giovedì 30 giugno 2022

30 giugno - info solidale: NON UN PASSO INDIETRO. FINO ALLA VITTORIA! GUERRA, PANDEMIA, CAROVITA, MISERIA. CONTRO IL CAPITALE: LOTTA DI CLASSE!

 

Movimento di Lotta - Disoccupati "7 Novembre"

Un importante gironata di lotta che ha visto oltre 500 disoccupati/e in piazza, insieme al Comitato Vele Di Scampia 167. Un corteo lunghissimo e l'occupazione del Consiglio Comunale fino all'incontro che, ad integrazione della nota pervenuta il 27/06 da parte della Prefettura, dove si convoca il prossimo incontro per il 6 Luglio, si

specifica che il Ministero del lavoro ha richiesto ai partecipanti al tavolo, durante le interlocuzioni telematiche avvenute tra gli enti nella giornata del 23, ulteriori verifiche al fine di approfondire le ipotesi di lavoro presentate dalla documentazione del Comune di Napoli e dal Ministero del lavoro.

Dopo una lunga mobilitazione, fatta di lotte e repressione, abbiamo finalmente riaperto la trattativa tra Ministero del Lavoro, Prefettura, Comune di Napoli.

1) E’ stata pubblicata la delibera dei G.O.L. i finanziamenti che potrebbero finanziare percorsi di formazione e lavoro anche per le platee storiche dei disoccupati di lunga durata facendo rientrare anche i disoccupati di lunga durata residenti in quartieri o zona a particolare rischio di esclusione e vulnerabilità sociale.

2) È in corso la verifica da parte del Ministero del Lavoro dei documenti del Comune di Napoli e delle proposte progettuali di accompagnamento dei disoccupati di lunga durata: usando i G.O.L. ma sostenendo anche tramite altri fondi (gli F.S.E.), altre risorse e normative speciali per i disoccupati storici di Napoli (come avvenne per le Cooperative 25 Giugno o Primavera 3)

In questi giorni e settimane ci sono stati diversi incontri tra le varie istituzioni. Con oggi abbiamo ufficializzato che, per evitare tavoli inutili, il giorno 6 Luglio ci sarà in Prefettura di Napoli, con il Comune di Napoli, un ulteriore incontro con la nostra delegazione ed il Ministero del Lavoro che entra nel merito delle proposte concrete che gli enti intendono mettere in campo.

Non possiamo che ribadire che solo la nostra mobilitazione e la partecipazione attiva in piazza di tutti/e gli iscritti al movimento dei disoccupati può mettere fiato sul collo e garantire risultati concreti. Infatti, nel frattempo, è stato attivato il concorso per l'ASIA Napoli, dopo anni di denunce da parte nostra sul degrado cittadino e sull’utilizzo delle Agenzie Interinali. Ma un concorso dove ci sono requisiti che escludono alcuni soggetti, per accedere ai test la partecipazione è legata al pagamento di 15 euro, ci sono requisiti che valorizzano il percorso clientelare delle Agenzie Interinali, non ci sono clausole specifiche per i disoccupati di lunga durata, da settimane in città già si promettono posti di lavoro in cambio di soldi a faccendieri e politicanti, nel frattempo vengono già stabilite alcune liste preferenziali per cui oltre 200 unità saranno vincolate da alcuni requisiti e non si soddisfa il fabbisogno che dovrebbe andare ben oltre le 500 unità: in tutto questo le piattaforme online, non per tutti accessibili, sono andate in tilt in poche ore.

Proseguiamo la lotta, senza sosta, per strappare i risultati per cui da tempo lottiamo: formazione, lavoro socialmente necessario, salario garantito!

Dopo due anni di Covid e gestione criminale e caotica delle misure di contenimento, l'escalation militare, le conseguenze sociali sono enormi: carovita, disoccupazione, precarietà, morti sul lavoro, disastri ambientali.

O ci organizziamo noi e lottiamo...O continueranno a sfruttarci ed opprimere...

Il 5 Luglio saremo al Tribunale di Napoli per uno dei tanti processi che vede coinvolti 8 nostri compagni/e mentre il 6 Luglio: tutti in piazza!

MOVIMENTO DI LOTTA-DISOCCUPATI “7 NOVEMBRE”

cercaci su Facebook, Instagram o via email mov7nov@gmail.com

Le iscrizioni sono ancora aperte, tutti i Lunedì dalle 16:30 a Via Carriera Grande 32, sede di Napoli

Si Cobas Lavoratori Autorganizzati

#Napoli #7nov #Lavoro



mercoledì 29 giugno 2022

29 giugno - MORTO UN BRACCIANTE IMMIGRATO

 

Padroni, governo, Regione ASSASSINI! Un altro giovane bracciante immigrato morto bruciato nel ghetto nel foggiano

Siamo fortemente addolorati e arrabbiati. Yusupha Joof immigrato/profugo gambiano, non era ucraino, non aveva la pelle bianca e poteva vivere peggio degli animali, essere sfruttato nei campi, e poteva morire!

Il nostro cordoglio alla famiglia di Yusupha Joof.

La nostra rabbia verso gli assassini che hanno permesso questa ennesima morte nei campi della Puglia. 

A questa violenza assassina si aggiunge la violenza delle Istituzioni, che è di fatto una dichiarazione di altre future morti. Il governatore Emiliano, tra tutti, non sa fare altro che mettere le mani avanti: "La Regione non ha diretta compertenza in materia..."; e sul corpo di Yusupha Joof mettersi le medagliette: "La Regione in questi anni ha sperimentato soluzioni efficaci, ha fatto nascere foresterie, sono già state realizzate strutture modulari per ospitare 1250 che arriveranno a 2300 con gli ulteriori interventi programmati da realizzare entro il 2023..." Maledetto falso! Intanto i braccianti immigrati in Puglia, da Borgo Mezzanone, a Turi,  a Nardò vivono nelle baracche tra lamiere, tende di plastica, dormono sui cartoni, tra il degrado,  Intanto quando lottano e rivendicano il diritto ad una casa, ai documenti, quando denunciano lo sfruttamento da schiavi dei padroni, vengono ignorati o anche denunciati. 

Basta con le ipocrisie, siete voi i responsabili!

Che anche di fronte a questa terribile morte/assassinio vada avanti ancora più determinata, forte e unita la lotta dei braccianti immigrati.

Slai Cobas per il sindacato di classe - Taranto

Dal comunicato di Comitato Lavoratori delle Campagne

Ieri alle ore 15:49  ·

UN ALTRO INCENDIO, UN ALTRO MORTO. BASTA INDIGNAZIONE INTERESSATA, ANCHE QUESTA È VIOLENZA

 

Questa notte nell’insediamento di Torretta Antonacci, nel comune di San Severo, sono bruciate alcune baracche e nel fuoco ha perso la vita Yusupha Joof, gambiano di 35 anni. Le cause non sono ancora del tutto chiare, potrebbe essersi trattato del surriscaldamento delle batterie di un pannello solare.

Attivisti, sindacalisti e tutti i vari imprenditori dell'invisibiltà fatta spettacolo già si stracciano le vesti, puntando il dito contro le istituzioni complici...

tutti coloro che ora piangono lacrime solidali e si indignano, hanno per anni taciuto e persino avallato le speculazioni che hanno reso i ghetti una macchina da soldi e una piattaforma per il lancio di carriere politiche. Per dormire in un container finanziato con fondi pubblici, a "Torretta Antonacci", come è stato ribattezzato il Gran Ghetto proprio grazie a questi soggetti, bisogna pagare un pizzo ai loro amici. E quindi, chi non può permetterselo, chi si rifiuta o semplicemente chi non è nelle loro grazie, dorme in baracca, con tutti i rischi del caso. Chi oggi chiede case, documenti e contratti ha sempre boicottato le lotte autorganizzate che avevano queste come rivendicazioni centrali, e lo ha fatto per biechi interessi personali e di parrocchietta.

Questi stessi imprenditori del disagio tacciono di fronte alle denunce di aggressioni razziste, portate in piazza dai lavoratori delle campagne lo scorso 11 giugno, perchè appunto non possono capitalizzarle. Tacciono delle connessioni tra quel che accade nei ghetti del Made in Italy e quel che accade alle frontiere d'Europa, dal Marocco alla Libia alla Grecia. Tacciono dell'inutilità dei lauti finanziamenti del PNRR su cui sperano di mettere le mani. I diretti e le dirette interessate hanno ribadito più volte, non ultima nell’incontro con vice-prefetto e capo dell’ufficio immigrazione tenutosi a Foggia lo scorso 11 giugno, la necessità di essere coinvolti nei processi decisionali per soluzioni che impatteranno, ancora una volta e direttamente, le loro vite, nel silenzio di chi oggi si indigna a singhiozzo, ipocritamente, rispondendo ad un calcolo.

Basta speculare sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici immigrate: per non essere complici dei padroni e dello stato, la strada è una sola. Scendere in strada a fianco di chi da anni chiede il riconoscimento di tutele minime...

 

Case, documenti, contratti!

Basta morti e violenza razzista!

Rest in Power Yusupha


martedì 28 giugno 2022

PRIMA RISPOSTA ALLO SCHIFOSO ACCORDO UIL/MPM CHE TAGLIA LA PAGA. SCIOPERO CON TANTA RABBIA LUNEDÌ DAVANTI AI CANCELLI DELLA BERETTA DI TREZZO. MA AL CENTRO C'È SEMPRE L'APPALTO E LA DIFESA DEL POSTO DI LAVORO

 

 
Questo accordo è parte di un attacco più esteso alle operaie per ricacciarle al tempo delle cooperative, quelle che con la committente sono sotto inchiesta per gli appalti; alle operaie che si sono organizzate con lo Slai Cobas e alle conquiste ottenute.
Il cambio appalto è nei fatti l'opportunità legalizzata dallo Stato, concessa ai padroni per azzerare la situazione contrattuale, ma va gestita attraverso gli accordi confederali. Questo stanno provando a fare anche alla Beretta, con la complicità della Uil per mettere prima di tutto a rischio la garanzia del posto di lavoro all'interno del Salumificio, per le operaie dell'appalto.
 
Uil che ha firmato all'oscuro di tutte le operaie, la riduzione di una parte del loro

28 giugno - contributo al dibattito x fare: Le ragioni dell'unità e della lotta, della centralità del lavoro per il fronte unico di classe - Dall'Assemblea proletaria anticapitalista

 

Salutiamo tutte le lotte dei lavoratori, dei disoccupati, dei precari, degli immigrati, di tutti i settori sociali che si stanno opponendo non solo al al governo e ai padroni ma all’intero sistema che ci ha “regalato” la crisi, l’ha aggravata con la pandemia e ora ci trascina in una guerra interimperialista che ricade innanzitutto sui proletari e sui popoli, sia come costi immediati sul piano economico, sia come in prospettiva per le trasformazioni politiche e sociali che introduce.

Noi lottiamo nelle realtà dove siamo e cerchiamo di essere più uniti e più forti, più in grado di rispondere, perché abbiamo fiducia che ciò possa avvenire. Non è un fronte difensivo a cui pensiamo, anche se la difesa è l’aspetto più immediato in questa fase, il fronte unico di classe ha la potenzialità di inglobare l’organizzazione politica e sociale per la trasformazione rivoluzionaria di questo paese. Ciascuna delle realtà che lotta da sola non è in grado di invertire i rapporti di forza, e di creare una situazione più favorevole sia per i risultati concreti dei lavoratori, sia per modificare questi rapporti di

forza che ci possano permettere di mettere in discussione non il singolo padrone o la singola vertenza ma l’intero sistema del capitale, del governo, partiti che lo sostengono.

Noi dobbiamo stare dove è necessario, dove è possibile tradurre nei fatti il fronte unico di classe. Perchè il FUC è sempre un fronte di realtà diverse non realtà uniche. Quindi noi non possiamo scegliere dove esserci, siamo dove è necessario esserci.

Nell’assemblea della Gkn è stata raccolta una parte, attivata dalla battaglia della Gkn, tante realtà che si sono ritrovate in quel percorso che innanzitutto è stato segnato dalla grande battaglia alla fabbrica – e il dato di qualità di questa lotta sta in questo. Non è la prima volte che forze si mettono insieme, Ma se una fabbrica guarda oltre la singola vertenza, chiama a raccolta tutti gli altri e in qualche maniera riesce a raccoglierne uno spezzone significativo, è li che dobbiamo esserci perchè questo percorso deve continuare in coerenza sia con le cose che dice sia con le cose che non dice.

In questo senso facciano osservazioni, rilievi che sono fatti sempre con spirito unitario, per dare un contributo, non da “grilli parlanti”.

Sullo sciopero generali, quello del 20 contro la guerra, diciamo che non possiamo continuare con scioperi “indicazioni”, “testimonianza”; è chiaro che ogni volta che realizziamo questo tipo di scioperi, si realizza un primo passo, un orientamento, ma noi non dobbiamo chiamare scioperi generali, scioperi che non lo sono nella fase attuale, che non permettono, anche associando tutti i sindacati di base, di dare spessore, forza materiale alla lotta contro padroni e governo, in condizioni tali da ottenere risultati concreti e modificare i rapporti di forza. Noi ci siamo ogni volta che c’è una lotta; però non è questa la strada che ci porterà ad influenzare l’intero movimento dei lavoratori e delle lotte.

Le ragioni dell’unità e della lotta generale ogni giorno aumentano, l’agenda ce la tracciano padroni e governo; al peggio non c’è mai fine, i padroni e il governo hanno la possibilità di fare tutto quello che gli pare, con un parlamento grottesco e sindacati confederali acquietati, nonostante ogni tanto volino parole grosse.

E’ una situazione che diventa sempre più inaccettabile che in forma deformata si esprime anche con l’astensionismo elettorale, anche se noi non pensiamo che l’astensionismo sia il centro del problema; noi siamo per il protagonismo, per la partecipazione attiva. Non basta dire: la lotta e non il voto, perchè non è che chi vota sarebbero gli arretrati e chi non vota invece sarebbe l’avanzato. La lotta è l’arma ma deve avere l’ambizione di proporsi come alternativa di opposizione reale e alternativa di governo, con i tempi lunghi e le dinamiche che prima di parlarne bisogna fare.

Su questa strada vi sono due questioni importanti: la questione delle fabbriche e la questione dei migranti. Non si tratta di guardare la realtà e fotografarla così com’è, il lavoro che vogliamo e dobbiamo fare è di mutare questa realtà. Migranti e operai sono due corni fondamentali della ricomposizione di classe; quando si dice migranti si dice la grande questione dell’imperialismo, dello sfruttamento schiavista nelle campagne, parliamo dei lavoratori della logistica sono parte della classe operaia. Questi sono la base materiale del fronte unico di classe. 

Lavoriamo per la radicalizzazione delle forme di organizzazione di classe già esistenti esistenti e per la ricomposizione di classe innanzitutto delle fabbriche e dei migranti.

Questi due anelli possono dare forza e consistenza oggi al movimento di classe contro la guerra imperialista. Le fabbriche sono ben dentro la dinamica internazionale del capitale in relazione alle dinamiche che sono state innescate dalla crisi e dalla guerra.

Partiamo dalle vertenze, perchè non possiamo fare solo propaganda – sempre necessaria - e dobbiamo partire dallo stato delle cose. Dobbiamo socializzare le lotte che si stanno facendo, per permetterci anche di riflettere su le cose che possiamo e dobbiamo fare e le cose che non possiamo fare.

Noi dobbiamo “vivere” di organizzazione delle lotte sul posto di lavoro e di manifestazioni nazionali che abbiano un peso, un impatto e che ci portino avanti nei rapporti di forza e nella identità del movimento reale su basi di classe.

(Dall'intervento dello Slai Cobas per il sindacato di classe)


lunedì 27 giugno 2022

27 giugno - STRAGE DI VIAREGGIO 2009: MOBILITAZIONI 29 E 30 GIUGNO 2022

 

29 giugno 2009, 13 anni fa ...

disastro ferroviario e strage di Viareggio


Mercoledì 29 giugno ore 21.00

appuntamento in Piazza Nieri e Paolini davanti al Comune

corteo per la la città fino a via Ponchielli, luogo del disastro


Mercoledì 29 ore 17.30 al Luogo della Memoria e della Solidarietà via Aurelia sud 20 (tra Cassa risparmio Lucca e distributore Q8)

RICORDO di Michele Michelino, presidente del 'Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio' di Sesto San Giovanni (Mi), ex operaio Breda in lotta contro le stragi da amianto, scomparso il 21 aprile scorso, e INCONTRO con i rappresentanti di stragi industriali e ambientali.


Giovedì 30 giugno ore 09.30 a Firenze

al Palagiustizia 15° udienza del processo 'appello-bis'.

Giorno che potrebbe essere della sentenza


Da Viareggio: appuntamento alle ore 07.45 sull’Aurelia nord di fronte ai campi di calcio per organizzare la presenza a Firenze



domenica 26 giugno 2022

I PADRONI DELOCALIZZANO PER RINNOVARE LA FORZA LAVORO DOPO AVER CONSUMATO SULLE LINEE LE OPERAIE, DOPO AVER SUCCHIATO ESPERIENZA E TECNOLOGIA. CHIUDONO FABBRICHE QUANDO IL LAVORO C’È. SCATTATO LO SCIOPERO AD OLTRANZA ALLA MAIER CROMOPLAST DI VERDELLINO. LA SOLIDARIETÀ DELLO SLAI COBAS SC.


 Il tempo di rendersi contro delle manovre che l’azienda stava compiendo con il trasferimento degli stampi in Spagna, che un’operaia giovedì ha dato l’allarme e a catena è scattato il blocco di tutte le linee, dallo stampaggio alla galvanica, per uno sciopero ad oltranza con presidio alle portinerie, per evitare che altro prezioso materiale tecnico possa finire all’estero.

26 giugno - Sfruttati a 600 euro o pagamenti in nero: la giungla del lavoro

 

La disperazione dei giovani: «Ci pagano 2,70 euro all’ora». Stipendi da fame in fast-food, studi medici e tabaccherie

Da una parte il Piemonte vanta il triste record di disoccupazione giovanile, dall’altra nessuno vuole più fare il cameriere e il cuoco, e i titolari delle attività non sanno come fare a reclutare il personale. Con il Covid tutto e cambiato e sembra che i giovani finalmente abbiano deciso di non sottostare più alla logica del lavoro, spesso in nero, con compensi da fame e carichi di lavoro spropositati.

LO SFRUTTAMENTO

Martina, il nome è di fantasia, nell’ultimo periodo ha cambiato un gran numero di impieghi. «Ho lavorato per un amministratore di condominio che mi pagava 800 euro al mese in nero e quando mi sono presa il Covid mi ha lasciata a casa, ho anche fatto il corso come amministratrice con un’agenzia ma non mi hanno rilasciato nessun certificato – spiega la 27enne torinese che non si è mai data per vinta e ha continuato a cercare -. In una tabaccheria mi hanno offerto 600 euro per 10 ore di lavoro al giorno, facendo un calcolo, togliendo i giorni di riposo, avrei guadagnato 2,70 euro all’ora. Mi piacerebbe tanto poter essere autonoma – commenta – ma con questi compensi non posso pagarmi l’affitto e sono costretta a vivere coi miei».

Paola racconta la sua triste esperienza in un fast food di provincia: «Al McDonald’s mi hanno fatto un contratto di apprendistato da 600 euro al mese che non mi hanno mai fatto vedere, e mi avrebbero potuto spostare in ogni fast-food del mondo pagandomi sempre quella cifra che poi ho scoperto essere soltanto 400 euro. È stato un vero incubo, le colleghe mi facevano la guerra per due spicci, una volta una mi ha fatto lo sgambetto, un’altra mi hanno spinto e sono finita col braccio nella friggitrice».

Ilaria ha lavorato in un pub di corso Vittorio a Torino: «Mi davano 30 euro al giorno per 9 ore serali di lavoro, dalle 17 alle 2 di notte. E a volte lavoravo perfino senza la certezza di essere pagata. Ho resistito due mesi poi mi hanno praticamente costretto ad andarmene. Checché ne dicano i titolari di bar e ristoranti – sottolinea la giovane -, il mondo della lavoro continua a essere in larga parte basato sullo sfruttamento. Per fortuna noi ventenni l’abbiamo finalmente capito».

E se con il calo della domanda di camerieri e baristi gli stipendi offerti dai datori di lavoro ora sembrano mediamente un po’ più alti, ci sono una marea di settori, anche nell’ambito dell’alimentare, in cui le retribuzioni continuano a essere da fame e non danno alcuna garanzia di futuro.

PRECARIATO SUL WEB

Per farci un’idea abbiamo cercato lavoro sul web passando in rassegna gli innumerevoli annunci che offrono posizioni quanto mai precarie. È di pochi giorni fa la proposta della società Gruppo Dimensione Spa di Grugliasco in cui si cerca un ingegnere civile, conoscitore di due lingue, retribuito 600 euro al mese. Ma su Indeed si possono trovare varie “offerte” di questo tipo. Sempre a Grugliasco un assistente al project manager di Cta Spa prende sempre 600 euro, stesso compenso offerto dalla Brule piadineria di Torino per un addetto alle preparazione delle piadine e gestione punto cassa, così come dallo studio dentistico Di Gioia a Moncalieri che per 600 euro cerca una segretaria front office per prendere appuntamenti e accogliere clienti l’intera giornata. Per muovere i primi passi come addetta alla selezione del personale, la Kelly Service Spa di Torino propone uno stage a tempo pieno retribuito appena 500 euro. Perfino la multinazionale Ikea sottopaga gli stagisti: per lavorare nell’angolo delle occasioni nel “baraccone” di Collegno si guadagna sempre la modica cifra di 600 euro. Come già fatto notare dalle ragazze intervistate, tra i luoghi in cui lo sfruttamento è più di casa ci sono anche tabaccherie e fast-food. Sempre per 600 euro al mese una tabaccheria di Nichelino ricerca una posizione da commessa, sotto forma di stage, con orario flessibile. Mentre per lavorare come operatore fast-food la Bkno Srl offre un impiego a tempo pieno a ben 700 euro mensili.

Neppure i camerieri non se la passano poi così bene: la paga al ristorante Passami il sale a Venaria è di 600 euro al mese, anche per prima esperienza. Mentre Food & Company cerca una figura extra il sabato sera per 50 euro.




sabato 25 giugno 2022

25 giugno - Morselli/Acciaierie d'Italia è andata e ha ottenuto parecchio - I sindacati sono andati e hanno ottenuto parole (se non l'arrivo di ispettori nazionali del lavoro)

 

1° VALUTAZIONE

Più si fanno questi incontri al Mise e più l'unica a guadagnarci è l'azienda. Prima lo sconto su affitto e sul costo di acquisizione della fabbrica, ora 1 miliardo di euro per la produzione.

I sindacati Fim, Fiom, Uilm e l'Usb tornano ancora una volta con niente di concreto in mano, e arrivederci a luglio, ma solo per verificare se lo Stato può liberarsi dai vincoli europei e dare il miliardo all'azienda e l'esito della verifica su rapporto tra cassintegrazione/investimenti degli ispettori nazionali.

Delle richieste che pure questa volta i sindacati confederali avevano portato all'incontro dopo una assemblea nazionale a Taranto dei delegati di tutti gli stabilimenti (integrazione alla cig e verifica degli organici teconologici,prmio di risultato e apertura contrattazione di II livello, contrattazione e clausole di salavaguardia occupazionale per gli appalti, problema occupazione dei 1600 lavoratori in cig in Ilva AS, richieste sul fronte salute e sicurezza, bonifica ed estensione dei benefici amianto) non si è ottenuto nulla.  Per le OO.SS gli unici risultati sarebbero che "il governo ci ha ascoltati", "il governo ha preso atto" (Cisl), "La posizione sindacale è stata presa in considerazione dai Min. Giorgetti e Orlando" (Uilm), "il governo si deve assumere le sue responsabilità" (Fiom), "Riconosciamo il valore dell'intervento di Bernabè che ha chiarito che la transizione ecologica è lunga e complessa... vogliamo dal governo la verità sulle intenzioni" (Usb). Si continua a parlare come se il governo non sapesse quello che succede e non ne fosse pienamente responsabile. Nessuno ha messo in discussione che il governo debba finanziare l'aumento della produzione, a fronte delle nuove possibilità di mercato per l'acciaio italiano aperte dalla guerra.

Noi l'avevamo detto: senza aver dato continuità alla mobilitazione che c'era stata il 6 maggio niente di nuovo poteva venire per i lavoratori da questo incontro al Mise. Uno sciopero riuscito, positivo, con la contestazione alla Morselli, è stato così "ucciso", e senza rapporti di forza che vengono solo dalla lotta, dall'azione e voce forte dei lavoratori, agiscono solo i padroni con il sostegno del governo. Occorre, invece, rovesciare la situazione e questo è possibile non con le parole ma con i fatti della lotta.

Anche perchè l'incontro del 23 è stato, per i probleni gravi e urgenti dei lavoratori pure peggio dei precedenti.

Da parte del Min. Giorgetti tutta la comprensione è stata per le "difficoltà finanziarie di Acciaierie d'Italia e tutto l'obiettivo è "aumentare al massimo possibile la produzione... lasciamo perdere ordinanze e sentenze e arriviamo ai 5,7 milioni di produzione".

Invece il lavoro, i salari tagliati con la cassintegrazione, la sicurezza a rischio ogni giorno, le minacce di licenziamenti, i mancati pagamenti agli operai dell'appalto sono stati ricordati da tutti ma non sono stati proprio all'Odg delle decisioni. L'unica concessione fatta dal Min.Orlando è la possibilità di inviare a Taranto degli ispettori nazionali del lavoro per verificare che rapporo c'è tra numero dei cassintegrati in Acciaierie e la realizzazione degli investimenti indicati nella istanza per la cig (una verifica che viene, comunque, dopo mesi e mesi che l'azienda usa unilateralmente la cig e gli operai perdono salario).

Siamo alla manifestazione evidente per cui le perdite dei padroni vengono socializzate, scaricate sul pubblico, sui proletari e masse popolari, che stanno andando sempre più in miseria per il carovita, l'attacco al lavoro, ai salari; i profitti dei padroni sono privati!

I padroni appena sono in difficoltà finanziaria vengono foraggiati con milioni, miliardi dal governo; i lavoratori possono fare la fame ma al limite Draghi gli dà una tantum di 200 euro.

I padroni non devono perdere niente, non devono intaccare i loro utili, i lavoratori devono perdere anche il minimo per vivere.

OPERAI, QUESTO NON SI PUO' ACCETTARE IN SILENZIO! E' ANCHE UN PROBLEMA DI DIGNITA'! Oltre che di vivere da anni e anni nell'incertezza del lavoro, del salario, di poter tornare sano e vivo a casa!

Lo Slai Cobas ciò che serve e ciò che bisogna fare lo dice da tempo. Ora sono gli operai che non devono solo lamentarsi, ma rilanciare lo spirito combattivo del 6 maggio, comprendere la situazione e prendere la loro sorte nelle mani.

SLAI COBAS per il sindacato di classe


25 giugno - BOLOGNA 2 LUGLIO: MOBILITAZIONE DEL COORDINAMENTO MIGRANTI

 

Alcuni giorni fa Alessandro Alberani, il Direttore Logistica Etica Interporto Bologna, ha finalmente chiarito qual è il significato politico della sua nomina. In occasione di un incontro in Prefettura, in linea con il suo passato alla CISL, Alberani ha fatto sapere che stanno lavorando per far rientrare il settore della logistica nella legge 146 che prevedere tempi più lunghi e procedure più complesse per proclamare gli scioperi. L’obiettivo, ha detto senza pudore, è impedire scioperi e blocchi dei lavoratori e delle lavoratrici dei magazzini, in maggioranza migranti e richiedenti asilo. Un obiettivo per il quale, evidentemente, non era stata sufficiente la legge Salvini che qualche anno fa ha vietato i blocchi stradali, rendendoli penalmente perseguibili. Un obiettivo al quale a quanto pare si è accodato anche il sindaco più progressista del paese.

Fiero della nomina ricevuta da Matteo Lepore, Alberani ha svelato la vera etica che hanno in mente le istituzioni cittadine firmatarie della Carta metropolitana: è l’etica del profitto dei padroni, basata sulla libertà di rendere conto solo ai “sindacati responsabili”, sempre disposti a firmare qualche accordo per far sì che lo sfruttamento nei magazzini prosegua senza interruzioni. Nella logistica etica non c’è spazio per altri sindacati, tanto meno per migranti e richiedenti asilo che negli ultimi mesi si sono organizzati autonomamente per denunciare le condizioni di sfruttamento e il ricatto del permesso di soggiorno su cui si basano. Le dichiarazioni di Alberani confermano che la grande fabbrica dell’Interporto è un campo di battaglia strategico per il lavoro migrante. Durante e dopo la pandemia scioperi, blocchi e mobilitazioni hanno consentito di conquistare qualche vittoria in un settore nel quale ‘lavoro essenziale’ è sinonimo di oppressione, insicurezza e povertà. Lo sanno bene le lavoratrici madri di Yoox che sono riuscite ad ottenere il turno centrale. Lo sanno i richiedenti asilo che lo scorso novembre si sono rifiutati di lavorare dentro SDA, bloccando il magazzino dove a ottobre è morto Yaya Yafa, per dire basta a ore non pagate, a contratti di un giorno o di una settimana, per chiedere più sicurezza e trasporti. È grazie a quello sciopero, non certo ai protocolli della logistica etica, che molti contratti sono stati rinnovati per due o tre mesi, in alcuni casi sono diventati a tempo indeterminato, e che di recente sono state inserite nuove – e comunque insufficienti – corse degli autobus: mentre l’autobus per raggiungere FICO subito attivato rimane tristemente vuoto e inutilizzato, molti migranti sono ancora costretti ad aspettare ore in caso di turni notturni o a muoversi in bici su strade poco illuminate e pericolose.

A migranti e richiedenti che alzano la testa e rifiutano sfruttamento, razzismo e sessismo, Alberani e le istituzioni etiche che rappresenta rispondono con il buon proposito di rendere ancora più complicati scioperi e blocchi. Una risposta che fa il paio con l’ostinato silenzio della vicesindaca e dell’assessore al welfare che continuano a ignorare gli impegni presi per intervenire su alcuni concreti problemi che donne e uomini migranti quotidianamente devono affrontare. Non avevamo chiesto la luna, ma alcune cose molto pratiche. Evidentemente preferiscono l’etica del divieto di sciopero. Contro la logistica etica e il silenzio dell’amministrazione comunale il 2 luglio saremo in Piazza Nettuno: invitiamo tutte e tutti a partecipare per sostenere le lotte delle donne e degli uomini migranti, di richiedenti asilo e profughe!

Coordinamento Migranti

24 giugno - Contro la strage sul lavoro: unità/lotta e Rete nazionale. E' ora di rispondere, organizzando tutti coloro che si battono su questo fronte

 

Sono più di 730 i morti sul lavoro in quest'anno fino ad oggi.

I dati dell'Dall'OSSERVATORIO NAZIONALE DI BOLOGNA MORTI SUL LAVORO: "733 fino ad oggi, 362 di questi sui luoghi di lavoro i rimanenti in itinere e sulle strade. In questi “numeri” ci sono anche i morti sul lavoro non assicurati all’INAIL (oltre 4 milioni di lavoratori) in più i morti in nero e i milioni di agricoltori, spesso pensionati che continuano a lavorare per le magre pensioni".

7 operai morti sul lavoro negli ultimi 2 giorni, nei cantieri, dai ponteggi, schiacciati da muletti, il profitto uccide operai di 72 anni e operai giovanissimi.

Basta! Cominciamo ad organizzarci, a metterci in Rete, a lavorare per portare la lotta a difesa delle vite operaie nei luoghi di lavoro, per la sicurezza, sul piano nazionale.

Qualcosa comincia a muoversi e a unirsi. Ora lavoriamo tutti per dare vita a una Rete nazionale per la sicurezza e salute nei luoghi di lavoro e nei territori.

Di questo tratta l'intervento all'Assemblea Nazionale Anticapitalista del 17 giugno scorso del compagno della Rete nazionale sicurezza-nodo di Ravenna che riportiamo:


C’è un aspetto positivo in questa fase, e cioè che si sta rispondendo a livello organizzativo, alcune realtà si stanno cominciando a mettersi in Rete per rispondere alle morti sul lavoro e per la sicurezza nei luoghi di lavoro. Due importanti appuntamenti si sono svolti di recente a cui abbiamo partecipato, il 26 maggio a Modena, che ha dato vita alla Rete naz lavoro sicuro, dietro impulso dei macchinisti del Comu, assieme ad alcuni esponenti Medicina Democratica con Totire e Paolo Fierro, vice presidente. Un’assemblea dedicata a Michele Michelino, che è stato commemorato in questo senso: un riconoscimento e una valorizzazione del suo impegno per la causa operaia e una volontà di lotta di proseguire il lavoro a cui Michelino ha dedicato tutta la sua militanza, quella della lotta contro le morti sul lavoro come prodotto di questo sistema capitalistico basato sul profitto dei padroni. 

Questa assemblea di Modena è da appoggiare, sostenere, erano presenti anche gli operai Gkn che hanno portato la loro lotta e, in un passaggio del loro intervento è stata posta, sulla questione sicurezza, la questione dei DVRI che, siccome vengono preparati dall’azienda, sono poco obiettivi: su questa questione è una battaglia da fare.

AL SALUMIFICIO BERETTA DI TREZZO DI NUOVO LA UIL IN AIUTO AI PADRONI. FIRMATO UN ACCORDO INFAME CHE TAGLIA LA PAGA GIÀ BASSA ALLE OPERAIE DELL’APPALTO, COLPENDO LA MATERNITÀ E CHI SI INFORTUNA (O CHI DENUNCIA GLI INFORTUNI). ANCORA PIÙ RABBIA TRA LE OPERAIE. NUOVE MOBILITAZIONI PER IL RITIRO E CAMPAGNA DI SOLIDARIETÀ.

Con il cambio appalto del 31.5.22, Beretta sta cercando di scrollarsi di dosso i legami con l’inquisita The Workers, cercando di far dimenticare (notizie del 13 aprile 22) che le indagini hanno messo al centro proprio le responsabilità e i profitti di Beretta ‘che usava l’appalto come serbatoio di manodopera sottopagata’.

Ma questo cambio per le operaie non ha mutato la sostanza del loro rapporto di lavoro precario in appalto, anzi lo ha messo ancora di più in crisi.

La nuova società che ha rilevato l’appalto, MPM spa, è attraversata dalla conflittualità nei molti cantieri aperti proprio per i classici problemi degli appalti, come la paga bassa, l’inquadramento, le differenze retributive, i provvedimenti disciplinari, i licenziamenti e i trasferimenti repressivi…

E vista da vicino, nel ‘cantiere di Trezzo’ rivela il volto del moderno fascismo padronale che avanza, autoritario nel comando dei lavoratori, che mal sopporta che le operaie, le donne che si organizzano sindacalmente e si difendano in fabbrica,

giovedì 23 giugno 2022

BUONA PARTECIPAZIONE ALLO SCIOPERO DEL 16 GIUGNO CONTRO ‘ZERO GIORNI DI PROGNOSI’ PER GLI OPERAI INFORTUNATI DI TENARIS, MA I SINDACATI CONFEDERALI VANNO PER LA LORO STRADA. DEL RESTO LA SICUREZZA NON È CERTO AL PRIMO POSTO NELLA PIATTAFORMA AZIENDALISTA

 

Nell’assemblea generale per l’accordo di secondo livello, convocata proprio il giorno dopo il riuscito sciopero del 16, per i segretari confederali contro il pesante attacco di Tenaris che rivendica a discrezione la scelta di rimandare in reparto a lavorare con zero giorni di prognosi gli operai infortunati, non se ne parla di tenere alta l’attenzione e la mobilitazione, anzi, nemmeno troppo velatamente, è stato detto ‘ che se ci opponiamo a muso duro all’azienda il contratto aziendale parte in salita…’

Una bassa affluenza per una piattaforma che ripropone l’impianto degli accordi sindacali precedenti, centrati su flessibilità, precarietà, produttività per raggiungere i parametri aziendali e i cosiddetti premi; dove quindi la produzione è il centro e la sicurezza si ritrova subordinata ai ritmi, ai salti di riposi, alla riduzione degli organici, alla formazione dei precari sempre troppo frettolosamente sbattuti sugli impianti.

In assemblea abbiamo portato l’importanza di contrastare il fascismo padronale respingendo questo attacco aziendale al diritto alla cura, dando continuità allo sciopero del 16 anche con il blocco degli straordinari e dei recuperi produttivi;

di come questo sia condizione per la prossima mobilitazione per il contratto aziendale: lasciare questo elemento di ricatto forte nelle mani dell’azienda impone una mediazione al ribasso sui già scarsi elementi della piattaforma;

che deve avere al centro la sicurezza, al netto dei piani produttivi, oggi regolamentati da accordi sindacali per avere più tubi con meno operai e sempre più precari; gli aumenti salariali slegati dai parametri aziendali; l’assunzione e la formazione degli operai.

Di come la lotta per il contratto aziendale di una grande fabbrica deve diventare parte e risorsa della mobilitazione più generale necessaria contro la guerra e il carovita, le morti sul lavoro, la battaglia per il salario, contro gli appalti in fabbrica;

che questo è possibile solo tornando a riempire le sale delle assemblee in fabbrica, riprendere nelle nostre mani le piattaforme, recuperare il protagonismo opeaio per ricostruire nella lotta l’organizzazione e nuovi rapporti d forza.

23 giugno - Braccianti immigrati: non solo denuncia ma soprattutto mobilitazioni - L'intervento di Campagne in lotta nell'Assemblea proletaria anticapitalista del 17 giugno

 

Aggiornamento su quello che è successo negli ultimi mesi, settimane nei vari fronti di lotta dei migranti. La situazione principale è su Foggia dove sabato 11 giugno vi è stata un'altra mobilitazione dopo quella del 31 marzo, che si era articolata in diverse piazze d'Italia. A Foggia in questa mobilitazione si è aggiunta la lotta contro le aggressioni razziste; è stato un continuo stillicidio. Per fortuna finora nessuno ha subito conseguenze gravi, ma i lavoratori che all’alba andavano nei campi a lavorare sono stati presi a sassate, inseguiti dalle macchine, urla dietro; l'ultimo caso è di stamattina; nonostante dopo la manifestazione la polizia si era impegnata a pattugliare le strade, ma ci sono state un giorno, la domenica notte, poi, dicono i lavoratori, non si è più visto nessuno.

Noi siamo coscienti che non è chiedendo alla polizia e alle Istituzioni di risolvere questa situazione che si potrà risolvere, per questo stiamo cercando di articolare altre proposte. Questo rivela un conflitto dentro una situazione di sfruttamento. Per cui da una parte gli immigrati per i padroni sono lavoratori fondamentali, e anche qui, come gli anni scorsi, in situazione di pandemia (che era stata anche usata per arrivare alla sanatoria truffa) e c'era stato nel 2020 l'allarme della mancanza di

lavoratori nei campi - un mantra che sentiamo anche nella ristorazione; dall'altra poi si mantiene una difficoltà assurda per avere i documenti.

Per questo i lavoratori oltre a chiedere interventi per le aggressioni, hanno di nuovo chiesto lo sblocco dei documenti alla Questura di Foggia, perchè dopo il 31 marzo si era aperto un canale della "protezione speciale", dato direttamente dal Questore, per cui un lavoratore deve produrre una serie di documenti che testimoniano la presenza continuativa, il suo legame col territorio - e noi siamo riusciti a mandare una lista in questura, poi la questura ha fatto ostruzionismo, per cui abbiamo dovuto insistere e sembra che ora la situazione vada avanti, ovviamente è una piccola vittoria non è la soluzione della questione dei documenti che dovrebbe essere nazionale, anche europea. 

Un'altra cosa che i lavoratori hanno chiesto, per cui ci sono state promesse, qui i Comuni della zona si stanno "tuffando" sui soldi del Pnrr che dovrebbero essere anche spesi per il superamento dei ghetti come Borgo Mezzanone, è di essere coinvolti nei Tavoli dove decideranno la destinazione di questi soldi per evitare che il risultato sia solo lo sgombero dell'insediamento, che per i lavoratori immigrati rappresenta comunque una "casa", per quanto brutta e in condizioni indegne, un posto in cui hai una residenza, hai una comunità intorno, ed evitare che - come per esempio è successo in Calabria - vengano messi in un altro posto simile, gestito in maniera più repressiva dalle Istituzioni, che poi degenera pure in un ghetto, che rischia un nuovo sgombero.

Le promesse, anche su questo, rischiano chiaramente di essere portate via dal vento, a meno che non si insista con le mobilitazioni.

Ora a Foggia si apre la stagione del pomodoro, di altre coltivazione, ma non è la realtà unica o principale di mobilitazione. Vi è stato un presidio a Torino, la questura non ascolta i lavoratori, ma nel parcheggio della stessa questura i funzionari ricevono "mazzette" per far passare avanti negli appuntamenti; pochi giorni fa; a Saluzzo dove ormai ogni anno si pone il problema della casa, con una forte repressione da parte della polizia che attacca chi dorme nei campi e nei parchi, perchè non ci sono altri posti. Un'altra città è Modena, dove la Questura dice di avere bloccati gli appuntamenti fino al 2023, e i tempi di attea è un'altra terribile questione, che porta i lavoratori a ritirare permessi quasi scaduti, o già scaduti, dopo che si è fatto una grande fatica e una spesa per averli.

Un altro territorio è la Calabria, dove è stato fatto un presidio a Cosenza. Qui c'è anche il tema della costa jonica, Rocella Jonica sta diventando una nuova Lampedusa, nuova tratta di sbarchi, per cui i sindaci della zona stanno facendo pressione sulla Min. Lamorgese.

I fronti aperti, quindi, sono tantissimi. Stiamo facendo delle assemblee su Napoli, Eboli, anche qui c'è del fermento.

Alla manifestazione a Foggia i numeri non erano tantissimi, ma la partecipazione è stata intensa, che per le aggressioni razziste.  

Vorremmo portare la lotta per i documenti a un piano diverso. Per esempio se facciamo un'altra assemblea nazionale come quella fatta dalla Gkn il 15 maggio, i documenti non sono una cosa di cui parla un lavoratore immigrato, ma sia uno dei punti principali all'OdG, perchè questo è uno dei nodi principali dello sfruttamento capitalistico, in Italia e a livello europeo - è di questa mattina la notizia di sparatorie a Nizza sulla frontiera, ed è stato ucciso un migrante egiziano. Stiamo cercando di promuovere contatti con realtà di lotta in Francia o in altri paesi, perchè è una lotta che va fatta anche a livello europeo; nella mobilitazione che avevamo fatto il 31 marzo vi era la rivendicazione di un permesso europeo, per viaggiare senza rischi tra gli Stati della UE.

La lotta c’è è attiva, vi sono molte mobilitazioni, ma gli immigrati hanno bisogno del sostegno di tutti e che questa lotta per i documenti venga messa al centro.


martedì 21 giugno 2022

21 giugno - INCIDENTI SUL LAVORO, MARTEDÌ NERO: 4 MORTI DA VERONA A LECCE. È ORA DI AZIONI CONCRETE PER FERMARE QUESTA CARNEFICINA. SERVE DARE CORSO ALLA RETE E UNIRE TUTTE LE REALTÀ CHE COMBATTONO SU QUESTO TEMA

 colpisce il fatto che a Lecce sia morto un pensionato di 72 anni che andava al lavoro perché non riusciva a vivere con la misera pensione, ma che ci dice anche che con la politica guerrafondaia del governo Draghi gli omicidi sul lavoro aumenteranno in maniera esponenziale....

Un uomo è morto dopo essere stato travolto da una matassa di ferro che stava scaricando da un camion in un'azienda a Legnago (Verona). E un ragazzo di 26 anni, sempre nel veronese, è morto schiacciato dal trattore che stava manovrando. Poi ci sono altri due lavoratori morti oggi: un operaio a Lecce precipitato dal quarto piano e uno travolto da un convoglio a Città della Pieve (Perugia). Per quanto riguarda il primo caso l'operaio è rimasto schiacciato sotto il peso della matassa. I Carabinieri di Legnago e gli ispettori allo Spisal dell'Ulss 9 Scaligera stanno ricostruendo la dinamica dell'incidente. Sul posto ambulanza medicalizzata, elicottero e carabinieri. Per l'uomo, i soccorsi del Suem 118 hanno potuto solo contastare il decesso, avvenuto, secondo quanto si apprende, per schiacciamento.

Schiacciato da un trattore

Un 26enne è morto invece dopo essere stato schiacciato dal trattore che stava manovrando mentre era al lavoro in un'azienda agricola e agriturismo a Fumane (Verona), in località La Cà. Ancora da chiarire la causa dell'incidente risultato fatale. La dinamica è al vaglio dei Carabinieri di Fumane e degli ispettori dello Spisal dell'Ulss 9 Scaligera. Sul posto, oltre ai Vigili del fuoco e ai militari dell'Arma, è intervenuto l'elicottero di Verona Emergenza. I sanitari hanno potuto solo constatare il decesso del giovane. Sempre in mattinata a Lecce, un altro decesso sul luogo di lavoro: un 72 enne è precipitato dal quarto piano.

Travolto sui binari da un convoglio

Incidente mortale sul lavoro in località Ponticelli di Città della Pieve, lungo la linea ferroviaria "lenta". Un operaio che stava lavorando sulle canaline a lato dei binari è stato travolto da un treno in transito ed è così deceduto. A diffondere la notizia i vigili del fuoco intervenuti con una squadra da Città della Pieve e un'altra a supporto dalla sede centrale di Perugia.

175mila incidenti sul lavoro nel primo trimestre 2022

Tre vittime di incidenti nello stesso giorno a fronte di numeri impressionanti. Gli infortuni sul lavoro, accaduti e denunciati all'Inail nel primo trimestre del 2022 sono stati 175 mila (158 mila in occasione di lavoro e 17 mila in itinere), oltre 54 mila denunce in più (+45%) rispetto all'analogo trimestre del 2021. Le denunce di esiti mortali sono state 189 (138 in occasione di lavoro e 51 in itinere), 5 in più rispetto al primo trimestre del 2021 (+2,7%). Il confronto tendenziale tra i due trimestri è condizionato dal diverso andamento della pandemia: l'impennata dei contagi professionali a inizio anno 2022 ha fatto superare in soli tre mesi il numero delle denunce da Covid-19 dell'intero anno 2021.


 

21 giugno - Riceviamo e volentieri pubblichiamo: DICHIARAZIONE DEL COLLETTIVO GKN - GUERRA ALLA GUERRA!

 

Riportiamo la dichiarazione del Collettivo Gkn, che in larga parte sosteniamo. E' importante che la classe operaia via via assuma il suo posto centrale, con la posizione politica e con l'azione, nello scontro con gli imperialismi, contro il nostro governo guerrafondaio.

Questa guerra in Ucraina è parte ma anche differente dalle tante guerre in corso in tanti angoli della terra; essa è una guerra interimperialista, ed è dentro la tendenza accelerata alla guerra inter imperialista mondiale per una nuova spartizione del mondo, difesa e accaparramento delle fonti energetiche, materie prime, mercati; dalla tragedia di oggi, in primis per le masse popolari e i proletari ucraini, ci vogliono trascinare in una estensione della guerra avviata con l'invasione della Russia, ma alimentata con armi, soldi, propaganda bellica, sostegno al governo di Zelensky e al suo esercito formato da nazifascisti, dagli Usa/Nato (il capo della Nato ha dichiarato che durerà anni), dalla Gran Bretagna, come dagli altri paesi imperialisti europei; ci vogliono trascinare in una nuova catastrofe mondiale per i profitti delle borghesie imperialiste e dei loro interessi economici e geostrategici. La guerra è la continuazione della politica di oppressione, sfruttamento, miseria, repressione dei padroni del mondo, degli Stati e governi imperialisti con altri mezzi. Nel nostro paese è la continuazione delle gravissimi effetti già in corso per l'intreccio di crisi/pandemia, dell’attacco ai posti di lavoro con le chiusure di fabbriche, le delocalizzazioni, le mega cassintegrazioni permanenti, l’attacco ai salari, la continuazione delle morti sul lavoro, da lavoro e da inquinamento, la continuazione della negazione dei diritti ai giovani, alle donne, agli immigrati, al sud.

Ma la guerra in corso non è solo una "continuazione", è un salto di qualità dell'azione dei nemici dei lavoratori e delle masse; basta vedere come la nuova corsa agli armamenti, l'aumento delle spese militari, di cui il governo Draghi vuole essere in prima fila, sta portando ad un ulteriore rapido peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita già pesanti, in cui avvelenano la vita nel presente, con un carovita impossibile che taglia i nostri salari e butta nella povertà altre migliaia di persone, e ci negano il futuro - come denunciano gli operai della Gkn - dalla sanità, alla scuola, all'ambiente.

A questo salto della borghesia imperialista, dobbiamo rispondere con un salto della nostra azione di lotta, e fare la nostra guerra di classe. Il miglior sostegno che possiamo dare ai proletari e alle masse popolari ucraine è lottare contro il nostro imperialismo, fermare la sua azione volta ad alimentare la guerra. Scioperi veri che blocchino le fabbriche e il paese; in ogni fabbrica, posto di lavoro che i lavoratori, i delegati sindacali si schierino, prendano posizione chiara e aperta con assemblee, mozioni, ecc; sosteniamo e allarghiamo le azioni di contrasto alla guerra e all'invio delle armi (da Coltano a Genova, a Taranto, a Niscemi, ecc.), facciamo manifestazioni vere unitarie e di massa. Aumentiamo le lotte quotidiane, a partire dalla centralità oggi della lotta per aumenti salariali, contro il carovita, carobenzina - come indicano gli operai Gkn - una lotta continua sul salario per risultati concreti.

In questa fase, queste lotte sono da un lato una necessità vitale di difesa delle condizioni dei proletari e delle masse, dall'altro una necessità per indebolire il fronte sempre più stretto tra padroni che pretendono tutto e governo che toglie a noi per dare ai padroni e alla loro guerra.

Ma chiaramente, come Mao Tse tung ci ha insegnato: “il mezzo per opporsi ad una guerra di questo genere è fare tutto il possibile per impedirla prima che scoppi, ma una volta scoppiata bisogna opporsi alla guerra con la guerra, opporsi alla guerra ingiusta con la guerra giusta ogni volta che sia possibile”.

Portando avanti la nostra guerra di classe dobbiamo attrezzarci per la nostra guerra rivoluzionaria per porre fine a questo sistema barbaro imperialista di morte, profitti sullo sfruttamento, attacco ai diritti fondamentali, cancellazione della democrazia (a partire in Italia dal mettere sotto i piedi l'art. 11 della Costituzione), ecc.

Dobbiamo ricostruire per questa guerra rivoluzionaria gli strumenti necessari un Partito della classe operaia per il potere dei lavoratori, un sindacato di classe nelle mani dei lavoratori, un Fronte unito popolare come ai tempi della Resistenza e dell’Autunno caldo; dobbiamo costruire la Forza militante proletaria combattiva che risponda alla violenza diretta e indiretta dello Stato del capitale, alla repressione, alla dittatura di oggi travestita da democrazia. E in questo cammino gli operai più coscienti della partita generale in gioco, come gli operai del Collettivo di fabbrica della Gkn, hanno un compito d'avanguardia e responsabilità.

INSORGIAMO PER IL POTERE OPERAIO!

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Insorgiamo con i lavoratori GKN

🔴 Dichiarazione del Collettivo di fabbrica sulla guerra.

La guerra è contro noi tutte/i. Noi tutte/i contro la guerra.

1. La guerra un giorno scoppia, ma non scoppia in un giorno. E’ un processo: la prosecuzione con altri mezzi dello scontro economico e politico tra blocchi imperialisti.
Troppo spesso ci accorgiamo della “guerra” e del suo “inizio” solo quando la società del mainstream decide di mediatizzarla, fuori da ogni contesto e accantonando ogni analisi sulle cause: dallo Yemen alla Siria passando per il Rojava fino a Iraq e Palestina, nel totale silenzio mediatico nel mondo ci sono almeno 59 conflitti militari “ufficiali” e un numero non quantificabile di invasioni nemmeno dichiarate.

2. La stessa guerra in Ucraina è iniziata dal 2014, con tanto di conflitto bellico nel Donbass e di accordi di pace non rispettati. Da decenni di fatto lo spazio fisico dell'Ucraina è stato trasformato in spazio di contesa tra imperialismi e l'invasione da parte dell'esercito russo, che condanniamo senza esitazione, è solo l'ultimo passaggio di tale processo. Non siamo noi ad avere un doppio standard di valutazione sulle bombe e sui civili uccisi, ma l'intero mondo mediatico arruolato in questa guerra che ignora ad esempio le sofferenze e i bombardamenti turchi sulla Siria del nord est.

3. Ancora una volta, come già accaduto in pandemia, rischiamo di rimanere schiacciati nelle posizioni e negli schieramenti che questo sistema ci propone. Con la guerra arriva il tentativo di arruolarci dietro o uno o all'altro nazionalismo. Come lavoratori del Collettivo di Fabbrica dei lavoratori GKN rifiutiamo questa logica: la nostra opposizione alla guerra, la difesa dei civili, la solidarietà verso i lavoratori e le lavoratrici si esercita dichiarando guerra alla guerra. E tanto più tardiamo a dichiarare “guerra alla guerra”, tanto più il futuro dei civili di tutto il mondo è in pericolo. La guerra crea masse migratorie, o possiamo anche dire fughe di massa. Lo abbiamo sempre saputo e per questo siamo sempre stati per accogliere chi scappa da guerra e fame, fuori da ogni logica del profitto e di sfruttamento, come per esempio sperimentato a Riace da Mimmo Lucano. Oggi invece prendiamo atto dell'incredibile ipocrisia di “Stati fortezza” che dividono i profughi in migranti di serie “A” e di serie “B”.

4. Noi dichiariamo guerra alla guerra non solo quando essa diventa “guerreggiata” ed esplode in superficie. La nostra è una posizione radicale, che va cioè alle radici del meccanismo e che ne coglie le conseguenze complessive. L’attuale conflitto avviene sull’onda lunga della crisi del 2008, del 2011, della crisi pandemica e dei cambiamenti climatici. Ogni giorno diventa sempre più forte lo scontro economico, per chi ripaga il debito, per chi usufruisce dell'enorme liquidità finanziaria, per il controllo dei mercati in regime di sovrapproduzione, per le fonti energetiche, materie prime, industria estrattiva, porti, per gli spazi vivibili con la crescente desertificazione.

5. Tale scontro economico è tra chi sta in alto e chi sta in basso nella società, tra noi e loro, tra chi domina l'economia e chi ne è dominato. Ma lo scontro attraversa e divide anche coloro che dominano l’economia e che si spartiscono il mondo. Tra questa guerra “verticale” e guerra “orizzontale” c'è un rapporto stretto: tanto più veniamo arruolati nello scontro tra capitali, tanto meno riusciamo a difenderci dalla guerra che il capitale muove nei nostri confronti.

6. Il risorgere delle ideologie fasciste, xenofobe e nazionaliste diventa il motore e la copertura ideologica di questo processo: non a caso il conflitto ucraino è diventato un laboratorio mondiale del riarmo per gruppi nazifascisti e paramilitari. Questi rappresentano sul terreno quello che il fondamentalismo islamico ha rappresentato nella guerra di procura in Siria. Se qualcuno aveva dubbi, mai come oggi l’antifascismo e l’antirazzismo tornano ad avere centralità. Fuori dall’antifascismo radicale non vi è salvezza.

7. L'industria bellica è strumento di guerra e la guerra è strumento dell'industria bellica. La spesa militare è in aumento da tempo a livello mondiale. Un sistema che costruisce armi per non usarle è irrazionale. Un sistema che costruisce armi per usarle è criminale. Le basi e le servitù militari, la spesa militare e l’industria bellica sono l’elefante nella stanza di cui nessuno parla. La guerra si disinnesca attraverso una enorme riconversione produttiva di tutto l'apparato di produzione bellico e smilitarizzando i territori. E tale obiettivo è impensabile senza un programma sociale adeguato, fatto da un intervento pubblico diretto dai bisogni collettivi e dalla riduzione d'orario a parità di salario per assorbire tutti gli occupati in uscita dalla produzione bellica.

8. La guerra è una enorme sottrazione di risorse a ospedali, sanità, istruzione e trasporti pubblici. E' una ulteriore giustificazione del carovita e della moderazione salariale. Dichiarare guerra alla guerra significa scendere in lotta per il nostro stato sociale e per i nostri salari, per il salario minimo intercategoriale e il ritorno alla scala mobile dei salari.

9. La guerra è per definizione uno dei fenomeni più inquinanti. Inquina l’informazione, la verità, le menti. Inquina ovviamente il pianeta. Parlare di “transizione ambientale” e tollerare l’escalation militare è una forma estrema di ipocrisia. Per questo il movimento contro la guerra non può che essere radicalmente ambientalista, trasversale e questo tipo di movimento non può che essere contro la guerra.

10. Lo Stato sa che per portare la guerra “fuori”, devi vincere la guerra “dentro”. Per portare in guerra un paese, lo devi pacificare internamente. Per questo non può esistere contesto di guerra senza un contemporaneo contesto di repressione del dissenso. Non ci riferiamo a un generico “dissenso” di opinione. Ci riferiamo al dissenso reale, quello che si può organizzare, dispiegarsi e modificare l’esistente. Riteniamo quindi non casuale l’aumento della repressione: ricordiamo solo ad esempio gli ultimi episodi, l'accusa formulata sulla base di reati prescrivibili con ammende di associazione per delinquere al CALP per bloccare il traffico di armi nei Porti, le denunce nei confronti delle studentesse e studenti di Torino o i provvedimenti contro Fridays for Future. Dentro il contesto di guerra e le sue ideologie, non c'è spazio per il nostro modello sindacale, per i movimenti siano essi sociali, ambientali o per i diritti civili. La guerra è contro noi tutte/i e noi tutte/i contro la guerra.

La guerra è un fenomeno complessivo e la necessità di contrastarla ci toglie ogni diritto al particolarismo, alla ristrettezza mentale, alla settorializzazione. Fuori dalla convergenza di lotte e pratiche, operaie, transfemministe, antifasciste, ambientaliste, antimilitariste, nessuno si salva, nessuno regge. L'opposizione alla guerra deve ripartire dalla critica alla materialità della guerra, deve smascherare ogni finta copertura ideologica del conflitto per disvelare i meccanismi economici e sistemici alla base della guerra. Con queste idee attraverseremo ogni scadenza e discussione contro la guerra. Per discutere di questa idea convochiamo in fabbrica una assemblea pubblica del gruppo supporto per giovedì 23 sera. Genova è oggi una delle piazze dove si pratica la critica materiale alla guerra, contrastando la logistica bellica. Genova dove il cielo ogni volta che una nave carica di armi entra in porto si tinge di rosso oggi si sviluppa la lotto contro il traffico d'armi nel porto, per via dell'opposizione dei portuali al traffico d'armi. Genova dove la guerra la fecero a noi nel 2001 caricandoci per strada, sparandoci i lacrimogeni dagli elicotteri, pestandoci dentro la Diaz, sparandoci addosso in Piazza Alimonda, uccidendo Carlo, torturandoci a Bolzaneto. Genova città antifascista che insorge nel 1960 contro il congresso del Msi e del Governo Tambroni nel 1960.

Genova, città di Porto e industriale, dove da sempre è forte il rischio di ricatto tra lavoro e ambiente. Genova, città del cattolicesimo sociale e impegnato di Don Gallo.

Genova città che con il crollo del Ponte Morandi porta le ferite della stagione devastante delle privatizzazioni.

Genova sarebbe stata forse la meta naturale per un tenetevi libere e liberi di luglio che unisse tutti i temi che abbiamo citato. Ma questo evidentemente non lo decide il Collettivo di Fabbrica Gkn di Firenze. Il quale può solamente rimettersi in marcia e provare ad attraversare tutte le scadenze che ogni territorio saprà darsi e costruire.

Per questo, per altro, per tutto

Fuori dall'emergenza, dentro l'urgenza

Senza convergenza, non c'è insorgenza


giovedì 16 giugno 2022

16 giugno - riceviamo e pubblichiamo: Comunicato sull'Assemblea Donna/Lavoratrici del 9 giugno

 

Il 9 giugno scorso la nuova assemblea telematica nazionale delle donne/lavoratrici ha nuovamente visto una partecipazione variegata e attiva di lavoratrici, operaie, compagne, come le operaie immigrate della Montello, le lavoratrici della scuola di Milano e Palermo, le precarie dei servizi scolastici da Palermo agli asili di Taranto, le lavoratrici delle poste da Milano, compagne da L’Aquila, le compagne di Campagne in lotta sempre impegnate nella lotta dei migranti e braccianti, compagne di Napoli, delegate Si.Cobas, compagne di organizzazioni rivoluzionarie; ma in questa Assemblea vi sono state nuove partecipazioni di donne, di lavoratrici che hanno certamente ampliato il dibattito sui temi dell’assemblea e la conoscenza delle lotte che si fanno, dalle operaie della Beretta (MI) in lotta e in sciopero da giorni contro gli attacchi e i ricatti occupazionali dei padroni alle operaie indiane di una fabbrica de L’insalata di Bergamo, dalle operaie della Pellegrini appalto Acciaierie d’Italia, a una lavoratrice e attivista No Muos di Catania…

Il tema principale su cui è stata lanciata questa assemblea è stato quello della odierna guerra inter imperialista, le ricadute sociali di essa a livello di massa e nello specifico in relazione alla condizione di vita delle donne e il ruolo che come donne/lavoratrici siamo chiamate ad avere: “Noi donne vogliamo e dobbiamo essere in prima fila anche nella lotta contro la guerra imperialista scatenata da Stati e governi che hanno amplificato prima tutti gli attacchi alle nostre vite con la pandemia e ora scaricano su di noi i costi e gli orrori della loro guerranon in nostro nome!”. “Contro l’uso delle donne come propaganda di guerra e contro la visione delle donne solo “vittime”, noi donne, dall’Ucraina, alla Russia, all’Italia, ecc., vogliamo essere attive protagoniste di una reale, altra resistenza, proletaria e popolare contro i padroni del mondo- è stato detto dalla compagna che ha introdotto. ,

Con la successiva lettura/commento aggiornato della mozione contro la guerra imperialista, lanciata dall’Assemblea donne/lavoratrici allo scoppio della guerra in Ucraina, subito diffusa nelle manifestazioni dell’8 marzo, e in altre nazionali, come quella di Firenze del 26 marzo, e su cui si è cominciato a raccogliere le firme nei luoghi di lavoro, è stata ribadita l’importanza oggi di continuare a diffonderla, perché per le lavoratrici, per le donne proletarie è necessario dibattere, prendere posizione, schierarsi; non possiamo essere dalla parte di nessun imperialismo in gioco in questa sporca guerra, compreso l’imperialismo di casa nostra con il governo guerrafondaio Draghi… “…Non possiamo pagare i costi sociali, economici, politici di questa guerra, basti pensare ai tanti licenziamenti, alla precarietà e disoccupazione in aumento, alla malasanità, al carovità, al peggioramento generale della nostra condizione di vita già pesantemente aggravatasi…”

All’assemblea ha nuovamente partecipato da Napoli la filosofa Carla Filosa arricchendola con i suoi interventi/contributi sulla guerra per il profitto, sulla dimensione transnazionale di essa con legami e connessioni che coinvolgono tutto il mondo e le implicazioni a livello sociale e sul piano specifico delle donne.

Il collegamento della grave situazione della guerra imperialista alle lotte quotidiane che si fanno nei posti di lavori, nei territori, ha caratterizzato l’altra parte dell’assemblea, con interventi delle lavoratrici che hanno fatto aggiornamenti sulle diverse situazioni o attraverso nuovi racconti/denunce, vedi le operaie della Beretta o della fabbrica Pellegrini/Acciaierie d’Italia, hanno portato in assemblea tutte le ragioni della lotta messa in campo contro lo sfruttamento e gli attacchi padronali, le discriminazioni che si subiscono; importanti sono stati anche gli interventi di compagne/attiviste di Campagne in lotta sulla questione migranti hanno portato spunti interessanti in particolare sulla situazione odierna delle donne ucraine profughe che non corrisponde esattamente alle notizie “rassicuranti” che danno i media nel nostro paese e non solo; così come l’intervento della compagna di Catania ha parlato della lotta No/Muos/Niscemi in Sicilia, contro le basi militari e la guerra più in generale.

Questo nuovo punto sulle lotte delle lavoratrici/donne/compagne ha posto con più forza la necessità del sostegno reale ad esse per unificarle/estenderle/trarne lezioni. Queste lotte non devono restare isolate o tenute in silenzio: “lotta una lottano tutte”! perché l’unità ci dà coraggio e forza; in questo senso l’Assemblea donne/lavoratrici si conferma un’arma, sicuramente da rafforzare ed ampliare, uno strumento necessario al servizio di questo percorso.

Dall’insieme della discussione che si è sviluppata con i vari interventi sono scaturite nella parte finale alcune proposte/decisioni:

Rilanciare la raccolta delle firme sulla base della mozione delle donne contro la guerra inter imperialista nei posti di lavoro, fabbriche, nei mercati, nelle manifestazioni per schierarsi e per affermare la lotta necessaria che dobbiamo fare come donne/lavoratrici;

cercare di creare un collegamento reale con le donne ucraine in Italia, in alcune città in particolare come Napoli dove vi è una grande comunità ucraina.

Sostenere attivamente e in ogni forma possibile le lotte delle lavoratrici, precarie, disoccupate. Queste lotte oggi, nella fase della guerra e del ruolo di governo e padroni di scaricarne i costi su lavoro, salario, carovita, sono ancora più importanti anche per indebolire l’azione del governo Draghi.
In questo senso si è deciso nell’immediato di mettere in campo azioni solidali con le lotte in corso: in particolare ora verso la lotta delle operaie della Beretta - con messaggi e in iniziative importanti con la presenza delle compagne/lavoratrici di Milano/Bergamo. Un piccolo ma iniziale esempio di solidarietà attiva c'è stato verso la manifestazione dei e delle migranti con collegamenti telefonici l’11 giugno a Foggia contro la violenza razzista annunciata dalla compagna di Campagne in lotta.

Riprendere la questione del carovita e della condizione di vita generale delle donne, partendo da alcune iniziative come quelle messe in campo a Palermo dalle lavoratrici precarie delle Coop Sociali per arrivare ad una giornata di lotta nazionale all’interno di una battaglia più generale necessaria.

Lanciare un tour in alcune città tra settembre/ottobre andando in posti di lavoro e luoghi significativi sul piano delle lotte delle lavoratrici/donne, con due scopi: far conoscere con iniziative pubbliche il percorso che stiamo facendo, portare le ragioni di quale femminismo è necessario oggi per la maggioranza delle donne, un femminismo di classe proletario e rivoluzionario; porre la questione della formazione rivoluzionaria come arma teorica che noi donne dobbiamo impugnare, attraverso la presentazione di recenti lavori/opuscoli su produzione/riproduzione/lavoro domestico nel sistema del capitale, anche in critica a posizioni anti marxiste di femministe intellettuali, come la Silvia Federici.

L’invito al campeggio estivo di agosto a Niscemi/No Muos fatto in assemblea a tutte dalla compagna di Catania è una prima occasione, avvio del tour, importante da cogliere.

Stiamo preparando un dossier che raccoglierà tutti gli interventi dell’assemblea che sarà diffuso a breve.

Saluti di doppia lotta a tutte!

Per info contatti: lavoratriciprecariedisoccpate@gmail.com

Assemblea Donne/Lavoratrici

9 giugno 2022