giovedì 30 novembre 2017

28 novembre - La Solidarietà non si processa: siamo tutte/i Gina De Angelis



La solidarietà tra lavoratori e lavoratrici è perseguibile penalmente: la storia di Gina De Angeli ne è un esempio


Presidio di fronte al Tribunale, per protestare contro la condanna che il Giudice, dottor Tori Giovanni, del Tribunale di Massa ha inferto (un mese di carcere e 103€ di ammenda) all’infermiera professionale Gina De Angeli del “Collettivo Sanità S.O.S.”
e del “Sindacato è un’altra cosa-Opposizione Cgil”, colpevole di “aver promosso una manifestazione non autorizzata a Carrara il 10 giugno 2013”.
La realtà è ben altra e diversa. Gina non ha promosso alcuna manifestazione non autorizzata, le lavoratrici della ditta di pulizie ex “Dussmann”, in grado di intendere e di volere, hanno deciso di trasferirsi dalla Piazza “Sacco e Vanzetti” al Comune per un incontro con il Sindaco, incontro che si tenne e la vertenza si risolse positivamente per le lavoratrici. Lo spostamento (piccolo tratto pedonale) avvenne spontaneamente ed alla spicciolata. Il presidio era stato promosso dalle OO.SS. Cgil-Cisl-Uil.
Diverse testimonianze alle udienze confermano ciò, a differenza di quella del sig. Costi Giorgio del commissariato di polizia di Carrara. A seguito della condanna, numerosi cittadini/e, nel manifestare incredulità e stupore, si sono posti la semplice domanda: “Perché un giudice può arrivare fino a tanto?!”, cioè a emettere una sentenza che vuole disarmare la solidarietà tra lavoratori e lavoratrici, a scoraggiare le iniziative in difesa del posto di lavoro, del salario, della salute e sicurezza, dei diritti contrattuali. Arrivando, persino, ad utilizzare un lugubre arnese del ventennio: l’art.18 del Regio decreto n.773 del 1931, Testo Unico di Leggi di Pubblica Sicurezza (T.U.L.P.S.). La riflessione è che ogni elemento di conflitto o di lotta deve essere sanzionato, punito e represso, all’insegna del “colpirne uno per educarne 100”. Fa specie che certi giudici si prestino a questo gioco, anche perché, se l’obiettivo era di scoraggiarci e intimidirci, la sentenza di condanna ha provocato l’effetto contrario. In questi giorni abbiamo denunciato la vicenda e informato i viaggiatori alla stazione Fs, gli utenti all’Ospedale Noa, i cittadini/e in centro città, ed oggi siamo qui di fronte al Tribunale e continueremo fino a che non vi sarà verità e giustizia per Gina. E’ molto grave che simili “messaggi” siano indirizzati a lavoratori e lavoratrici per indurli al silenzio, alla rassegnazione, alla paura … anche di fronte a palesi ingiustizie e soprusi come la perdita del lavoro o l’attacco alle condizioni di vita e di lavoro. Una profonda riflessione e una sincera autocritica, sarebbe opportuna anche da parte di taluni giudici. La coscienza, la lotta e organizzazione, sono il migliore antidoto alla rassegnazione e alla paura …
Comitato “Solidarietà e Unità”
Si può contribuire alle spese legali tramite IBAN: IT37406175136180000896480

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