E' IL LAVORO SALARIATO LA FONTE DEL PROFITTO E DELLA
RICCHEZZA
Anche nell'assemblea di questa settimana della Confindustria vi è stato un
elogio del "profitto" (vedi articolo su questo blog del 31 maggio),
dell'impresa, da cui, secondo padroni e governo, dipende tutto, in primis il
lavoro degli operai.
La questione è invece esattamente rovesciata! E' dal lavoro salariato, dal lavoro degli operai che dipende tutto! Su di
esso non solo si regge e ingrassa il capitale, ma dipende tutta l'economia
della società.
Oltre, chiaramente, a leggere il Libro 1° del Capitale di Marx che analizza
e spiega esattamente tutto questo, invitiamo soprattutto gli operai che
vogliono alzare la testa e pensare con la propria testa a leggere l'opuscolo
breve di "Lavoro salariato e capitale" di Marx, nella versione
sintetica fatta da 'Proletari comunisti', che si può ricevere anche via on
line, scrivendo a: pcro.red@gmail.com.
Di seguito, riportiamo una sintesi della introduzione fatta da F. Engels
all'edizione del 1891 di "Lavoro salariato e capitale".
F. Engels in questa introduzione spiega in maniera chiarissima e sintetica su cosa si base lo sfruttamento dell’operaio e perchè esso è la fonte del profitto capitalista.
”... che cosa avviene dopo che
l’operaio ha venduto al capitalista la sua forza lavoro, cioè dopo che l’ha
posta a sua disposizione, per un salario convenuto, giornaliero o a cottimo? Il
capitalista conduce l’operaio nella sua officina o fabbrica, dove già si
trovano tutti gli oggetti necessari per il lavoro, le materie prime, le materie
ausiliarie... gli utensili, le macchine. E qui l’operaio comincia a sgobbare.
Poniamo che il suo salario giornaliero sia di tre marchi.... Supponiamo che...
con il suo lavoro di dodici ore l’operaio aggiunga alla materia prima impiegata
un nuovo valore di sei marchi, un nuovo valore che il capitalista realizzerà
con la vendita del pezzo finito. Di questo importo egli paga all’operaio tre
marchi, e gli altri tre se li tiene per sè. Se l’operaio produce in dodici ore
un valore di sei marchi, in sei ore produce un valore di tre marchi. Quindi
dopo aver lavorato sei ore egli ha già restituito al capitalista l’equivalente
di tre marchi, ricevuti come salario. Dopo sei ore di lavoro, tutti e due sono
pari; nessuno dei due deve più un soldo all’altro.
“Un momento! - esclama ora il
capitalista - io ho noleggiato l’operaio per un giorno intero, per dodici ore.
Sei ore non sono che una mezza giornata. Avanti dunque, al lavoro, fino a che
anche le altre sei ore siano passate. Solo allora saremo pari!” E in realtà
l’operaio deve attenersi al suo contratto “liberamente” concluso, con il
quale si impegna a lavorare dodici ore intere, per un prodotto di lavoro che
costa sei ore...
...la forza lavoro è una merce, una
merce come ogni altra, ma ciò nonostante una merce tutta affatto speciale. Essa
ha cioè la proprietà specifica di essere forza produttrice di valore, di essere
fonte di valore, anzi di essere, se viene impiegata in modo appropriato, fonte
di un valore maggiore di quello che essa possiede... e a quello che costa; ad
ogni nuova scoperta scientifica, ad ogni nuovo perfezionamento tecnico questa
eccedenza del suo prodotto giornaliero sul suo costo giornaliero aumenta, cioè
si riduce quella parte della sua giornata di lavoro in cui l’operaio produce
l’equivalente del suo salario, e si allunga perciò d’altro lato quella parte
della giornata in cui egli deve regalare al capitalista il suo lavoro senza
essere pagato...
... questi valori prodotti dagli
operai non appartengono agli operai. Essi appartengono ai proprietari delle
materie prime, delle macchine, degli strumenti, del capitale anticipato, i
quali permettono a questi proprietari di comperare la forza lavoro della classe
operaia. Di tutta la massa di prodotti da essa fabbricata, alla classe operaia
ne viene restituita solo una (minima) parte...”.
Nessun commento:
Posta un commento