Mesoteliomi
dei macchinisti ferroviari, politica dell’Inps e “dispersione”
del diritto penale
di
Vito Totire (*)
Alla
richiesta di maggiorazione pensionistica avanzata dai macchinisti
delle ferrovie l’Inps risponde negativamente e si costituisce in
giudizio contro le istanze dei lavoratori. Si vuole “risparmiare”?
Eppure a proposito di esposizione all’amianto dei macchinisti i
dati epidemiologici sono drammaticamente chiari. Il quarto report
RENAM (periodo 1993-2008) elenca 55 casi. Sono diventati 79 col
quinto report (1993-2012) e 102 col sesto (1993-2017). Nonostante
questa evidenza, da cui di deduce peraltro prova di una pregressa
esposizione ad amianto anche quantitativamente elevata (vedi Burdorf,
Iwatsubo, Quaderni del
ministero della Salute
giugno 2012) i lavoratori sono costretti a ricorrere alla valutazione
dei giudici della Corte dei conti i quali stanno sopportando un duro
lavoro ma che si affidano a consulenze purtroppo non sempre univoche;
A fronte delle gravi vicissitudini dei lavoratori ferroviari è
doveroso chiedersi: a cosa serve in Italia l’epidemiologia se sui
dati hanno il sopravvento le politiche del risparmio? A cosa serve
l’encomiabile e certosino lavoro degli operatori che redigono il
Renam? Ma si può “risparmiare” nonostante la evidenza
scientifica e l’impressionante numero di macchinisti morti per
mesotelioma? Il governo e il ministro del Lavoro hanno l’occasione
e il potere di sanare la situazione con un atto di indirizzo. Lo
faranno o si continuerà con defatiganti e contraddittorie perizie
nonostante l’evidenza epidemiologica? Agli ex-esposti ad amianto
dobbiamo serenità, benessere e stiamo dando invece ulteriori
distress e vessazioni. Infine una nota di grave rammarico e una
“rivendicazione”. La proposta del giudice Raffaele Guariniello di
attivare una procura nazionale per perseguire i reati gravi in
materia di prevenzione e sicurezza avrebbe facilitato una prospettiva
che dobbiamo ritenere ancora aperta: un processo penale nazionale a
tutela di questi 102 lavoratori colpiti da mesotelioma a causa
dell’omissione di misure di sicurezza. A tutti è noto che solo nel
1995 si cominciò a fornire sistematicamente ddppii (cioè
dispositivi di protezione individuali che nel caso delle vie
respiratorie sono maschere) per le “visite macchina” effettuate
dai macchinisti benché questa fosse la misura da adottare solamente
in seconda battuta, dopo e caso mai in aggiunta alla minimizzazione
del rischio alla fonte. Vogliamo un processo penale nazionale
unificato per rendere giustizia ai macchinisti delle ferrovie
italiane.
Bologna,
30.10.2018
(*)
Vito Totire è medico del lavoro, psichiatra e presidente AEA,
l’Associazione esposti amianto
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