giovedì 29 settembre 2022

29 settembre - da tarantocontro: Tessitura di Mottola - Albini ricatta sulla continuazione della cig pretendendo di avviare ora la procedura di licenziamento - Lo Slai Cobas dice un netto NO alla richiesta di Albini

 

COMUNICATO DELLO SLAI COBAS

L’azienda vuole avviare subito la procedura di licenziamento e intanto chiedere la cassa integrazione.

I licenziamenti sarebbero operativi a fine cigs se non esce una nuova azienda - intanto ci sarebbe un tavolo tecnico per gestire essenzialmente i licenziamenti con incentivo.

Lo Slai Cobas è nettamente contro questa soluzione. Per noi: Sì alla cigs fino a dicembre 2023, ma niente avvio della procedura - continuazione della ricerca di nuovi soggetti per prendersi l’azienda con rinnovo Vertus e Tavolo Task force - NO al tavolo tecnico richiesto dall’azienda

Se stavamo tutti sotto la Regione come proponeva lo Slai cobas potevamo far sentire netta e chiara la volontà dei lavoratori.

Lo Slai Cobas non firma alcun accordo che permetta all’azienda di avviare la procedura di licenziamento e non accetta alcun tavolo tecnico per incentivi e svuotamento dell’azienda dai macchinari. Noi vogliamo la richiesta di nuova cigs e continuazione del tavolo Task force per trovare una nuova azienda e invitiamo i lavoratori qualunque sia la tessera sindacale a sostenere subito e in tutte le forme questa posizione.

Albini, con la volontà di avvio della procedura di licenziamento, vuole per ora essere sicuro di licenziare a fine dicembre 23 - intanto con il tavolo tecnico vuole svuotare tutto e sperare che molti se ne vadano con incentivo che è sempre quello di prima. Avviare la cigs senza accettare la procedura di licenziamento è possibile e lo aveva proposto Caroli nell'incontro in Regione di ieri,

Nè va accantonata la via, presa in considerazione anche da parte della Task Force, di insistere per la riapertura con Albini, dato il suo bilancio molto positivo di profitti e la possibilità per gli stessi Albini di una parziale riconversione della produzione per adeguarla alle necessità del mercato.

Noi Slai Cobas non accettiamo quattro soldi di incentivo, ne vogliamo che vadano via le macchine.

Ma i sindacati confederali su questo si apprestano come sempre a calare le brache e il 4/10 vanno a firmare. Dobbiamo dire ai lavoratori di non dargli il consenso - come è stato l’altra volta con l’accordo sottobanco sull'incentivo all'autolicenziamento di 14.000 lorde in comode rate, che grazie alla aperta opposizione degli operai Slai Cobas, non è passato.


29 settembre - CONTINUA LA CARNEFICINA SUI POSTI DI LAVORO: orribili morti di 4 lavoratori ieri 27 settembre: schiacciati da presse, dai trattori (già 138 quest'anno, caduti da un tetto, schiacciati da rulli.

 

OSSERVATORIO NAZIONALE DI BOLOGNA MORTI SUL LAVORO.

29 settembre

Dall’inizio dell’anno sono morti 1124 lavoratori, 597 di questi sui luoghi di lavoro i rimanenti in itinere e sulle strade, In questi “numeri” ci sono anche i morti sul lavoro non assicurati all’INAIL (oltre 4 milioni di lavoratori) in più i morti in nero e i milioni di agricoltori, spesso pensionati che continuano a lavorare per le magre pensioni e i tantissimi morti sulle strade e in itinere che non vengono riconosciuti come tali.

I morti sui LUOGHI DI LAVORO nelle Regioni e Province nel 2022: a questi occorre aggiungere almeno altrettanti lavoratori morti sulle strade e in itinere che sono considerati a tutti gli effetti morti per infortuni sul lavoro, ma che è opportuno tenere separati per non generale confusione, un conto è un lavoratore che muore sui luoghi di lavoro, un altro se muore sulle strade o in itinere. Chiunque svolge un lavoro e muore è per noi un morto sul lavoro. 

Lombardia 83  Milano (18), Bergamo (9), Brescia (20), Como (5), Cremona (5), Lecco (7), Lodi (1), Mantova (4), Monza Brianza (4), Pavia (5, Sondrio (3), Varese (3) VENETO  50 Venezia (9), Belluno (2), Padova‎ (7), Rovigo (3), Treviso (5), Verona (10), Vicenza (14) CAMPANIA 45 Napoli (10), Avellino (3), Benevento (3), Caserta (15), Salerno (16) PIEMONTE 42  Torino (20), Alessandria (6), Asti (2), Biella (1), Cuneo (8), Novara (1),Verbano-Cusio-Ossola() Vercelli (3)  LAZIO 36 Roma (13), Viterbo (6) Frosinone (10) Latina (3) Rieti (5)    SICILIA 32 Palermo (6), Agrigento (3), Caltanissetta (4), Catania (7), Enna (1), Messina (5), Ragusa (2), Siracusa (), Trapani‎ (4)  EMILIA ROMAGNA 30 Bologna (4), Rimini (3) Ferrara (3) Forlì Cesena (5) Modena (5) Parma () Ravenna (3) Reggio Emilia (4) Piacenza (3) CALABRIA   30 Catanzaro (10), Cosenza (8), Crotone (4) Reggio Calabria (5) Vibo Valentia (3) MARCHE 25 Ancona (10), Macerata (3), Fermo (2), Pesaro-Urbino (9), Ascoli Piceno (3)  TRENTINO ALTO ADIGE 28  Trento (19) Bolzano (9)  PUGLIA 26 Bari (3), BAT (), Brindisi (2), Foggia (6), Lecce (8) Taranto (7)  TOSCANA 21 Firenze (3), Arezzo (5), Grosseto (2), Livorno (1), Lucca (2), Massa Carrara (1), Pisa‎ (2), Pistoia (3), Siena () Prato (2) SARDEGNA 16 Cagliari (3) Carbonia-Iglesias (), Medio Campidano (), Nuoro (1), Ogliastra (), Olbia-Tempio (1), Oristano (5), Sassari (7).Sulcis iglesiente  () ABRUZZO 14 L'Aquila (), Chieti (6), Pescara (5) Teramo (3) UMBRIA 8  Perugia (7) Terni (1) FRIULI VENEZIA GIULIA 6 Pordenone (1) Trieste () Udine (4) Gorizia (1)  LIGURIA 6 Genova (2), Imperia (1) La Spezia (1), Savona (2) BASILICATA 6  Potenza (3) Matera (3)    VALLE D’AOSTA 3  (3) Molise 2 Campobasso (2) Isernia (). 

Carlo Soricelli curatore dell’Osservatorio.

http://cadutisullavoro.blogspot.it

29 settembre - Gli interventi all'Assemblea proletaria anticapitalista del 17/9 - Soccorso rosso internazionale e Avv. Gianluca Vitale Torino

 

INTERVENTO DI SOCCORSO ROSSO INTERNAZIONALE 

Soccorso rosso internazionale che al di là del titolo è una realtà ben modesta, però da molti anni noi ci siamo aggregati alla fine degli anni ‘90 su un punto importante alla fine degli anni 90 proprio all'apice della deriva di resa che c'era nel movimento rivoluzionario italiano - parlo delle organizzazioni armate fra gli anni 70 e gli anni 80 che hanno lasciato purtroppo uno strascico anche negativo. Una parte di compagni che abbiamo rifiutato quella deriva e con altri in Europa sugli stessi presupposti abbiamo formato questa realtà che poi si è messa anche in relazione organica con Turchia e Kurdistan, con un confronto con rivoluzionari molto vivi. La repressione sappiamo che dilaga, anzi ultimamente abbiamo assistito a delle condanne pazzesche sia ad alcuni anarchici che verso alcune lotte di massa. E la tendenza in tutti i paesi è di aumento della repressione. Di fronte a questo spesso l'atteggiamento dei movimenti e soprattutto dei gruppi politici non solo di difensivo ma è di arretramento. Ma si deve porre la questione della repressione in un aspetto di scontro, che deve comunque crescere, se noi ne siamo capaci, è trasformarlo via via in guerra di classe. Noi abbiamo visto in Italia in altre realtà che la lotta di classe può trasformarsi in guerra di classe. Nonostante le condizioni oggi sono difficili, c’è disgregazione, ma io credo che il proletariato e le forze progressiste della società hanno solo quello sbocco lì, non è che ce ne sono tanti. C'è la via istituzionale parlamentare elettorale su cui vediamo quante delle frazioni di classe purtroppo seguono, e c'è invece la via della rottura netta chiara, in cui le nostre parole di condanna totale del capitalismo e l'imperialismo devono portare a schierarsi su quel campo che comincia a costruire i termini della guerra di classe, che comincia innanzitutto a trasformare ogni lotta anche minima in elementi di autonomia di classe, quindi quantomeno sganciarsi da tutto il controllo politico sindacale; dall'altro via via sviluppare il dibattito e la crescita organizzativa. Più cresce la nostra rabbia, la nostra disponibilità nella lotta, più bisogna trasformarla in elementi reali concreti che vanno verso quell'orizzonte, se no non andiamo da nessuna parte soprattutto su questo aspetto. In questi anni è stato difficile, ci siamo agganciati idealmente e anche in parte organizzativamente alla realtà del cosiddetto “tri continente”, a partire dalla Turchia/Kurdistan in particolare e non solo, perché lì la corrispondenza fra dire e fare c'è, si vede, si sente. E questo è fondamentale. Su come si affronta la repressione si possono far crescere dei livelli di coscienza. Noi abbiamo tutta un'esperienza dei carcerati, di quelli che hanno fatto o che ancora adesso fanno parte delle Brigate Rosse che stanno in carcere da quarant'anni - ora sono una ventina; questi compagni sono stati quasi tutti arrestati dall'82,  tra l'altro a cavallo di operazioni come quella del sequestro del generale Dozier a capo della NATO al massimo livello - quella vicenda richiama che cos'è la NATO cioè un'organizzazione terroristica e guerrafondaia che oggi la vediamo all'opera dall'Ucraina al Medio Oriente, ecc. e all'epoca fu affrontata con quella capacità del movimento di classe a un altissimo livello. Lo Stato anche rispose con un altissimo livello di repressione, con la tortura scientifica, all'argentina, alla statunitense. Alcuni compagni resistettero e ci onoriamo di avere un compagno come Cesare di Lenardo che fu esemplare in questa resistenza con tre giorni di tortura e che ancora oggi in carcere difende la linea. Noi dobbiamo apprezzare e valutare quello che il movimento di classe ha prodotto di più maturo e rispetto a questo anche imparare. Penso alla gente del Notav, dei facchini, di altri movimenti, degli studenti, a cui bisogna trasmettere il fatto che la repressione è inevitabile non è un fatalismo, anzi cresce, e ci sono due modi di affrontarla, o arretrare implorando amnistie determinate riforme legislative, cioè affidandosi allo Stato, ai partiti dominanti. Tutto questo significa prima di tutto arrendersi perché lo Stato semmai ci sarà una briciola ce la da quando ci si inginocchia e si cedono le armi in alcuni casi, oppure anche solo le armi ideologiche. Quindi sulla repressione si gioca una partita importante e noi in Italia abbiamo una cosa che ha un valore enorme che sono sempre questi compagni e le compagne che sono al 41bis, resistono da 17 anni. Il 41bis è una cosa tremenda, è una tortura pura, ma loro resistono. Non si può fare i descrittivi, i lamentosi. Noi dobbiamo imparare a resistere, ad avanzare nella difficoltà delle lotte. E’ quello che ci insegnano i movimenti in Turchia, nel mondo arabo, in America Latina dove subiscono delle pressioni tremende ma sono capaci di resistere, subiscono delle sconfitte ma si riprendono e vanno avanti. Come soccorso rosso internazionale è questo quindi il nostro modestamente apporto che cerchiamo di dare; cioè mettere questo elemento di forza in prospettiva. Anche stamattina siamo andati in piazza con i compagni e le compagne per l'India e lì il taglio era giusto, anche se si eccedeva secondo me nella descrizione delle torture e stupri ai prigionieri politici, ma soprattutto si è detto che lì c'è una guerra rivoluzionaria in atto. Noi difendiamo questo. Purtroppo ha prevalso soprattutto in Italia l'aspetto di denuncia di tutte le le malefatte dello Stato e però c'è l'ha resa per lottare per un cambiamento, E lì bisogna scegliere, bisogna fare la scelta di vita da che parte si sta e che cosa si vuole. Se noi vogliamo davvero la rivoluzione giustamente difendiamo i prigionieri ma difendiamo i prigionieri per difendere il valore delle lotte, difendiamo la rivoluzione. 

INTERVENTO DELL'AVV. GIANLUCA VITALE - TORINO

L'assemblea del 17 settembre guarda al cuore di quello che potrebbe essere un nuovo autunno caldo. I temi sono tanti, tanti i motivi per scendere in piazza e lottare, per agire il conflitto sociale: dalla crisi (anche, ma assolutamente non solo e neppure prevalentemente, post pandemia) alle delocalizzazioni, dall'attacco ai diritti dei lavoratori e alle loro tutele al sacco privato alla sanità,  dalla partecipazione di fatto alla guerra in Ucraina alle criminali politiche di chiusura dell'Unione Europea e agli accordi anti-migranti con stati dittatoriali e/o autoritari ed antidemocratici, dall'abbandono della scuola pubblica alla creazione sempre più di un sistema di trasporti che privilegia le lunghe tratte costose e impattanti sull'ambiente, abbandonando al degrado le linee pendolari, dalle devastazioni ambientali e dagli attentati alla salute dei cittadini alle condizioni nelle carceri e nei luoghi di detenzione come i CPR, a tanti e tanti altri. Occorre, però, essere onesti: non si è da anni palesato un grande movimento di massa che sappia cogliere ed unire queste lotte; lotte che in alcuni casi hanno dimostrato una estrema forza e capacità di tenuta, che sono state da esempio per tutte e tutti (da “torinese” non posso non richiamare come esempio la lotta del popolo No Tav; ma tanti sono gli esempi positivi), ma che non sono riuscite a raggiungere quelle dimensioni e trasversalità che qualche decennio fa sembravano acquisite. A fronte di ciò, o forse anche in ragione di questo momento di parziale debolezza del movimento popolare, ciò che stupisce (ma non troppo) è la risposta che viene data al disagio e al conflitto. Conflitto, è bene precisare e ricordare, che è contrapposizione tra opinioni diverse, non necessariamente e solo violenza; il conflitto, che è dialettica anche dura, è un connotato che identifica una società democratica, e negargli cittadinanza significa negare l'essenza stessa della democrazia, ridurla a mera democrazia elettorale o meglio plebiscitaria, nella quale solo l'urna è legittimata a regolare la vita democratica; elezioni, peraltro, governate da meccanismi e regole che ormai ne hanno snaturato anche questa funzione pseudo democratica, riducendo anch'esse ad un vuoto simulacro. Negare il conflitto significa, allora che il cittadino può e deve limitarsi ad applaudire, non essendogli neppure consentito di protestare o contestare l'oratore di turno. La risposta al conflitto, allora, è a vari livelli (come tenterò di argomentare) di tipo prettamente repressivo; a fronte di movimenti di lotta che propongono alternative realmente radicali (ma anche a fronte di “vite”, e/o di scelte di vita, ritenute inadeguate) il ”sistema” non sa far altro che agire la repressione, utilizzando come risposta principale il manganello e il carcere.

29 settembre - LA BATTAGLIA CONTRO L'AMIANTO: MONTERENZIO - FIBROCEMENTO NEL FIUME IDICE

 

lettera di Vito Totire (*) al sindaco e a chiunque sia interessata/o

Di smaltimento abusivo si tratta ma la natura del fibrocemento (cioè se amiantifero) non si può valutare a occhio nudo. Il materiale è stato buttato giù nella scarpata e dovrà essere recuperato, con qualche difficoltà. Si continuano a scaricare sul pubblico errori e pratiche assolutamente inaccettabili. Nel camminamento sopra la scarpata invece sono stati abbandonati alcuni mattoni rossi. Il tutto provenie evidentemente da qualche lavoretto domestico in proprio o peggio in “nero”. Come è ovvio le lastre potrebbero non contenere amianto. Essendo molto chiare i casi sono due: o sono in fibrocemento fabbricate dopo la legge 257/92 (Norme per la cessazione dell’uso dell’amianto) o non sono state molto esposte a intemperie e dunque non hanno assunto l’abituale colore più scuro indotto dall’usura. Ma di smaltimento abusivo comunque si tratta, forse anche recente. Una pur piccola piena trascinerebbe il materiale direttamente nel corso d’acqua quindi più a valle con ulteriori conseguenze negative. Il luogo (l’ultima “entrata” verso riva del fiume prima della piscina di Monterenzio, percorrendo la strada verso l’alto) va comunque bonificato. Posssiamo sperare che non si tratti di cemento-amianto, che lo smaltitore abusivo si sia sentito condizionato dalla difficoltà d’avere in casa un rifiuto cancerogeno e si sia fatto prendere dal panico gestendo malamente un rifiuto meno problematico di quanto potrebbe essere. Rimane un problema di fondo: quelle “piccole” quantità (se di amianto si tratta) di origine domestica devono essere raccolte in sicurezza e smaltite gratuitamente o a costi fortemente calmierati ; lo diciamo da 30 anni ma evidentemente qualcosa non funziona. D’altra parte siamo ancora in attesa d’un cenno dell’amministrazione comunale di Monterenzio per la realizzazione finalmente della bonifica del cemento-amianto nel cimitero di San Benedetto del Querceto. Sollecitiamo tutti i sindaci italiani a ordinanze per il censimento capillare territoriale del cemento-amianto che è ancora massicciamente diffuso in tutta Italia. Sappiamo che un ostacolo a questa prassi (ergonomica e salutare) viene dalla Regione Emilia-Romagna che con un grave errore ha definito la pratica del censimento come non efficace; è un grave abbaglio che ci sta costando molto dal punto di vista ambientale e sanitario.

INTERVENIRE IL GIORNO PRIMA” è lo slogan adottato dalla RETE NAZIONALE LAVORO SICURO

(*) Vito Totire è portavoce dell’Associazione Esposti Amianto e della Rete nazionale Lavoro Sicuro

mercoledì 28 settembre 2022

28 settembre - INTERVENTI ALL'ASSEMBLEA PROLETARIA ANTICAPITALISTA 17-9-22 ROMA DI LAVORATORI DI TARANTO E PALERMO

 

https://youtu.be/JoMmXoTiDRw


Intervento dell'operaio della Tessitura di Mottola (TA)



https://youtu.be/BVjpSb-pzSY


Intervento del lavoratore precario Coop Sociali Palermo


28 settembre - VITTORIA A BARI CONTRO LICENZIAMENTO ALLA SKF

 

Bari - Importante sentenza di reintegro al lavoro di un operaio della Skf - Vittoria per tutti coloro che negli anni hanno sostenuto questa battaglia, a cui ha partecipato anche lo Slai Cobas di Taranto



Palermo: Basta con le chiacchiere dell'amministrazione Lagalla - la lotta delle e degli assistenti igienico personali continua...

 


Comunicato stampa 27 settembre 2022

Finiti gli svariati annunci elettorali e finita la campagna elettorale, quelli che contano sempre prima, durante e dopo sono i fatti concreti che si mettono in atto e ad oggi sul servizio di assistenza igienico-personale specializzato i fatti messi in atto dalla Città Metropolitana di Lagalla a Palermo sono ben pochi.

Ad un annuncio roboante di fondi stanziati dalla Città Metropolitana stessa che si unirebbero a quelli stanziati dalla regione Siciliana/Assessorato Politiche Sociali per dare la copertura del servizio in questione a tutti gli studenti disabili, sia coloro che sono in possesso di certificazione UVM sia coloro che ne sono sprovvisti, è seguita una ripartenza del servizio assolutamente insufficiente  che si sta facendo con il contagocce,  ad oggi solo circa 40 studenti con UVM sono coperti dal servizio con un impiego di una ventina di Assistenti, per le notizie che ci arrivano dalle Coop, mentre tutti gli altri studenti non hanno servizio, la scuola è iniziata ufficialmente dal 19 settembre e già si palesa una situazione di oggettiva disparità di trattamento in merito al diritto allo studio per gli studenti disabili e di interruzione di pubblico servizio essenziale e obbligatorio, come da normativa vigente. 

E RIBADIAMO ANCORA UNA VOLTA CHE LA RICHIESTA DELLA CERTIFICAZIONE UVM PER IL SERVIZIO SPECIALIZZATO DI ASSISTENZA IGIENICO PERSONALE E' ASSOLUTAMENTE ILLEGITTIMA PERCHE' NON ATTINENTE CON LA FREQUENZA SCOLASTICA DEGLI STUDENTI DISABILI, l'unico documento valido per l'assegnazione del servizio specializzato nelle scuole agli studenti interessati è unicamente il PEI.

Così è assolutamente inaudito e irresponsabile che l'Ufficio delle politiche sociali della Città Metropolitana ancora una volta abbia inviato alle scuole superiori di Palermo e provincia una pec di richiesta dei documenti solo a ridosso del 19 settembre, inaudito e irresponsabile perchè le scuole già a giugno avevano inviato la documentazione necessaria per l'erogazione del servizio che ora si richiede nuovamente in una assurda e accanita logica burocratica  che non fa che danneggiare sempre e solo gli studenti, di cui  diversi hanno già difficoltà a frequentare la scuola, le famiglie e gli Assistenti del settore. 

Domani questa O.S. si incontrerà alle ore 11,30 con il Capo di Gabinetto Lo Bianco da cui vogliamo risposte concrete e non impegni generici sulla risoluzione dei problemi che abbiamo già evidenziato  nella nota del 19 settembre che alleghiamo al presente comunicato.

Non abbiamo alcuna intenzione di cedere sulla difesa di  diritti basilari, e questo riguarda anche le scuole del primo grado su cui l'Amministrazione comunale di Lagalla/Tamajo continua ad insistere su un percorso assolutamente sbagliato e illegittimo: le "rassicurazioni" del Comune sul fatto che gli addetti dedicati all'assistenza igienico-personale verso gli alunni disabili della scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di I grado resteranno nelle scuole fino a quando "lo Stato non avrà proceduto alla formazione del personale ATA" sono assolutamente ipocrite e  illegali per non dire altro perchè non supportate da alcuna legge vigente, 

I collaboratori scolastici delle scuole statali come da CCNL "formati" con un corso di appena 40 ore non devono e non possono fare assistenza di tipo specialistico ma possono espletare solo un'assistenza di BASE E GENERICA da supporto alle figure specializzate che gli Enti locali, come prevede la stessa legge 10/2019 sul diritto allo studio promossa dallo stesso Lagalla che forse ora la dimentica!, devono fornire alle scuole, al fine della piena garanzia del diritto allo studio degli studenti disabili in una regione come la Sicilia che peraltro è a statuto speciale e che sul tema in questione ha leggi specifiche pienamente vigenti a partire dalla legge 68/1981 e seguenti. 

Su questo terreno continueremo pertanto la lotta in ogni forma e in ogni sede perchè giusta e necessaria!

Slai Cobas Palermo/Sicilia

martedì 27 settembre 2022

27 settembre - INTERVENTO OPERAIO TENARIS DALMINE SLAI COBAS SC ALL'ASSEMBLEA 17 SETTEMBRE ROMA

 

Sono un operaio della Tenaris Dalmine dello Slai cobas. Siamo in una fabbrica che in questa fase sta al centro dei problemi crisi/guerra/trasformazione; lo era anche prima perché è un'azienda siderurgica legata all'energia non tanto all’acciaio, anche se poi chiaramente le cose si intrecciano. 

In questa azienda i profitti di guerra si fanno sentire, basta cliccare su Internet e mettere Tenaris e si può vedere che i profitti sono alle stelle; ma profitti alle stelle vuol dire condizione operaia sempre peggiore, frutto di accordi sindacali, di una situazione scaricata continuamente sulla pelle degli operai che devono adesso farsi carico tra l'altro degli aumenti del gas, che la Tenaris usa perché i forni vanno a gas. 

Una situazione in cui in questi anni c'è stato un ricambio fortissimo di operai sindacalizzati con giovani operai precari, parliamo di 400/500 operai, sempre più soggetti a una condizione di fabbrica “con l'elmetto”, che devono dire sempre di sì in un'azienda in cui già prima ci sono stati vari accordi di flessibilità.

Ma nello stesso tempo in questa fabbrica cova una situazione di potenziale ribellione e in questo senso faticosamente va il nostro lavoro all'interno della fabbrica. 

Per esempio, alla Tenaris Dalmine non si è parlato di guerra se non grazie a una mozione contro la guerra che è partita dall’ex Ilva di Taranto e che è stata portata alla Dalmine anche nell'assemblea della Fiom, ma in particolare nei reparti. Qui gli operai hanno subito detto: ma su questo dove sono i sindacati? Infatti i sindacati si sono accorti della guerra solo in questi giorni con le bollette che sono

aumentate anche per i padroni e sono venuti a chiedere ulteriori sacrifici, ulteriori gestione della manodopera (stiamo diventando come una cooperativa!). 

Alla Damine hanno tolto in queste settimane quello che è un diritto storico, l’avvicendamento dei turni, perché l’azienda vuole risparmiare 20.000 €, e quindi i sindacati hanno detto: cosa volete fare? l'azienda ha proposto: facciamo due turni da 10 ore oppure dobbiamo fare dei turni di notte con delle squadrette in cui viene sfilato dell'organico già risicato. E cosi gli operai devono fare tre giorni un turno e due giorni un altro turno. 

Tornando al discorso della mozione operaia contro la guerra e il carovita. Gli operai hanno firmato questa mozione e hanno dato un primo segnale che dobbiamo continuare, perché questo è il terreno su cui dobbiamo intervenire. Non c'è una difesa delle condizioni di lavoro se non avanza una coscienza degli operai rispetto alla loro organizzazione autonoma all'interno dei posti di lavoro, e parlo di organizzazione autonoma sindacale, quindi contro i sindacati confederali. 

Alla Tenaris Dalmine il primo sindacato è la Fiom ed è il primo sindacato che sta con l'azienda. Pochi giorni fa c'è stato un incontro sindacati/azienda, con tutti a festeggiare i grandi utili dell'azienda (l'azienda è un monopolio, ha in mano tutto, ha difficoltà a trovare anche le persone per lavorare; certo assume dei giovani, gli fa fare un lavoro con la metà dello stipendio di prima facendoli lavorare più di prima). Ma non è solo una questione del lavoro, è un comando sulla vita, in cui bisogna dire “signor sì” in una situazione in cui a fronte anche del carovita ci sono salti del riposo -  tutto strutturato negli accordi non solo nazionali ma aziendali. La cosiddetta “produzione volontaria” vuol dire “libero campo” ad andare tutti i sabati a fare gli straordinari. L'altra arma,  da tempo attuata, è quella dei premi di produttività, che vuol dire sempre di più tirare la corda, sempre più essere schiacciati e succubi del comando aziendale, perché un'altra cosa che cova alla fabbrica è il dispotismo dei capi che si sentono liberi di fare tutto. E’ quello che noi da tempo abbiamo chiamato “fascismo padronale”. E nella fase di guerra avanza ancora di più questa situazione.

Tenaris Dalmine indica qual è la politica. I fratelli Rocca sono due, uno si chiama Paolo Rocca che si occupa di più delle gestione delle fabbriche, della manodopera, poi c'è Gianfelice Rocca che è il presidente di Humanitas, uno dei candidati della Confindustria, che dà più la linea politica; uno che nelle ultime sue interviste dice chiaramente cosa deve fare l'Europa: non è detto che debba stare solo con gli Stati Uniti, ci sono altri 20 paesi emergenti su cui possiamo fare affari, ma deve stare unita; parla delle sanzioni, dicendo: attenzione le sanzioni come le stiamo facendo non servono alla Russia, così le diamo tempo, ecc.

Per non parlare dell'altro aspetto. La Tenaris Dalmine all'interno è legata all'Eni è legata allo sfruttamento di paesi come l’Africa, e in questa fase stanno facendo ampi guadagni.

Poi c'è l'altra questione, la transizione ecologica, e anche qui loro ci sono e dicono chiaro: la transizione ecologica sono 350 miliardi da qui al 2030, ed è qui che stanno puntando. La maggioranza degli investimenti in questi anni sono stati potenziati negli Stati Uniti, anche se fino a pochi anni fa stavano parlando con Severstal, perché quando ci sono soldi i padroni non guardano in faccia a nessuno, non è che la Russia non va bene, non va bene in questo momento, e ora stanno puntando sugli Stati Uniti dove hanno acquisito una nuova fabbrica che produrrà 400.000 tonnellate di acciaio per tubi per il petrolio. Il discorso della “transizione energetica” è comunque una foglia di fico che l'azienda mette in campo. 

La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi ma la politica è quella dei padroni, è nelle mani dei capitalisti miliardari e tutto il globo è diviso tra questi signori del capitale che determinano come deve essere il lavoro degli operai, lo sfruttamento.

C'è uno stretto legame tra i peggioramenti che ci sono in fabbrica è la situazione della guerra. Ma questo mostra anche la potenzialità che questi operai a livello mondiale, anche solo del gruppo Tenaris, potrebbero avere prendendo coscienza che possono mettere in campo una enorme forza per cambiare i rapporti di forza, e anche il corso di questi eventi.

Infine c’è urgente la questione del salario. 

Alcuni dicono: gli operai Dalmine prendono una bella paga. Sì prendono una bella paga perché non sentono ancora gli aumenti, perché ci sono dei premi legati alla produttività, dei primi legati alla sicurezza. Quando dicevo prima che l’azienda si occupa della gestione dell'intera vita, sulla salute  ha messo in campo delle iniziative per controllarti come stai, devi stare bene, devi mangiare bene, ti fanno gli esami del sangue gratis, l'importante è che la forza lavoro lavori efficacemente in questi 3/4 mesi, poi te ne starai a casa. Sempre Gianfelice Rocca lo dice chiaramente: la Tenaris Dalmine ha già messo in campo un piano di lavoro a scacchiera, perché comunque sanno che ci possono essere delle restrizioni dal punto di vista del gas, un piano che prevede già degli impianti in cui gli operai vanno in cassa integrazione, dato che la Tenaris Dalmine sta concentrando la sua produzione su una parte di acciai speciali e nel resto dei paesi sta invece aumentando la sua capacità produttiva, in particolare dei tubi per il petrolio negli Stati Uniti.

ll lavoro che dobbiamo portare avanti anche nelle fabbriche, e in particolare in questa che è un'azienda siderurgica, un'azienda dell'energia, un'azienda che in questa guerra ha delle responsabilità ben precise, e quindi la lotta che ci deve essere con i lavoratori è per far crescere la coscienza di questa potenzialità che c'è in fabbrica.

E’ chiaro che c’è una coscienza anche arretrata tra i lavoratori perché alcuni dicono: sì, ma cosa c'entrano i padroni? C'entra il governo non l'azienda se aumentano le cose...  Però questo ci dà il modo di spiegare che alla fine non è così. E la battaglia che dobbiamo fare è anche questa. 

Dobbiamo unire le fabbriche attraverso l'avanzamento anche della coscienza di classe, dell’unità nella lotta contro l’imperialismo, il capitalismo, lo sfruttamento, la repressione e la guerra. Questa  deve essere una battaglia che come sindacati di classe dobbiamo portare nelle fabbriche per un’unità più generale da da costruire. 


27 settembre - INTERVENTO COMPAGNI VITERBO ALL'ASSEMBLEA PROLETARIA ANTICAPITALISTA 17 SETTEMBRE ROMA

 

COMITATO DI LOTTA VITERBO -

I compagni presenti a Roma hanno risposto questa assemblea che è un'assemblea di proletari comunisti, quindi siccome siamo i comunisti siamo qualcosa in più rispetto al semplice tra virgolette lavoratore nel senso che i compagni che stiamo ci si riconosce non soltanto come proletari ma anche come comunisti, perchè noi siamo per la conquista del potere, la distruzione del capitalismo, per la formazione di una nuova società.

La situazione che ci troviamo di fronte oggi è evidente se noi parliamo delle mobilitazioni contro la guerra imperialista. Al di là di qualche slogan roboanti della serie “guerra alla guerra”, ecc., che poi lasciano il tempo che trovano, perché “guerra alla guerra” è una cosa seria, cioè la guerra alla guerra l'hanno fatta chi nel 1917 ha fatto la rivoluzione e c'era una struttura che ha permesso di far veramente guerra alla guerra. Ora se noi oggi diciamo “guerra alla guerra” l'intervento come va calibrato su quello che la classe esprime oggi. Ovviamente il quadro concettuale è chiaro che occorre guerra alla guerra con tutte le sue articolazioni, però bisogna pure capire quello che uno fa oppure che non può fare, perché se uno fa delle enunciazioni di principio poi rimane e enunciazione principio e non riesce a calarsi in quella che è effettivamente la realtà. Noi come comunisti, e visto l'ambiente qui siamo, diamo per scontato che serve la guerra alla guerra in una guerra inter imperialista, quindi non mi dilungo, tutti riconosciamo che quella in corso è una guerra imperialista.

Detto questo, se noi vogliamo provare a intervenire in maniera unitaria da qualche punto materiale bisogna partire, perché ovviamente viene prima il fatto e poi la riflessione sul fatto, quindi bisogna partire da quella che è la condizione materiale degli sfruttati e quindi da lì costruire una battaglia politica che unisca insieme questioni economiche e politiche perché oggi l’economico si trasforma direttamente in politica,. Dobbiamo avere l'orizzonte aperto, per non morire nella propria fabrichetta, nel proprio comitato, nel proprio piccolo tempio di quartieri, ma coniugare nello stesso tempo l'intervento microscopio con la prospettiva, anche con la prospettiva comunista.

Allora noi diciamo di costruire una campagna unitaria che appunto vada al di là delle bandiere, bandierine di ognuno ma si coniughi su tutti i territori, a partire da quello che è il riflesso nella guerra. Quindi prendendo lo spunto su questo possiamo fare una campagna che parte dal carovita, aumento delle bollette, aumentano i prezzi alimentari, aumento generalizzato; poi ci sta pure che parliamo del comunismo, di tutti i discorsi che in parte già sono stati praticati in volantini e che noi abbiamo fatto già a Viterbo in varie occasioni.

Pensiamo appunto di proporre a tutti i compagni che stanno qui ma anche domani in cui c'è l'assemblea a Bologna dei lavori combattivi dove faremo naturalmente la stessa proposta, di partire da quelle che sono le condizioni materiali di vita; può essere l'occasione per una campagna di opposizione che metta insieme proletari di fabbriche con proletari di quartiere, con disoccupati, quindi tutte le varie figure sociali che possono unirsi su una questione che comunque tocca tutta la classe proletaria, tocca tutti quanti gli sfruttati che sono occupati, giovani precari, ecc.

Questa campagna guarda per l'appunto a tutti quanti i compagni senza che ognuno debba per forza piantare la propria bandierina perché noi crediamo che non sia il momento oggi di andare dietro alle bandierine ma che ci sia un avanzamento del fronte di classe che possa far tornare nella classe alcuni principi, alcuni concetti che sono stati dimenticati perché qui noi subiamo una sconfitta quarantennale dalla fine anni 70 in poi; quindi una serie di ragionamenti nell'ottica di ampliare la coscienza che ogni singola lotta è inserita nell'ambito della lotta generale contro il capitalismo. Faccio un piccolo esempio su Viterbo. Questa è una piccola città di provincia, in cui magari le cose sono anche più facile farle bene piuttosto che nelle città più grandi in cui ci sono incrostazioni sedimentate, alcune giuste e che vanno ancora oggi messe perché alcuni comportamenti non sono mai accettabili, altri invece con lo scorrere del tempo si dovrebbero anche sorpassare.

A Viterbo dentro un organismo di base che interviene sul territorio in un'ottica che partendo da una serie di vertenze che sono state fatte con lavoratrici scolastiche in due diverse fasi, che tra l'altro non sono state ancora vinte, hanno comunque inserito dentro una singola vertenza l'ottica della battaglia generale e quindi pensiamo che nel nostro piccolo questa esperienza possa essere riprodotta.

L'ultima cosa è la questione della sanità. Anche questa è un esempio che parte dal basso, la prossima a Roma è un'iniziativa sotto la Regione Lazio, e anche questa nasce da tutto un'insieme che non riguarda però soltanto la sanità, perché anche la questione sanità è inserita in tutto il discorso più generale di classe, sulla questione appunto sfratti, carovita, bollette, ecc. quindi anche la questione sanità è inserita in un discorso generale anticapitalista, una lotta particolare inquadrata nel quadro generale della lotta al capitalismo.


27 settembre - INTERVENTO GKN ALL'ASSEMBLEA PROLETARIA ANTICAPITALISTA 17 SETTEMBRE ROMA

 

Vi parlo dello stato dell’arte della nostra vertenza Gkn. La prima fase contro il licenziamento in tronco si è conclusa, dopo manifestazioni, lotte, con la vittoria in Tribunale.

Proprio quando si andava al ritiro dei licenziamenti si fa vivo un privato che presenta un cosiddetto “piano di reindustrializzazione”. Come voi sapete benissimo anche dall'esperienza della fabbrica Tessitura di Mottola le promesse sul futuro della fabbrica è in cambio dell'accettazione della distruzione della fabbrica che esiste e in cambio soprattutto di tanta cassa integrazione. Ma l’ammortizzatore sociale è sì uno strumento di continuità del reddito ma può servire ad ammortizzare la lotta, a trasformare un licenziamento in tronco solo in un processo più dilazionato. Questa è stata sin dall'inizio la nostra preoccupazione.

Allo stesso tempo nel gioco dei rapporti il fatto che fosse arrivato un privato che mettesse nero su bianco che sarebbe arrivato del lavoro, ci ha obbligato ad una faticoso impegno per andare a vedere le carte e per capire che cosa avevamo di fronte; perché purtroppo, e questo capita tante volte nella storia del movimento delle lavoratrici e dei lavoratori, difficilmente si riesce a capire le vere intenzioni della controparte. Questo ci ha portato a un accordo quadro che come tutti gli accordi è stato disatteso e il 31 agosto si doveva avere una parola fine dell'investitore con il piano industriale che però non arriva mai. Noi sapevamo che il nuovo proprietario non aveva una capacità industriale, e che quindi inevitabilmente avrebbe richiamato in causa il pubblico. Quello che non potevamo immaginare è la rapidità con cui questo privato ha immediatamente chiesto dei fondi pubblici. Dopo il 31 agosto c'è stato un altro incontro che ha portato a niente di fatto; è stata fatta una richiesta al Mise di accordo che noi non sappiamo se verrà accettata, una richiesta 50 milioni, di cui 35 dati sotto varie forme sono pubbliche con intervento diretto di Invitalia. Quindi, la fabbrica verrebbe rimessa in piedi totalmente dal pubblico; quindi ci troviamo di fronte allo scenario in cui o il pubblico non procede a dare questi fondi oppure li concede a “babbo morto”.

La terza parte della lotta. Ci siamo dichiarati fabbrica pubblica e socialmente integrata. Fabbrica

pubblica perché a questo punto pretendiamo questi fondi pubblici ma vogliamo anche che l'assemblea permanente e i lavoratori e le varie espressioni territoriali esercitino un controllo pubblico sulla struttura societaria.

Noi abbiamo tenuto viva la mobilitazione attorno ad “insorgenza”.

lunedì 26 settembre 2022

26 settembre - INTERVENTO VITO TOTIRE AD ASSEMBLEA PROLETARIA ANTICAPITALISTA ROMA 17 SETTEMBRE

 

Cari compagni,

un impedimento familiare improvviso mi impedisce di partecipare; tuttavia dialogare e collaborare è possibile; come è noto stiamo costruendo una RETE NAZIONALE LAVORO SICURO , una iniziativa che parte dalla necessità di organizzare una strategia di prevenzione delle stragi che periodicamente si consumano nei luoghi di lavoro : a volte improvvise (ma prevedibili) altre volte meno eclatanti perché differite nel tempo (parlo delle malattie professionali);

la RETE parte da una questione e da due obiettivi:

la prima questione è prendere atto della drammatica mortalità delle persone che appartengono alla classe operaia ;

la seconda è la necessità di “arrivare il giorno prima” cioè il giorno prima dell’evento che pregiudica la salute;

DUNQUE IL PRIMO OBIETTIVO E’ GARANTIRE A TUTTI LA STESSA SPERANZA DI SALUTE DI VITA E D BENESSERE ; nessuna persona ragionevole può, almeno a parole , dissentire da questo obbiettivo; ovviamente alle parole troppo spesso non seguono i fatti e non seguono percorsi socialmente condivisi per il raggiungimento dello scopo dichiarato.

LA SECONDA INEVITABILE QUESTIONE E’ NON RIDURSI A PROTESTE , COMUNICATI STAMPA O PEGGIO all LACRIME DI COCCODRILLO IL GIORNO DOPO L’EVENTO; i vertici istituzionali , ad ogni strage, recitano ipocritamente “mai più” ma poi non cambia nulla.

Addirittura una associazione organizzata dai padroni ha “inventato” l’obiettivo di ridurre la mortalità sul lavoro (in Italia circa 1300 morti all’anno, i casi “ufficiali”…) del 50% entro il 2030; ci vogliono abituare alla idea che un certo numero di morti è inevitabile, quasi naturale…noi protestiamo contro questa mistificazione e teniamo alto l’obiettivo dell’azzeramento immediato.

La RETE NAZIONALE LAVORO SICURO ADOTTA UN PROGRAMMA DI AZIONE CHE PASSA ATTRAVERSO LA COLLABORAZIONE E LA SINERGIA SISTEMATICA CON I LAVORATORI SINGOLI E ORGANIZZATI IN GRUPPI OMOGENEI; la rete dunque non è una associazione di tecnici o un patronato che supporta “benevolmente” i lavoratori fornendo loro servizi ancorchè gratuiti; la svolta in Italia e nel mondo ,nel campo della prevenzione, non sarà mai il risultato di interventi tecnici ma sarà un obiettivo realizzabile solo con il riequilibrio degli attuali rapporti di forza tra capitale e lavoro; la forza dei lavoratori è la leva determinante e più importante in assoluto che porterà ad effettuare valutazioni del rischio realistiche, che porterà alla eliminazione del rischio alla fonte e alla possibilità di un ambiente di lavoro salubre, dignitoso , fonte di reddito , di benessere e di crescita della autostima dei lavoratori.

Viceversa oggi il documento di valutazione del rischio , “autogestito” dal padrone minimizza il rischio stesso, a volte lo nega e, paradossalmente , diventa uno strumento poi gestito dall’Inail ( il cui esautoramento è uno dei pilastri del programma della RETE in ragione della organica azione filo padronale dell’ente) persino per respingere il riconoscimento della causa professionale della malattia .Nei casi peggiori il disconoscimento del rischio è alla origine della causa di morte immediata.

Ovviamente per giungere ad affermare il diritto alla salute bisognerà eliminare ogni forma di schiavismo, di vulnerabilità, di precarietà e ricattabilità ( pensiamo a tutte le forme di precariato schiavistico e alle condizioni di lavoro degli immigrati); senza questa premessa sarebbe illusorio pensare di affermare il criterio della eliminazione del rischio alla fonte e la sostituzione di quello che è nocivo (non solo rispetto alle sostanze ma anche rispetto al “modo di produzione”) con quello che non lo è ;

dunque la RETE non si propone nel ruolo di “tecnici di fiducia” dei lavoratori (anche se ha in programma il consolidamento e lo sviluppo e della conoscenze tecniche) e pur con la garanzia (se si struttura a rilevante componente tecnica si dovesse trattare) di relazionarsi secondo la prassi della “non delega” e della “validazione consensuale”;

la RETE è invece UNA ORGANIZZAZIONE DI LAVORATORI CHE ENTRA IN SINERGIA CON ALTRI LAVORATORI E CON I LORO RAPPRESENTANTI PRIVILEGIANDO IL RAPPORTO CON I “GRUPPI OMOGENEI” E INCLUDENDO NEI RAPPORTI DI SINERGIA E DI LAVORO COMUNE GLI RRLLSS dove essi siano eletti dai lavoratori e li rappresentino davvero in maniera corretta.

I percorsi organizzativi e gli strumenti di azione saranno discussi ed approfonditi nel convegno di Firenze del 22 settembre ;

considerato che la RETE non rappresenta l’unica risorsa in campo né ha il programma velleitario di rappresentare e/o di includere altre realtà mettendone in discussione l’autonomia , siamo disponibili a realizzare programmi di lavoro con tutti i soggetti disponibili e dunque con le realtà presenti oggi in questa riunione a Roma ; già ai lavoratori della GKN abbiamo fatto una proposta ; per essere chiari : non una nostra “geniale idea” e unilaterale ma una ipotesi nata nel dibattito della assemblea fondativa della RETE tenutasi a Modena il 26 maggio 2022; la proposta verte su tre temi: a) valutazione critica del DVR (documentazione di valutazione del rischio) redatto dal padrone 2) analisi dei materiali presenti nel ciclo produttivo alla ricerca di ipotesi di fattibilità tecnologica della “eliminazione dei rischi alla fonte” 3) valutazione dell’impatto psicosociale della condizione di incertezza occupazionale in termini di stress (questo tema potrebbe certamente essere pertinente anche per altre realtà oggi presenti a Roma , per esempio i lavoratori della Tessitura Albini);

con ognuna delle realtà presenti oggi a Roma quindi –in piena sinergia e cooperazione con SLAI Cobas- potremmo costruire un programma di azione sui temi della salute, sicurezza e benessere lavorativo al fine di elaborare una strategia di difesa contro la nocività non solo fisica ma anche psicologia (mobbing e molestie morali) della organizzazione capitalistica; grazie alla circolazione delle notizie tra realtà operaie e solidali abbiamo informazioni sulle lotte di cui tutti i presenti alla riunione sono stati protagonisti (le operaie della Beretta , gli operai di Taranto, Fincantieri, Stellantis, i lavoratori agricoli e tutti gli altri) e siamo convinti che dalla convergenza tra la forza operaia e la messa in campo di stimoli adeguati agli organi di vigilanza potremmo riuscire, quantomeno, ad imporre azioni di miglioramento che ci avvicinerebbero a garantire la stessa speranza di salute e benessere lavorativo per tutti;

certamente SLAI COBAS (e personalmente Enzo Diano) avranno un ruolo di trait-d’union e di protagonisti e altrettanto sicuramente potremo organizzare altri incontri (anche in presenza) ; saremo a Monfalcone a discutere della RETE il 27 ottobre né sarà difficile organizzare a breve un incontro anche a Ravenna.

Unità tra i lavoratori per cancellare dal pianeta il lavoro coatto, lo schiavismo e la guerra.

Un augurio si buon lavoro e un abbraccio

Vito Totire, portavoce pro tempore delle RETE NAZIONALE LAVORO SICURO

Bologna, 16.9.2022

e.mail: vitototire@gmail.com

E’ POSSIBILE RICHIEDERE ALLA RETE SUPPORTO TECNICO E MEDICO LEGALE SIA PER A PREVENZIONE SIA PER DANNI ALLA SALUTE GIA’ SUBITI.


26 settembre - MFPR ALL'ASSEMBLEA PROLETARIA ANTICAPITALISTA DI ROMA 17 SETTEMBRE A METROPOLIZ

 L'importante intervento fatto dal Mfpr all'assemblea proletaria anticapitalista di Roma del 17/9

Salutiamo questa assemblea proletaria anticapitalista, vogliamo portare qui la voce delle lavoratrici, la nostra voce di donne che lottano in una fase in cui la condizione delle donne/lavoratrici è peggiorata tantissimo con la pandemia prima e oggi con la guerra interimperialista: lo scaricamento dei costi di questa sporca guerra della borghesia al servizio degli interessi del Capitale su operai, lavoratori, masse popolari, si ripercuote doppiamente in particolare sulla vita delle operaie, delle lavoratrici, delle donne proletarie.

E non si tratta solo di un attacco economico per le donne, per le lavoratrici, che già di per sé è pesante, in termini di sempre più licenziamenti, precarietà, disoccupazione, scaricamento del lavoro di cura, carovita, tagli dei servizi scolastici, sanitari, sociali… ma c'è anche un attacco politico, ideologico che avanza nella tendenza generale al moderno fascismo della borghesia al potere.

Durante questa campagna elettorale i partiti del centrodestra stanno richiamando anche temi come l’aborto. La Meloni si fa becera campagna elettorale dicendo falsamente che non toccherà la legge 194, vedi in primis la recente intervista della Meloni dal servetto Mentana che non le ha affatto “ricordato” che per esempio uno dei candidati di FdI alle prossime politiche, il senatore Luca De Carlo ha annunciato che ripresenteranno la proposta di legge (già depositata in questa legislatura a prima firma Isabella Rauti) che impone la sepoltura dei feti abortiti sotto le 28 settimane, anche senza la richiesta e il consenso dei genitori, o che il capogruppo FdI Carlo Ciccioli, in puro linguaggio nazista/razzista, ha parlato della necessità di disincentivare l’aborto per evitare la «sostituzione etnica» degli italiani, o che vi sono regioni come l’Umbria, governata dalla Lega (con cui, se vince, la Meloni farà il nuovo governo) che non ha voluto recepire le indicazioni ministeriali sulla pillola Ru486 nei consultori, o le Marche con l’altissima percentuale di medici obiettori…; né le ha “ricordato” che in Ungheria l'amico della Meloni, Orban, ha fatto ora un decreto con cui si attaccano e si ricattano in modo schifoso le donne che vogliono abortire imponendo che: "prima di abortire, la donna dovrà ascoltare il battito del cuore del feto".

E tutto questo avviene all’interno di un'onda nera che si va espandendo, dagli Usa all'Europa, all'Italia. E’ quindi purtroppo facile capire che un nuovo governo di centrodestra, per giunta a guida Meloni, sicuramente vorrà mettere le sue lorde mani sessiste e reazionarie sull'aborto e in generale contro la maggioranza delle donne.

La borghesia al potere odia il diritto d’aborto perché pone come centrale l’autodeterminazione delle donne, il fatto che una donna può e deve decidere liberamente, perché le donne devono essere incatenate a determinati ruoli funzionali alla conservazione, mantenimento e perpetuazione di questo sistema sociale capitalista. La lotta necessaria contro gli attacchi al diritto d'aborto è "pericolosa" per la borghesia dominante perché essa mette in discussione le basi ideologiche, politiche, materiali di questo sistema capitalista. E ciò vale anche per la questione femminicidi.

Abbiamo di recente scritto in un articolo pubblicato sul blog Femminismo rivoluzionario che attacco al diritto di aborto e questione dei femminicidi sono due facce della stessa medaglia perché entrambi vogliono le donne sottomesse allo Stato, alla famiglia, all'uomo, macchine riproduttive per fare figli, nuove braccia per i padroni da sfruttare per la sete insaziabile di profitto, macchine per il lavoro di cura di marito, figli…, proprietà privata al servizio del sistema economico/politico o dell'uomo.

In questo senso le lotte che facciamo come donne, come lavoratrici inevitabilmente hanno a che fare con la lotta contro questi ruoli che la società ci pone/impone. Ma tutto questo suscita nelle lotte delle donne, delle lavoratrici una “marcia in più”, che va oltre la questione economica, e pone la questione della necessità della lotta politica, rivoluzionaria delle donne contro padroni, governo, questo Stato, contro la condizione di oppressione a 360 gradi.

All’interno della necessità non rinviabile di un fronte unico di classe di grande importanza è il fronte delle lavoratrici/donne, proprio per quella marcia in più oggettiva e soggettiva che è ricchezza e spinta nella lotta più generale.

Non è vero che non ci sono le lavoratrici, le donne proletarie, esse ci sono attraverso le lotte che stanno già facendo, le assemblee che le hanno raccolte. In questo senso il percorso dell’Assemblea donne/lavoratrici da noi promosso si è rivelato uno strumento/arma utile che sicuramente va rafforzato, esteso, e va generalizzato anche a fronte del nuovo governo che sulle donne si accanirà.

Collegarci, sviluppare con più forza le nostre lotte per affrontare insieme la battaglia contro i pesantissimi attacchi dei padroni e del governo (chiunque sia il nuovo), che vogliono rendere la nostra vita ancora più difficile, dura, necessariamente richiede di essere unite a livello nazionale, altrimenti non ce la si fa, rendere concreta la parola d’ordine: lotta una lottano tutte!

Rendere concreta questa parola d’ordine è stata per esempio la campagna di solidarietà agente lanciata per le operaie della Beretta.

Una parte delle operaie in appalto nel salumificio Beretta, organizzate con lo Slai Cobas per il sc, sono in lotta da mesi in difesa del posto di lavoro, per migliori condizioni contrattuali e oggi in particolare contro un grave accordo fatto dai padroni con la Uil che taglia il salario già basso colpendo diritti basilari come la maternità e chi si infortuna o denuncia gli infortuni.

Un accordo firmato sottobanco senza comunicazione alle operaie, che rappresenta il vero volto dei padroni e dei sindacati organicamente dannosi e asserviti ad essi come i confederali, e che costituisce un pericoloso precedente che si può estendere in altri posti di lavoro contro altre lavoratrici. La lotta di queste operaie è importante per tutte e tutti; essa oltre l’aspetto della lotta sindacale ha anche una valenza sul piano politico/ideologico.

Una lotta che pone la questione della condizione che vivono come donne, tutte le oggettive difficoltà a gestire per esempio il lavoro di cura in famiglia, i figli, le difficoltà di arrivare a fine mese e oggi ancor di più con l’aumento dei prezzi/bollette/generi di prima necessità… “difficoltà doppie, triple” essendo per la maggior parte anche donne immigrate che non hanno nessuna risorsa a parte il lavoro, come diceva l’operaia in una recente intervista.

Ma questa lotta ha fatto emergere con forza soprattutto l’importanza dell’unità. Diceva l’operaia: “…Abbiamo fatto due scioperi indetti dallo Slai davanti i cancelli della fabbrica, se da un lato non ci hanno portato a dei risultati immediati con i padroni la cosa importante è stata però l’unità delle operaie, l’incoraggiamento verso la lotta perché eravamo tutte insieme quelle iscritte allo Slai, all’inizio alcune operaie avevano paura di scioperare, questo ci ha dato coraggio… a tutte noi serve questo lavoro ma se stiamo combattendo non stiamo combattendo per stare a casa, stiamo combattendo per andare avanti, per i i nostri diritti, niente di più niente di meno!”… Questa questione dell’unità delle operaie è molto importante anche nella prospettiva del ragionamento che stiamo facendo in questa assemblea.

Se lotta una lottano tutte” vuole dire collegarsi, sostenersi e incoraggiarsi reciprocamente, unire le nostre forze anche se viviamo e lottiamo in città e posti di lavoro o realtà diverse perchè l’attacco di padroni e governo seppur in forme diverse è comune; significa estendere la conoscenza delle lotte che le donne proletarie fanno in questo paese contro la congiura del silenzio messa volutamente in atto spesso dai mass media asserviti o dai sindacati confederali organicamente dalla parte dei padroni e padroncini e del governo.

In questo senso la campagna di solidarietà che abbiamo lanciato a sostegno della lotta delle operaie Beretta, così come precedentemente verso le operaie della Montello di Bergamo, vede a parte i messaggi tutti importanti arrivati da altre lavoratrici, operaie, realtà di lotta sul campo della sicurezza sul lavoro, ecc., anche azioni concrete come volantinaggi infosolidali, attacchinaggi di una locandina che ha dato voce a questa lotta delle operaie, a Palermo per esempio, le compagne hanno portato un volantino e la locandina tra gli operai dei Cantieri Navali perché è giusto e necessario che sappiano della lotta che stanno facendo le loro compagne di classe e da cui possono prendere esempio. Questa locandine dopo alcuni giorni ritornando in fabbrica, a differenza di altre, le abbiamo trovate strappate, non sappiamo chi l’abbia fatto, i padroni? i capetti? I vigilantes? i fascisti? Ma ingenerale questo è anche un segnale del clima sessista e reazionario che avanza in questo paese e che influenza anche i lavoratori, i proletari.

Diceva sempre l’operaia, delegata dello Slai Cobas sc, nell’intervista che abbiamo fatto: “Le altre operaie sono state molto contente dei messaggi di solidarietà che ci avete mandato, alcune si sono proprio emozionate, e dicevo loro vedete che non siamo sole, sembra che non stiamo facendo niente ma invece non è così…, da quando abbiamo fatto quell’assemblea (assemblea nazionale telematica di Donne/Lavoratrici - ndr) il 9 giugno, ti dico sinceramente che mi sento più incoraggiata, è vero che io personalmente attraverso l’esperienza sindacale di delegata ho imparato in questo anno e mezzo un sacco di cose, ho scoperto diritti che non è che pensavo di non avere ma che non potevo metterli in pratica. Quindi adesso mi sento più forte, certo ce n'è ancora di strada da fare ma questo mi dà la forza anche di parlare con le mie colleghe, di spiegare la situazione e di andare avanti…”

La lotta delle operaie Beretta è esempio importante di operaie che stanno lottando contro la guerra interna che i padroni scaricano contro di esse, attacchi che si intensificano, in fasi come quella che stiamo vivendo dove la guerra è anche uno dei mezzi con cui il Capitale cerca di risolvere la crisi economica in cui sprofonda. Queste operaie già nello sciopero dell’8 marzo hanno diffuso la mozione contro la guerra in unità con altre operaie e lavoratrici, perché noi donne vogliamo e dobbiamo essere in prima fila anche nella lotta contro la guerra imperialista, dicendo: “Non in nostro nome! Le guerre e i profitti sono loro, i morti, le distruzioni sono nostre!”

Ma ci sono altre lotte significative che non devono restare sole: le operaie Piaggio che hanno scioperato per infortuni di alcune colleghe, le operaie della Maier Cromoplast di Verdellino in sciopero contro la delocalizzazione della fabbrica, le lavoratrici della Pellegrini appalto nell’Acciaieria Italia, ex Ilva di Taranto in lotta contro accordi discriminatori, le operaie che imbustano l’insalata a Bergamo, che sanno quando entrano in fabbrica e non sanno quando escono con turni di lavoro massacranti, le precarie di Palermo, le immigrate delle campagne, della logistica…

Lotte che hanno posto anche la questione che per le donne, le lavoratrici ai normali problemi per partecipare si aggiungono altri problemi, famiglia, figli, assistenza genitori, ecc. – ma questi problemi sono una ragione in più per noi donne per volere una vita diversa, per ribellarci a una condizione niente affatto individuale ma sociale che da un lato scarica tutto su di noi e dall’altro ci mette mille ostacoli, ci vuole costringere a rinunciare. Ma non ci stiamo! Anche questo è un terreno di lotta, di sfida, e noi abbiamo una marcia in più per affrontare la battaglia generale perchè tutta la nostra vita deve cambiare.

Facciamo appello a sostenere attivamente e in ogni forma possibile le lotte delle lavoratrici, precarie, disoccupate. Queste lotte oggi, sono ancora più importanti anche per indebolire l’azione del governo che verrà.

Andremo in posti di lavoro e luoghi significativi sul piano delle lotte delle lavoratrici/donne, con due scopi, far conoscere con iniziative pubbliche il percorso che stiamo facendo, creare conoscenza, collegamento; portare le ragioni di quale femminismo è necessario oggi per la maggioranza delle donne/lavoratrici/ che può e deve essere in sintonia con la condizione di oppressione della maggioranza delle donne, un femminismo di classe proletario e rivoluzionario, perché la lotta delle donne lavoratrici è inconciliabile con il riformismo perché mette sul piatto un’oppressione che è a 360 gradi posta/imposta da questo sistema sociale capitalista che deve essere rovesciato per una vera liberazione sociale.

Se sarà una donna fascista come la Meloni alla presidenza del consiglio, sarà una opportunità, perchè questo mostrerebbe in modo chiaro che le donne non sono tutte uguali, le donne al potere, le padrone, le ricche, le politicanti sono la faccia più concentrata e feroce del potere capitalista e imperialista.

C’è un femminismo borghese, un femminismo piccolo borghese e un femminismo proletario, è la classe e non il genere che distingue o unisce le donne e ogni forma di femminismo che non sottolinei questo elemento è parte della dittatura borghese e patriarcale. Sarà la maniera concreta per mostrare che la contraddizione di classe è alla base e che la ribellione, la lotta delle donne proletarie deve essere il cuore e la forza nella lotta rivoluzionaria per un vero cambiamento sociale.

Poichè l’oppressione delle donne è “oppressione senz'altro”, la lotta della maggioranza delle donne oppresse che si pone nella prospettiva di abolire “tutte le oppressioni”, di tutti, anche degli uomini, anche dei lavoratori, per una umanità nuova, è centrale per una nuova società, che chiamiamo socialismo, e deve essere compreso da tutti quanto sia centrale.

MFPR


26 settembre - Gli interventi all'Assemblea proletaria anticapitalista del 17/9 - SLAI COBAS SC

(ci scusiamo per una trascrizione non perfetta degli interventi registrati, la cui responsabilità è della redazione di questo blog)

Questa bella e significativa struttura è la location esatta per l'assemblea proletaria anticapitalista. Il senso dell'assemblea acquista tutta un'altra veste in una realtà come questa conquistata con l'occupazione. Per questo ringraziamo veramente i compagni di darci questa ospitalità e di permettere alla nostra assemblea di avere un valore aggiunto.

Questa è “un'assemblea di lavoro”, un'assemblea poco incline alla retorica, alla sola denuncia, a raccontarci cose che già sappiamo, ma che cerca il bando della matassa per tradurre le parole in fatti, perché le parole senza i fatti valgono davvero nulla a fronte di questo governo, di questo Stato, di questo sistema.

Questa assemblea è la prima in presenza che facciamo dopo averne fatte alcune durante i mesi scorsi, in particolare quando la pandemia non permetteva di fare assemblee in presenza, ne abbiamo fatte tre significative con l'area dei compagni qui presenti. Le abbiamo fatte per una ragione molto semplice. Noi insieme ai compagni di Roma e Viterbo abbiamo fatto parte del ‘Patto d'azione per un fronte unico di classe’ che è durato per più di due anni e ha realizzato alcune iniziative importanti, alcuni scioperi generali, pur di minoranza ma di indirizzo e di contenuti condivisi, un patto d'azione che è stato anche un luogo di dibattito in certi momenti anche di scontro sia di posizioni sia alla ricerca di soluzioni; un patto d'azione che aveva dato la parola innanzitutto ai proletari in lotta, e anche chi faceva parte di organizzazioni sindacali ben definite o di organizzazioni sociali e politiche è stato chiamato essenzialmente a esprimersi senza la “casacca” ma portando il contributo necessario alle lotte e a l’elevamento politico e sociale di queste lotte; una realtà che non accettava non la differenza che obiettiva è scientifica e necessaria tra lotta economica e lotta politica quanto la distinzione/separazione della lotta economica e della lotta politica, per unire ciò che si doveva unire, per contribuire a un fronte unico di classe necessario all’opposizione al fronte unico dei padroni. Questo ‘Patto d’azione’ è stato una buona cosa per diversi mesi, e noi vi abbiamo partecipato nelle forme in cui le nostre forze ci permettevano, e con le nostre posizioni che chiaramente, come ogni organizzazione di tipo nazionale, sono dipendenti sia dalle posizioni politiche ideologiche presenti, sia dalla natura delle lotte, sia dalle differenze territoriali. Ritrovarci nel ‘Patto d'azione’ ci sembrava comunque una buona cosa. E questa doveva andare avanti, doveva allargarsi intorno alla piattaforma che si era definita col dibattito innanzitutto tra i lavoratori impegnati nelle lotte; questa piattaforma doveva trovare una sintesi in una forma organizzativa che permettesse al Patto di non esistere solo in forme assembleare, prevalentemente anche lì telematiche, ma esistere come struttura organizzata che capitalizzasse, unisse le lotte e le facesse in qualche maniera contaminare e crescere.

Ma il ‘Patto d'azione’ a un certo punto è stato sostanzialmente sciolto, dismesso dall'organizzazione principale che l'aveva promosso, il Si.cobas, senza dibattito, senza alcuna motivazione. 

Chiaramente questa cosa non andava bene, non poteva andare bene; perlomeno ci fosse stato un dibattito, perlomeno ci si fosse confrontati sul come perseguire. Ma invece questo scioglimento è stato fatto con una logica burocratica, da parte di chi si dice “non burocratico”, una logica puramente egemonista, da chi si dice “non è egemonista”; e quindi questo non poteva essere accettato. Non è stato accettato da noi come da altri compagni, che evidentemente hanno ripreso per ritessere il filo del patto d'azione.

Questo ripresa l'abbiamo definita “Assemblea proprietaria anticapitalista”, che è una forma per realizzare quella unità di azione, di lotta e di dibattito, di prospettiva politica e perfino strategica rispetto all'avversario di classe; una forma che abbiamo ritenuto in qualche maniera adatta alla fase: ‘assemblea’, perché oggi pensare che si possano prendere decisioni collettive di realtà di lotte differenti senza i momenti assembleari, evidentemente è una pura velleità. C'è da dire che spesso nelle assemblee le cose non vanno in forma orizzontali come è necessario e quindi non sono vere assemblee, in questo senso la sottolineatura “proletaria” è perché vuole mettere in luce che troviamo un'unità se prendiamo a base le lotte dei proletari e su queste ci ragioniamo, ci scontriamo, decidiamo come unirci o come dividerci. Se non prendiamo a base le lotte proletarie scadiamo nell'intersindacale, che in tutta sincerità, a parte qualche buon impegno per scioperi generali che sono stati lanciati e a cui anche noi abbiamo partecipato, non ci sempre la forma adatta a realizzare l'unità di classe, l'unità delle lotte, per cui invece occorre intraprendere una marcia in avanti rispetto allo stato delle cose esistente. In questo senso l’Assemblea proletaria è “anticapitalista”, perché il cemento che ci unisce e l'anticapitalismo ma non un generico anticapitalismo ma quello di ritenere che il modo di produzione capitalista sia alla base di tutto, dello sfruttamento come della repressione, della devastazione ambientale, delle guerre, sia base di tutto ciò che opprime i lavoratori e le masse popolari, e che fa da freno dello sviluppo stesso delle forze produttive e della trasformazione in senso socialista della realtà non solo del nostro paese ma di tutto i paesi del mondo.