Renato
Falconati ha lavorato una vita nelle acciaierie: "Facciamola
risuonare nel parco archeologico industriale al Carroponte"
di
LAURA LANA
Sesto San Giovanni (Milano),
3 febbraio 2019 - Anche il canto della
sirena è stato spento.
Scompare così
l’ultimo simbolo
di quella che era la “Stalingrado
d’Italia”: la Sesto San Giovanni delle grandi fabbriche,
delle migliaia di operai in bicicletta, delle tute blu dei grandi
scioperi
e delle rivendicazioni operaie. Rimessa in funzione nel 2004, in
occasione della visita dell’allora presidente della Repubblica
Carlo Azeglio Ciampi, la sirena delle acciaierie Falck aveva ripreso
a suonare. Non più a ogni cambio di turno, ma ogni
giorno a mezzogiorno.
Dopo 15 anni, però, la struttura che la ospita all’ingresso
dell’ex stabilimento Concordia ha un serio
problema di sicurezza:
presenta troppe crepe e
rischia di crollare.
Per questo motivo la storica sirena è stata messa a tacere e dovrà
essere smontata, per essere poi custodita in un deposito.
Della “Città
delle Fabbriche” resta
ormai ben poco. Ci sono gli scheletri degli altiforni e dei vecchi
stabilimenti delle
acciaierie Falck. Le cattedrali, come le chiama Renzo Piano, che non
sono ancora né accessibili né riqualificate. Così,
passeggiando per Sesto San Giovanni insieme all’ex dipendente
Renato Falconati, che la "sua" fabbrica ce l’ha pure
nel nome, il tour della memoria inizia e finisce in un unico luogo:
"Le tracce di archeologia
industriale
– sottolinea – sono nell’area
ex Breda,
famosa grazie al Carroponte,
diventato una delle arene estive di maggior successo. Qui esistono
ancora la torre dei modelli e i capannoni diventati spazi culturali
del design, frequentati da studenti e professionisti. E qui dovrebbe
trovare
nuova collocazione la sirena delle Falck:
facciamola risuonare in questo parco archeologico industriale".
Falconati nelle acciaierie ci è stato oltre 40 anni, da giovanissimo
tecnico fino ad assistente di direzione e poi come custode durante
l’avvio delle trasformazioni. "Mi ritrovo spesso a riguardare
le foto e a ripensare a quegli anni. Oggi
non c’è più nulla. Solo cumuli di terra,
per gli scavi di bonifica, che regalano un paesaggio di dune e
macerie guardando al di là dei muri".
Crollano
i simboli del
secolo breve sestese. "Ce li hanno tolti uno a uno. Prima è
toccata alla scritta della Breda sui cancelli di viale Italia e
domani è già stato annunciato l’abbattimento della facciata
dell’edificio curvo del vecchio stabilimento Vulcano. Oggi è stata
la volta della sirena. È
come toglierci l’orologio biologico.
A noi sestesi per un secolo quel suono ha scandito le ore, la
giornata, la vita". Michele Michelino, ex bredino, è
l’instancabile portavoce del comitato che da decenni lotta perché
i morti e i malati di amianto abbiano giustizia. "La sirena
rievocava non tanto le lotte di fabbrica, ma le conquiste
collettive:
i diritti, il welfare, la medicina del lavoro. Spegnendola vogliono
far dimenticare il protagonismo
dei lavoratori
e di una città intera. Ma la memoria – ammonisce – non si può
dimenticare né nascondere".
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