, I Piani Regionali Prevenzione, piani mirati
edilizia e agricoltura, progetti di intervento sulla sicurezza: quali
indicazioni emergono per la programmazione degli interventi
11.30–13.30 DAL FENOMENO INFORTUNISTICO ALLA
RICOSTRUZIONE DEI SINGOLI INFORTUNI
-
Celestino Piz (ASL Vicenza): La ricostruzione della dinamica degli infortuni
da parte dei servizi ASL e delle aziende, come fonte di programmazione degli
interventi di Prevenzione
-
Luisella Gilardi (DORS): Le storie d’infortunio come strumento di
prevenzione
-
Cristina Mora (Dipartimento Ingegneria Industriale,
Università di Bologna): La Banca Dati Soluzioni: un progetto di Regione Emilia
Romagna, Dipartimento di Ingegneria Industriale della Università di Bologna,
ASL Bologna
-
Battista Magna (ATS Città metropolitana Milano): L’esperienza della Regione Lombardia e di ASL
Milano
-
Nicola Delussu, Graziella Zanoni (Gruppo Infortuni ATS
Città metropolitana Milano): L’applicazione
pratica del metodo INFORMO nell’analisi del fenomeno infortunistico con
particolare riferimento all’esperienza EXPO
14.30-17.30 INTERVENTI PREORDINATI E DIBATTITO
-
Fulvio Longo (ASL Bari): Presentazione di “Vite Spezzate”
-
Roberto Cecchetti (ATS della Brianza ex ASL Monza): Piani mirati di comparto
-
Michele Montresor (ATS della Val Padana ex ASL
Mantova): Il caso degli Infortuni
Stradali
-
Marcello Libener (ASL Alessandria): Fattori di rischio prossimi e remoti degli
infortuni lavorativi: un esempio di utilizzo del metodo INFORMO
-
Massimo Bonfanti e Manuela Peruzzi (ASL Verona): L’indagine giudiziaria per infortuni gravi e
mortali e modello di organizzazione e gestione aziendale
Seminario in collaborazione con Associazione Ambiente
e Lavoro che curerà la segreteria e la pubblicazione degli atti. I materiali
dei Seminari SNOP verranno pubblicati infatti in un numero speciale di Dossier
Ambiente in collaborazione con SNOP.
La FAST (Federazione delle Associazioni Scientifiche e
Tecniche) di piazzale Morandi 2 è raggiungibile dalla stazione centrale di
Milano con MM3 linea gialla fermata Turati poi 3 minuti a piedi, oppure con MM1
linea rossa fermata Palestro poi 10 minuti a piedi.
Il Seminario è gratuito con iscrizione al link:
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From: Riccardo
Antonini erreemmea@libero.it
To:
Sent:
Wednesday, January 20, 2016 2:14 PM
Subject: NOI NON DIMENTICHIAMO
NOI NON
DIMENTICHIAMO
ESTERNAZIONE A CALDO SOLLECITATA DA "UTILI
IDIOTI"
Sorpresa,
sconcerto e indignazione per la nomina di Pucci (condannato in appello per la
strage operaia alla Thyssen-Krupp) a direttore generale dell'ILVA. Nomina ad
opera del ministro di Stato allo Sviluppo economico, Federica Guidi.
E allora?!
Cosa dire delle nomine, rinomine, promozioni da parte dei governi Berlusconi,
Letta e Renzi a Moretti, Elia, Soprano...amministratori delegati della Holding
FS, di RFI e Trenitalia e imputati eccellenti con accuse pesantissime per la
strage ferroviaria del 29 giugno 2009?
Cosa dire
del cavalierato a Moretti dall'allora capo di Stato Napolitano?
Cosa dire di
uno Stato che non si costituisce parte civile al processo di Viareggio, in
corso dal novembre 2013?
Cosa dire di
un consiglio comunale, per l'appunto quello di Viareggio, che tra i banchi di
maggioranza e opposizione annovera soggetti che il 28 giugno 2014 hanno
bocciato la mozione presentata dall'Associazione dei familiari delle 32
Vittime?
Ma tutto
ciò, non sorprende, non sconcerta, non indigna?!
Almeno
Pucci, non ancora definitivo quanto a condanne, ha avuto il “garbo” di rinunciare
alla nomina dell'ILVA. I Moretti, gli Elia, i Soprano neppure hanno manifestato
questo...
E quei
“soggetti” siedono nel consiglio comunale di Viareggio senza mai aver avanzato
alcun cenno di sincere scuse.
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From: Post Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent: Thursday, January 21,
2016 1:12 AM
Subject: AMIANTO CONTINUA LA STRAGE DI LAVORATORI
AMIANTO CONTINUA LA STRAGE DI LAVORATORI
400.000 MORTI OGNI ANNO, MILLE MORTI SOLO PER MESOTELIOMA
A 23 anni dalla messa al bando dell'amianto, con la Legge 257 del 1992, ci sono in Italia ancora 32 milioni di tonnellate di amianto e le bonifiche sono tuttora da fare. Chi sperava che dopo l'approvazione della Legge, l'amianto sarebbe stato rimosso dalle nostre vite deve ricredersi: la decontaminazione dalla fibra è fallita.
A oggi ci
sono oltre 400 norme regionali e nazionali sull'amianto, un labirinto
legislativo che fa comodo a molti che per i propri interessi speculano sulla
vita delle persone.
Istituzioni, padroni, governi, giocano scaricando le responsabilità su altri.
Istituzioni, padroni, governi, giocano scaricando le responsabilità su altri.
Il profitto
viene prima di qualsiasi diritto alla salute e alla sicurezza e si realizza
sulla pelle dei lavoratori e cittadini.
L'amianto è
un problema sociale, sanitario, medico, una bomba ecologica non ancora
disinnescata, che prima ha ucciso i lavoratori esposti alla fibra killer e oggi
avvelena la popolazione.
Nonostante
la legge 257/1992 che metteva al bando l'amianto lo preveda, a tutt'oggi manca
una mappatura completa dei siti contaminati da amianto e da bonificare e molto
spesso le mappature sono datate o inattendibili. L'articolo 10 della legge
257/1992 stabilisce che le regioni in mancanza di adozione dei Piani Regionali
amianto, possono essere commissariate, ma nonostante ciò diverse regioni non lo
hanno ancora adottato e molte non lo hanno ancora rinnovato (come
Lombardia, Toscana ed Emilia Romagna, ad esempio).
In Italia
come sempre fatta la legge si trova subito l'inganno. La legge ha bandito
l'utilizzo del minerale killer ma non ha obbligato lo smaltimento, e la polvere
d'amianto continua a uccidere almeno 8 italiani al giorno e avvelenarne altre
migliaia.
In Italia
esistono tuttora oltre 300 mila edifici, di cui almeno 3000, rappresentano un
grave rischio di contaminazione per tutta la popolazione, uomini, e donne,
bambini e anziani, e più di 2400 sono scuole italiane tuttora contaminate
dall'amianto e come ha riconosciuto la presidente della Commissione di
Inchiesta sugli infortuni sul lavoro del Senato Camilla Fabbri, "di questo
passo ci vogliano 85 anni per smaltirlo e eliminarlo dalle nostre vite".
Tutti
conosciamo la storia di Casale Monferrato grazie alle lotte condotte dagli ex
lavoratori dell'Eternit e dai cittadini, ma lo sviluppo industriale, il
"progresso" di questo paese si fonda sul sangue di decine di migliaia
di proletari e i cittadini, spesso dimenticati.
La stessa
Unione Europea nel quadro strategico per la sicurezza sul lavoro dal 2007
al 2011 afferma che anche se in Europa si assiste a una diminuzione degli
infortuni del 28%, i morti per amianto sono in continuo aumento.
Il
mesotelioma, il tipico tumore maligno continua a colpire e uccidere senza
pietà, in tutto il paese, dal nord al sud, ma l'amianto provoca anche molti
altri tumori maligni di cui si parla poco nei mass-media.
Secondo
recenti dichiarazioni del presidente di INAIL, Massimo De Felice, i lavoratori
vittime dell'asbesto decedute assicurate all'INAIL sono state 17.428 e oltre
21mila i casi di mesotelioma tra il 1993 e il 2014.
I numeri ci
dicono che l'amianto continua a uccidere oggi come nel passato e purtroppo
senza bonifiche dei siti industriali e del territorio la lista dei morti e
malati continuerà a crescere ancora per molti anni. Tutti sono a rischio,
nessuno è esente dal pericolo.
Anche nel
tempio della musica, il Teatro della Scala di Milano (dove abbiamo manifestato
in occasione della prima) l'amianto ha fatto delle vittime, e per le morti
sospette per amianto alla Scala sono indagati quattro ex sindaci di Milano,
Carlo Tognoli, Gian Paolo Pillitteri, Giampiero Borghini e Marco Formentini.
Indagato anche l'ex sovrintendente Carlo Fontana indagati, con altre persone,
per omicidio colposo e lesioni colpose per sette decessi e altri casi di
malattia dovuti all'amianto presente al Teatro alla Scala.
In questo le
denunce dei lavoratori e comitati sono servite.
La Procura contesta agli indagati di non
essersi adoperati per rimuovere in passato l'amianto dai manufatti nei vari
locali, soprattutto tecnici, ma anche dal famoso lampadario all'interno del
teatro. Per l'accusa non sarebbe stato fatto il censimento dell'amianto
previsto dalla legge del 1992, e il minerale avrebbe provocando la morte dei
lavoratori. Tra le persone morte per esposizione alla sostanza cancerogena
dagli anni '70-80, ci sono un siparista, un macchinista, un vigile del fuoco,
un falegname, un addetto al trasporto delle scene e anche una cantante lirica.
Questo dramma è solo uno dei tanti.
Anni di
omertà e complicità da parte di tutte le istituzioni hanno finora garantito
l'impunità a padroni e manager colpevoli di aver mandato consapevolmente a
morte migliaia di lavoratori nelle fabbriche pur di realizzare i massimi
profitti. In questi anni molti processi sono stati esempi d'ingiustizia per le
vittime e i loro famigliari assolvendo i padroni nel merito o per prescrizione.
In ogni caso la mobilitazione dei lavoratori e delle vittime organizzate in
comitati è servita per portare sul banco degli accusati i padroni e manager
assassini di tanti operai. Anche se la giustizia per le vittime dell'amianto
non arriva quasi mai e quando arriva è tardiva come dimostra il processo
Eternit di Casale Monferrato, le vittime, i comitati e le associazioni continuano
a lottare: oggi in Italia sono in corso più di 50 processi per amianto.
19/01/16
Michele
Michelino
Presidente
del "Comitato per la
Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
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From: Giorgio Bignami g.bignami33@gmail.com
To:
Sent: Friday, January 22, 2016
3:09 PM
Subject: CASSAZIONE: I DIRIGENTI DEVONO GARANTIRE LA SICUREZZA ANCHE SE
NON HANNO UN'INVESTITURA FORMALE
Corte di
cassazione, Quarta sezione penale, Sentenza 21 gennaio 2016 n. 2536.
Sono rimasti
inerti di fronte alla gravità dello sciame sismico che colpiva L'Aquila già da
mesi, e che era particolarmente insistente la notte del crollo del Convitto
nazionale, tre ragazzini morti e due feriti, il 6 aprile 2009, mentre i due
imputati, entrambi con posizione di garanzia, avrebbero dovuto dichiarare da
tempo l'inagibilità della scuola la cui instabilità era nota.
Almeno
quella notte, avrebbero potuto organizzare l'evacuazione degli studenti. Per
queste ragioni la
Cassazione, con Sentenza n. 2536 depositata ieri, ha
confermato le condanne per omicidio colposo e lesioni per l'ex rettore del
Convitto e per l'allora dirigente provinciale responsabile dell'edilizia
scolastica. "La situazione di allarme sismico era talmente conclamata che
il sindaco di L'Aquila aveva disposto la chiusura di tutte le scuole del centro
storico", ricorda la sentenza. Se fosse stata fatta la valutazione di
pericolosità, "non sarebbe mancata una analoga ordinanza di inagibilità
che avrebbe salvato gli allievi del convitto".
La Cassazione, poi, sul piano più squisitamente
giuridico, interviene a favore di una concezione sostanziale della posizione di
garanzia. In questo senso è maestra la sentenza delle Sezioni unite penali del
24 aprile 2014 sulla vicenda Thyssen-Krupp per la quale la posizione di
garanzia può essere prodotta non solo da un'investitura formale, ma anche
dall'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante.
Di
particolare importanza è allora concentrare l'attenzione sulla concreta
organizzazione della gestione del rischio: milita in questo senso, osserva la Corte, l'articolo 299 del
Testo unico sulla sicurezza del lavoro.
Del resto,
avverte la sentenza, bisogna fare riferimento "a una visione eclettica
della fondazione del ruolo di garanzia che ha in parte superato la storica
concezione formale. Si è sviluppata una elaborazione
sostanzialistico-funzionale che non fa più leva tanto su profili formali quanto
piuttosto sulla funzione dell'imputazione per omissione, connessa all'esigenza
di natura solidaristica di tutela di beni giuridici attraverso l'individuazione
di un soggetto gravato dal ruolo di garante della loro protezione".
Si tratta di
un'impostazione che, agli occhi dei giudici della Cassazione, presenta una
pluralità di vantaggi. Innanzitutto, nella prospettiva dell'ordinamento penale,
seleziona in senso restrittivo il dovere di agire nell'ambito di una sterminata
lista di obblighi presenti nell'ordinamento". In questo modo possono anche
essere fronteggiate situazioni nelle quali, anche se esiste un vizio della
fonte contrattuale dell'obbligo, c'è stata l'assunzione effettiva di un ruolo
di garante, la cosiddetta, precisa la
Corte, presa in carico del bene protetto. Come pure possono
essere affrontate situazioni analoghe a quelle previste dalla fonte legale
dell'obbligazione, come nel caso della consolidata convivenza in un rapporto
familiare o istituzionale.
Giovanni Negri
Il Sole 24 Ore
22 gennaio 2016
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From: Vittorio
Agnoletto vagnoletto@primapersone.org
To:
Sent: Sunday,
January 24, 2016 11:04 PM
Subject: VIETATO AMMALARSI PER PRECARI E PARTITE IVA
“Nell’estate del 2013 la mia vita è esplosa in poche settimane. Un carcinoma
infiltrante alla mammella, il corpo che si trasforma, un compagno che sparisce,
il lavoro e il conto in banca che vanno in tilt. Ecco come sono diventata
l’eroina con le tette razzo, che combatte, non tanto contro il cancro (che va
semplicemente gestito), ma per i diritti di lavoratrici e lavoratori autonomi
che si ammalano gravemente”
Così si presenta sul suo blog, http://tumoreseno.blogspot.it/2015/12/il-crowdfunding-per-afrodite-k-comincia.htm Daniela Fregosi, alias Afrodite K. Prima la
scoperta di un tumore al seno, poi la scoperta, altrettanto scioccante, di non
aver alcuna tutela sul lavoro e nessun diritto a un sostegno economico nel
periodo di assenza obbligata dalla sua attività. E infine la constatazione
dell’indifferenza e dell’ignoranza istituzionale che la circondava. Daniela non si è
arresa ed ha lanciato una Petizione su change.org “Diritti e assistenza per i lavoratori autonomi
che si ammalano” raccogliendo oltre ottantamila firme.
Anche grazie alla campagna realizzata da ACTA, l’associazione dei
freelance in rete, http://www.actainrete.it
il governo si dichiarò disponibile ad arrivare a uno Statuto dei lavoratori
autonomi: in Italia sono 5,4 milioni e di questi 3,5 non hanno alcun
dipendente. Tra loro vi sono figure molto diverse: i lavoratori autonomi
iscritti alle 19 casse previdenziali private (dagli avvocati agli architetti,
ai medici ecc.) che sono in difficoltà a sostenere gli impegni previsti dai
loro statuti a causa del crollo dei redditi degli under 45 i quali spesso non
son in grado di pagare i contributi previdenziali richiesti; i parasubordinati,
1,6 milioni, e i 180.000 freelance tutti iscritti alla gestione separata INPS,
solo per citare qualche numero.
Dopo anni di attesa ora sembra arrivata in dirittura d’arrivo una bozza
di legge preparata dal Governo; ma non è ancora chiaro a quale platea sarebbe
rivolto il provvedimento: a tutti i 5,4 milioni di lavoratori autonomi, come
sembrerebbe da alcune affermazione di principio? E in tal caso con quale
rapporto con le varie casse previdenziali? O solo ai 180.000 freelance? E gli
altri resterebbero abbandonati a sé stessi?
Inoltre la lettura del testo riserva amare sorprese, tre sono i punti
maggiormente critici sui quali vi è stata una marcia indietro.
Il primo riguarda il diritto alla salute: la copertura economica per la
degenza domiciliare mentre sono in atto le terapie oncologiche passerebbe da
180 giorni a soli 60 giorni, periodo entro il quale non si conclude ad esempio
la stragrande maggioranza dei cicli di chemioterapia. Il secondo riguarda la
puntuale remunerazione del lavoro svolto: nonostante formalmente vi sia
l’obbligo di pagamento entro 30 giorni, il riconoscimento di un abuso
scatterebbe solo trascorsi 90 giorni di mancato pagamento dopo l’emissione di
una fattura da parte di una partita IVA.
Il terzo riguarda la formazione permanente finalizzata a uno sbocco
professionale: non sarebbe più possibile scegliere l’ente presso il quale
formarsi, potranno essere dedotte solo le spese contratte con organismi
accreditati: un modo per garantire guadagni a enti legati agli amici degli
amici.
Di fronte alle oltre quaranta tipologie differenti di contratto esistenti
la logica di questo provvedimento appare molto chiara: da un lato ribadire che
i diritti non sono uguali per tutti e che alcuni, anche quelli fondamentali
come lo è la tutela della salute, restano prerogativa solo del lavoro dipendente;
dall’altro prorogare l’esistenza di un esercito di precari obbligati ad
accettare lavori a qualunque condizione al fine sia di garantire lauti guadagni
a chi si avvale delle loro prestazioni, sia di far sentire il fiato sul collo,
attraverso una concorrenza al ribasso, ai lavoratori dipendenti. Il tutto,
com’è nello stile di questo governo, camuffando l’operazione con annunci
altisonanti realizzati con grande enfasi.
Nell’immediato è necessario ottenere un vero Statuto del lavoro autonomo
che tuteli i diritti di oltre cinque
milioni di cittadini.
In prospettiva è necessario prendere atto che nella situazione attuale
alcuni diritti essenziali, come quelli relativi alla tutela della maternità e
della salute (non solo attraverso la gratuità dell’assistenza sanitaria, ma
fornendo la possibilità reale di curarsi e di condurre una gravidanza) devono
essere garantiti a tutti, a prescindere dalla condizione lavorativa. Questo
significa andare oltre alcuni paradigmi novecenteschi, ma non per tornare indietro
e diminuire le tutele come è nelle corde dell’attuale esecutivo, ma piuttosto
per andare in avanti e garantire realmente a tutti i diritti fondamentali.
Vittorio Agnoletto
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From: Pietro
Ferrari pietro.ferrari275@gmail.com
To:
Sent:
Wednesday, January 27, 2016 4:30 PM
Subject: L'ABROGAZIONE DEL REGISTRO
INFORTUNI, UNA SEMPLIFICAZIONE FATTA SENZA TESTA
LA
SEMPLIFICAZIONE RICHIEDE
INTELLIGENZA
L'ABROGAZIONE
DEL REGISTRO INFORTUNI, UNA SEMPLIFICAZIONE FATTA SENZA TESTA
Dal
23 dicembre 2015 il Registro degli infortuni è stato abrogato con il D.Lgs.
151/2015. Esultano una parte dei consulenti poco avveduti e una parte della
piccola imprenditoria più pasticciona.
L'abrogazione
è avvenuta in assenza del SINP, Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione, che non è
stato istituito. La scelta dell'abrogazione in assenza del SINP, avvenuta in
forma affrettata per esigenze propagandistiche del governo, avrebbe messo in
difficoltà gli Enti di vigilanza, in particolare INAIL e ASL.
INAIL
si è perciò affrettata a mettere una pecetta a questa dissennata scelta del
legislatore con l'istituzione del "cruscotto telematico" che non è
stato progettato per agevolare la valutazione e gestione dei rischi a livello
aziendale. Il cosiddetto cruscotto INAIL è un database che raccoglie le
notifiche degli infortuni per via telematica e registra gli eventi ai fini
assicurativi, non serve a sviluppare le conoscenze utili per la prevenzione.
Con
questo provvedimento la tracciabilità aziendale degli eventi, la verifica
tramite i RLS sulla descrizione e la registrazione delle modalità
dell'accadimento non sono più disponibili per la consultazione ai RLS.
Le
aziende più serie, non quelle a gestione dilettantesca, continueranno a
"tracciare" gli infortuni, le modalità e le cause di accadimento e a
trarre da questi dati le indicazioni per migliorare la propria gestione della
sicurezza. Le aziende più serie hanno protocolli e metodologie di rilevazione e
memorizzazione dei dati relativi anche ai "near miss", ai mancati
incidenti e su questa base programmano le correzioni e i miglioramenti della
organizzazione del lavoro e degli strumenti e ambienti di lavoro. Le aziende
che adottano volontariamente, di propria scelta, queste pratiche positive sono
grandi, ma sono, purtroppo, una minoranza dell'universo delle aziende italiane.
Per la maggioranza delle piccole imprese il messaggio che viene
dall'abrogazione è il seguente: "....finalmente ci siamo liberati da
questo adempimento burocratico, del problema degli infortuni ce ne occuperemo
se ce ne saranno..…".
L'atto
del Governo sarebbe stato positivo e utile se, in consonanza con l'abrogazione
del Registro cartaceo avesse incaricato INAIL di predisporre una piattaforma più
evoluta rispetto all'improvvisato "cruscotto", con programmi di
software gestionali adatti a monitorare il fenomeno e ad elaborare
"profili aziendali di rischio", usando i dati provenienti dalle
notifiche. La
"semplificazione" sarebbe stata per davvero un passo avanti nella
modernizzazione della gestione dei dati per porre sotto governo il fenomeno
infortunistico.
La
fregola propagandistica, l'amabile indifferenza di questo Governo verso la
condizione di chi vive del proprio lavoro ha portato invece, anche in questo
caso, ad una scelta che fa arretrare i diritti dei lavoratori ad essere
tutelati.
Si
può ancora rimediare?
Si,
se verrà affidato ad INAIL il compito di predisporre un sistema esperto con il
quale i dati delle notifiche vengono elaborati e restituiti, in automatico alle
aziende, che debbono renderli disponibili anche ai RLS. In questo senso avremmo
una vera innovazione che semplifica il lavoro delle aziende senza deprivare
della conoscenza dei dati i RLS e i lavoratori interessati.
Come dire: salvo particolari
conformazioni genetiche, essere stupidi si può; ma non è obbligatorio.
Gino Rubini
Editor di Diario Prevenzione
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From: Posta Resistenze
posta@resistenze.org>
To:
Sent: Thursday, January 28,
2016 1:00 AM
Subject: SUL LAVORO E’ STRAGE SENZA LIMITI: +16% I
MORTI NEL 2015
C'è un
indicatore certo delle caratteristiche omicide dello sfruttamento
capitalistico, e sono gli infortuni sul lavoro. Per qualche anno, con
l'avvitarsi della crisi economica, i dati relativi erano stati registrati in
lieve calo. Meno gente sul lavoro, meno morti e feriti. Tutto normale, ma anche
quel calo fisiologico era comunque inferiore (percentualmente) a quello dei
posti di lavoro che si erano intanto perduti. Se ne poteva dedurre facilmente
che si lavorava comunque in condizioni peggiori, con meno attenzione, tanto da
parte delle aziende, quanto da parte di lavoratori molto più ricattati di prima,
alle misure di sicurezza.
Del resto i Governi
(tutti) si erano sforzati di ridurre i controlli e gli Ispettori del lavoro,
segnalando così alle aziende che ora dovevano preoccuparsi ancor meno di prima.
E’ bastato
che il tasso di occupazione ufficiale smettesse di scendere (molte nuove
assunzioni sono in realtà "emersioni dal lavoro nero" oppure passaggi
contrattuali dalle varie forme di precariato al nuovo "contratto a tutele
crescenti", incentivato con una decontribuzione che può arrivare fino a
8.000 euro annui per tre anni) perché il numero dei morti ricominciasse a
crescere in modo addirittura drammatico: 163 morti in più rispetto al 2014 (+
16%), cresciuti del 18% gli infortuni mortali in occasione di lavoro. e del 12%.
I dati,
elaborati dal l'Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre,
sulla base di dati INAIL, non lasciano margini alle interpretazioni riduttive.
"E' una vera strage che a fine anno prende forme e contenuti di un
massacro. Una tragedia che racconta di 1.172 vittime registrate sul lavoro da
gennaio a dicembre 2015 e che fa registrare un'inquietante media di 98
infortuni mortali al mese (24 alla settimana e più di 3 al giorno). Uno
scenario che diventa ancor più drammatico nel confronto con il 2014. Perché
l'incremento della mortalità registrato è del 16% (163 morti in più); e arriva
al 18% l'aumento dei decessi nella rilevazione degli incidenti mortali avvenuti
in occasione di lavoro (erano 746 nel 2014 e 878 nel 2015). Mentre quelli in
itinere sono passati da 263 a
294 (+12%)".
In totale, 1.072
uomini e 100 donne. La differenza, com'è intuibile, dipende dal fatto che i
lavori più rischiosi sono ancora appannaggio ("privilegio", direbbe
magari qualche opinionista ben foraggiato) dei maschi.
I dati disaggregati,
peraltro, confermano una certa uniformità su base territoriale, a conferma che
lo sfruttamento funziona dappertutto in modo sostanzialmente simile. Non c'è
insomma differenza significativa tra regioni più industrializzate e meno, tra
territori più rispettosi della legalità e quelli a maggiore presenza di
attività semi-illegali.
E’ infatti la Lombardia a indossare la
maglia nera con il più elevato numero di vittime in occasione di lavoro (124
decessi); seguono: la
Campania (87), la
Toscana (79), il Lazio (76), il Veneto (71), l'Emilia Romagna
(69), il Piemonte (66), la Sicilia
(62), la Puglia
(57). E poi ancora: le Marche (29), l'Abruzzo (28), l'Umbria (22), la Calabria (21), il
Trentino Alto Adige e la
Liguria (19), il Friuli Venezia Giulia (15), la Sardegna (12), il Molise
e la Basilicata
(11). Mentre l'indice di rischio più elevato rispetto alla popolazione
lavorativa viene registrato in Molise (110,6) contro una media nazionale di
39,2. Seguono Umbria (61,4) e Basilicata (61,1).
La
disaggregazione per comparti produttivi assegna ancora una volta all'edilizia
la palma d'oro dei lavori killer: 132 vittime, pari al 15 per cento del totale.
Seguono le attività manifatturiere (109 decessi) e il trasporto e magazzinaggio
(91).
Pesante
anche la differenza per fasce di età, perché (a dispetto delle regole scritte a
tavolino da criminali che non sanno cos'è il lavoro manuale) con l’avanzare
dell'età aumenta fisiologicamente il rischio di incidenti: più della metà delle
vittime aveva un'età compresa tra i 45 e i 64 anni (485 morti).
La provincia
in cui si conta il maggior numero di infortuni mortali è il regno storico dei
"palazzinari", Roma con 47 morti; seguono Milano (35), Napoli (34),
Bari (26), Torino (23), Brescia (21), Palermo e Salerno (19), Cuneo e Perugia
(17), Verona e Bologna (15).
Le donne che
hanno perso la vita nel 2015
in occasione di lavoro sono state 48. Gli stranieri
deceduti sul lavoro sono 138, pari al 15,7 per cento del totale, pur
rappresentando una percentuale assai inferiore sul piano degli occupati in
generale. Significa che a loro sono riservate le mansioni più rischiose,
aggravate spesso dalla insufficiente conoscenza della lingua e ovviamente anche
delle leggi poste a tutela del lavoratore.
“L’appellarsi
al buon senso dei datori di lavoro e dei dipendenti, a volte, non è sufficiente
per esorcizzare i pericoli in azienda” - conclude il presidente
dell'Osservatorio, Rossato – “e allora diventa sempre più indispensabile
invocare controlli più diffusi e severi e, senza alcun dubbio, pene certe e
processi più veloci per gli evasori della sicurezza sul lavoro".
L'esatto
contrario di quel che vanno facendo i Governi da 25 anni a questa parte.
22/01/2016
Redazione Contropiano
Redazione Contropiano
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From: Silvia Cortesi sylvyacort@gmail.com
To:
Sent: Sunday, January 31, 2016 11:27 AM
Subject: L'ITALIA ERA UNA REPUBBLICA FONDATA SUL LAVORO, OGGI È FONDATA SUL
PROFITTO
GIORGIO CREMASCHI - RENZI E MARCHIONNE: LA BRUTTEZZA DEL MERCATO
Mentre gli operai
manifestavano a Genova la maggioranza di Renzi e Verdini approvava al senato la
svendita dell'ILVA a qualche multinazionale. Secondo quanto votato a
maggioranza dal parlamento, entro il 30 di giugno di questo anno tutto il
gruppo ILVA dovrà essere ceduto.
Chi lo potrà
comprare? O qualche grande multinazionale siderurgica estera, tipo Thyssen-Krupp
o Mittal, che già tagliano e ristrutturano in Italia, o qualche riccone come
Rebrab, che ha comprato le acciaierie di Piombino per farci, forse, altro.
Non sappiamo se
dietro la data così ravvicinata, vendere in 5 mesi mega impianti siderurgici,
sia già nascosto il nome dell'acquirente. Oppure se si andrà all'avventura sul
mercato.
Sappiamo però che
il prezzo e il futuro dell'ILVA sarà deciso da chi compra. E’ infatti una legge
semplicissima di mercato che decide: se chi vende deve vendere a tutti costi
entro una certa data, al compratore non resta che attendere sulla riva del
fiume...
Il governo ha
stanziato poco più di un miliardo di Euro per far funzionare il gruppo,
venderlo e ridurre l'inquinamento. Sono tanti soldi, ma per rilanciare il
gruppo ILVA e renderlo minimamente compatibile con l'ambiente occorrerebbe
almeno 5 o 6 volte tanto. Li metteranno i privati questi soldi? Ma non
scherziamo.
Chi comprerà l'ILVA
sconterà i costi di ristrutturazione per avere un prezzo da svendita e poi non
farà nulla. Se sarà ancora possibile avvelenare andrà avanti, altrimenti
comincerà a chiudere le attività inquinanti, senza risanare l'ambiente, e poi
cercherà di trarre il massimo guadagno possibile da ciò che resta. Il che vuol
dire che resteranno i veleni e ci saranno migliaia di lavoratori in esubero a
Taranto, Genova, Noviligure. Questo sta succedendo alle acciaierie di Piombino
con Rebrab e a Terni con la Thyssen-Krupp. Gli accordi colpevolmente
sottoscritti da CGIL, CISL, UIL (FIOM compresa) erano dall'inizio carta
straccia.
Era scontato, è il
mercato bellezza, direbbe Renzi. Ed è vero, se si ci si butta stupidamente nel
mare della speculazione, si viene divorati dai pescecani. A proposito dei
quali, Sergio Marchionne ha annunciato che rinvia la produzione di nuovi
modelli a Mirafiori per colpa della Cina. Qualche anno fa fece lo stesso
annuncio dando la colpa allo spread. Così 1.500 operai resteranno in cassa
integrazione a Torino, assieme ai 2.000 di Pomigliano, alle centinaia di Nola e
a tanti altri. Non si può negare all'amministratore delegato della FCA la
coerenza nella sfacciataggine.
Questo sarà sempre
più spesso il destino di ciò che resta del sistema industriale italiano, se non
si cambierà strada, con vere politiche industriali e programmi e interventi
pubblici al posto della svendita ai privati.
Capisco che
pretendere questo da Renzi e Verdini sia un assurdo. Ma accontentarsi del nulla
perché chi governa solo quello può dare non mi sembra una scelta lungimirante.
Ancora una volta auguro agli operai dell'ILVA di non farsi imbrogliare, per
questo hanno bisogno della massima solidarietà.
PS: Tutto questo
vale anche per le banche italiane, per chi ci lavora e per chi ci ha messo i
risparmi.
Giorgio Cremaschi
28 gennaio 2016
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To:
Sent: Thursday, January 28, 2016 4:26 PM
Loro si presentano così: "Siamo un Ente specializzato nell’erogazione di corsi online
obbligatori per legge”.
Avete inteso? I corsi online sono obbligatori per
legge. Non
sono i corsi obbligatori che, in alcuni casi indicati dalla norma, possono
essere fatti anche in FAD (Formazione A Distanza) o e-learning ecc. ... No, i
corsi online sono obbligatori per legge in quanto tali.
Ma andiamo per gradi. Nei prossimi giorni
pubblicherò il regolamento di “Aggiungi al carrello…” concorso nazionale per il "peggior" prodotto per la sicurezza e la salute
nei luoghi di lavoro (Prima Edizione).
Quello che intendo mettere in risalto con questa
iniziativa è proprio il "peggio del peggio" di ciò che si produce e che si vende nel campo della tutela della salute
(formazione, documentazione obbligatoria, consulenze, ecc.).
Oggi, a titolo di esempio, pubblico "fuori
concorso" (anche perché rischia di
sbaragliare la concorrenza) una proposta formativa online che, per
problematicità, supera di gran lunga quella presentata di recente per
i corsi di primo soccorso con la parte pratica “fai da te”. Lo faccio seguendo lo schema che verrà
proposto per il bando di concorso.
CATEGORIA
DELLA PROPOSTA
Corsi
sicurezza sui luoghi di lavoro online e blended.
DESCRIZIONE
DELLA PROPOSTA
A
parte la "chicca" iniziale sull'obbligatorietà dei corsi online,
quello presentato è un vasto e articolato programma di formazione e di
aggiornamento (in FAD) per quasi tutti i destinatari di formazione obbligatoria
(datori di lavoro, dirigenti, preposti, lavoratori, RSPP, RLS, incaricati primo
soccorso, incaricati antincendio, ecc.).
Per
realizzare la formazione in FAD, quando la norma non la autorizza
esplicitamente, i proponenti si rifugiano dietro la seguente avvertenza: "Il corso è proposto in modalità e-learning
sulla base di quanto previsto dall'Accordo Stato/Regioni del 21/12/11 che
prevede in via sperimentale l'apprendimento in e learning".
A
tal proposito l’accordo Stato/Regioni (punto 3) prevede che, fatti salvi i
criteri e le condizioni di cui all’Allegato I, l’utilizzo delle modalità di
apprendimento in e-learning (oltre che per la formazione generale dei
lavoratori, quella dei dirigenti, per i corsi di aggiornamento e in
parte per la formazione dei preposti) sia consentito per: “progetti formativi sperimentali,
eventualmente individuati da Regioni e Province autonome nei loro atti di
recepimento del presente Accordo, che prevedano l’utilizzo di modalità e-learning
anche per la formazione specifica di lavoratori e preposti”.
Ora
sarebbe interessante sapere quali progetti sperimentali la Regione Sicilia
abbia individuato (sul sito si legge di un accreditamento regionale per corsi
per alimentaristi...); se abbia chiamato il soggetto proponente a sperimentare
tale formazione; se ne abbia verificato i presupposti tecnici ed organizzativi
e, infine, quale sia l'ambito territoriale di erogazione dei corsi
"sperimentali": la
Sicilia o il continente?
Infatti…
MODALITA’
DI EFFETTUAZIONE
La
formazione non viene erogata direttamente ai clienti (avverte il soggetto
proponente), ma tramite l'assistenza dei "Centri FAD territoriali".
E
come si diventa Centro FAD?
Semplice:
attraverso la sottoscrizione di un contratto di partnership e di un “patto
di affiliazione".
Inoltre
mentre alcuni corsi vengono proposti esclusivamente in FAD, per altri si fa
riferimento a una "Fase pratica" le cui caratteristiche e modalità di
realizzazione non sono note.
LE
ATTESTAZIONI
Dal sito del soggetto proponente leggiamo che: “Gli attestati
rilasciati nel settore Sicurezza sui Luoghi di lavoro e blended sono
validi ai sensi del D.Lgs. 81/08 e accordo Stato Regioni n.233/211 (c’è scritto così... non 2011 ma 211 - come
dire "noi vediamo lontano" e infatti per noi la FAD=Formazione
A Distanza= Formazione col Binocolo ndr) perché rilasciati dall’Ente di
Formazione Professionale FAD Service in qualità di Centro di formazione
territoriale di diretta emanazione della...”
L’ACCREDITAMENTO
...di PMI Italia International Associazione
Nazionale Piccole e Medie Imprese cofondatore
di EBSIL – Ente Bilaterale della Sicurezza sul lavoro.
Quindi soggetti formatori “ope legis” in quanto associazione di datori di lavoro da un lato ed
ente paritetico, dall’altro, di cui l’associazione rappresenta la parte
imprenditoriale.
Tutto chiaro? Quelli della FAD Service possono vantarsi di
poter erogare qualsiasi tipologia di corso sul territorio nazionale, senza
bisogno di accreditamento regionale.
Piacerebbe comunque sapere quale sia l’organizzazione sindacale dei lavoratori cofondatrice dell'organismo paritetico.
I PREZZI
Ed ecco “il carico da 11”, tanto per usare le parole del Commissario Montalbano visto che la sede legale è in Sicilia: la quota di partecipazione è di 15 € (quindici euro) per ogni tipologia di corso a prescindere dalla durata che scende a 10 € (dieci euro) per i corsi in esenzione di IVA.
Increddibbille, NO?
Un
pacco?
E allora, cosa aspetti,
AGGIUNGILO AL CARRELLO…!
P.S. Una volta definiti i giocatori (PMI, FAD Service,
EBSIL, piacerebbe sapere anche chi sia l'arbitro. La Regione Sicilia?
Il Ministero del Lavoro? Le Associazioni imprenditoriali e Organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative e firmatarie dei contratti collettivi di
lavoro?
Franco
Mugliari alias Muglia La Furia
mail: fmuglia@tin.it
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To:
Sent: Friday,
January 29, 2016 3:41 PM
Subject: BLITZ DEI
CARABINIERI DEL NOE NELLA ZONA INDUSTRIALE DI OTTANA: SEQUESTRATI CAPANNONI PER
INQUINAMENTO AMBIENTALE
Dal sito Associazione Italiana Esposti Amianto Va Basento, trasmetto
rassegna stampa prima e dopo la manifestazione di Ottana.
Mario Murgia
COMUNICATO DELL’UFFICIO STAMPA COMPAGNIA DI OTTANA:
“INQUINAMENTO AMBIENTALE. BLITZ DEI CARABINIERI DEL NOE NELLA ZONA INDUSTRIALE
DI OTTANA: SEQUESTRATI CAPANNONI”.
A seguire la rassegna stampa sul
sopralluogo dei Carabinieri NOE nell’ex sito industriale del Comparto fibre
ANIC/EniChem Montefibre di Ottana in seguito all’esposto presentato dall’AIEA e
da Medicina Democratica, a tal riguardo di seguito, riporto parte del comunicato
della redazione ANSA di Nuoro.
Sopralluogo dei Carabinieri
del NOE di Sassari, stamattina, nell'area industriale di Ottana: i militari, in
collaborazione con i colleghi della compagnia di Ottana, cercano, su incarico
dalla Procura di Nuoro, materiali tossici nella zona dove è nata e ha operato
per oltre 40 anni l'industria chimica della Sardegna centrale.
Potrebbe essere una svolta,
che arriva dopo l'esposto presentato in Procura l'11 novembre scorso dai
vertici nazionali e regionali dell'Associazione Italiana Esposti Amianto (AIEA)
e dai rappresentanti di Medicina Democratica, per denunciare decenni di diritti
negati ai lavoratori ex Enichem, morti per patologie legate all'amianto. Un
dossier ricco di informazioni a cui era allegata anche una cartina che indicava
i punti in cui ci sarebbe un vero e proprio cimitero di veleni.
Un caso che ha visto
insieme, pochi giorni fa a Ottana, centinaia di ex lavoratori e vedove di
operai morti di tumore, potenzialmente correlato all'amianto, e che è approdato
anche in Parlamento: il deputato Michele Piras (SEL) ha presentato
un'interpellanza in cui chiede al Governo il riconoscimento per gli ex operai
delle patologie da amianto e una bonifica urgente del sito industriale del
centro Sardegna. Il sopralluogo dei militari, per accertare se nella piana ci
siano materiali inquinanti, è ancora in corso e potrebbe andare avanti anche
nei prossimi giorni.
Di seguito, il comunicato dell’Ufficio Stampa Compagnia di Ottana:
Questa mattina, i Carabinieri del Nucleo Operativo della
Compagnia di Ottana unitamente ai Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Sassari, su
disposizione della Procura della
Repubblica di Nuoro, sono intervenuti in forze nell’area industriale di Ottana.
Tutta la zona interessata è stata
sottoposta ad attenta ricognizione da parte dei militari per verificare se
fossero presenti rifiuti, prodotti e materiali pericolosi per la salute
pubblica, residui tossici e altre sostanze inquinanti presenti nel suolo,
ovvero interrate o occultate.
I siti principalmente interessati
riguardano le aree attorno
all’area PIP (Piani per l’Insediamento Produttivo), ovvero l’area
aziendale industriale di Ottana.
Il fine dell’attività è quello di accertare se nella zona interessata dai
controlli sussistano problematiche relative a inquinamento ambientale, omessa
bonifica nonché smaltimento illecito di rifiuti.
Durante l’attività sono state eseguite ricognizioni su vaste superfici e
perquisizioni, con l’individuazione di alcune aree sottoposte a sequestro in
cui si procederà ad ulteriori e successivi accertamenti di natura tecnica,
chimica e biologica per individuare l’eventuale presenza di fonti
d’inquinamento e nel qual caso definirne tipologia, consistenza e diffusione.
La materia riveste particolare importanza
vista l’ubicazione e l’estensione del sito nei pressi dell’abitato di Ottana e
del fiume Tirso.
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To:
Sent:
Sunday, January 31, 2016 4:17 PM
Per questa volta mi limiterò a commentare
quanto denunciato da Renato Borghetto, titolare di una nota società che si
occupa di prevenzione e formazione, e che ha dato il via ad una vivace
discussione su Linkedin:
Scrive Renato Borghetto.
“Anche oggi a momenti cado dalla sedia.
Compilando la documentazione necessaria per la qualifica come fornitore per una
importantissima azienda, dopo aver compilato pagine e pagine con dati, bilanci,
organigrammi, certificazioni e clienti trovo un passaggio sulla formazione:
-
Riportare in allegato
la documentazione attestante l'appartenenza e/o l'accreditamento presso enti di
formazione riconosciuti (ad esempio AiFOS, ANFOS, EBINAFOS, ecc.).
La mia società è in possesso di accreditamento presso la Regione Veneto per
la formazione continua. Mi sarebbe piaciuto trovare un campo ove poterlo
indicare.
Invece il quesito è sibillino e mostra tutta
l’ignoranza in materia dell’estensore.
Si vuole sapere se
apparteniamo o se siamo accreditati presso enti di formazione riconosciuti che
in elenco sono AiFOS, ANFOS, EBINAFOS, ecc. .
Riconosciuti da chi? Quelli elencati sono
associazioni e un presunto ente bilaterale. Per esistere non necessitano di
alcuna forma di riconoscimento.
Ugualmente fuorviante è il quesito se siamo
accreditati presso gli stessi. A oggi gli unici enti che accreditano nella
formazione sono le Regioni, non certo le associazioni di natura privatistica.
In sintesi, la confusione regna sovrana. Per
ottenere la qualificazione ad operare per conto di una importantissima azienda,
non necessita l’accreditamento regionale, ma appartenere ad una delle
tantissime associazioni che operano e vendono attestati in Italia”.
Fin qui la denuncia. Da parte mia mi
limiterò a sottolineare solo un paio di cose.
Conosco AIFOS associazione di formatori
storica, ANFOS nata di recente, EBINAFOS, un ente bilaterale costituito dalla
stessa ANFOS (insomma tutto in casa) che sul proprio sito litiga con chi mette
in dubbio la sua legittimità (he he he...).
Mancherebbero altre associazioni come
l’AIAS, l’AIDII, la SNOP, ecc. e quasi tutte quelle che fanno parte della
CIIP che di recente ha stilato severi documenti proprio sulle problematicità
che investono l’organizzazione e la gestione delle attività di formazione e
aggiornamento per la sicurezza sul lavoro e che, ritengo, avrà modo di
verificare e dire la sua anche su questo.
Ma non è questo il problema, non si tratta
infatti di metter giù l’elenco di enti e associazioni che di formazione si
occupano e che nulla e nessuno certificano, ma di definire regole certe per la
selezione e l’accreditamento degli enti di formazione, a partire dalle stesse
Regioni.
L’accreditamento
regionale va affermato come unico criterio per esercitare l’attività di
formazione alla sicurezza sul lavoro e il mutuo
riconoscimento (quando sei accreditato in una regione lo devi essere anche in
tutte le altre) deve essere la regola “aurea” rispettata da tutti (Lombardia
compresa).
In caso contrario, per affermare la
propria legittimità a operare su tutto il territorio nazionale, Bepi e Toni si
siedono intorno ad un tavolo e mettono in piedi un’associazione imprenditoriale
o un ente paritetico/bilaterale, che poi da qualche parte nei 28 paesi della UE
una categoria o un contratto cui fare riferimento lo trovano di sicuro. Ed ecco
che si diventa enti di formazione “ope
legis”, autorizzati a operare su tutto il territorio nazionale, senza
problemi di accreditamento.
Poi però c’è una questione che riguarda
anche i singoli professionisti e la loro smania di affermarsi non sulla
base della propria competenza e professionalità, bensì sulla base di
certificazioni, patenti europee, timbri, bollini blu, accreditamenti, numeri di
iscrizione a elenchi di diversa natura.
C’è chi si qualifica come formatore
accreditato “n. 00000”
e chi addirittura si qualifica come direttore del centro di formazione “Associazione
XYZ” e che magari svolge la propria attività tra il salotto e la cucina.
Completamente privi di strutture (quelle che l’accreditamento regionale
pretende) e che pensano di poter operare “sotto copertura” guarda caso proprio
per conto di associazioni e di enti paritetici/bilaterali sul tipo di quelli
che la documentazione richiedeva all’ingegner Borghetto.
Insomma la morale della favola è
semplicemente questa: con l’introduzione di regole per l’esercizio della
formazione “la confusione regna sovrana” (lo dice lo stesso Borghetto) e con
essa l’ignoranza e la spregiudicatezza nella ricerca di aggirare le regole che
si arricchisce ogni giorno di nuove furbate.
Ministeri, Regioni, ASL, Associazioni
imprenditoriali e sindacali dei lavoratori ecc., tutti zitti, avanti in ordine
sparso mentre furbi, furbetti, tonti, falsi e ignoranti, buffoni e creduloni,
chi li ferma più.
Franco
Mugliari alias Muglia La Furia
mail: fmuglia@tin.it
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