I sindacalisti che dirigono e sono
attivi nel sindacato confederale sono gli agenti dei padroni nelle fila del
movimento operaio e il focolaio di corruzione dell'intero movimento di lotta
degli operai e dei lavoratori.
Senza, quindi, denunciare ed espellere
dalle fila dei lavoratori questi apparati sindacali, questi sindacalisti non si
può ricostruire il sindacato di classe nelle fabbriche, sui posti di lavoro,
sul territorio.
Fatti eclatanti e ben noti hanno messo
nuovamente in luce cosa è il sindacalismo confederale e chi sono i suoi
dirigenti. Gli scandali dell'appropriazione delle pensioni d'oro e dei redditi
dei sindacalisti della Cisl venuti fuori perchè uno di loro ha denunciato il
tutto, si ritrovano altrettanto nella Uil e nella Cgil; dimostrano più di ogni
altra cosa da dove viene la linea di questi sindacati e perchè il sindacato
confederale è irriformabile e che senza un processo di distruzione non è
possibile costruire il sindacato di classe.
Proletari comunisti sostiene che nelle
fabbriche, sui posti di lavoro, la parola d'ordine non debba essere “l'unità”
ma la scissione, la divisione tra sindacalismo corrotto e collaborazionista e
sindacalismo operaio. Noi sosteniamo che quello che serve nelle fabbriche e nel movimento
sindacale è una “guerra civile” che polarizzi due fronti.
Senza attraversare questa fase della
“guerra civile” non ci può essere una lotta vincente contro padroni e governo e
non ci può essere una linea e una prassi sindacale giusta e necessaria.
Noi riteniamo nche l'attuale gruppo
dirigente della Fiom sia ben interno alla natura del sindacalismo
confederale e quindi non può essere in nessuna maniera la Fiom il
luogo della lotta e della rottura con il sindacalismo confederale complice e
corrotto.
Nello stesso tempo sosteniamo che
l'opposizione interna alla Fiom e il sindacalismo di base raccolgano energie
necessarie alla ricostruzione del sindacato di classe ma la linea che le guida
non sia basata su una comprensione chiara del carattere di questa guerra, dello
stadio di essa e di come portarla avanti.
Noi riteniamo che bisogna accumulare le
forze e unire il sindacalismo di classe, ma a partire da questa chiarezza che è
anche una discriminante.
L'unità può avvenire anche nelle forme
temporanee del fronte unito e dell'unità d'azione. L'unità deve prescindere
dall'appartenenza a tessere e organizzazioni politiche, ma non può prescindere
dalla linea che la deve guidare, né può fare alcuna concessione a teorie e
posizioni sulla “neutralità del sindacato” che si travestono da
“autorganizzazione”, “niente bandiere”, “antipartitismo” demagogico e
populista.
Le lotte attuali che si sviluppano sui
posti di lavoro, se sono espressione, sempre, della risposta dei lavoratori
agli attacchi, non possono essere appoggiate così come sono, ma richiedono che
in esse vada portata la lotta sul tipo di rivendicazione, contro al presenza
con ruolo di direzione del sindacalismo confederale, contro il codismo verso la
Fiom, e soprattutto contro le forme con cui le lotte si sviluppano spesso non
corrispondenti alle forme classiste e combattive che possono portarle alla
vittoria.
Tanto per essere chiari, noi non
siamo per la politica di “salire suoi tetti”, se non come temporanea forma
per attrarre l'attenzione sulla lotta, né sulla necessità di fare di
ogni lotta una "rappresentazione", pensando così di risolvere,
eludendo, il difficile problema della riorganizzazione effettiva degli operai.
L'insistenza di forme di lotta che hanno un valore essenzialmente mediatico dà
lustro a chi le fa ma non cambia né incide nei rapporti di forza.
Infine, siamo perchè tutte le
organizzazioni vicine al proletariato sostengano le lotte operaie e proletarie,
ma là dove non c'è l'autonomia di classe, queste forze sostengono le lotte così
come sono, ne fanno un'apologia, che è esattamente l'opposto della battaglia di
rottura, scissione, riorganizzazione necessaria.
proletari comunisti - PCm Italia
settembre 2015
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