giovedì 1 gennaio 2015

18 dicembre: Continua la FORMAZIONE OPERAIA su "IL CAPITALE" di KARL MARX – 5

I giovedì della formazione operaia riprenderanno l'8 gennaio 2015


Con questo punto Marx chiude l'analisi della merce, riassumendone il contenuto, utilizzando alcuni esempi storici di società diverse, dei diversi modi di produzione.


Dunque, perché è stato ed è così difficile capire cos'è la merce e cos'è il denaro (e il capitale) e quindi come funziona la società in cui viviamo? In che rapporto sta questa "incomprensione" con la coscienza sociale di una determinata formazione sociale? Basta comprendere i meccanismi del suo funzionamento per rovesciare la società borghese?

4. Il carattere di feticcio della merce e il suo arcano

Dunque, abbiamo visto che il carattere mistico della merce non sorge dal suo essere valore d'uso. E nemmeno dal suo essere prodotto del lavoro umano cioè valore.
Ma il valore non porta scritto in fronte quel che è. Anzi, il valore trasforma ogni prodotto di lavoro in un geroglifico sociale appena assume forma di merce. E quindi il carattere di mistero nasce evidentemente, proprio da tale forma.

Riassumendo: nel sistema sociale capitalistico i lavori privati, mediante lo scambio generalizzato, diventano immediatamente articolazioni naturali spontanee della divisione sociale del lavoro, del lavoro complessivo, lavori sociali che producono oggetti che diventano merci.
Il cervello dei produttori privati rispecchia a sua volta questo duplice carattere sociale dei loro lavori privati. La forma merce, quindi, rimanda agli uomini come uno specchio i caratteri sociali del loro proprio lavoro trasformati in caratteri oggettivi dei prodotti di quel lavoro, in proprietà sociali naturali di quelle cose.
Queste cose si scambiano attraverso la forma finita della merce - la forma di denaro – ed è questa forma che vela materialmente, invece di svelarlo, il carattere sociale dei lavori privati, e quindi i rapporti sociali dei lavoratori privati.

Quel che qui assume per gli uomini la forma fantasmagorica di un rapporto fra cose è soltanto il rapporto sociale determinato fra gli uomini stessi.

Quindi, Marx procede e dice che per trovare un'analogia, dobbiamo involarci nella regione nebulosa del mondo religioso. Qui, i prodotti del cervello umano paiono figure indipendenti, dotate di vita propria, che stanno in rapporto fra di loro e in rapporto con gli uomini. Così, nel mondo delle merci, fanno i prodotti della mano umana. Questo io chiamo, dice Marx, il feticismo che s'appiccica ai prodotti del lavoro appena vengono prodotti come merci, e che quindi è inseparabile dalla produzione delle merci.
E non basta, dice Marx, scoprire scientificamente che i prodotti del lavoro, in quanto valori, sono soltanto espressioni materiali del lavoro umano speso nella loro produzione; questo fa epoca nella storia dello sviluppo dell'umanità, ma non disperde affatto la parvenza che il carattere sociale del lavoro appartenga agli oggetti. È per questa "naturalezza" che gli uomini pensano di pensare con la propria testa! Perciò, anche se si comprende la natura reale della società, se la si vuole cambiare, compito degli uomini, come stretta necessità, è quello di organizzarsi!

Le forme, merce, denaro (denaro nella forma di capitale) costituiscono le categorie dell'economia borghese. Sono forme di pensiero socialmente valide, quindi oggettive, per i rapporti di produzione di questo modo di produzione sociale storicamente determinato, per i rapporti di produzione della produzione di merci.

Quindi, appena ci rifugiamo in altre forme di produzione, scompare subito tutto il misticismo del mondo delle merci, tutto l'incantesimo e la stregoneria che circondano di nebbia i prodotti del lavoro sulla base della produzione di merci.

** Marx comincia con un esempio che allora era di moda ricordare, quello di Robinson Crusoe, e dice, Poiché l'economia politica predilige le robinsonate (e questo lo possiamo ben dire anche oggi) evochiamo per primo Robinson nella sua isola. Sobrio com'è di natura, ha tuttavia bisogni di vario genere da soddisfare, e quindi deve compiere lavori utili di vario genere, deve fare strumenti, fabbricare mobili, addomesticare dei lama, pescare, cacciare, ecc. Qui non parliamo delle preghiere e simili, poiché il nostro Robinson ci prende il suo gusto e considera tali attività come ricreazione. Nonostante la differenza fra le sue funzioni produttive egli sa che esse sono soltanto differenti forme di operosità dello stesso Robinson, e dunque modi differenti di lavoro umano. Proprio la necessità lo costringe a distribuire esattamente il proprio tempo fra le sue differenti funzioni. Che l'una prenda più posto, l'altra meno posto nella sua operosità complessiva dipende dalla difficoltà maggiore o minore da superare per raggiungere il desiderato effetto d'utilità. Questo glielo insegna l'esperienza, e il nostro Robinson che ha salvato dal naufragio orologio, libro mastro, penna e calamaio, comincia da buon inglese a tenere la contabilità di se stesso. Il suo inventario contiene un elenco degli oggetti d'uso che possiede, delle diverse operazioni richieste per la loro produzione, e infine del tempo di lavoro che gli costano in media determinate quantità di questi diversi prodotti. Tutte le relazioni fra Robinson e le cose che costituiscono la ricchezza che egli stesso s'è creata, sono qui tanto semplici e trasparenti che perfino il signor M. Wirth potrebbe capirle senza particolare sforzo mentale. Eppure, vi sono contenute tutte le determinazioni essenziali del valore.

** Trasportiamoci ora dalla luminosa isola di Robinson nel tenebroso Medioevo europeo. Qui, invece dell'uomo indipendente, troviamo che tutti sono dipendenti: servi della gleba e padroni, vassalli e signori feudali, laici e preti. La dipendenza personale caratterizza tanto i rapporti sociali della produzione materiale, quanto le sfere di vita su di essa edificate. Ma proprio perché rapporti personali di dipendenza costituiscono il fondamento sociale dato, lavori e prodotti non hanno bisogno di assumere una figura fantastica differente dalla loro realtà: si risolvono nell'ingranaggio della società come servizi in natura e prestazioni in natura. La forma naturale del lavoro, la sua particolarità, è qui la sua forma sociale immediata, e non la sua generalità, come avviene sulla base della produzione di merci. La corvée si misura col tempo, proprio come il lavoro produttore di merci, ma ogni servo della gleba sa che quel che egli aliena al servizio del suo padrone è una quantità determinata della sua forza-lavoro personale. La decima che si deve fornire al prete è più evidente della benedizione del prete. Quindi, qualunque sia il giudizio che si voglia dare delle maschere nelle quali gli uomini si presentano l'uno all'altro in quel teatro, i rapporti sociali delle persone appaiono in ogni modo come loro rapporti personali, e non sono travestiti da rapporti sociali delle cose, dei prodotti del lavoro.

Prima di passare al prossimo esempio Marx ricorda che per quanto riguarda il lavoro comune, cioè immediatamente socializzato, attraverso la proprietà comune della terra, questo lo si trova all'inizio della storia di ogni popolo civile.

** Un esempio più vicino è costituito dall'industria rusticamente patriarcale d'una famiglia di contadini, che produce grano, bestiame, filati, tela, pezzi di vestiario, ecc. Per quanto riguarda la famiglia, queste cose differenti si presentano come prodotti differenti del suo lavoro familiare; invece per quanto riguarda le cose stesse, esse non si presentano reciprocamente l'una all'altra come merci. I differenti lavori che generano quei prodotti, aratura, allevamento, filatura, tessitura, sartoria, nella loro forma naturale sono funzioni sociali, poiché sono funzioni della famiglia che ha, proprio come la produzione di merci, la sua propria divisione del lavoro, naturale ed originaria. Le differenze di sesso e di età, e le condizioni naturali di lavoro varianti col variare della stagione, regolano la distribuzione di quelle funzioni entro la famiglia e il tempo di lavoro dei singoli membri. Però qui il dispendio delle forze-lavoro individuali misurato con la durata temporale si presenta per la sua natura stessa come determinazione sociale dei lavori stessi, poiché le forze-lavoro individuali operano per la loro stessa natura soltanto come organi dalla forza-lavoro comune della famiglia.

Quegli antichi organismi sociali di produzione, dice Marx, sono straordinariamente più semplici e più trasparenti dell'organismo borghese, ma poggiano o sulla immaturità dell'uomo individuale, che ancora non s'è distaccato dal cordone ombelicale del legame naturale di specie con altri uomini, oppure su rapporti immediati di padronanza e di servitù. Sono il portato di un basso grado di svolgimento delle forze produttive del lavoro, e di rapporti fra gli uomini chiusi entro il processo materiale di generazione della vita, e quindi fra loro stessi, e fra loro e la natura: rapporti che sono ancora impacciati, in corrispondenza a quel basso grado di svolgimento.
Tale impaccio reale si rispecchia idealmente nelle antiche religioni naturali ed etniche. Il riflesso religioso del mondo reale può scomparire, in genere, soltanto quando i rapporti della vita pratica quotidiana presentano agli uomini giorno per giorno relazioni chiaramente razionali fra di loro e fra loro e la natura. La figura del processo vitale sociale, cioè del processo materiale di produzione, si toglie il suo mistico velo di nebbie soltanto quando sta, come prodotto di uomini liberamente uniti in società, sotto il loro controllo cosciente e condotto secondo un piano. Tuttavia, affinché ciò avvenga si richiede un fondamento materiale della società, ossia una serie di condizioni materiali di esistenza che a loro volta sono il prodotto naturale originario della storia di uno svolgimento lungo e tormentoso.

** Immaginiamoci in fine, per cambiare, un'associazione di uomini liberi che lavorino con mezzi di produzione comuni e spendano coscientemente le loro molte forze-lavoro individuali come una sola forza-lavoro sociale. Qui si ripetono tutte le determinazioni del lavoro di Robinson, però socialmente invece che individualmente. Tutti i prodotti di Robinson erano sua produzione esclusivamente personale, e quindi oggetti d'uso, immediatamente per lui. La produzione complessiva dell'associazione è una produzione sociale. Una parte, serve a sua volta da mezzo di produzione, Rimane sociale. Ma un'altra parte viene consumata come mezzo di sussistenza dai membri dell'associazione. Quindi deve essere distribuita fra di essi. Il genere di tale distribuzione varierà col variare del genere particolare dello stesso organismo sociale di produzione e del corrispondente livello storico di sviluppo dei produttori. Solo per mantenere il parallelo con la produzione delle merci presupponiamo che la partecipazione di ogni produttore ai mezzi di sussistenza sia determinata dal suo tempo di lavoro. Quindi il tempo di lavoro rappresenterebbe una doppia parte. La sua distribuzione, compiuta socialmente secondo un piano, regola l'esatta proporzione delle differenti funzioni lavorative con i differenti bisogni. D'altra parte, il tempo di lavoro serve allo stesso tempo come misura della partecipazione individuale del produttore al lavoro in comune, e quindi anche alla parte della produzione comune consumabile individualmente. Le relazioni sociali degli uomini coi loro lavori e con i prodotti del loro lavoro rimangono qui semplici e trasparenti tanto nella produzione quanto nella distribuzione.

Al contrario, le formule usate dalla borghesia portano segnata in fronte la loro appartenenza a una formazione sociale nella quale il processo di produzione padroneggia gli uomini, e l'uomo non padroneggia ancora il processo produttivo: ed esse valgono per la sua coscienza borghese come necessità naturale, ovvia quanto il lavoro produttivo stesso. Le forme preborghesi dell'organismo sociale di produzione vengono quindi trattate dall'economia politica press'a poco come le religioni precristiane sono trattate dai padri della Chiesa. E qui Marx aggiunge una nota: gli economisti, dice, hanno uno strano modo di procedere. Per essi ci sono soltanto due specie di istituzioni, quelle artificiali e quelle naturali. Le istituzioni feudali sono artificiali, quelle borghesi sono naturali. In questo assomigliano ai teologi, che anch'essi pongono due specie di religione. Tutte le religioni che non sono la loro, sono invenzioni degli uomini, mentre la propria religione emana da Dio. Così di storia ce n'è stata, ma non ce n'è più!

E i borghesi infatti ancora oggi dicono che questo sistema sociale non si può cambiare, che è il migliore dei mondi possibili!

Oramai è chiaro, invece, anche ai ciechi che il capitalismo, questa società borghese, è la peggiore che l'umanità abbia mai visto e che dal suo interno si sono sviluppate già le condizioni per il suo superamento verso una società superiore in cui siano appunto gli uomini a padroneggiare il processo produttivo, il loro processo vitale.

(a ritrovarci giovedì 8 gennaio 2015 - per ora: auguri per un nuovo anno di lotta teorica e pratica)


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