lunedì 12 dicembre 2022

12 dicembre - dal blog delegati-lavoratori-indipendenti Pisa: La precarietà nuoce alla salute. Quando la medicina del lavoro dovrebbe indurre a rivedere le posizioni sindacali

 

 Partiamo da due ricerche

 Traiettorie occupazionali longitudinali e salute nella mezza età: approfondimenti da dati amministrativi e di indagine collegati (volume 40 - articolo 47 | Pagine 1375–1412) (demographic-research.org) 

Traiettorie occupazionali di fine carriera e mortalità post-pensionamento: prove dall'Italia | Demografia | Duke University Press (dukeupress.edu)

per arrivare ad alcune, non definitive, conclusioni riguardanti la salute di lavoratori e lavoratrici , basti pensare agli esodati, che devono affrontare negli ultimi anni di vita lavorativa dei periodi non coperti da assegni previdenziali o dalla normale retribuzione.

Basti pensare alla tendenza di tante aziende di accordare buone uscite per il ricambio generazionale, aziende che propongono talvolta scambi a perdere tra la pensione anticipata per favorire l'ingresso di figli o parenti, Oppure potremmo analizzare la rinuncia volontaria al tfr per far assumere figli, tutte soluzioni che scaricano sul singolo lavoratore i costi di decisioni assunte dalle parti datoriali. 


 A muovere le aziende non sono certo generosità e altruismo ma la ricerca di forza lavoro meno pagata e maggiormente sfruttabile, il ricambio generazionale secondo l'egoismo liberista non è a carico della società e dell'azienda ma ricade sul singolo lavoratore che dovrà fare dei sacrifici di natura economica per favorire le generazioni future o per il buon andamento della produzione (il lavoratore che si sente in colpa è maggiormente sfruttato e manipolabile).

Uno dei due studi sopra menzionati affronta le problematiche connesse alla instabilità occupazionale nel percorso verso il pensionamento e successiva mortalità. 

La medicina del lavoro nel corso degli anni è stata depotenziata e relegata ad ambiti tecnici, sarebbe il caso invece di ricostruire un legame stretto tra l'azione sindacale e le ricerche legate alla salute e sicurezza della forza lavoro e a quel punto potremmo prendere atto che la precarietà occupazionale, la disoccupazione e l'inattività presentano un impatto negativo sulla salute individuale e collettiva.

Molti infortuni sul lavoro riguardano non solo chi è privo di esperienza ma anche le maestranze con maggiore anzianità che non riescono a tenere i ritmi incessanti di una produzione che richiede maggiori sforzi in tempi ristretti da qui il logoramento psico fisico  che accresce il rischio di infortuni e determina l'insorgere di malattie professionali.

La salute del lavoratore over 65 è a rischio e i processi tecnologici avvenuti sono stati finalizzati ad accrescere la produttività e quasi mai ad alleggerire i carichi di lavoro.

La precarietà non riguarda da tempo solo i giovani ma anche quanti si trovano nel pieno dell'attività produttiva in età compresa tra i 45  e i 60 anni di età, in questi casi la perdita del posto di lavoro produce danni incalcolabili con impatti solo negativi sulla salute individuale.

Allo stesso tempo è indubbio che anche l'anticipo della pensione presenti problematicità spesso legate a redditi bassi con i quali diventa arduo affrontare i costi sanitari soprattutto laddove le privatizzazioni della salute hanno avuto maggiore spazio. Sarai quindi meno stressato ma dovrai fare i conti con un reddito troppo basso per affrontare innumerevoli problemi e la spesa per la salute potrebbe essere l'ultimo dei pensieri.

Alcuni studi  hanno documentato come i periodi di inattività e disoccupazione soprattutto a ridosso dell'età pensionabile abbiano conseguenze negative per il benessere in età avanzata, producono stress e instabilità e anche l'insorgere di malattie.

Prendiamo ad esempio i lavoratori che negli ultimi anni di carriera decidano, su pressanti richieste datoriali,  di passare dal full al part time, gli studi in vari paesi dimostrano che hanno maggiori possibilità di trascorrere gli anni della pensione in salute evitando stress e ritmi incalzanti. Ma allo stesso tempo è innegabile che con il modello contributivo anche pochi anni di contributi previdenziali ridotti abbiano impatti negativi sul potere di acquisto della futura pensione e a quel punto, con assegni pari al 60% dell'ultimo salario, si verrebbero a determinare situazioni di incertezza economica rilevanti.

La parzialità di alcune ricerche nasce dal fatto che non si guarda mai al potere di acquisto dei salari e delle pensioni, tanto minore sarà il potere di acquisto tanto più crescerà la precarietà esistenziale con minore opportunità di accesso alle cure sanitarie che il sistema pubblico non riesce a garantire come un tempo.

E il potere di acquisto di salari e pensioni diventa una componente essenziale anche per salvaguardare il benessere dell'individuo e la propria salute,

Da qui la necessità di prevedere per chi è avanti negli anni una riduzione dei carichi di lavoro ma a parità di salario prevedendo la copertura previdenziale degli anni non lavorati, una sorta di disoccupazione incolpevole con lo Stato e la fiscalità generale ad intervenire per sanare i vuoti contributivi.

Queste soluzioni avrebbero tuttavia un costo economico ma allo stesso tempo rilancerebbero un modello di welfare adeguato ai tempi, non bonus ma interventi diretti per assicurare salari e pensioni dignitose oltre a organizzazioni del lavoro che prevedano per gli anziani mansioni e carichi adeguati alla loro età


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