Da
quattro anni lavorava per la Recuperator Spa di Rescaldina (Milano):
«L’azienda non ha avuto neanche il coraggio di avvisarmi»
“Tremavo,
piangevo. In azienda non mi hanno mai chiesto come stavo”
Parla
Rosaria Ferro, l’operaia “lasciata a casa” perché ha un
tumore. Rientrata dopo le cure “mi sono rimessa in produzione”,
ma la Recuperator l’ha mandata via
Giorgio
Sbordoni
“Tremavo
piangevo... mi ha chiamato il 12 settembre l’agenzia
(l’agenzia di lavoro con cui ha trovato impiego alla Recuperator
di Rescaldina) e mi ha detto ‘Rosi,
guarda, l’azienda ha cessato il tuo staff leasing’. Loro
dicono per mancanza di lavoro, ma in realtà siamo pieni di lavoro e
infatti faranno entrare altri operai?”.
Inizia
così il racconto di Rosaria Ferro. Di lei ti colpisce la voce
ferma, decisa, l’entusiasmo per la vita che esce fuori dalle note
squillanti che arrivano dal cellulare, nonostante i colpi la vita
negli ultimi tempi non glieli abbia certo risparmiati. Prima il
tumore al seno, poi questa doccia fredda da parte dell’azienda per
cui lavora in somministrazione da 46 mesi.
“Da
quando sono rientrata sono in produzione, non sto in un
angolino. Sono
un’operaia sulla linea con trapano, martello e ogni altro
strumento serva, nonostante abbia tolto il cancro al seno,
asportato una parte di mammella, subito un intervento sotto
l’ascella. Ho 55 anni e lavoro da quando ne ho 14. E di
fronte a questa decisione ci sono rimasta malissimo”.
E
pensare che il gruppo che ha acquisito nel 2018 la Recuperator, il
gruppo Carel, ha vinto premi prestigiosi per la qualità
dell’ambiente di lavoro. Confermi? “In azienda in realtà
non mi hanno mai chiamato, anche dopo aver saputo che avevo scoperto
di avere un tumore al seno. C’è
una signora delle risorse umane, non mi ha mai chiesto come stavo,
neanche dopo l’intervento”.
E
i tuoi colleghi? “Da molti di loro tantissima solidarietà, che non
mi aspettavo.
Anche oggi c’è stata un’assemblea sindacale della Fiom che mi ha
manifestato grande vicinanza, ha alzato la voce sulla mia questione,
anche se non sono iscritta al loro sindacato e non sono
dipendente diretta, ma impiegata con una agenzia”.
Che
cosa vorresti dopo questa vicenda?
“Prima
di tutto non voglio che succeda a un’altra donna,
perché qua ci sono tante donne in somministrazione. Non deve
più succedere”.
il comunicato Nidil/CgilPersonale
“usa e getta”: Rosaria contrae un tumore e l’azienda la lascia
a casa
20 Ottobre 2025 in News, UFFICIO
STAMPA
Sta accadendo
alla Recuperator
S.p.A. di Rescaldina
(MI), azienda con oltre 80 persone
occupate che produce scambiatori di calore e fa parte del
gruppo CAREL,
subentrato nel 2018.
Il gruppo CAREL si è
dotato di un codice etico per uniformare i comportamenti delle
proprie società e, pochi giorni fa, ha ricevuto dal Corriere
della Sera e da Statista il
riconoscimento Italy’s Best Employers
2026, tra le imprese più apprezzate per la
qualità dell’ambiente di lavoro, le opportunità di crescita e il
benessere del personale.
Un riconoscimento che
però contrasta con la vicenda che coinvolge Rosaria
Ferro, lavoratrice in
somministrazione impiegata in Recuperator, oggi lasciata a casa dopo
aver affrontato un tumore.
La
storia
Rosaria Ferro, 55 anni,
separata e madre di un figlio di 18 anni, era stata assunta da
un’Agenzia per il Lavoro e inviata in missione presso Recuperator
il 18 gennaio 2022.
Dopo un anno, vista la
valutazione positiva del suo inserimento, il 1°
gennaio 2023 l’azienda aveva
chiesto all’agenzia di trasformare il rapporto in tempo
indeterminato.
All’inizio del 2025
Rosaria scopre di avere un carcinoma
al seno. Il 13
marzo viene operata e si
sottopone a radioterapia. Dopo la convalescenza, l’11
giugno 2025 il medico
competente la giudica idonea al
lavoro con limitazioni. Il 26
giugno 2025, l’INPS certifica il
diritto a due ore giornaliere di
permesso per la patologia fino
a giugno 2026. Rosaria rientra regolarmente in azienda e riprende a
lavorare per sei ore al giorno.
Ai primi di settembre,
tuttavia, l’Agenzia per il Lavoro le comunica che la missione
terminerà il 4 novembre 2025,
dopo 46 mesi continuativi
in azienda, per “mancanza di lavoro”. Un’argomentazione
che non trova riscontro nei fatti: dopo aver comunicato la cessazione
della missione della lavoratrice, Recuperator
ha assunto sei nuove persone, di
cui tre nello stesso reparto in
cui Rosaria era impiegata.
Una
decisione che discrimina
Il 7
ottobre 2025 Nidil Cgil Ticino
Olona ha incontrato la direzione aziendale contestando la decisione,
che appare come un tentativo di allontanare una lavoratrice solo
perché colpita da una malattia che ne ha temporaneamente ridotto la
capacità lavorativa. L’azienda ha ribadito che la conclusione
delle missioni del personale in somministrazione rientra nelle
proprie facoltà e non richiede motivazioni.
Se Rosaria fosse
stata dipendente diretta di
Recuperator, non sarebbe stato possibile un licenziamento senza
giusta causa o giustificato motivo oggettivo. Inoltre, non
essendo stata dichiarata inidonea dal medico competente, l’azienda
non avrebbe potuto procedere neppure per motivi sanitari, se non
dimostrando l’impossibilità di adibirla ad altra mansione (art. 42
del D.Lgs. 81/2008).
Per chi lavora in
somministrazione, invece, queste tutele non valgono: anche chi ha un
contratto a tempo indeterminato (“staff leasing”) può essere
lasciato a casa dall’azienda utilizzatrice da un giorno all’altro,
senza spiegazioni. Nel 2024 erano 78.788 le
persone impiegate in somministrazione nelle province di Milano
e Monza (dati Ebitemp).
Un numero che racconta un mercato del lavoro dove la precarietà
resta strutturale, e dove troppe persone vengono trattate come “usa
e getta”.
Le
richieste di Nidil Cgil
Nidil Cgil
Ticino Olona e Nidil Cgil Lombardia hanno
deciso, con l’assenso della lavoratrice, di rendere pubblica la
vicenda e di chiedere al Comitato
Etico del gruppo CAREL di
verificare la coerenza di questa condotta con i principi dichiarati
nel proprio codice etico.
Allo stesso tempo, il
sindacato ha sollecitato la
Consigliera di Parità della Regione Lombardia a
verificare la correttezza di un comportamento che penalizza una donna
lavoratrice per il solo fatto di essere una somministrata reduce da
un tumore.
“È inaccettabile che una
persona che ha affrontato una grave malattia e ha dimostrato
responsabilità e determinazione nel rientrare al lavoro venga
lasciata a casa senza alcuna motivazione.
Serve una tutela reale
per tutte le lavoratrici e i lavoratori in somministrazione, per
porre fine a una precarietà che troppo spesso si traduce in
discriminazione.”