INDICE
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Le “Frequently Asked Questions” di
Sicurezza sul Lavoro - Know Your Rights! - N.23
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Mobbing: in arrivo fino a 3 anni di
carcere e 20.000 euro di multa
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Rischio elettrico: lavori sotto tensione e
lavori non elettrici
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Metodologia per la valutazione e gestione
del rischio stress lavoro-correlato
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Imparare dagli errori: i parapetti e le
cadute dall’alto
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I controlli degli impianti elettrici:
l’articolo 86 del D.Lgs. 81/08
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Alternanza scuola-lavoro: sorveglianza,
compiti e responsabilità
Marco Spezia
ingegnere e tecnico della salute e della
sicurezza sul lavoro
Progetto “Sicurezza sul Lavoro! Know Your
Rights”
Medicina
Democratica - Movimento di lotta per la salute onlus
LE “FREQUENTLY
ASKED QUESTIONS” DI SICUREZZA SUL LAVORO - KNOW YOUR RIGHTS! - N.23
Nella mia
attività di diffusione della cultura della salute e sicurezza sul lavoro,
spesso sono chiamato, da lavoratori o associazioni sindacali di base, a
svolgere delle vere e proprie “consulenze” (ovviamente del tutto gratuite) di
ampio respiro, che poi riporto, per condividere l’esperienza con tutti, nella
mia newsletter, nella rubrica “Le consulenze di Sicurezza sul Lavoro – Know Your Rights!”.
In qualche caso invece le richieste che mi
pervengono non richiedono consulenze di ampio respiro, ma brevi e sintetiche
risposte a domande su temi molto specifici e limitati.
Anche in questo caso mi sembra giusto e doveroso
diffondere questi brevi consulenze che hanno la forma delle cosiddette “Frequently Asked Questions”, facendo nascere su tale argomento una nuova
rubrica della mia newsletter.
Ovviamente, per
evidenti motivi di privacy e per non creare motivi di ritorsione verso i
lavoratori o le associazioni che le hanno poste, riportando le domande ometto
il nominativo del lavoratore e dell’azienda coinvolti.
************
Ciao Marco,
a una lavoratrice della ditta di cui sono RLS è
stato chiesto l’esame delle orine per controllo sostanze stupefacenti.
Preciso che la lavoratrice esegue attività di
pulizie presso aziende di vario tipo e che si sposta da una all’altra con
autovettura aziendale.
Secondo te è lecito questo tipo di visita?
Grazie
Ciao,
a oggi le mansioni che possono e devono essere
sottoposte a controllo per assunzione sostanze stupefacenti, sono quelle
definite dall’Accordo Stato Regioni del 30 Ottobre 2007 “Intesa, ai sensi
dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, in materia di
accertamento di assenza di tossicodipendenza” nell’Allegato di tale Accordo
che ti riporto integralmente a seguire.
Quindi la lavoratrice, a oggi, non è soggetta a
nessun tipo di controllo, sia per la mansione di addetta alle pulizie, sia per
quella di conduttrice di auto in quanto questa comporta solo l’abilitazione
alla Patente B (e non C).
Ogni controllo sull’assunzione di sostanze
stupefacenti quindi non solo non è giustificato, ma è anche vietato
dall’articolo 5 della Legge 300/70 (Statuto dei lavoratori).
A disposizioni per ulteriori chiarimenti.
Marco
* * *
Accordo Stato Regioni del 30 Ottobre 2007
“Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131,
in materia di accertamento di assenza di tossicodipendenza”
Allegato I - Mansioni che comportano particolari
rischi per la sicurezza, l’incolumità e la salute dei terzi
1) Attività per le quali é richiesto un
certificato di abilitazione per l’espletamento dei seguenti lavori pericolosi:
a) impiego di gas tossici (articolo 8 del Regio
Decreto 1927);
b) fabbricazione e uso di fuochi di artificio (di
cui al Regio Decreto 6 maggio 1940, n. 635) e posizionamento e brillamento mine
(di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 302);
c) direzione tecnica e conduzione di impianti
nucleari (di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1970,
n. 1450).
2) Mansioni inerenti le attività di trasporto:
a) conducenti di veicoli stradali per i quali è
richiesto il possesso della patente di guida categoria C, D, E, e quelli per i
quali è richiesto il certificato di abilitazione professionale per la guida di
taxi o di veicoli in servizio di noleggio con conducente, ovvero il certificato
di formazione professionale per guida di veicoli che trasportano merci
pericolose su strada;
b) personale addetto direttamente alla
circolazione dei treni e alla sicurezza dell’esercizio ferroviario che
esplichi attività di condotta, verifica materiale rotabile, manovra apparati di
sicurezza, formazione treni, accompagnamento treni, gestione della
circolazione, manutenzione infrastruttura e coordinamento e vigilanza di una o
più attività di sicurezza;
c) personale ferroviario navigante sulle navi del
gestore dell’infrastruttura ferroviaria con esclusione del personale di camera
e di mensa;
d) personale navigante delle acque interne con
qualifica di conduttore per le imbarcazioni da diporto adibite a noleggio;
e) personale addetto alla circolazione e a
sicurezza delle ferrovie in concessione e in gestione governativa,
metropolitane, tranvie e impianti assimilati, filovie, autolinee e impianti
funicolari, aerei e terrestri;
f) conducenti, conduttori, manovratori e addetti
agli scambi di altri veicoli con binario, rotaie o di apparecchi di
sollevamento, esclusi i manovratori di carri ponte con pulsantiera a terra e di
monorotaie;
g) personale marittimo di prima categoria delle
sezioni di coperta e macchina, limitatamente allo Stato maggiore e
sottufficiali componenti l’equipaggio di navi mercantili e passeggeri, nonché
il personale marittimo e tecnico delle piattaforme in mare, dei pontoni
galleggianti, adibito ad attività off-shore e delle navi posatubi;
h) controllori di volo ed esperti di assistenza
al volo;
i) personale certificato dal registro aeronautico
italiano;
l) collaudatori di mezzi di navigazione
marittima, terrestre ed aerea;
m) addetti ai pannelli di controllo del movimento
nel settore dei trasporti;
n) addetti alla guida di macchine di
movimentazione terra e merci.
3) Funzioni operative proprie degli addetti e dei
responsabili della produzione, del confezionamento, della detenzione, del
trasporto e della vendita di esplosivi.
************
Ciao Marco,
siamo sempre
alle prese per la consegna del DVR alla nostra RLS.
L’ultima
risposta del RSPP della azienda è che il DVR è in possesso del preposto
che potrà farlo consultare al RLS tutte le volte che lo desidera, ma senza
consegnarlo come previsto dal D.Lgs. 81/08.
E’ legittima
tale risposta?
Cosa gli
rispondiamo? Grazie
Ciao,
purtroppo, ti
ricordo che, secondo il D.Lgs. 81/08, il DVR è consultabile dal RLS all’interno
della Unità produttiva, ma senza obbligo di consegna al RLS stesso.
Quindi a
stretti termini legislativi ha ragione l’azienda.
Esistono due
casi (non passati però in giurisprudenza) in cui il Giudice del Lavoro ha
previsto la consegna fisica del DVR al RLS (primo caso) e a un singolo
lavoratore (secondo caso).
In ogni modo,
io non mi fascerei troppo la testa, poiché (al di là della consegna fisica del
DVR al RLS) gli articoli 36 e 37 del D.Lgs. 81/08 prevedono comunque che ogni
lavoratore debba essere informato dei rischi a cui è sottoposto e delle misure
di prevenzione e protezione a cui ha diritto (quindi, di fatto, le conclusioni
operative del DVR).
Fammi sapere se
hai bisogno di ulteriori delucidazioni, chiarimenti, interventi.
Un caro saluto.
Marco
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Buongiorno,
ho un quesito
da porti, dato che non trovo una risposta certa.
In una scuola
elementare vi è l’obbligo di avere come dotazione un Defibrillatore Automatico
Esterno (DAE) e avere personale informato e formato per il suo utilizzo?
Anche per la
tutela degli insegnanti, bidelli, ecc.
Ringrazio
anticipatamente
Ciao,
attualmente
l’obbligo del DAE è solo per:
-
strutture operanti nel sistema di
emergenza sanitario extraospedaliero;
-
ambulanze deputate alle funzioni di
trasporto sanitario e trasporto sanitario semplice;
-
servizi delle strutture sanitarie e
socio-sanitarie, pubbliche e private, accreditate o autorizzate;
-
Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di
Finanza, Vigili del Fuoco, Corpo Forestale, Capitanerie di Porto, Corpo
Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico;
-
strutture sanitarie (ambulatori) e
territoriali (studi medici, ambulatori dentistici, ecc.).
Facendo
riferimento alle normative regionali, si suggerisce la dotazione di DAE anche
per:
-
compagnie, enti, ditte, associazioni, ecc.
ove vi sia un elevato afflusso di utenti (centri commerciali, hotel,
ipermercati, centri fitness, stadi, treni e stazioni ferroviarie, ecc.);
-
istituti scolastici di ogni ordine e
grado.
Come vedi per
le scuole si parla sempre e comunque di suggerimento e non di obbligo.
In ogni caso se
il DAE è presente, il suo uso può essere fatto solo da personale adeguatamente
formato e addestrato da parte delle Unità di Pronto Soccorso del SSN.
A disposizione
per ulteriori chiarimenti.
Marco
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Ciao Marco,
sono RLS di
un’azienda pubblica.
Sono
responsabile di un settore produttivo e faccio anche turni di notte. In pratica
non ho un posto di lavoro “fisso”, ma eseguo sopralluoghi in tutto il settore,
verificando che tutto proceda bene e sono reperibile sul cellulare per
qualunque lavoratore abbia dei problemi.
Una sera, a
seguito di chiamata di una lavoratrice per problemi di sicurezza in un reparto,
mi sono recato, come RLS, sul posto. Ho fatto una prima verifica e poi, nei
giorni successivi, appena possibile, ho fatto un sopralluogo ufficiale con il
RSPP.
Ora l’azienda
mi contesta una sanzione disciplinare per aver abbandonato il mio posto di
lavoro, senza giustificato motivo.
Trovo che la
cosa sia assurda, sia perché, come detto non ho un posto di lavoro fisso, sia
perché come RLS ho diritto ad accedere ai luoghi di lavoro, ai sensi dell’articolo
50 del D.Lgs. 81/08.
Sto preparando
la risposta all’azienda.
Volevo
chiederti se ti veniva in mente altro.
Grazie.
Ciao,
direi che
l’appellarsi all’articolo 50 del D.Lgs. 81/08 va benissimo, soprattutto
relativamente alla lettera a) del comma 1:
“Fatto salvo quanto stabilito in sede di
contrattazione collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni”.
Puoi anche aggiungere l’articolo 9 “Tutela della salute e dell’integrità
fisica” della Legge 300/70 (Statuto dei lavoratori):
“I
lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare
l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie
professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di
tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica”;
che è poi alla base della lettera a) sopra
citata.
Il problema
(formale) potrebbe essere relativo al fatto che tu fossi in orario di lavoro o
meno oppure di conseguenza in permesso RLS o meno.
Penso che la tu
azienda giocherà tutto su questo.
Nei vari CCNL
relativi al tuo settore specifico, non ho trovato niente di specifico sulla
sicurezza e sulle attribuzioni dei RLS, a livello contrattuale, per cui occorre
fare riferimento alla normativa generale.
Trova
applicazione in merito il Provvedimento
del Presidente del Consiglio dei Ministri del 5 giugno 1996 “Contratto
Collettivo Quadro in merito agli aspetti applicativi del Decreto
Legislativo 19 settembre 1994, n. 626, riguardanti il rappresentante per la
sicurezza, sottoscritto il 10 luglio 1996” specifico per le Pubbliche
Amministrazioni, che trovi al link:
Dopo tale
Provvedimento non mi risulta sia stata emanata altra regolamentazione
relativamente al Pubblico Impiego.
In merito ai
sopralluoghi del RLS nei luoghi di lavoro, in analogia con quanto previsto da
altri accordi interconfederali, il Punto VII “Accesso ai luoghi di lavoro”
dell’Accordo specifica:
“Il
diritto di accesso ai luoghi di lavoro sarà esercitato nel rispetto delle
esigenze produttive con le limitazioni previste dalla legge.
Il rappresentante per la sicurezza segnala preventivamente al datore di
lavoro le visite che intende effettuare agli ambienti di lavoro.
Tali visite si possono anche svolgere congiuntamente al responsabile del
servizio di prevenzione e protezione o ad un addetto da questi incaricato”.
A seguito di quanto sopra quindi, il tuo
sopralluogo che ha dato origine al verbale di contestazione, non è stato svolto
in maniera corretta, in quanto non preventivamente segnalato al datore di
lavoro.
In merito poi
al fatto che i sopralluoghi debbano avvenire o meno nell’ambito del monte ore
previsto per i permessi dei RLS, l’Accordo specifica al Punto IV “Permessi
retribuiti orari”, che:
“Nelle
amministrazioni o unità lavorative che occupano più di 15 dipendenti, per
l’espletamento dei compiti previsti dall’articolo 19 del Decreto Legislativo n.
626/94, i rappresentanti per la sicurezza, oltre ai permessi già previsti per
le rappresentanze sindacali, utilizzano appositi permessi retribuiti orari pari
a 40 ore annue per ogni rappresentante.
Per l’espletamento degli adempimenti previsti dai punti b), c), d), g), i)
ed l) dell’articolo 19 citato, non viene utilizzato il predetto monte ore e
l’attività è considerata tempo di lavoro”.
I punti citati
corrispondono rispettivamente ai seguenti punti dell’articolo 50 del D.Lgs.
81/08:
- è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione
dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della
prevenzione nella azienda o unità produttiva (punto b);
- è consultato sulla designazione del responsabile e degli addetti al
servizio di prevenzione, alla attività di prevenzione incendi, al primo
soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e del medico competente (punto
c);
- è consultato in merito all’organizzazione della formazione di cui
all’articolo 37 (punto d);
- riceve una formazione adeguata e, comunque, non inferiore a quella prevista
dall’articolo 37 (punto g);
- formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle
autorità competenti, dalle quali è, di norma, sentito (punto i);
- partecipa alla riunione periodica di cui all’articolo 35 (punto l).
Non è invece prevista tra le attività del
RLS ricomprese nell’orario di lavoro quella di cui al punto a) del D.Lgs.
81/08:
- accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
che pertanto deve essere effettuata
all’interno dei permessi retribuiti e non quindi durante l’orario di lavoro.
Quindi la tua azienda potrebbe eccepire
anche qualcosa relativamente a quest’ultimo aspetto, anche se del tutto marginale.
Valuta quindi sulla base di quanto sopra
come procedere, anche se dubito che la tua azienda conosca l’Accordo sopra
citato.
A disposizione per ulteriori chiarimenti,
anche telefonici.
Marco
************
Ciao Marco,
sto cercando di
districarmi tra gli articoli del Testo Unico relativi alle visite di idoneità
alla mansione, ma non arrivo a una interpretazione certa sul seguente punto.
Un gruppo di
lavoratori di un’azienda di logistica che un mese fa è stato sottoposto alla
visita medica nel programma di sorveglianza sanitario e ha ricevuto il giudizio
di idoneità per la mansione che sta svolgendo da anni (quella di carrellista)
può essere oggi su due piedi assegnato a un’altra mansione, senza un nuovo
giudizio di idoneità?
La nuova
mansione è quella di “pickerista”, ovvero quei lavoratori che seguendo una
lista raccolgono per il magazzino i pezzi che compongono l’ordine del cliente,
disponendoli su di un bancale.
Tra i lavoratori in questione almeno uno ha problemi fisici, che potrebbero contrastare con la nuova mansione e rappresentare delle limitazioni.
Tra i lavoratori in questione almeno uno ha problemi fisici, che potrebbero contrastare con la nuova mansione e rappresentare delle limitazioni.
Quale è la via
più efficace in questo caso per affrontare questo problema specifico?
L’azienda ha
consigliato al lavoratore di mettersi in malattia in attesa di una visita dal
medico competente!!!
Grazie
Ciao,
il Testo Unico
(D.Lgs. 81/08) è molto chiaro a tale proposito.
L’articolo 41,
comma 2, lettera d) prevede:
“La
sorveglianza sanitaria comprende:
[...]
- visita medica in occasione del
cambio della mansione onde verificare l’idoneità alla mansione specifica
[...]”
Ovviamente ciò è valido nel caso in cui i
rischi specifici per la nuova mansione siano diversi rispetto alla precedente.
Se un lavoratore passa da fare il
carrellista in magazzino (rischi specifici vibrazioni, rumore, stress) a fare
il carrellista in piazzale (con lo stesso mezzo), i rischi specifici sono
uguali e non serve una nuova visita medica.
Ma se, come nel caso che tu segnali, il
lavoratore passa da fare il carrellista (rischi specifici vibrazioni, rumore,
stress) a fare il picker (rischi specifici movimentazione manuale dei carichi
con rischio di sovraccarico per il sistema osteoarticolare), i rischi specifici
sono completamente diversi ed è necessaria una nuova visita medica di idoneità
alla mansione.
Un lavoratore cioè può essere idoneo
fisicamente a guidare il carrello elevatore, ma può non esserlo a movimentare
carichi pesanti e viceversa.
Quanto proposto dalla azienda (mettersi in
malattia in attesa di una visita dal medico competente) è semplicemente
assurdo!
Infatti è la azienda stessa, per tramite
del suo datore di lavoro che deve assolvere agli obblighi di cui all’articolo
18, comma 1, lettere c) e g), cioè:
“nell’affidare
i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità e delle condizioni degli
stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;
inviare i lavoratori alla visita medica
entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria e richiedere al medico competente
l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel D.Lgs. 81/08”.
Oltre a questo è la azienda stessa, per tramite del suo datore di lavoro che deve assolvere
agli obblighi di cui all’articolo 18, comma 2, lettera a), cioè:
“fornire
al medico competente informazioni in merito alla natura dei rischi”.
Deve essere
pertanto la azienda a dover avvertire il medico competente relativamente al
cambio della mansione del lavoratore e quindi della variazione del profilo di
rischio dello stesso e a richiedere al medico competente e a organizzare la
visita medica di idoneità alla nuova mansione (con i suoi rischi specifici) di
cui all’articolo 41, comma 2, lettera d).
Come al solito
a disposizione per ulteriori chiarimenti.
Marco
************
NOTA
Nel testo delle
“Frequently Asked Questions” sopra riportate sono state usati i seguenti
acronimi e termini:
ASL = Azienda
Sanitaria Locale
CCNL =
Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro
DPI =
Dispositivi di Protezione Individuali
DVR = Documento
di Valutazione dei Rischi
DUVRI =
Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza in caso di lavori in
appalto
OS =
Organizzazioni Sindacali
RSPP =
Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione
ASPP =
Assistente al Servizio di Prevenzione e Protezione
RLS =
Rappresentate dei Lavoratori per la Sicurezza
RSA =
Rappresentanze Sindacali Aziendali
RSU =
Rappresentanze Sindacali Unitarie
D.Lgs. 81/08 o
Decreto o TUSL: Decreto Legislativo n.81 del 9 aprile 2008 e successive
modifiche e integrazioni (cosiddetto “Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro”)
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MOBBING: IN ARRIVO FINO A 3 ANNI DI
CARCERE E 20.000 EURO DI MULTA
Da Studio Cataldi
26/10/17
di Marina Crisafi
LA PROPOSTA DI LEGGE
Assegnata alla Commissione Giustizia della
Camera in sede referente la Proposta di Legge 582-bis che introduce il reato di
mobbing e straining nel codice penale.
Una fattispecie penale ad hoc per il
mobbing: è quanto prevede la Proposta di Legge 582-bis depositata nel 2014,
prima firmataria la deputata Maria Tindara Gullo, e assegnata il 13 ottobre
scorso per l’esame alla Commissione Giustizia della Camera in sede referente.
Nello specifico, la PdL mira a introdurre
nel Codice Penale l’articolo 582-bis in materia di molestia morale e violenza
psicologica nell’attività lavorativa (mobbing e straining).
Il testo si propone dunque di colmare una
lacuna dell’ordinamento, perché la mancanza di una norma specifica che descriva
e sanzioni la fattispecie del cosiddetto “mobbing” ha, spesso, determinato
l’assoluzione per soggetti che hanno posto in essere condotte ritenute
riprovevoli dalla generalità dei consociati, ma prive di sanzione penale
specifica, come si legge nella relazione.
Oggi, infatti, a meno che le condotte
comunemente assimilabili al “mobbing” rientrino in differenti tipologie
criminose e fatta salva la possibilità di ricorrere al Giudice Civile per il
ristoro dei danni patiti, la persona offesa resta priva di adeguata tutela.
La mancata individuazione circoscritta
della fattispecie di reato ha determinato dunque una tutela mutilata dei
diritti dei lavoratori, i quali sarebbero meglio e più adeguatamente tutelati
dalla presenza di una specifica norma penale che sanzioni tipologie specifiche
come il mobbing e la sua figura più attenuata, lo straining.
Da qui la previsione di una fattispecie
incriminatrice ad hoc che costituirebbe un monito ulteriore rispetto alle già
previste sanzioni civili.
DEFINIZIONE DI MOBBING E STRAINING
Il primo aspetto posto in rilievo dalla
PdL è la definizione dei concetti di mobbing e straining.
Il primo da ritenersi configurato, seppur
con varietà di accentuazioni, sulla base delle più recenti sentenze, come una
durevole serie di reiterati atti vessatori e persecutori nei confronti del
lavoratore all’interno dell’ambiente di lavoro in cui egli opera, capaci di
provocare un danno ingiusto, incidente sulla persona del lavoratore e in
particolare sulla sua sfera mentale, relazionale e psico-somatica, a
prescindere dall’inadempimento di specifici obblighi previsti dalla normativa
regolante il rapporto di lavoro. Tali condotte vessatorie possono essere poste
in atto sia da superiori gerarchici (“mobbing verticale” o “bossing”) sia da
altri colleghi (“mobbing orizzontale”).
Il mobbing, quindi, presuppone pluralità
di azioni sistematiche e durevoli, sia illecite che singolarmente lecite; che
in capo al lavoratore si determini un evento dannoso, causato dalla condotta
vessatoria; che sussista un nesso di causalità logica tra condotta ed evento;
che sia presente l’elemento soggettivo del “mobber” il quale, approfittando
della sua posizione di superiorità, “attacca” la vittima con la sua condotta al
fine di emarginarla.
Diversamente, invece, se le azioni si
presentano come singole, si ha la fattispecie ricadente nel concetto di
straining (riconosciuto per la prima volta con la pronuncia del tribunale del
lavoro di Bergamo nel 2005, e confermato dalla Cassazione penale n. 28603 del 3
luglio 2013), ovvero un’azione unica e isolata con effetti duraturi nel tempo
che determini stress forzato e duraturo tale da provocare effetti negativi
nell’ambiente di lavoro.
IL NUOVO REATO DI MOBBING EX ARTICOLO
582-BIS DEL CODICE PENALE
Nel merito, la proposta di legge si
compone di due articoli, il primo finalizzato alla promozione della tutela dei
lavoratori nei confronti dei fenomeni discriminatori all’interno dell’ambiente
di lavoro e il secondo che definisce le fattispecie da incriminare ed individua
le rispettive sanzioni.
In particolare, la proposta di legge, mira
a introdurre nel codice penale, l’articolo 582-bis, rubricato “Mobbing e
straining” che punisce, “salvo che il fatto costituisca più grave reato, il
datore di lavoro o il lavoratore che, in pendenza di un rapporto di lavoro, con
più azioni di molestia, minaccia, violenza morale, fisica o psicologica
ripetute nel tempo ponga in pericolo o leda la salute fisica o psichica ovvero
la dignità di un lavoratore, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la
multa da euro 5.000 a euro 20.000”.
Laddove la condotta sia realizzata “con
un’unica azione”, e si versi dunque nell’ipotesi dello straining, la pena
prevista è da 3 mesi a due di reclusione e la multa da 3.000 a 15.000 euro.
Il delitto, in ogni caso, è procedibile
d’ufficio.
La Proposta di Legge d’iniziativa della
deputata Gullo “Introduzione dell’articolo 582-bis del Codice Penale, in
materia di molestia morale e violenza psicologica nell’attività lavorativa
(mobbing e straining)” è scaricabile all’indirizzo:
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RISCHIO ELETTRICO: LAVORI SOTTO TENSIONE E
LAVORI NON ELETTRICI
Da: PuntoSicuro
11/10/17
Pubblichiamo le misure preventive per il
rischio di contatto con linee elettriche durante l’attività lavorativa
ordinaria e l’attività di manutenzione e installazione di impianti elettrici
presentate nella scheda n. 5 pubblicata da INAIL pubblicata da INAIL “Il
contatto elettrico diretto”.
La legislazione vigente e le relative
norme tecniche operano una distinzione tra misure di prevenzione e protezione
riferite a lavori elettrici sotto tensione e a lavori non elettrici.
Il D.Lgs. 81/08 e si occupa dei lavori
elettrici sotto tensione all’articolo 82 e dei lavori non elettrici in
prossimità di parti in tensione non protette o non sufficientemente protette
all’articolo 83 e, per i cantieri, all’articolo 117.
Per lavoro non elettrico (articoli 83 e
117 del D.Lgs. 81/08), si intende quello che non coinvolge impianti elettrici
oppure li coinvolge esclusivamente quando questi sono in sicurezza, ma sempre
per l’esecuzione di attività di natura non elettrica. Nei lavori non elettrici
il rischio di contatto diretto con parti in tensione accessibili deve essere
evitato garantendo il rispetto delle distanze di sicurezza indicate
nell’Allegato IX del D.Lgs. 81/08.
Tali distanze di sicurezza, che vanno da
un minimo di 3 m a un massimo di 7 m in funzione della tensione di esercizio,
sono riferite alle parti in tensione non protette o non sufficientemente
protette, al netto degli ingombri derivanti dal tipo di lavoro, delle
attrezzature utilizzate e dei materiali movimentati, nonché degli sbandamenti
laterali dei conduttori dovuti all’azione del vento e degli abbassamenti di
quota dovuti alle condizioni termiche. Una parte in tensione è sufficientemente
protetta se possono essere esclusi eventuali urti o sollecitazioni meccaniche
derivanti dall’attività lavorativa che verrà svolta in vicinanza, tali da
danneggiarne l’isolamento con conseguente accesso alle parti in tensione.
L’articolo 83 del D.Lgs. 81/08 consente di
derogare alle distanze di cui sopra, a patto che vengano adottate le
disposizioni organizzative e procedurali contenute nelle pertinenti norme
tecniche, le quali sono ritenute idonee a proteggere i lavoratori dai
conseguenti rischi. Tali norme tecniche prescrivono il controllo continuativo
degli operatori che svolgono il lavoro non elettrico da parte di una Persona
Esperta (PES) avente istruzione, conoscenza ed esperienza rilevanti tali da
consentirle di analizzare i rischi e di evitare i pericoli che l’elettricità
può creare (ovviamente sono consentiti i lavori non elettrici in prossimità di
parti attive messe fuori tensione e in sicurezza oppure protette da ostacoli o
barriere).
L’art. 117 del D.Lgs. 81/08 consente
misure di prevenzione alternative alle distanze di sicurezza, costituite dal
sezionamento della linea/impianto in vicinanza della quale devono essere
eseguiti i lavori o dall’apposizione di idonei ostacoli per impedire l’accesso
alle parti in tensione.
La sorveglianza per garantire la sicurezza
di un operatore a distanze dalle parti in tensione inferiori a quelle di
sicurezza, è praticabile e accettabile per attività limitate e circoscritte nei
fini e nei mezzi utilizzati, come quelle ipotizzate nell’applicazione
dell’articolo 83, mentre è impraticabile e inaccettabile in un cantiere. I
lavori non elettrici vengono tipicamente svolti da persone prive di
preparazione nel settore elettrico (Persone Comuni o PEC).
Si rende pertanto necessario:
-
pianificare preventivamente il lavoro al
fine di individuare le parti in tensione accessibili; è opportuno produrre un
elaborato grafico riportante la posizione delle parti elettriche e le relative
distanze di sicurezza, al netto degli ingombri derivanti dal tipo di lavoro,
delle attrezzature utilizzate e dei materiali movimentati, nonché degli
sbandamenti laterali dei conduttori dovuti all’azione del vento e degli
abbassamenti di quota dovuti alle condizioni termiche;
-
apporre in campo opportuna segnaletica,
connessa al risultato della pianificazione;
-
assicurarsi che il personale interessato
ai lavori sia informato e formato sui rischi di natura elettrica;
-
comunicare a tutti i soggetti esposti al
pericolo il risultato della pianificazione e delle relative misure di
prevenzione da adottarsi costituite, in alternativa, da:
- sezionamento delle parti elettriche (messa fuori tensione e in sicurezza);
- predisposizione di idonei ostacoli/barriere per impedire l’accesso alle parti in tensione (ciò rende necessario procedere preventivamente al sezionamento momentaneo delle parti elettriche al fine dell’apposizione degli ostacoli/barriere);
- mantenimento delle distanze di sicurezza;
- controllo continuativo (sorveglianza) dei lavoratori da parte di una persona esperta (PES).
Per lavoro elettrico sotto tensione
(articolo 82 del D.Lgs. 81/08), si intende un intervento su impianti o
apparecchi elettrici con accesso alle parti attive sotto tensione nell’ambito
del quale, se non si adottano misure di sicurezza, si è in presenza di rischio
elettrico. Le attività di manutenzione e installazione di impianti elettrici su
impianti già in esercizio costituiscono un lavoro elettrico.
Le norme tecniche considerano lavori
elettrici anche quelli eseguiti in prossimità di parti in tensione accessibili
e quelli eseguiti su parti attive messe fuori tensione e in sicurezza.
I lavori elettrici sotto tensione possono
essere eseguiti purché svolti in conformità alle relative norme tecniche per
quanto attiene:
-
le procedure e le attrezzature;
-
la formazione e l’addestramento del
personale.
Inoltre:
-
il personale deve essere dichiarato idoneo
dal datore di lavoro;
-
su impianti di categoria II e III
(tensione superiore a 1.000 V in corrente alternata e 1.500 V in corrente
continua), le aziende devono essere autorizzate dal Ministero del lavoro e
della previdenza sociale.
Elementi fondamentali di prevenzione sono
costituiti da:
-
pianificazione del lavoro elettrico;
-
formazione e addestramento del personale.
Nei lavori elettrici di particolare
complessità (ad esempio impianti o parti di impianto i cui circuiti risultano
fisicamente alquanto articolati o poco controllabili visivamente o per il
numero di possibili alimentazioni o per la presenza di impianti in alta o media
tensione) occorre:
-
l’elaborazione di un piano di lavoro (un
documento dove sono indicate le modifiche da apportare all’impianto e mantenere
durante l’intervento, necessarie per garantire la sicurezza) redatto dal
responsabile dell’impianto o, a seguito di delega, dal preposto ai lavori;
-
l’elaborazione di un piano di intervento
(un documento compilato e firmato dal preposto ai lavori, dove sono riportate
le informazioni circa le misure di sicurezza e le modalità di intervento da
seguire);
-
la formale consegna e restituzione
dell’impianto (elaborazione di un documento in cui si formalizzano la consegna
e la restituzione dell’impianto fra il responsabile dell’impianto e il preposto
ai lavori).
Il documento di INAIL “Scheda n. 5: Il
contatto elettrico diretto” è scaricabile all’indirizzo:
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METODOLOGIA PER LA VALUTAZIONE E GESTIONE
DEL RISCHIO STRESS LAVORO-CORRELATO
Da: PuntoSicuro
19/10/17
Un nuovo manuale INAIL che offre alle
aziende un’idonea metodologia per la valutazione e gestione del rischio stress
lavoro-correlato. Le novità del percorso metodologico e l’integrazione con la
piattaforma online.
Il Testo Unico in materia di tutela della salute
e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/08) ha specificamente e
chiaramente individuato lo stress lavoro-correlato (SLC) come uno dei rischi
che devono essere valutati e gestiti nelle aziende. Tuttavia al di là della
normativa vigente, che ha demandato alla Commissione Consultiva Permanente per
la salute e la sicurezza sul lavoro l’elaborazione di indicazioni per la
valutazione del rischio stress lavoro-correlato, è fondamentale il ruolo della
ricerca scientifica nel fornire contributi finalizzati all’elaborazione e
all’aggiornamento continuo di strumenti validi e soluzioni utili per la
valutazione e gestione di tale rischio, anche attraverso l’individuazione e la
diffusione di buone pratiche gestibili dalle figure della prevenzione che operano
in azienda.
A ricordarlo è Sergio Iavicoli, Direttore
del Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale
(DIMEILA) dell’INAIL, nella prefazione relativa alla nuova edizione del manuale
INAIL del 2011 che aveva l’obiettivo di supportare le aziende con una proposta
metodologica per la valutazione e gestione del rischio SLC sostenibile, di
facile utilizzo, basata su approcci e procedure scientificamente fondati.
Partendo anche dalla consapevolezza che la
gestione del rischio SLC rappresenta anche un investimento per l’azienda e per
la salute dei lavoratori, la nuova edizione del percorso metodologico è stata
aggiornata e integrata alla luce dei casi studio e delle sperimentazioni
effettuate dal gruppo di ricerca del DIMEILA, nonché dei risultati di ricerca
scaturiti dalla partecipazione in progetti nazionali con il Coordinamento
tecnico interregionale, l’Università degli Studi di Verona, l’Università Alma
Mater Studiorum di Bologna e Sapienza Università di Roma.
Sono da esempio il progetto CCM 2013
“Piano di monitoraggio e d’intervento per l’ottimizzazione della valutazione e
gestione dello stress lavoro-correlato” finanziato dal Ministero della salute e
il Progetto BRIC 2015 finanziato dall’INAIL, per lo sviluppo di analisi secondarie
e studi di fattibilità per l’ottimizzazione e integrazione degli strumenti di
valutazione.
Nel nuovo documento INAIL “La metodologia
per la valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato. Manuale ad
uso delle aziende in attuazione del D.Lgs. 81/08”, realizzato con il
coordinamento scientifico di Sergio Iavicoli e Benedetta Persechino (DIMEILA),
continua il riadattamento e l’integrazione del modello Management standard
approntato dall’Health and Safety Executive (Hse) per offrire, come ricordato
da Sergio Iavicoli, un percorso sistematico, frutto di esperienze di ricerca,
che permetta al datore di lavoro, attraverso il coinvolgimento attivo di tutte
le figure della prevenzione presenti in azienda, di gestire il rischio SLC al
pari di tutti gli altri rischi previsti dalla vigente normativa, in maniera
integrata, nell’ottica della semplicità ma, al tempo stesso, del rigore
metodologico anche attraverso l’utilizzo di strumenti validati.
Quello che vuole offrire il documento
INAIL è, a partire dalla normativa vigente, un metodo unico integrato che, a
partire dal modello operativo dei Management standard, adatti e valorizzi i
punti di forza delle esperienze metodologiche nazionali. Un metodo che si
integri con una piattaforma online (anch’essa rinnovata) disponibile sul sito
web INAIL, e utilizzabile dalle aziende, previa registrazione gratuita.
La “Piattaforma INAIL per la valutazione e
gestione dello stress lavoro-correlato” è stata predisposta con gli obiettivi
di:
-
offrire alle aziende un ambiente di lavoro
virtuale, sia per l’utilizzo degli strumenti di valutazione del rischio SLC,
che per l’elaborazione dei dati (con il supporto di software online) oltre che
per la stesura dei relativi report;
-
permettere la raccolta sistematica di dati
strutturati, utili sia per il monitoraggio che per lo sviluppo e l’integrazione
degli strumenti sulla base delle evidenze di ricerca.
Proprio a partire da questo database, che
costituisce uno dei bacini di dati più ampi e strutturati in ambito europeo su
questa tematica, è stato possibile integrare e aggiornare i risultati delle
attività di ricerca e di monitoraggio per la verifica dell’efficacia del
percorso metodologico.
Riportiamo dal documento alcune ulteriori
indicazioni sulle funzionalità principali e vantaggi connessi all’uso della
piattaforma online:
-
registrazione gratuita con accesso
completo a tutte le risorse metodologiche;
-
documentazione di supporto per
l’implementazione del percorso metodologico (FAQ, Guida all’uso della
piattaforma, cronoprogramma, documento gruppi omogenei, tutorial focus group);
-
ufficio virtuale che consente alle aziende
di gestire in autonomia le attività di valutazione e di accedere
permanentemente all’area riservata (creazione gruppi omogenei, inserimento ed
elaborazione dei relativi dati);
-
software online per il calcolo
standardizzato dei dati di valutazione preliminare e foglio di calcolo Excel
offline per misurare gli andamenti degli “eventi sentinella”;
-
software online per il calcolo
standardizzato dei dati di valutazione approfondita sulla base del campione di
riferimento nazionale, doppia modalità di caricamento dati (per singolo
questionario o in blocco tramite foglio Excel offline specifico per ciascun
gruppo omogeneo);
-
report di valutazione con risultati
generali e specifici da allegare al DVR;
-
servizio di assistenza all’uso della
metodologia e della piattaforma, tramite indirizzo di posta elettronica
dedicata (stresslavorocorrelato@inail.it).
In definitiva si indica che in Italia
l’impatto della diffusione della metodologia proposta e il generale
accrescimento del livello di consapevolezza sull’importanza di una corretta
gestione dello SLC in azienda, sono evidenziati (come sottolineato da Sergio
Iavicoli) dai risultati dell’indagine europea tra le imprese sui rischi nuovi
ed emergenti ESEnER dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul
lavoro (EU-OSHA) che mostrano un cambiamento radicale dell’Italia nella
gestione del rischio SLC: dal 2010 in cui si posizionava agli ultimi posti in
Europa, al 2015 dove si collocava al di sopra della media europea, rispetto
alla gestione di tale rischio e allo sviluppo di specifiche azioni preventive.
Il documento dell’INAIL “La metodologia
per la valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato. Manuale ad
uso delle aziende in attuazione del D.Lgs. 81/08” è scaricabile all’indirizzo:
Il link per l’accesso, previa
registrazione, alla Piattaforma INAIL per la valutazione e gestione dello
stress lavoro-correlato è:
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IMPARARE DAGLI ERRORI: I PARAPETTI E LE
CADUTE DALL’ALTO
Da: PuntoSicuro
di Tiziano Menduto
19/10/2017
Esempi di infortuni professionali dovuti
all’assenza di idonei parapetti nei luoghi di lavoro. La ristrutturazione di un
edificio e la costruzione di un silos orizzontale. Le dinamiche degli infortuni
e la prevenzione.
L’adozione dei parapetti in molte attività
lavorative rappresenta una delle principali misure di prevenzione collettiva
per limitare i rischi di caduta dall’alto. E proprio per questo motivo la
rubrica “Imparare dagli errori”, dedicata al racconto degli infortuni e alla
raccolta di elementi di prevenzione, dopo aver affrontato il rischio di caduta
con riferimento a cavedi, bocche di lupo e lucernari, non poteva non
soffermarsi, in conclusione, proprio sull’uso dei parapetti.
Ricordiamo, come indicato nel documento
INAIL per i cantieri temporanei e mobili “Parapetti provvisori”, che tali
parapetti sono dispositivi di protezione collettiva (DPC) destinati alla
protezione di persone e/o cose contro le cadute dall’alto. Sono costituiti da
almeno due montanti sui quali vengono fissati il corrente principale, il
corrente intermedio e la tavola fermapiede realizzabili con diversi materiali (ad
esempio legno, acciaio ecc). E i parapetti provvisori devono essere utilizzati
nelle lavorazioni in cui c’è il rischio di caduta dall’alto e cioè nei lavori
in quota (attività lavorative che espongono il lavoratore al rischio di caduta
da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto a un piano stabile) e
nei lavori di scavo (attività lavorative che espongono il lavoratore al rischio
di seppellimento e/o di caduta all’interno dello scavo ad una quota posta ad
una profondità superiore a 2 m rispetto al piano di campagna).
Come sempre i casi di infortunio
presentati sono tratti dalle schede di INFOR.MO., strumento per l’analisi
qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli
infortuni mortali e gravi.
Il primo caso di infortunio avviene
durante la ristrutturazione di un edificio.
Il lavoratore deve effettuare una prima
verifica dello stato di conservazione dei muri e delle stuccature interne
all’edificio in ristrutturazione per poi eseguire la stessa lavorazione.
Per verificare la consistenza delle
stuccature il lavoratore e un suo collega realizzano un piano di lavoro alto
circa 1,8 metri e lungo 6 metri con cavalle prefabbricate (telai a portale),
privo di parapetti e con piano di calpestio parzialmente completo.
Nell’eseguire questa verifica il
lavoratore mette un piede fuori dal piano di lavoro e cade in terra battendo la
testa, riportando una frattura del cranio.
Questi i fattori causali rilevati dalla
scheda:
-
l’infortunato perdeva l’equilibrio e
cadeva;
-
piano di lavoro privo di parapetti e
parzialmente completo.
Anche il secondo caso riguarda un
infortunio durante attività edili.
Mentre un lavoratore è intento a scendere
affrettatamente dal secondo impalcato di un ponteggio a tubi e giunti, improvvisamente
precipita rovinosamente al suolo da un’altezza di circa 4 metri e subisce
fratture multiple.
Il ponteggio del tipo a tubo e giunti si
presentava incompleto perché privo di piani di calpestio in alcuni tratti ed
era sprovvisto di tavole fermapiede, di doppi parapetti e di correnti
intermedi.
Questi i fattori causali rilevati:
-
il lavoratore si affrettava a scendere
dall’impalcato del ponteggio;
-
il ponteggio del tipo a tubo e giunti si
presentava incompleto perché privo di piani di calpestio in alcuni tratti ed
era sprovvisto di tavole fermapiede, di doppi parapetti e di correnti
intermedi.
Il terzo caso riguarda la costruzione di
un silos orizzontale (un deposito di cereali), un manufatto costituito da
pareti perimetrali in calcestruzzo e una copertura curva con archi
autoportanti. Per la posa della copertura viene allestito un impalcato
particolare con tubi innocenti e giunti metallici. Tale impalcato alla sommità
è a volta, è montato su ruote e viene trainato lungo il manufatto.
Un operaio saldatore di 4° livello sta
allestendo con altri colleghi l’impalcato metallico. Il lavoro consiste nel
collegare i vari tubi innocenti a giunti o morsetti. Per eseguire tale
operazione in sicurezza si serve, come DPI, di una imbracatura di sicurezza
collegata all’impalcato con due ganci di ancoraggio.
L’operaio avendo la necessità di scendere
dall’impalcato, accidentalmente, stacca tutti e due i ganci pertanto,
trovandosi sprovvisto di un sistema di trattenuta, cade a terra, procurandosi fratture
in diverse parti del corpo.
L’impalcato era sprovvisto di parapetti,
tavole per il camminamento, tavole fermapiede e scale interne per la salita e
la discesa. Inoltre data la complessità dell’impalcato doveva essere eretto in
base a un progetto, firmato da un tecnico abilitato, ma tale documentazione non
era presente.
Per parlare di prevenzione ci soffermiamo
(come per i precedenti “Imparare dagli errori” dedicati a cavedi e lucernari)
su alcuni documenti pubblicati sul sito prevenzionecantieri.it, un portale
informativo collegato al Piano Nazionale di Prevenzione in Edilizia.
In “Soluzioni per la sicurezza: Parapetti”
si fa riferimento, in particolare, all’allestimento di un parapetto perimetrale
all’edificio sui lati prospicienti il vuoto. In tale contesto il parapetto
fornisce la protezione collettiva contro il rischio di caduta dall’alto al
personale impiegato nelle lavorazioni al piano.
Spesso tuttavia il parapetto è realizzato
con tavolette in legno assicurate, con filo di ferro, ai ferri di ripresa che
spuntano dal solaio del piano di lavoro. Questo tipo di parapetto viene
realizzato rapidamente, soprattutto in occasione del getto dei solai, in attesa
di poter predisporre un regolare ponteggio al contorno. Il problema è che tale
configurazione non risulta adeguata a garantire un efficace livello di
protezione in caso di caduta dall’alto dei lavoratori.
Riguardo al caso esaminato nel documento
come soluzione sicura si propone la messa in opera di un parapetto normale con
fascia ferma piede che garantisca efficacemente i lavoratori dal rischio di
caduta dall’alto e impedisca caduta di materiali.
Il parapetto deve comunque possedere
almeno i seguenti requisiti:
-
essere costruito con materiale rigido e
resistente;
-
avere un’altezza utile di almeno un metro;
-
l’interasse fra i montanti non sia
superiore a 2 metri;
-
essere costituito da almeno due correnti,
di cui quello intermedio posto a circa metà distanza fra quello superiore ed il
pavimento; i correnti devono essere fissati nella parte interna del parapetto;
-
una tavola ferma piede alta non meno di 20
cm;
-
essere costruito e fissato in modo da
poter resistere al massimo sforzo cui può essere assoggettato.
Segnaliamo infine che il documento si
sofferma anche sul fissaggio del parapetto, sulle soluzioni equivalenti, sui
rischi residui e sui piani di sicurezza e coordinamento.
Il documento del Gruppo Edilizia Regione
Veneto “Soluzioni per la sicurezza: Parapetti” è scaricabile all’indirizzo:
Il sito web di INFOR.MO., di cui
nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 8455, 8351 e 5727, è
consultabile all’indirizzo:
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I CONTROLLI DEGLI IMPIANTI ELETTRICI:
L’ARTICOLO 86 DEL D.LGS. 81/08
Da: PuntoSicuro
24/10/17
Indicazioni sull’applicazione
dell’articolo 86 del Testo Unico (D.Lgs. 81/08) in materia di controlli degli
impianti elettrici. La normativa, la differenza con le verifiche periodiche, e
le competenze necessarie. Chi può effettuare i controlli?
In materia di impianti e apparecchiature
elettriche, il Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza
nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/08) ha richiamato le disposizioni del Decreto
del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462, recante “Regolamento
di semplificazione del procedimento per la denuncia di installazioni e
dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, di dispositivi di
messa a terra di impianti elettrici e di impianti elettrici pericolosi” in
materia di verifiche periodiche.
Tuttavia con l’articolo 86 il D.Lgs. 81/08
ha introdotto un ulteriore regime di “controllo” degli impianti elettrici e
degli impianti di protezione contro le scariche atmosferiche a carico del
datore di lavoro.
Per parlarne, con specifico riferimento ai
locali medici, riprendiamo il contenuto del documento, prodotto dal
Dipartimento DIT dell’ INAIL dal titolo “Impianti elettrici nei locali medici:
verifiche”. Un documento che ha lo scopo di presentare non solo le disposizioni
legislative e normative, ma anche precise indicazioni per la realizzazione
degli impianti elettrici nei locali medici e per lo svolgimento delle
verifiche.
Riprendiamo brevemente alcune parti
dell’articolo 86 del D.Lgs. 81/08 di cui all’articolo 86 “Verifiche e
controlli”:
“Ferme restando le disposizioni del
Decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462, in materia di
verifiche periodiche, il datore di lavoro provvede affinché gli impianti
elettrici e gli impianti di protezione dai fulmini siano periodicamente
sottoposti a controllo secondo le indicazioni delle norme di buona tecnica e la
normativa vigente per verificarne lo stato di conservazione e di efficienza ai
fini della sicurezza.
L’esito dei controlli è verbalizzato e
tenuto a disposizione dell’autorità di vigilanza”.
Dunque il D.Lgs. 81/08, come indicato a
inizio articolo, ha introdotto un ulteriore regime di “controllo” degli
impianti elettrici e degli impianti di protezione contro le scariche
atmosferiche. E il termine “controllo” è proprio utilizzato al fine di evitare
confusione con le “verifiche” che devono essere effettuate ai sensi del D.P.R.
462/01: infatti nell’articolo 86 si parla di “verifiche” con riferimento al
D.P.R. 462/01 e di “controlli” per le verifiche volte ad accertare il permanere
delle condizioni di sicurezza.
E, continua il documento, i controlli ai
sensi dell’articolo 86 del D.Lgs. 81/08 hanno per oggetto tutto l’impianto
elettrico, non solo l’impianto di messa a terra, oltre all’impianto di
protezione contro le scariche atmosferiche. E si segnala che non è stato ancora
emanato il Decreto (articolo 86, comma 2 del D.Lgs. 81/08) che avrebbe dovuto
stabilire le modalità e i criteri per l’effettuazione dei controlli, pertanto
si può ritenere che questi siano gli stessi di una verifica. Infatti, avendo
ben chiara la differenza tra gli scopi dei diversi tipi di verifica e tra i
soggetti che le effettuano, nonché le differenti azioni che devono seguire
ciascun tipo di verifica, dal punto di vista dell’esecuzione tecnica non vi
sono differenze sostanziali.
Alla domanda di chi può effettuare i
controlli, il documento risponde indicando che i controlli ex articolo 86 del
D. Lgs. 81/08 rientrano nella manutenzione ordinaria, pertanto possono essere
svolti da un tecnico qualsiasi che a giudizio del datore di lavoro sappia come
condurli. Ciò che qualifica tale tecnico è la conoscenza del modo di condurre
le verifiche.
Alcuni esempi di chi può effettuare i
controlli:
-
un professionista;
-
il responsabile tecnico di impresa
abilitata ai sensi del D.M. 37/08;
-
il personale tecnico interno del datore di
lavoro;
-
il personale tecnico esterno.
Dunque tali controlli devono essere
effettuati da persone qualificate e competenti nei lavori di verifica,
rispettivamente degli impianti elettrici e degli impianti di protezione contro
le scariche atmosferiche. Mentre gli interventi sull’impianto che esulano dalla
manutenzione ordinaria possono essere eseguiti solo da un’impresa installatrice
o da un ufficio tecnico interno abilitati ai sensi del D.M. 37/08, relativo al
riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli
impianti all’interno degli edifici.
Inoltre il documento indica che il datore
di lavoro:
-
può incaricare dei controlli sia personale
interno che personale esterno;
-
deve comunque accertarsi che la persona
incaricata abbia le competenze per un compito simile, altrimenti potrebbe non
essere esente da colpa nel caso dovesse verificarsi qualche infortunio.
Si ricorda poi che l’esito dei controlli
deve essere verbalizzato e tenuto a disposizione dell’autorità di vigilanza. E,
chiaramente, i controlli ai sensi dell’articolo 86 del D.Lgs. 81/08 non
sostituiscono le verifiche ai sensi del D.P.R. 462/01.
Infine il documento segnala che gli organismi
individuati dal Ministero dello sviluppo economico per le verifiche periodiche
ai sensi del D.P.R. 462/01 e il personale che lavora in tali organismi non
possono svolgere attività di progettazione, installazione e manutenzione nel
settore degli impianti elettrici, pertanto non possono svolgere neanche i
controlli di cui all’articolo 86 del D.Lgs. 81/08.
Il documento di INAIL Dipartimento
innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti
antropici “Impianti elettrici nei locali medici: verifiche” è scaricabile
all’indirizzo:
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ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO: SORVEGLIANZA,
COMPITI E RESPONSABILITA’
Da: PuntoSicuro
di Tiziano Menduto
25/10/17
La sicurezza nell’alternanza
scuola-lavoro: gli adempimenti del dirigente scolastico e delle aziende, la
formazione alla sicurezza e la gestione della sorveglianza sanitaria per gli
studenti in alternanza.
Focalizziamo la nostra attenzione su
alcuni aspetti organizzativi, sulle responsabilità, sui compiti di formazione e
sulla sorveglianza sanitaria in relazione all’alternanza scuola-lavoro.
Ad esempio nell’intervento “Sicurezza in
alternanza scuola lavoro”, a cura di Roberto Curtolo dell’Ufficio scolastico
regionale per la Toscana, si ricordano gli adempimenti del dirigente scolastico
e i compiti delle aziende.
Si indica che l’istituzione scolastica è
tenuta a verificare le condizioni di sicurezza connesse all’organizzazione
dell’alternanza scuola lavoro e ad assicurare le relative misure di prevenzione
e gestione, garantendo sia la tutela degli allievi, mediante strutture
ospitanti “sicure”, sia la loro informazione-formazione.
In particolare il dirigente scolastico:
-
forma gli studenti con un corso sulla
sicurezza a carattere generale (come riportato nel documento INAIL del 2013
“Gestione del sistema sicurezza e cultura della prevenzione nella scuola”);
-
garantisce la sorveglianza sanitaria ove
necessario, di cui all’articolo 41 del D.Lgs. 81/08, mediante visita preventiva
da parte del medico competente dell’istituzione scolastica o mediante
specifiche convenzioni attivate con le Aziende Sanitarie Locali o altre
strutture pubbliche;
-
assicura presso l’INAIL contro gli
infortuni sul lavoro e malattie professionali gli studenti;
-
stipula un’assicurazione per la
responsabilità civile verso terzi;
-
designa un tutor interno che sia
adeguatamente formato in materia di sicurezza.
E l’azienda ospitante:
-
integra la formazione già erogata dalla
scuola con una specifica, informando l’allievo sui rischi generali e specifici
dell’azienda, riferiti alla mansione a cui sarà adibito, nonché sulle misure di
prevenzione ed emergenza in atto;
-
mette a disposizione i DPI (Dispositivi di
Protezione Individuale) qualora la mansione svolta dall’allievo lo preveda;
-
individua un tutor aziendale con competenze
anche in materia di sicurezza.
E riguardo alla formazione:
-
la formazione generale spetta alla scuola
e la sua durata non deve essere inferiore a 4 ore, deve trattare temi quali:
concetti di rischi, danno, prevenzione, protezione, diritti e doveri dei vari
soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;
-
la formazione specifica compete alla
struttura ospitante; qualora essa non fosse in grado di assicurarla, può
delegare la scuola a impartirla, con apposita specifica nella convenzione; deve
avere la durata in base alla classificazione dei settori di rischio:
l’articolazione del percorso formativo dei lavoratori è specificato
dall’Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011.
Parliamo ora della sorveglianza sanitaria degli
allievi ricordando che la visita medica è prevista solo nei casi in cui la
valutazione dei rischi ne evidenzi la necessità.
In particolare:
-
se nella scuola è presente il medico
competente spetta a lui la certificazione dell’idoneità dello studente;
-
se a scuola non è presente il medico
competente, ciò è a carico dell’impresa.
Con riferimento al già citato documento
INAIL, si segnala che in generale, secondo le disposizioni vigenti, non di
immediata interpretazione, anche laddove siano previste attività di
laboratorio, è difficile che si vengano a creare condizioni di rischio per la
salute tali da prevedere la sorveglianza sanitaria. In ogni caso, si potrebbe
ipotizzare un sistema di sorveglianza a livello di anamnesi, ovvero che gli
studenti riferiscano sul proprio stato di salute (ipersensibilità a prodotti e
malattie allergiche).
In definitiva nell’alternanza
scuola-lavoro:
-
l’allievo si impegna ad attenersi alle
norme di sicurezza e alle disposizioni aziendali;
-
il tutor scolastico rileva e segnala
eventuali situazioni meritevoli di attenzione per ragioni legate alla salute e
alla sicurezza dello studente;
-
il tutor aziendale sovrintende e vigila
sullo studente in azienda.
Altre indicazioni sull’organizzazione e
sulle responsabilità possono essere reperite nell’intervento “Responsabilità e
compiti di formazione sulla sicurezza e gestione della sorveglianza sanitaria
per gli studenti in alternanza”, a cura di Giuseppe Petrioli.
Concludiamo, infatti, l’articolo
riportando alcuni dei punti fissi relativi all’ alternanza scuola-lavoro
contenuti nell’intervento:
-
la formazione è sempre obbligatoria, di
norma quella generale a carico della scuola e quella specifica e addestramento
a carico dell’impresa;
-
la sorveglianza sanitaria è obbligatoria
solo in pochi casi;
-
l’obbligo di sorveglianza sanitaria non
dipende dalla durata della esposizione, tranne che per i videoterminali;
-
la sorveglianza sanitaria può essere soddisfatta
dal medico competente della scuola o da quello dell’azienda;
-
nei confronti degli allievi ospitati nelle
imprese non si costituiscono rapporti di lavoro;
-
in nessun caso lo studente minorenne
acquisisce la qualifica di lavoratore minore e quindi non rientra nel campo di
applicazione della Legge 977/67;
-
la ratio di queste scelte è che
l’apprendimento si realizza tramite affiancamento e non esecuzione diretta;
-
ai sensi del D.Lgs. 81/08 tuttavia gli
allievi in alternanza sono equiparati a lavoratori;
-
la scuola dovrà valutare i rischi connessi
alla organizzazione dell’alternanza e assicurare le misure di prevenzione e la
gestione del rischio;
-
nel reperire le aziende disponibili la
sicurezza deve essere considerata requisito imprescindibile;
-
utili per il conseguimento di questo
obiettivo sono accordi con associazioni datoriali e Organizzazioni Sindacali;
-
le ASL possono fornire linee di indirizzo
per la stipula di convenzioni con le aziende.
Il documento “Sicurezza in alternanza
scuola lavoro” è scaricabile all’indirizzo:
Il documento “Responsabilità e compiti di
formazione sulla sicurezza e gestione della sorveglianza sanitaria per gli
studenti in alternanza” è scaricabile all’indirizzo:
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