venerdì 10 novembre 2017

7 novembre - da M. Spezia: SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N. 289 DEL 07/11/17




INDICE
-         Le “Frequently Asked Questions” di Sicurezza sul Lavoro - Know Your Rights! - N.23
-         Mobbing: in arrivo fino a 3 anni di carcere e 20.000 euro di multa
-         Rischio elettrico: lavori sotto tensione e lavori non elettrici
-         Metodologia per la valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato
-         Imparare dagli errori: i parapetti e le cadute dall’alto
-         I controlli degli impianti elettrici: l’articolo 86 del D.Lgs. 81/08
-         Alternanza scuola-lavoro: sorveglianza, compiti e responsabilità
Marco Spezia
ingegnere e tecnico della salute e della sicurezza sul lavoro
Progetto “Sicurezza sul Lavoro! Know Your Rights”
Medicina Democratica - Movimento di lotta per la salute onlus


LE “FREQUENTLY ASKED QUESTIONS” DI SICUREZZA SUL LAVORO - KNOW YOUR RIGHTS! - N.23

Nella mia attività di diffusione della cultura della salute e sicurezza sul lavoro, spesso sono chiamato, da lavoratori o associazioni sindacali di base, a svolgere delle vere e proprie “consulenze” (ovviamente del tutto gratuite) di ampio respiro, che poi riporto, per condividere l’esperienza con tutti, nella mia newsletter, nella rubrica “Le consulenze di Sicurezza sul Lavoro – Know Your Rights!”.
In qualche caso invece le richieste che mi pervengono non richiedono consulenze di ampio respiro, ma brevi e sintetiche risposte a domande su temi molto specifici e limitati.
Anche in questo caso mi sembra giusto e doveroso diffondere questi brevi consulenze che hanno la forma delle cosiddette “Frequently Asked Questions”, facendo nascere su tale argomento una nuova rubrica della mia newsletter.
Ovviamente, per evidenti motivi di privacy e per non creare motivi di ritorsione verso i lavoratori o le associazioni che le hanno poste, riportando le domande ometto il nominativo del lavoratore e dell’azienda coinvolti.

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Ciao Marco,
a una lavoratrice della ditta di cui sono RLS è stato chiesto l’esame delle orine per controllo sostanze stupefacenti.
Preciso che la lavoratrice esegue attività di pulizie presso aziende di vario tipo e che si sposta da una all’altra con autovettura aziendale.
Secondo te è lecito questo tipo di visita?
Grazie

Ciao,
a oggi le mansioni che possono e devono essere sottoposte a controllo per assunzione sostanze stupefacenti, sono quelle definite dall’Accordo Stato Regioni del 30 Ottobre 2007 “Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, in materia di accertamento di assenza di tossicodipendenza” nell’Allegato di tale Accordo che ti riporto integralmente a seguire.
Quindi la lavoratrice, a oggi, non è soggetta a nessun tipo di controllo, sia per la mansione di addetta alle pulizie, sia per quella di conduttrice di auto in quanto questa comporta solo l’abilitazione alla Patente B (e non C).
Ogni controllo sull’assunzione di sostanze stupefacenti quindi non solo non è giustificato, ma è anche vietato dall’articolo 5 della Legge 300/70 (Statuto dei lavoratori).
A disposizioni per ulteriori chiarimenti.
Marco
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Accordo Stato Regioni del 30 Ottobre 2007 “Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, in materia di accertamento di assenza di tossicodipendenza”
Allegato I - Mansioni che comportano particolari rischi per la sicurezza, l’incolumità e la salute dei terzi
1) Attività per le quali é richiesto un certificato di abilitazione per l’espletamento dei seguenti lavori pericolosi:
a) impiego di gas tossici (articolo 8 del Regio Decreto 1927);
b) fabbricazione e uso di fuochi di artificio (di cui al Regio Decreto 6 maggio 1940, n. 635) e posizionamento e brillamento mine (di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 302);
c) direzione tecnica e conduzione di impianti nucleari (di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1970, n. 1450).
2) Mansioni inerenti le attività di trasporto:
a) conducenti di veicoli stradali per i quali è richiesto il possesso della patente di guida categoria C, D, E, e quelli per i quali è richiesto il certificato di abilitazione professionale per la guida di taxi o di veicoli in servizio di noleggio con conducente, ovvero il certificato di formazione professionale per guida di veicoli che trasportano merci pericolose su strada;
b) personale addetto direttamente alla circolazione dei treni e alla sicurezza dell’esercizio ferroviario che esplichi attività di condotta, verifica materiale rotabile, manovra apparati di sicurezza, formazione treni, accompagnamento treni, gestione della circolazione, manutenzione infrastruttura e coordinamento e vigilanza di una o più attività di sicurezza;
c) personale ferroviario navigante sulle navi del gestore dell’infrastruttura ferroviaria con esclusione del personale di camera e di mensa;
d) personale navigante delle acque interne con qualifica di conduttore per le imbarcazioni da diporto adibite a noleggio;
e) personale addetto alla circolazione e a sicurezza delle ferrovie in concessione e in gestione governativa, metropolitane, tranvie e impianti assimilati, filovie, autolinee e impianti funicolari, aerei e terrestri;
f) conducenti, conduttori, manovratori e addetti agli scambi di altri veicoli con binario, rotaie o di apparecchi di sollevamento, esclusi i manovratori di carri ponte con pulsantiera a terra e di monorotaie;
g) personale marittimo di prima categoria delle sezioni di coperta e macchina, limitatamente allo Stato maggiore e sottufficiali componenti l’equipaggio di navi mercantili e passeggeri, nonché il personale marittimo e tecnico delle piattaforme in mare, dei pontoni galleggianti, adibito ad attività off-shore e delle navi posatubi;
h) controllori di volo ed esperti di assistenza al volo;
i) personale certificato dal registro aeronautico italiano;
l) collaudatori di mezzi di navigazione marittima, terrestre ed aerea;
m) addetti ai pannelli di controllo del movimento nel settore dei trasporti;
n) addetti alla guida di macchine di movimentazione terra e merci.
3) Funzioni operative proprie degli addetti e dei responsabili della produzione, del confezionamento, della detenzione, del trasporto e della vendita di esplosivi.

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Ciao Marco,
siamo sempre alle prese per la consegna del DVR alla nostra RLS.
L’ultima risposta del RSPP della azienda è che il DVR è in possesso del preposto che potrà farlo consultare al RLS tutte le volte che lo desidera, ma senza consegnarlo come previsto dal D.Lgs. 81/08.
E’ legittima tale risposta?
Cosa gli rispondiamo? Grazie

Ciao,
purtroppo, ti ricordo che, secondo il D.Lgs. 81/08, il DVR è consultabile dal RLS all’interno della Unità produttiva, ma senza obbligo di consegna al RLS stesso.
Quindi a stretti termini legislativi ha ragione l’azienda.
Esistono due casi (non passati però in giurisprudenza) in cui il Giudice del Lavoro ha previsto la consegna fisica del DVR al RLS (primo caso) e a un singolo lavoratore (secondo caso).
In ogni modo, io non mi fascerei troppo la testa, poiché (al di là della consegna fisica del DVR al RLS) gli articoli 36 e 37 del D.Lgs. 81/08 prevedono comunque che ogni lavoratore debba essere informato dei rischi a cui è sottoposto e delle misure di prevenzione e protezione a cui ha diritto (quindi, di fatto, le conclusioni operative del DVR).
Fammi sapere se hai bisogno di ulteriori delucidazioni, chiarimenti, interventi.
Un caro saluto.
Marco

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Buongiorno,
ho un quesito da porti, dato che non trovo una risposta certa.
In una scuola elementare vi è l’obbligo di avere come dotazione un Defibrillatore Automatico Esterno (DAE) e avere personale informato e formato per il suo utilizzo?
Anche per la tutela degli insegnanti, bidelli, ecc.
Ringrazio anticipatamente

Ciao,
attualmente l’obbligo del DAE è solo per:
-         strutture operanti nel sistema di emergenza sanitario extraospedaliero;
-         ambulanze deputate alle funzioni di trasporto sanitario e trasporto sanitario semplice;
-         servizi delle strutture sanitarie e socio-sanitarie, pubbliche e private, accreditate o autorizzate;
-         Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, Vigili del Fuoco, Corpo Forestale, Capitanerie di Porto, Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico;
-         strutture sanitarie (ambulatori) e territoriali (studi medici, ambulatori dentistici, ecc.).
Facendo riferimento alle normative regionali, si suggerisce la dotazione di DAE anche per:
-         compagnie, enti, ditte, associazioni, ecc. ove vi sia un elevato afflusso di utenti (centri commerciali, hotel, ipermercati, centri fitness, stadi, treni e stazioni ferroviarie, ecc.);
-         istituti scolastici di ogni ordine e grado.
Come vedi per le scuole si parla sempre e comunque di suggerimento e non di obbligo.
In ogni caso se il DAE è presente, il suo uso può essere fatto solo da personale adeguatamente formato e addestrato da parte delle Unità di Pronto Soccorso del SSN.
A disposizione per ulteriori chiarimenti.
Marco

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Ciao Marco,
sono RLS di un’azienda pubblica.
Sono responsabile di un settore produttivo e faccio anche turni di notte. In pratica non ho un posto di lavoro “fisso”, ma eseguo sopralluoghi in tutto il settore, verificando che tutto proceda bene e sono reperibile sul cellulare per qualunque lavoratore abbia dei problemi.
Una sera, a seguito di chiamata di una lavoratrice per problemi di sicurezza in un reparto, mi sono recato, come RLS, sul posto. Ho fatto una prima verifica e poi, nei giorni successivi, appena possibile, ho fatto un sopralluogo ufficiale con il RSPP.
Ora l’azienda mi contesta una sanzione disciplinare per aver abbandonato il mio posto di lavoro, senza giustificato motivo.
Trovo che la cosa sia assurda, sia perché, come detto non ho un posto di lavoro fisso, sia perché come RLS ho diritto ad accedere ai luoghi di lavoro, ai sensi dell’articolo 50 del D.Lgs. 81/08.
Sto preparando la risposta all’azienda.
Volevo chiederti se ti veniva in mente altro.
Grazie.

Ciao,
direi che l’appellarsi all’articolo 50 del D.Lgs. 81/08 va benissimo, soprattutto relativamente alla lettera a) del comma 1:
Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni”.
Puoi anche aggiungere l’articolo 9 “Tutela della salute e dell’integrità fisica” della Legge 300/70 (Statuto dei lavoratori):
I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica”;
che è poi alla base della lettera a) sopra citata.
Il problema (formale) potrebbe essere relativo al fatto che tu fossi in orario di lavoro o meno oppure di conseguenza in permesso RLS o meno.
Penso che la tu azienda giocherà tutto su questo.
Nei vari CCNL relativi al tuo settore specifico, non ho trovato niente di specifico sulla sicurezza e sulle attribuzioni dei RLS, a livello contrattuale, per cui occorre fare riferimento alla normativa generale.
Trova applicazione in merito il Provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri del 5 giugno 1996 “Contratto Collettivo Quadro in merito agli aspetti applicativi del Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626, riguardanti il rappresentante per la sicurezza, sottoscritto il 10 luglio 1996” specifico per le Pubbliche Amministrazioni, che trovi al link:
Dopo tale Provvedimento non mi risulta sia stata emanata altra regolamentazione relativamente al Pubblico Impiego.
In merito ai sopralluoghi del RLS nei luoghi di lavoro, in analogia con quanto previsto da altri accordi interconfederali, il Punto VII “Accesso ai luoghi di lavoro” dell’Accordo specifica:
Il diritto di accesso ai luoghi di lavoro sarà esercitato nel rispetto delle esigenze produttive con le limitazioni previste dalla legge.
Il rappresentante per la sicurezza segnala preventivamente al datore di lavoro le visite che intende effettuare agli ambienti di lavoro.
Tali visite si possono anche svolgere congiuntamente al responsabile del servizio di prevenzione e protezione o ad un addetto da questi incaricato”.
A seguito di quanto sopra quindi, il tuo sopralluogo che ha dato origine al verbale di contestazione, non è stato svolto in maniera corretta, in quanto non preventivamente segnalato al datore di lavoro.
In merito poi al fatto che i sopralluoghi debbano avvenire o meno nell’ambito del monte ore previsto per i permessi dei RLS, l’Accordo specifica al Punto IV “Permessi retribuiti orari”, che:
Nelle amministrazioni o unità lavorative che occupano più di 15 dipendenti, per l’espletamento dei compiti previsti dall’articolo 19 del Decreto Legislativo n. 626/94, i rappresentanti per la sicurezza, oltre ai permessi già previsti per le rappresentanze sindacali, utilizzano appositi permessi retribuiti orari pari a 40 ore annue per ogni rappresentante.
Per l’espletamento degli adempimenti previsti dai punti b), c), d), g), i) ed l) dell’articolo 19 citato, non viene utilizzato il predetto monte ore e l’attività è considerata tempo di lavoro”.
I punti citati corrispondono rispettivamente ai seguenti punti dell’articolo 50 del D.Lgs. 81/08:
-         è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nella azienda o unità produttiva (punto b);
-         è consultato sulla designazione del responsabile e degli addetti al servizio di prevenzione, alla attività di prevenzione incendi, al primo soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e del medico competente (punto c);
-         è consultato in merito all’organizzazione della formazione di cui all’articolo 37 (punto d);
-         riceve una formazione adeguata e, comunque, non inferiore a quella prevista dall’articolo 37 (punto g);
-         formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti, dalle quali è, di norma, sentito (punto i);
-         partecipa alla riunione periodica di cui all’articolo 35 (punto l).
Non è invece prevista tra le attività del RLS ricomprese nell’orario di lavoro quella di cui al punto a) del D.Lgs. 81/08:
-         accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
che pertanto deve essere effettuata all’interno dei permessi retribuiti e non quindi durante l’orario di lavoro.
Quindi la tua azienda potrebbe eccepire anche qualcosa relativamente a quest’ultimo aspetto, anche se del tutto marginale.
Valuta quindi sulla base di quanto sopra come procedere, anche se dubito che la tua azienda conosca l’Accordo sopra citato.
A disposizione per ulteriori chiarimenti, anche telefonici.
Marco

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Ciao Marco,
sto cercando di districarmi tra gli articoli del Testo Unico relativi alle visite di idoneità alla mansione, ma non arrivo a una interpretazione certa sul seguente punto.
Un gruppo di lavoratori di un’azienda di logistica che un mese fa è stato sottoposto alla visita medica nel programma di sorveglianza sanitario e ha ricevuto il giudizio di idoneità per la mansione che sta svolgendo da anni (quella di carrellista) può essere oggi su due piedi assegnato a un’altra mansione, senza un nuovo giudizio di idoneità?
La nuova mansione è quella di “pickerista”, ovvero quei lavoratori che seguendo una lista raccolgono per il magazzino i pezzi che compongono l’ordine del cliente, disponendoli su di un bancale.
Tra i lavoratori in questione almeno uno ha problemi fisici, che potrebbero contrastare con la nuova mansione e rappresentare delle limitazioni.
Quale è la via più efficace in questo caso per affrontare questo problema specifico?
L’azienda ha consigliato al lavoratore di mettersi in malattia in attesa di una visita dal medico competente!!!
Grazie


Ciao,
il Testo Unico (D.Lgs. 81/08) è molto chiaro a tale proposito.
L’articolo 41, comma 2, lettera d) prevede:
La sorveglianza sanitaria comprende:
[...]
-         visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l’idoneità alla mansione specifica
[...]” 
Ovviamente ciò è valido nel caso in cui i rischi specifici per la nuova mansione siano diversi rispetto alla precedente.
Se un lavoratore passa da fare il carrellista in magazzino (rischi specifici vibrazioni, rumore, stress) a fare il carrellista in piazzale (con lo stesso mezzo), i rischi specifici sono uguali e non serve una nuova visita medica.
Ma se, come nel caso che tu segnali, il lavoratore passa da fare il carrellista (rischi specifici vibrazioni, rumore, stress) a fare il picker (rischi specifici movimentazione manuale dei carichi con rischio di sovraccarico per il sistema osteoarticolare), i rischi specifici sono completamente diversi ed è necessaria una nuova visita medica di idoneità alla mansione.
Un lavoratore cioè può essere idoneo fisicamente a guidare il carrello elevatore, ma può non esserlo a movimentare carichi pesanti e viceversa.
Quanto proposto dalla azienda (mettersi in malattia in attesa di una visita dal medico competente) è semplicemente assurdo!
Infatti è la azienda stessa, per tramite del suo datore di lavoro che deve assolvere agli obblighi di cui all’articolo 18, comma 1, lettere c) e g), cioè:
nell’affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;
inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria e richiedere al medico competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel D.Lgs. 81/08”.
Oltre a questo è la azienda stessa, per tramite del suo datore di lavoro che deve assolvere agli obblighi di cui all’articolo 18, comma 2, lettera a), cioè:
fornire al medico competente informazioni in merito alla natura dei rischi”.
Deve essere pertanto la azienda a dover avvertire il medico competente relativamente al cambio della mansione del lavoratore e quindi della variazione del profilo di rischio dello stesso e a richiedere al medico competente e a organizzare la visita medica di idoneità alla nuova mansione (con i suoi rischi specifici) di cui all’articolo 41, comma 2, lettera d).
Come al solito a disposizione per ulteriori chiarimenti.
Marco

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NOTA
Nel testo delle “Frequently Asked Questions” sopra riportate sono state usati i seguenti acronimi e termini:
ASL = Azienda Sanitaria Locale
CCNL = Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro
DPI = Dispositivi di Protezione Individuali
DVR = Documento di Valutazione dei Rischi
DUVRI = Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza in caso di lavori in appalto
OS = Organizzazioni Sindacali
RSPP = Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione
ASPP = Assistente al Servizio di Prevenzione e Protezione
RLS = Rappresentate dei Lavoratori per la Sicurezza
RSA = Rappresentanze Sindacali Aziendali
RSU = Rappresentanze Sindacali Unitarie
D.Lgs. 81/08 o Decreto o TUSL: Decreto Legislativo n.81 del 9 aprile 2008 e successive modifiche e integrazioni (cosiddetto “Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro”)

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MOBBING: IN ARRIVO FINO A 3 ANNI DI CARCERE E 20.000 EURO DI MULTA

Da Studio Cataldi
26/10/17
di Marina Crisafi

LA PROPOSTA DI LEGGE
Assegnata alla Commissione Giustizia della Camera in sede referente la Proposta di Legge 582-bis che introduce il reato di mobbing e straining nel codice penale.
Una fattispecie penale ad hoc per il mobbing: è quanto prevede la Proposta di Legge 582-bis depositata nel 2014, prima firmataria la deputata Maria Tindara Gullo, e assegnata il 13 ottobre scorso per l’esame alla Commissione Giustizia della Camera in sede referente.
Nello specifico, la PdL mira a introdurre nel Codice Penale l’articolo 582-bis in materia di molestia morale e violenza psicologica nell’attività lavorativa (mobbing e straining).
Il testo si propone dunque di colmare una lacuna dell’ordinamento, perché la mancanza di una norma specifica che descriva e sanzioni la fattispecie del cosiddetto “mobbing” ha, spesso, determinato l’assoluzione per soggetti che hanno posto in essere condotte ritenute riprovevoli dalla generalità dei consociati, ma prive di sanzione penale specifica, come si legge nella relazione.
Oggi, infatti, a meno che le condotte comunemente assimilabili al “mobbing” rientrino in differenti tipologie criminose e fatta salva la possibilità di ricorrere al Giudice Civile per il ristoro dei danni patiti, la persona offesa resta priva di adeguata tutela.
La mancata individuazione circoscritta della fattispecie di reato ha determinato dunque una tutela mutilata dei diritti dei lavoratori, i quali sarebbero meglio e più adeguatamente tutelati dalla presenza di una specifica norma penale che sanzioni tipologie specifiche come il mobbing e la sua figura più attenuata, lo straining.
Da qui la previsione di una fattispecie incriminatrice ad hoc che costituirebbe un monito ulteriore rispetto alle già previste sanzioni civili.

DEFINIZIONE DI MOBBING E STRAINING
Il primo aspetto posto in rilievo dalla PdL è la definizione dei concetti di mobbing e straining.
Il primo da ritenersi configurato, seppur con varietà di accentuazioni, sulla base delle più recenti sentenze, come una durevole serie di reiterati atti vessatori e persecutori nei confronti del lavoratore all’interno dell’ambiente di lavoro in cui egli opera, capaci di provocare un danno ingiusto, incidente sulla persona del lavoratore e in particolare sulla sua sfera mentale, relazionale e psico-somatica, a prescindere dall’inadempimento di specifici obblighi previsti dalla normativa regolante il rapporto di lavoro. Tali condotte vessatorie possono essere poste in atto sia da superiori gerarchici (“mobbing verticale” o “bossing”) sia da altri colleghi (“mobbing orizzontale”).
Il mobbing, quindi, presuppone pluralità di azioni sistematiche e durevoli, sia illecite che singolarmente lecite; che in capo al lavoratore si determini un evento dannoso, causato dalla condotta vessatoria; che sussista un nesso di causalità logica tra condotta ed evento; che sia presente l’elemento soggettivo del “mobber” il quale, approfittando della sua posizione di superiorità, “attacca” la vittima con la sua condotta al fine di emarginarla.
Diversamente, invece, se le azioni si presentano come singole, si ha la fattispecie ricadente nel concetto di straining (riconosciuto per la prima volta con la pronuncia del tribunale del lavoro di Bergamo nel 2005, e confermato dalla Cassazione penale n. 28603 del 3 luglio 2013), ovvero un’azione unica e isolata con effetti duraturi nel tempo che determini stress forzato e duraturo tale da provocare effetti negativi nell’ambiente di lavoro.

IL NUOVO REATO DI MOBBING EX ARTICOLO 582-BIS DEL CODICE PENALE
Nel merito, la proposta di legge si compone di due articoli, il primo finalizzato alla promozione della tutela dei lavoratori nei confronti dei fenomeni discriminatori all’interno dell’ambiente di lavoro e il secondo che definisce le fattispecie da incriminare ed individua le rispettive sanzioni.
In particolare, la proposta di legge, mira a introdurre nel codice penale, l’articolo 582-bis, rubricato “Mobbing e straining” che punisce, “salvo che il fatto costituisca più grave reato, il datore di lavoro o il lavoratore che, in pendenza di un rapporto di lavoro, con più azioni di molestia, minaccia, violenza morale, fisica o psicologica ripetute nel tempo ponga in pericolo o leda la salute fisica o psichica ovvero la dignità di un lavoratore, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 5.000 a euro 20.000”.
Laddove la condotta sia realizzata “con un’unica azione”, e si versi dunque nell’ipotesi dello straining, la pena prevista è da 3 mesi a due di reclusione e la multa da 3.000 a 15.000 euro.
Il delitto, in ogni caso, è procedibile d’ufficio.
La Proposta di Legge d’iniziativa della deputata Gullo “Introduzione dell’articolo 582-bis del Codice Penale, in materia di molestia morale e violenza psicologica nell’attività lavorativa (mobbing e straining)” è scaricabile all’indirizzo:

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RISCHIO ELETTRICO: LAVORI SOTTO TENSIONE E LAVORI NON ELETTRICI

Da: PuntoSicuro
11/10/17

Pubblichiamo le misure preventive per il rischio di contatto con linee elettriche durante l’attività lavorativa ordinaria e l’attività di manutenzione e installazione di impianti elettrici presentate nella scheda n. 5 pubblicata da INAIL pubblicata da INAIL “Il contatto elettrico diretto”.

La legislazione vigente e le relative norme tecniche operano una distinzione tra misure di prevenzione e protezione riferite a lavori elettrici sotto tensione e a lavori non elettrici.
Il D.Lgs. 81/08 e si occupa dei lavori elettrici sotto tensione all’articolo 82 e dei lavori non elettrici in prossimità di parti in tensione non protette o non sufficientemente protette all’articolo 83 e, per i cantieri, all’articolo 117.

Per lavoro non elettrico (articoli 83 e 117 del D.Lgs. 81/08), si intende quello che non coinvolge impianti elettrici oppure li coinvolge esclusivamente quando questi sono in sicurezza, ma sempre per l’esecuzione di attività di natura non elettrica. Nei lavori non elettrici il rischio di contatto diretto con parti in tensione accessibili deve essere evitato garantendo il rispetto delle distanze di sicurezza indicate nell’Allegato IX del D.Lgs. 81/08.

Tali distanze di sicurezza, che vanno da un minimo di 3 m a un massimo di 7 m in funzione della tensione di esercizio, sono riferite alle parti in tensione non protette o non sufficientemente protette, al netto degli ingombri derivanti dal tipo di lavoro, delle attrezzature utilizzate e dei materiali movimentati, nonché degli sbandamenti laterali dei conduttori dovuti all’azione del vento e degli abbassamenti di quota dovuti alle condizioni termiche. Una parte in tensione è sufficientemente protetta se possono essere esclusi eventuali urti o sollecitazioni meccaniche derivanti dall’attività lavorativa che verrà svolta in vicinanza, tali da danneggiarne l’isolamento con conseguente accesso alle parti in tensione.
L’articolo 83 del D.Lgs. 81/08 consente di derogare alle distanze di cui sopra, a patto che vengano adottate le disposizioni organizzative e procedurali contenute nelle pertinenti norme tecniche, le quali sono ritenute idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi. Tali norme tecniche prescrivono il controllo continuativo degli operatori che svolgono il lavoro non elettrico da parte di una Persona Esperta (PES) avente istruzione, conoscenza ed esperienza rilevanti tali da consentirle di analizzare i rischi e di evitare i pericoli che l’elettricità può creare (ovviamente sono consentiti i lavori non elettrici in prossimità di parti attive messe fuori tensione e in sicurezza oppure protette da ostacoli o barriere).
L’art. 117 del D.Lgs. 81/08 consente misure di prevenzione alternative alle distanze di sicurezza, costituite dal sezionamento della linea/impianto in vicinanza della quale devono essere eseguiti i lavori o dall’apposizione di idonei ostacoli per impedire l’accesso alle parti in tensione.

La sorveglianza per garantire la sicurezza di un operatore a distanze dalle parti in tensione inferiori a quelle di sicurezza, è praticabile e accettabile per attività limitate e circoscritte nei fini e nei mezzi utilizzati, come quelle ipotizzate nell’applicazione dell’articolo 83, mentre è impraticabile e inaccettabile in un cantiere. I lavori non elettrici vengono tipicamente svolti da persone prive di preparazione nel settore elettrico (Persone Comuni o PEC).
Si rende pertanto necessario:
-         pianificare preventivamente il lavoro al fine di individuare le parti in tensione accessibili; è opportuno produrre un elaborato grafico riportante la posizione delle parti elettriche e le relative distanze di sicurezza, al netto degli ingombri derivanti dal tipo di lavoro, delle attrezzature utilizzate e dei materiali movimentati, nonché degli sbandamenti laterali dei conduttori dovuti all’azione del vento e degli abbassamenti di quota dovuti alle condizioni termiche;
-         apporre in campo opportuna segnaletica, connessa al risultato della pianificazione;
-         assicurarsi che il personale interessato ai lavori sia informato e formato sui rischi di natura elettrica;
-         comunicare a tutti i soggetti esposti al pericolo il risultato della pianificazione e delle relative misure di prevenzione da adottarsi costituite, in alternativa, da:
  1. sezionamento delle parti elettriche (messa fuori tensione e in sicurezza);
  2. predisposizione di idonei ostacoli/barriere per impedire l’accesso alle parti in tensione (ciò rende necessario procedere preventivamente al sezionamento momentaneo delle parti elettriche al fine dell’apposizione degli ostacoli/barriere);
  3. mantenimento delle distanze di sicurezza;
  4. controllo continuativo (sorveglianza) dei lavoratori da parte di una persona esperta (PES).

Per lavoro elettrico sotto tensione (articolo 82 del D.Lgs. 81/08), si intende un intervento su impianti o apparecchi elettrici con accesso alle parti attive sotto tensione nell’ambito del quale, se non si adottano misure di sicurezza, si è in presenza di rischio elettrico. Le attività di manutenzione e installazione di impianti elettrici su impianti già in esercizio costituiscono un lavoro elettrico.
Le norme tecniche considerano lavori elettrici anche quelli eseguiti in prossimità di parti in tensione accessibili e quelli eseguiti su parti attive messe fuori tensione e in sicurezza.

I lavori elettrici sotto tensione possono essere eseguiti purché svolti in conformità alle relative norme tecniche per quanto attiene:
-         le procedure e le attrezzature;
-         la formazione e l’addestramento del personale.
Inoltre:
-         il personale deve essere dichiarato idoneo dal datore di lavoro;
-         su impianti di categoria II e III (tensione superiore a 1.000 V in corrente alternata e 1.500 V in corrente continua), le aziende devono essere autorizzate dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

Elementi fondamentali di prevenzione sono costituiti da:
-         pianificazione del lavoro elettrico;
-         formazione e addestramento del personale.
Nei lavori elettrici di particolare complessità (ad esempio impianti o parti di impianto i cui circuiti risultano fisicamente alquanto articolati o poco controllabili visivamente o per il numero di possibili alimentazioni o per la presenza di impianti in alta o media tensione) occorre:
-         l’elaborazione di un piano di lavoro (un documento dove sono indicate le modifiche da apportare all’impianto e mantenere durante l’intervento, necessarie per garantire la sicurezza) redatto dal responsabile dell’impianto o, a seguito di delega, dal preposto ai lavori;
-         l’elaborazione di un piano di intervento (un documento compilato e firmato dal preposto ai lavori, dove sono riportate le informazioni circa le misure di sicurezza e le modalità di intervento da seguire);
-         la formale consegna e restituzione dell’impianto (elaborazione di un documento in cui si formalizzano la consegna e la restituzione dell’impianto fra il responsabile dell’impianto e il preposto ai lavori).

Il documento di INAIL “Scheda n. 5: Il contatto elettrico diretto” è scaricabile all’indirizzo:

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METODOLOGIA PER LA VALUTAZIONE E GESTIONE DEL RISCHIO STRESS LAVORO-CORRELATO

Da: PuntoSicuro
19/10/17

Un nuovo manuale INAIL che offre alle aziende un’idonea metodologia per la valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato. Le novità del percorso metodologico e l’integrazione con la piattaforma online.

Il Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/08) ha specificamente e chiaramente individuato lo stress lavoro-correlato (SLC) come uno dei rischi che devono essere valutati e gestiti nelle aziende. Tuttavia al di là della normativa vigente, che ha demandato alla Commissione Consultiva Permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro l’elaborazione di indicazioni per la valutazione del rischio stress lavoro-correlato, è fondamentale il ruolo della ricerca scientifica nel fornire contributi finalizzati all’elaborazione e all’aggiornamento continuo di strumenti validi e soluzioni utili per la valutazione e gestione di tale rischio, anche attraverso l’individuazione e la diffusione di buone pratiche gestibili dalle figure della prevenzione che operano in azienda.

A ricordarlo è Sergio Iavicoli, Direttore del Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (DIMEILA) dell’INAIL, nella prefazione relativa alla nuova edizione del manuale INAIL del 2011 che aveva l’obiettivo di supportare le aziende con una proposta metodologica per la valutazione e gestione del rischio SLC sostenibile, di facile utilizzo, basata su approcci e procedure scientificamente fondati.

Partendo anche dalla consapevolezza che la gestione del rischio SLC rappresenta anche un investimento per l’azienda e per la salute dei lavoratori, la nuova edizione del percorso metodologico è stata aggiornata e integrata alla luce dei casi studio e delle sperimentazioni effettuate dal gruppo di ricerca del DIMEILA, nonché dei risultati di ricerca scaturiti dalla partecipazione in progetti nazionali con il Coordinamento tecnico interregionale, l’Università degli Studi di Verona, l’Università Alma Mater Studiorum di Bologna e Sapienza Università di Roma.
Sono da esempio il progetto CCM 2013 “Piano di monitoraggio e d’intervento per l’ottimizzazione della valutazione e gestione dello stress lavoro-correlato” finanziato dal Ministero della salute e il Progetto BRIC 2015 finanziato dall’INAIL, per lo sviluppo di analisi secondarie e studi di fattibilità per l’ottimizzazione e integrazione degli strumenti di valutazione.

Nel nuovo documento INAIL “La metodologia per la valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato. Manuale ad uso delle aziende in attuazione del D.Lgs. 81/08”, realizzato con il coordinamento scientifico di Sergio Iavicoli e Benedetta Persechino (DIMEILA), continua il riadattamento e l’integrazione del modello Management standard approntato dall’Health and Safety Executive (Hse) per offrire, come ricordato da Sergio Iavicoli, un percorso sistematico, frutto di esperienze di ricerca, che permetta al datore di lavoro, attraverso il coinvolgimento attivo di tutte le figure della prevenzione presenti in azienda, di gestire il rischio SLC al pari di tutti gli altri rischi previsti dalla vigente normativa, in maniera integrata, nell’ottica della semplicità ma, al tempo stesso, del rigore metodologico anche attraverso l’utilizzo di strumenti validati.

Quello che vuole offrire il documento INAIL è, a partire dalla normativa vigente, un metodo unico integrato che, a partire dal modello operativo dei Management standard, adatti e valorizzi i punti di forza delle esperienze metodologiche nazionali. Un metodo che si integri con una piattaforma online (anch’essa rinnovata) disponibile sul sito web INAIL, e utilizzabile dalle aziende, previa registrazione gratuita.

La “Piattaforma INAIL per la valutazione e gestione dello stress lavoro-correlato” è stata predisposta con gli obiettivi di:
-         offrire alle aziende un ambiente di lavoro virtuale, sia per l’utilizzo degli strumenti di valutazione del rischio SLC, che per l’elaborazione dei dati (con il supporto di software online) oltre che per la stesura dei relativi report;
-         permettere la raccolta sistematica di dati strutturati, utili sia per il monitoraggio che per lo sviluppo e l’integrazione degli strumenti sulla base delle evidenze di ricerca.

Proprio a partire da questo database, che costituisce uno dei bacini di dati più ampi e strutturati in ambito europeo su questa tematica, è stato possibile integrare e aggiornare i risultati delle attività di ricerca e di monitoraggio per la verifica dell’efficacia del percorso metodologico.

Riportiamo dal documento alcune ulteriori indicazioni sulle funzionalità principali e vantaggi connessi all’uso della piattaforma online:
-         registrazione gratuita con accesso completo a tutte le risorse metodologiche;
-         documentazione di supporto per l’implementazione del percorso metodologico (FAQ, Guida all’uso della piattaforma, cronoprogramma, documento gruppi omogenei, tutorial focus group);
-         ufficio virtuale che consente alle aziende di gestire in autonomia le attività di valutazione e di accedere permanentemente all’area riservata (creazione gruppi omogenei, inserimento ed elaborazione dei relativi dati);
-         software online per il calcolo standardizzato dei dati di valutazione preliminare e foglio di calcolo Excel offline per misurare gli andamenti degli “eventi sentinella”;
-         software online per il calcolo standardizzato dei dati di valutazione approfondita sulla base del campione di riferimento nazionale, doppia modalità di caricamento dati (per singolo questionario o in blocco tramite foglio Excel offline specifico per ciascun gruppo omogeneo);
-         report di valutazione con risultati generali e specifici da allegare al DVR;
-         servizio di assistenza all’uso della metodologia e della piattaforma, tramite indirizzo di posta elettronica dedicata (stresslavorocorrelato@inail.it).

In definitiva si indica che in Italia l’impatto della diffusione della metodologia proposta e il generale accrescimento del livello di consapevolezza sull’importanza di una corretta gestione dello SLC in azienda, sono evidenziati (come sottolineato da Sergio Iavicoli) dai risultati dell’indagine europea tra le imprese sui rischi nuovi ed emergenti ESEnER dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA) che mostrano un cambiamento radicale dell’Italia nella gestione del rischio SLC: dal 2010 in cui si posizionava agli ultimi posti in Europa, al 2015 dove si collocava al di sopra della media europea, rispetto alla gestione di tale rischio e allo sviluppo di specifiche azioni preventive.

Il documento dell’INAIL “La metodologia per la valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato. Manuale ad uso delle aziende in attuazione del D.Lgs. 81/08” è scaricabile all’indirizzo:

Il link per l’accesso, previa registrazione, alla Piattaforma INAIL per la valutazione e gestione dello stress lavoro-correlato è:

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IMPARARE DAGLI ERRORI: I PARAPETTI E LE CADUTE DALL’ALTO

Da: PuntoSicuro
di Tiziano Menduto
19/10/2017

Esempi di infortuni professionali dovuti all’assenza di idonei parapetti nei luoghi di lavoro. La ristrutturazione di un edificio e la costruzione di un silos orizzontale. Le dinamiche degli infortuni e la prevenzione.

L’adozione dei parapetti in molte attività lavorative rappresenta una delle principali misure di prevenzione collettiva per limitare i rischi di caduta dall’alto. E proprio per questo motivo la rubrica “Imparare dagli errori”, dedicata al racconto degli infortuni e alla raccolta di elementi di prevenzione, dopo aver affrontato il rischio di caduta con riferimento a cavedi, bocche di lupo e lucernari, non poteva non soffermarsi, in conclusione, proprio sull’uso dei parapetti.

Ricordiamo, come indicato nel documento INAIL per i cantieri temporanei e mobili “Parapetti provvisori”, che tali parapetti sono dispositivi di protezione collettiva (DPC) destinati alla protezione di persone e/o cose contro le cadute dall’alto. Sono costituiti da almeno due montanti sui quali vengono fissati il corrente principale, il corrente intermedio e la tavola fermapiede realizzabili con diversi materiali (ad esempio legno, acciaio ecc). E i parapetti provvisori devono essere utilizzati nelle lavorazioni in cui c’è il rischio di caduta dall’alto e cioè nei lavori in quota (attività lavorative che espongono il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto a un piano stabile) e nei lavori di scavo (attività lavorative che espongono il lavoratore al rischio di seppellimento e/o di caduta all’interno dello scavo ad una quota posta ad una profondità superiore a 2 m rispetto al piano di campagna).

Come sempre i casi di infortunio presentati sono tratti dalle schede di INFOR.MO., strumento per l’analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.

Il primo caso di infortunio avviene durante la ristrutturazione di un edificio.
Il lavoratore deve effettuare una prima verifica dello stato di conservazione dei muri e delle stuccature interne all’edificio in ristrutturazione per poi eseguire la stessa lavorazione.
Per verificare la consistenza delle stuccature il lavoratore e un suo collega realizzano un piano di lavoro alto circa 1,8 metri e lungo 6 metri con cavalle prefabbricate (telai a portale), privo di parapetti e con piano di calpestio parzialmente completo.
Nell’eseguire questa verifica il lavoratore mette un piede fuori dal piano di lavoro e cade in terra battendo la testa, riportando una frattura del cranio.
Questi i fattori causali rilevati dalla scheda:
-         l’infortunato perdeva l’equilibrio e cadeva;
-         piano di lavoro privo di parapetti e parzialmente completo.

Anche il secondo caso riguarda un infortunio durante attività edili.
Mentre un lavoratore è intento a scendere affrettatamente dal secondo impalcato di un ponteggio a tubi e giunti, improvvisamente precipita rovinosamente al suolo da un’altezza di circa 4 metri e subisce fratture multiple.
Il ponteggio del tipo a tubo e giunti si presentava incompleto perché privo di piani di calpestio in alcuni tratti ed era sprovvisto di tavole fermapiede, di doppi parapetti e di correnti intermedi.
Questi i fattori causali rilevati:
-         il lavoratore si affrettava a scendere dall’impalcato del ponteggio;
-         il ponteggio del tipo a tubo e giunti si presentava incompleto perché privo di piani di calpestio in alcuni tratti ed era sprovvisto di tavole fermapiede, di doppi parapetti e di correnti intermedi.

Il terzo caso riguarda la costruzione di un silos orizzontale (un deposito di cereali), un manufatto costituito da pareti perimetrali in calcestruzzo e una copertura curva con archi autoportanti. Per la posa della copertura viene allestito un impalcato particolare con tubi innocenti e giunti metallici. Tale impalcato alla sommità è a volta, è montato su ruote e viene trainato lungo il manufatto.
Un operaio saldatore di 4° livello sta allestendo con altri colleghi l’impalcato metallico. Il lavoro consiste nel collegare i vari tubi innocenti a giunti o morsetti. Per eseguire tale operazione in sicurezza si serve, come DPI, di una imbracatura di sicurezza collegata all’impalcato con due ganci di ancoraggio.
L’operaio avendo la necessità di scendere dall’impalcato, accidentalmente, stacca tutti e due i ganci pertanto, trovandosi sprovvisto di un sistema di trattenuta, cade a terra, procurandosi fratture in diverse parti del corpo.
L’impalcato era sprovvisto di parapetti, tavole per il camminamento, tavole fermapiede e scale interne per la salita e la discesa. Inoltre data la complessità dell’impalcato doveva essere eretto in base a un progetto, firmato da un tecnico abilitato, ma tale documentazione non era presente.

Per parlare di prevenzione ci soffermiamo (come per i precedenti “Imparare dagli errori” dedicati a cavedi e lucernari) su alcuni documenti pubblicati sul sito prevenzionecantieri.it, un portale informativo collegato al Piano Nazionale di Prevenzione in Edilizia.

In “Soluzioni per la sicurezza: Parapetti” si fa riferimento, in particolare, all’allestimento di un parapetto perimetrale all’edificio sui lati prospicienti il vuoto. In tale contesto il parapetto fornisce la protezione collettiva contro il rischio di caduta dall’alto al personale impiegato nelle lavorazioni al piano.
Spesso tuttavia il parapetto è realizzato con tavolette in legno assicurate, con filo di ferro, ai ferri di ripresa che spuntano dal solaio del piano di lavoro. Questo tipo di parapetto viene realizzato rapidamente, soprattutto in occasione del getto dei solai, in attesa di poter predisporre un regolare ponteggio al contorno. Il problema è che tale configurazione non risulta adeguata a garantire un efficace livello di protezione in caso di caduta dall’alto dei lavoratori.
Riguardo al caso esaminato nel documento come soluzione sicura si propone la messa in opera di un parapetto normale con fascia ferma piede che garantisca efficacemente i lavoratori dal rischio di caduta dall’alto e impedisca caduta di materiali.

Il parapetto deve comunque possedere almeno i seguenti requisiti:
-         essere costruito con materiale rigido e resistente;
-         avere un’altezza utile di almeno un metro;
-         l’interasse fra i montanti non sia superiore a 2 metri;
-         essere costituito da almeno due correnti, di cui quello intermedio posto a circa metà distanza fra quello superiore ed il pavimento; i correnti devono essere fissati nella parte interna del parapetto;
-         una tavola ferma piede alta non meno di 20 cm;
-         essere costruito e fissato in modo da poter resistere al massimo sforzo cui può essere assoggettato.

Segnaliamo infine che il documento si sofferma anche sul fissaggio del parapetto, sulle soluzioni equivalenti, sui rischi residui e sui piani di sicurezza e coordinamento.

Il documento del Gruppo Edilizia Regione Veneto “Soluzioni per la sicurezza: Parapetti” è scaricabile all’indirizzo:

Il sito web di INFOR.MO., di cui nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 8455, 8351 e 5727, è consultabile all’indirizzo:

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I CONTROLLI DEGLI IMPIANTI ELETTRICI: L’ARTICOLO 86 DEL D.LGS. 81/08

Da: PuntoSicuro
24/10/17

Indicazioni sull’applicazione dell’articolo 86 del Testo Unico (D.Lgs. 81/08) in materia di controlli degli impianti elettrici. La normativa, la differenza con le verifiche periodiche, e le competenze necessarie. Chi può effettuare i controlli?

In materia di impianti e apparecchiature elettriche, il Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/08) ha richiamato le disposizioni del Decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462, recante “Regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia di installazioni e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, di dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di impianti elettrici pericolosi” in materia di verifiche periodiche.
Tuttavia con l’articolo 86 il D.Lgs. 81/08 ha introdotto un ulteriore regime di “controllo” degli impianti elettrici e degli impianti di protezione contro le scariche atmosferiche a carico del datore di lavoro.

Per parlarne, con specifico riferimento ai locali medici, riprendiamo il contenuto del documento, prodotto dal Dipartimento DIT dell’ INAIL dal titolo “Impianti elettrici nei locali medici: verifiche”. Un documento che ha lo scopo di presentare non solo le disposizioni legislative e normative, ma anche precise indicazioni per la realizzazione degli impianti elettrici nei locali medici e per lo svolgimento delle verifiche.

Riprendiamo brevemente alcune parti dell’articolo 86 del D.Lgs. 81/08 di cui all’articolo 86 “Verifiche e controlli”:
“Ferme restando le disposizioni del Decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462, in materia di verifiche periodiche, il datore di lavoro provvede affinché gli impianti elettrici e gli impianti di protezione dai fulmini siano periodicamente sottoposti a controllo secondo le indicazioni delle norme di buona tecnica e la normativa vigente per verificarne lo stato di conservazione e di efficienza ai fini della sicurezza.
L’esito dei controlli è verbalizzato e tenuto a disposizione dell’autorità di vigilanza”.

Dunque il D.Lgs. 81/08, come indicato a inizio articolo, ha introdotto un ulteriore regime di “controllo” degli impianti elettrici e degli impianti di protezione contro le scariche atmosferiche. E il termine “controllo” è proprio utilizzato al fine di evitare confusione con le “verifiche” che devono essere effettuate ai sensi del D.P.R. 462/01: infatti nell’articolo 86 si parla di “verifiche” con riferimento al D.P.R. 462/01 e di “controlli” per le verifiche volte ad accertare il permanere delle condizioni di sicurezza.

E, continua il documento, i controlli ai sensi dell’articolo 86 del D.Lgs. 81/08 hanno per oggetto tutto l’impianto elettrico, non solo l’impianto di messa a terra, oltre all’impianto di protezione contro le scariche atmosferiche. E si segnala che non è stato ancora emanato il Decreto (articolo 86, comma 2 del D.Lgs. 81/08) che avrebbe dovuto stabilire le modalità e i criteri per l’effettuazione dei controlli, pertanto si può ritenere che questi siano gli stessi di una verifica. Infatti, avendo ben chiara la differenza tra gli scopi dei diversi tipi di verifica e tra i soggetti che le effettuano, nonché le differenti azioni che devono seguire ciascun tipo di verifica, dal punto di vista dell’esecuzione tecnica non vi sono differenze sostanziali.

Alla domanda di chi può effettuare i controlli, il documento risponde indicando che i controlli ex articolo 86 del D. Lgs. 81/08 rientrano nella manutenzione ordinaria, pertanto possono essere svolti da un tecnico qualsiasi che a giudizio del datore di lavoro sappia come condurli. Ciò che qualifica tale tecnico è la conoscenza del modo di condurre le verifiche.

Alcuni esempi di chi può effettuare i controlli:
-         un professionista;
-         il responsabile tecnico di impresa abilitata ai sensi del D.M. 37/08;
-         il personale tecnico interno del datore di lavoro;
-         il personale tecnico esterno.

Dunque tali controlli devono essere effettuati da persone qualificate e competenti nei lavori di verifica, rispettivamente degli impianti elettrici e degli impianti di protezione contro le scariche atmosferiche. Mentre gli interventi sull’impianto che esulano dalla manutenzione ordinaria possono essere eseguiti solo da un’impresa installatrice o da un ufficio tecnico interno abilitati ai sensi del D.M. 37/08, relativo al riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici.

Inoltre il documento indica che il datore di lavoro:
-         può incaricare dei controlli sia personale interno che personale esterno;
-         deve comunque accertarsi che la persona incaricata abbia le competenze per un compito simile, altrimenti potrebbe non essere esente da colpa nel caso dovesse verificarsi qualche infortunio.

Si ricorda poi che l’esito dei controlli deve essere verbalizzato e tenuto a disposizione dell’autorità di vigilanza. E, chiaramente, i controlli ai sensi dell’articolo 86 del D.Lgs. 81/08 non sostituiscono le verifiche ai sensi del D.P.R. 462/01.

Infine il documento segnala che gli organismi individuati dal Ministero dello sviluppo economico per le verifiche periodiche ai sensi del D.P.R. 462/01 e il personale che lavora in tali organismi non possono svolgere attività di progettazione, installazione e manutenzione nel settore degli impianti elettrici, pertanto non possono svolgere neanche i controlli di cui all’articolo 86 del D.Lgs. 81/08.

Il documento di INAIL Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici “Impianti elettrici nei locali medici: verifiche” è scaricabile all’indirizzo:

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ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO: SORVEGLIANZA, COMPITI E RESPONSABILITA’

Da: PuntoSicuro
di Tiziano Menduto
25/10/17

La sicurezza nell’alternanza scuola-lavoro: gli adempimenti del dirigente scolastico e delle aziende, la formazione alla sicurezza e la gestione della sorveglianza sanitaria per gli studenti in alternanza.

Focalizziamo la nostra attenzione su alcuni aspetti organizzativi, sulle responsabilità, sui compiti di formazione e sulla sorveglianza sanitaria in relazione all’alternanza scuola-lavoro.

Ad esempio nell’intervento “Sicurezza in alternanza scuola lavoro”, a cura di Roberto Curtolo dell’Ufficio scolastico regionale per la Toscana, si ricordano gli adempimenti del dirigente scolastico e i compiti delle aziende.

Si indica che l’istituzione scolastica è tenuta a verificare le condizioni di sicurezza connesse all’organizzazione dell’alternanza scuola lavoro e ad assicurare le relative misure di prevenzione e gestione, garantendo sia la tutela degli allievi, mediante strutture ospitanti “sicure”, sia la loro informazione-formazione.

In particolare il dirigente scolastico:
-         forma gli studenti con un corso sulla sicurezza a carattere generale (come riportato nel documento INAIL del 2013 “Gestione del sistema sicurezza e cultura della prevenzione nella scuola”);
-         garantisce la sorveglianza sanitaria ove necessario, di cui all’articolo 41 del D.Lgs. 81/08, mediante visita preventiva da parte del medico competente dell’istituzione scolastica o mediante specifiche convenzioni attivate con le Aziende Sanitarie Locali o altre strutture pubbliche;
-         assicura presso l’INAIL contro gli infortuni sul lavoro e malattie professionali gli studenti;
-         stipula un’assicurazione per la responsabilità civile verso terzi;
-         designa un tutor interno che sia adeguatamente formato in materia di sicurezza.

E l’azienda ospitante:
-         integra la formazione già erogata dalla scuola con una specifica, informando l’allievo sui rischi generali e specifici dell’azienda, riferiti alla mansione a cui sarà adibito, nonché sulle misure di prevenzione ed emergenza in atto;
-         mette a disposizione i DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) qualora la mansione svolta dall’allievo lo preveda;
-         individua un tutor aziendale con competenze anche in materia di sicurezza.

E riguardo alla formazione:
-         la formazione generale spetta alla scuola e la sua durata non deve essere inferiore a 4 ore, deve trattare temi quali: concetti di rischi, danno, prevenzione, protezione, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;
-         la formazione specifica compete alla struttura ospitante; qualora essa non fosse in grado di assicurarla, può delegare la scuola a impartirla, con apposita specifica nella convenzione; deve avere la durata in base alla classificazione dei settori di rischio: l’articolazione del percorso formativo dei lavoratori è specificato dall’Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011.

Parliamo ora della sorveglianza sanitaria degli allievi ricordando che la visita medica è prevista solo nei casi in cui la valutazione dei rischi ne evidenzi la necessità.
In particolare:
-         se nella scuola è presente il medico competente spetta a lui la certificazione dell’idoneità dello studente;
-         se a scuola non è presente il medico competente, ciò è a carico dell’impresa.

Con riferimento al già citato documento INAIL, si segnala che in generale, secondo le disposizioni vigenti, non di immediata interpretazione, anche laddove siano previste attività di laboratorio, è difficile che si vengano a creare condizioni di rischio per la salute tali da prevedere la sorveglianza sanitaria. In ogni caso, si potrebbe ipotizzare un sistema di sorveglianza a livello di anamnesi, ovvero che gli studenti riferiscano sul proprio stato di salute (ipersensibilità a prodotti e malattie allergiche).

In definitiva nell’alternanza scuola-lavoro:
-         l’allievo si impegna ad attenersi alle norme di sicurezza e alle disposizioni aziendali;
-         il tutor scolastico rileva e segnala eventuali situazioni meritevoli di attenzione per ragioni legate alla salute e alla sicurezza dello studente;
-         il tutor aziendale sovrintende e vigila sullo studente in azienda.

Altre indicazioni sull’organizzazione e sulle responsabilità possono essere reperite nell’intervento “Responsabilità e compiti di formazione sulla sicurezza e gestione della sorveglianza sanitaria per gli studenti in alternanza”, a cura di Giuseppe Petrioli.

Concludiamo, infatti, l’articolo riportando alcuni dei punti fissi relativi all’ alternanza scuola-lavoro contenuti nell’intervento:
-         la formazione è sempre obbligatoria, di norma quella generale a carico della scuola e quella specifica e addestramento a carico dell’impresa;
-         la sorveglianza sanitaria è obbligatoria solo in pochi casi;
-         l’obbligo di sorveglianza sanitaria non dipende dalla durata della esposizione, tranne che per i videoterminali;
-         la sorveglianza sanitaria può essere soddisfatta dal medico competente della scuola o da quello dell’azienda;
-         nei confronti degli allievi ospitati nelle imprese non si costituiscono rapporti di lavoro;
-         in nessun caso lo studente minorenne acquisisce la qualifica di lavoratore minore e quindi non rientra nel campo di applicazione della Legge 977/67;
-         la ratio di queste scelte è che l’apprendimento si realizza tramite affiancamento e non esecuzione diretta;
-         ai sensi del D.Lgs. 81/08 tuttavia gli allievi in alternanza sono equiparati a lavoratori;
-         la scuola dovrà valutare i rischi connessi alla organizzazione dell’alternanza e assicurare le misure di prevenzione e la gestione del rischio;
-         nel reperire le aziende disponibili la sicurezza deve essere considerata requisito imprescindibile;
-         utili per il conseguimento di questo obiettivo sono accordi con associazioni datoriali e Organizzazioni Sindacali;
-         le ASL possono fornire linee di indirizzo per la stipula di convenzioni con le aziende.

Il documento “Sicurezza in alternanza scuola lavoro” è scaricabile all’indirizzo:

Il documento “Responsabilità e compiti di formazione sulla sicurezza e gestione della sorveglianza sanitaria per gli studenti in alternanza” è scaricabile all’indirizzo:

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