venerdì 15 aprile 2022

15 aprile - info Taranto: Ieri al presidio alla Direzione Acciaierie d'Italia l'intervento chiaro di analisi, di indicazione dell'operaio rappresentante Slai Cobas sc

 

Ieri più di un centinaia di operai, soprattutto cassintegrati, ha atto un presidio/assemblea sotto la direzione di Acciaierie d'Italia. tutti i sindacati sono intervenuti. I sindacati confederali hanno denunciato le responsabilità del governo, della politica per l'attuale grave situazione in corso - 3000 nuovi cassintegrati, mancanza di sicurezza (a Genova in una settimana si sono verificati 2 infortuni gravi e ieri in contemporanea vi è stato sciopero e manifestazione a Genova), nessuna manutenzione, impianti a rischio, ecc.), ma in conclusione non hanno dato alcun nuovo appuntamento sia locale che nazionale per continuare la mobilitazione dei lavoratori, ma riproposto la richiesta dei Tavoli, e l'applicazionedell'accordo del settembre 2018.

Usb ha ripercorso le varie tappe e, pur rivendicando il ritiro a suo tempo dalla loro firma dell'accordo del 2018 perchè l'azienda era inaffidabile (ma avvenuta dopo molte richieste e pressioni degli operai in questo senso - ndr), anch'esso ha posto il ritorno a quell'accordo. Ha chiamato alla partecipazione alla manifestazione nazionale a Roma del 22 aprile, per l'unità con i lavoratori anche di altre vertenze importanti.

Da altri lavoratori, sia negli interventi che nel presidio è stata anche denunciata la politica di Acciaierie d'Italia che da un lato mette in cassintegrazione e dall'altro fa entrare o nuovi lavoratori in particolare nell'appalto o pensionati, sotto forma di "consulenti" (riprendendo una vecchia politica anche dei Riva - ndr).  

Nessuna, quindi, sostanziale novità.

Anche per questo, diverso è stato l'intervento dell'operaio rappresentante Slai Cobas sc, Importante per portare soprattutto chiarezza sul perchè della grave situazione, sulla inevitabile politica dei governo al servizio solo degli interessi capitalisti, e quindi sulla necessità da parte degli operai di comprendere la partita in gioco per elevare la lotta.

RIPORTIAMO INTEGRALMENTE QUESTO INTERVENTO

Sin dal primo giorno in cui ArcelorMittal si è insediata in questo stabilimento è stata chiara come la luce del sole la totale mancanza di volontà di rispettare gli accordi presi, ma d’altronde sarebbe mai potuto essere realistico un progetto che contraddiceva sin nel più piccolo particolare il principio sul quale si basa l’attuale sistema del profitto? Era davvero così difficile prevedere come una maggior occupazione avrebbe ridotto i margini di profitto della multinazionale?

È in questo contesto che si inserisce questa nuova macro ondata di cassintegrazione voluta dall'azienda che, è sempre bene ricordarlo, ha anche lo Stato come socio. Da qui dobbiamo partire per capire come non sia possibile una conciliazione tra lavoratori e padroni, tra sfruttati e sfruttatori, e discernere tra chi rappresenta gli uni e chi rappresenta gli altri, in un preciso momento storico nel quale tutte le aspettative delle masse sono state sistematicamente disattese dalla totale incapacità dei governi di comprendere anche i più basilari bisogni delle popolazioni in generale, e dei lavoratori nello specifico. Dal primo novembre del 2018 ad oggi si sono susseguiti ben tre governi, e nessuno di essi ha mai compiuto un'azione favorevole nei nostri confronti, hanno sempre assecondato il modo d’agire criminoso dell’azienda: dal mancato rispetto dell'accordo alla inesistente enfasi sulla sicurezza, dai licenziamenti pretestuosi e ricattatori alla cassintegrazione permanente da tre anni a questa parte, sfruttando anche la cassa COVID quando lo stabilimento è sempre stato regolarmente in marcia, sino ad una delle manovre più infime e vergognose che l'attuale esecutivo potesse mai concepire, e mi riferisco allo spostamento dei fondi dalle bonifiche dell'area esterna allo stabilimento alla presunta decarbonizzazione del siderurgico e che nonostante il parere negativo del parlamento sono in buona parte stati sottratti. Non c'è stata in tutti questi anni una sola decisione a noi favorevole, ma anzi è stato un susseguirsi di atti intimidatori. Siamo tutti ben consapevoli che la nostra forza risiede nel numero, noi non abbiamo le capacità offensive che lo Stato ci sguinzaglia contro: nel momento in cui protestiamo per i diritti negati diveniamo dei facinorosi pronti alla rissa ingiustificata, nel mentre esso scatena contro i lavoratori sia forze dell’ordine che forze armate, pronte anche all'uso delle armi quando necessario. Ma lo Stato e le aziende, nonostante tutto questo dispiegamento di forze, non sempre sono vincitori e ne sono consapevoli di ciò, perché quando i lavoratori sono uniti ed hanno la determinazione data dalla fame, dall’immiserimento galoppante, essi divengono una forza inarrestabile, ed a dimostrazione di ciò è possibile annoverare il caso degli operai della ex GKN di Firenze, che licenziati tutti in tronco per l'ennesimo caso di delocalizzazione selvaggia (anche in questo caso una pratica mai condannata da alcun governo, neanche con l'attuale dato che esso stesso ha quantificato con una somma in denaro l'attuazione di questa manovra), essi, dicevo, hanno occupato anche con la forza la fabbrica e ad oggi nessuno ha perso il proprio posto di lavoro. Ed allora cosa fanno le aziende per eliminare la nostra possibilità di ribellione? Ci dividono. Metterci in cassintegrazione da due vantaggi all’azienda: come primo essa serve a scaricare sui fondi pubblici le spese secondo lo schema di socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti, come secondo vantaggio essa tende a separare i lavoratori riducendone la forza, e nel nostro caso siamo stati separati in più gruppi, quello dei cassintegrati vita natural durante dei dipendenti Ilva in AS, quello dei cassintegrati anch'essi "a tempo indeterminato" dei dipendenti di Acciaierie d’Italia e quello dei lavoratori che resteranno in forza alla fabbrica (per non parlare poi di ulteriori due gruppi, ahimè, quello dei licenziati e dei morti sul lavoro). Capite adesso che questa divisione non fa altro che diluire le nostre forze facendoci illudere che ognuno dei gruppi abbia interessi differenti dagli altri, ingannandoci nel momento stesso in cui noi crediamo che i nostri colleghi siano in competizione con noi, nel mentre tutti ne stiamo pagando le tragiche conseguenze ed i padroni continuano ad arricchirsi spudoratamente sul nostro sudore e sulla nostra disperazione. Dunque da lavoratori dobbiamo comprendere come tra di noi gli interessi siano comuni e come allo stesso tempo siano opposti a quelli dei nostri padroni, per questo l'invito è a non lasciarsi abbindolare dalle tante parole ingannevoli che pronunciano quotidianamente sulle difficoltà del mercato. Ecco, il guerrafondaio presidente del Consiglio Draghi ha parlato di un dialogo permanente con i sindacati, questo sappiate che non vuol dire assolutamente aprire un confronto con i rappresentanti dei lavoratori, bensì soltanto dare delle informative sulle decisioni che il governo prenderà di volta in volta a giochi conclusi. Questa nuova ondata di cassintegrazione ne è la riprova, aperta unilateralmente dall'azienda senza aver raggiunto alcun accordo ed avallata nuovamente dal governo, ancora più grave se si pensa che a causa dell'emergenza Ucraina il governo stesso ha dato il via libera all’aumento della produzione di acciaio. Questo però invece che portare ad un rientro in fabbrica dei lavoratori ha dato un ulteriore taglio al personale, il che vuol dire più miseria per chi viene messo fuori e maggiore sfruttamento per chi resta a lavorare; da che punto si guardi la situazione resta una vittoria per l’azienda. Questa storia dei tavoli, degli incontri e dei confronti va avanti da troppo tempo, tempo perso per una vera rivendicazione operaia che possa mettere fine per sempre alla situazione miserabile in cui ci troviamo, nessuno garantirà mai giustizia per noi né farà mai i nostri interessi, che ripeto sono opposti a quelli dei padroni (siano essi pubblico o privato non fa alcuna differenza, entrambi devono ricavare profitto dal nostro sangue, dal nostro sudore e dalle nostre lacrime). Solo noi stessi possiamo e dobbiamo fare i nostri interessi, il che si traduce in una lotta continua, prolungata e di certo sfiancante, perché sono ben consapevole che essa non sia una passeggiata di salute, che ci si fa male e che si può perdere, ma una o più sconfitte non si traducono nel perdere la guerra, ma la o le battaglie, e che ogni sconfitta può però portare nuovi insegnamenti. Ma a volte i lavoratori vincono, ed ogni vittoria porta un'iniezione di fiducia nella lotta, dunque che si vinca o che si perda dobbiamo continuare a lottare, fosse solo per rivendicare i nostri diritti. Ma non è solo per quello, è per una ragione più grande, è per rendere questo posto dove viviamo un luogo migliore, dove i nostri figli non debbano più patire quello che noi abbiamo sofferto sino ad ora. Tutto questo è per dirvi che auspico un ritorno alla lotta vera, una nuova stagione in cui gli scioperi siano all’ordine del giorno e che si smetta di discutere con chi ad oggi è stato complice del fascismo padronale, con chi sino ad ora ha sottratto risorse appartenenti a questa comunità per consegnarle a chi non ne ha mai avuto alcun diritto. BASTA CON I TAVOLI, BASTA CON GLI INCONTRI, È FINITO IL TEMPO DELLE CHIACCHIERE, SI COMINCI A BLOCCARE LA PRODUZIONE! 

Prima di concludere, voglio esprimere tutta la solidarietà ai compagni dell’USB che sono stati vittima di una schifosa quanto intimidatoria perquisizione di chiaro stampo fascista la scorsa settimana nella loro sede di Roma, questo vergognoso episodio fa il paio con il vile attacco squadrista da parte dei teppisti di Forza Nuova alle sede della CGIL lo scorso ottobre, episodi che sono conseguenza naturale della scellerata quanto criminale gestione della cosa pubblica. Come sempre a pagarne le spese in prima battuta sono i lavoratori.


 

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