giovedì 17 marzo 2022

17 marzo - Formazione Operaia – Lenin: Sui sindacati, gli scioperi… – 6° parte

 

Contro i sostenitori dell’economismo

Lenin critica coloro che in nome di andare dietro alle piccole rivendicazioni, al movimento spontaneo degli operai, lasciano e abbassano la lotta e la coscienza degli operai alla sola lotta rivendicativa, invece di elevare la lotta alla battaglia per porre fine al sistema di sfruttamento.

“L’errore fondamentale (degli economisti – scrive Lenin – è che) Essi si imbrogliano nella questione dei rapporti tra gli elementi “materiali” (spontanei…) del movimento e quelli ideologici (coscienti, che agiscono “secondo un piano”). Non comprendono che l'”ideologo” merita di essere chiamato ideologo solo allorquando precede il movimento spontaneo e gli indica la via quando, sa risolvere tutte le questioni teoriche, politiche, tattiche e organizzative che si pongono spontaneamente gli “elementi materiali” del movimento… bisogna saper elevare la spontaneità a coscienza. Dire, invece, che gli ideologi (cioè i dirigenti coscienti) non possono deviare il movimento dalla strada determinata dal giuoco reciproco dell’ambiente e degli elementi, significa dimenticare una verità elementare: che la coscienza partecipa a questa azione reciproca e a questa determinazione…”

“…la ripresa spontanea sia della massa operaia sia (grazie all’influenza di quest’ultima) degli altri strati sociali avviene negli ultimi anni con stupefacente rapidità… ma i dirigenti coscienti (socialdemocratici) sono in ritardo su questo sviluppo… Al movimento di massa (spontaneo)… mancano dei dirigenti che abbiano un orizzonte politico così largo, tanta energia rivoluzionaria, tale capacità organizzativa da permettere loro di creare sulla base del nuovo movimento un partito politico combattivo…”.

A cosa servono dei dirigenti comunisti se non fanno questo!? Se si tratta solo di sostenere la lotta che già facciamo, allora – direbbero gli operai – lo possiamo fare benissimo da noi. Voi non servite. Siete invece assolutamente necessari per “elevare la spontaneità a coscienza“, e questo è indispensabile per capire cosa sta dietro la battaglia che stiamo facendo (i padroni e tutto il loro sistema politico, statale repressivo, ideologico) e soprattutto cosa dobbiamo avere d’avanti, qual’è lo scopo della nostra lotta di classe, se può essere sempre e solo quella di avere un 10% di aumento salariale o attrezzarci per la lotta per l’abolizione del lavoro salariato. La coscienza – dice Lenin – non è che non partecipa agli “elementi materiali del movimento“, ma o è una coscienza portata da forze che spingono verso il riformismo, l’accontentarsi delle concessioni padronali e governative o è una coscienza rivoluzionaria, portata dai comunisti (gli ideologi). Per questi, la lotta rivendicativa, sindacale è normale e necessario che ci sia e che vada sostenuta, aiutata (in altri scritti Lenin dirà come si possono pesare a chili i volantini, appelli, comunicati, fatti dai socialdemocratici (comunisti) per queste lotte), ma la partecipazione dei comunisti è per trasformarla in lotta politica, e organizzare con i lavoratori più avanzati, con coscienza di classe, il partito della classe.  

Continua Lenin: “…Le cognizioni teoriche, l’esperienza pratica, l’abilità organizzativa sono cose acquisibili… Ma… nella socialdemocrazia russa hanno alzato, la testa uomini che non soltanto chiudono gli occhi davanti a questo difetto, ma anzi l’hanno proclamato particolare virtù ed hanno elevato a teoria il prosternarsi e lo strisciare davanti alla spontaneità, hanno cominciato a propagandare che i socialdemocratici non devono essere alla testa del movimento, ma trascinarsi alla sua coda... 

…(la) caratteristica fondamentale (dell’economismo) consiste nell’incomprensione e perfino nel ritardo, cioè… del ritardo dei dirigenti coscienti rispetto alla ripresa spontanea delle masse… Questa corrente teoricamente è caratterizzata… dall’opportunismo; politicamente, dalla tendenza a restringere l’agitazione politica e la lotta politica o a sostituirla con piccole attività, dall’incomprensione del fatto che, se non prenderà nelle proprie mani la direzione del movimento democratico generale, la socialdemocrazia non potrà rovesciare l’autocrazia…; organizzativamente è caratterizzata dall’incomprensione del fatto che il carattere di massa del movimento non solo non attenua ma al contrario accentua il nostro dovere di formare un’organizzazione di rivoluzionari forte e centralizzata capace di dirigere sia la lotta preparatoria sia ogni improvvisa esplosione sia infine l’attacco decisivo…”.

Lenin denuncia/critica coloro, che pur dicendosi rivoluzionari, e anche comunisti, invece di stare davanti, di guidare il movimento, stanno dietro, lo esaltano così com’è. Questo è presente anche oggi. Alcuni, anche dei sindacati di base combattivi, esaltando la lotta sindacale, rivendicativa, e/o illudono gli operai che quella lotta che già fanno è la lotta politica; sviluppano tra gli operai in lotta una visione distorta/esagerata della lotta sindacale, che si lega ad un opportunismo nell’assumersi compiti politici e organizzativi più elevati; altri pensano che basta estendere quella lotta rivendicativa per influenzare/determinare l’azione del governo. La conseguenza è una mancanza di autonomia di classe strategica degli operai che non può che, dopo la lotta, ingabbiarli nell’eterno riformismo impotente, sia pur più “nobile”.

Da Il Progetto di una nuova legge sugli scioperi 

In riferimento all'”autonomia di classe degli operai”, questo altro scritto di Lenin è un insegnamento perfetto su come gli operai e i comunisti devono agire nella lotta rivendicativa, come devono giudicare i risultati, le leggi frutto del loro movimento di lotta e come devono approfittare anche dei piccoli risultati, “stando all’erta” e andando avanti.

Scrive Lenin: “…la minaccia di arresto o di prigione per l’abbandono arbitrario del lavoro da parte di un solo operaio o per concordata cessazione del lavoro da parte di molti operai non raggiunga lo scopo prefisso… non garantisce il mantenimento dell’ordine; essa non fa che irritare gli operai, inculcando loro la convinzione che le leggi siano ingiuste. Applicare queste leggi è cosa molto complicata “essendo estremamente oneroso istruire centinaia e a volte migliaia di processi” per abbandono del lavoro da parte di ogni singolo operaio, e anche perchè l’industriale non ha interesse a rimanere senza operai, se questi vengono messi in prigione per aver scioperato. Il fatto di considerare lo sciopero come un delitto provoca un intervento troppo zelante della polizia, che reca agli industriali più danni che utilità, più difficoltà e noie che sollievo…”. Da qui la nuova legge sugli scioperi che “invece della perseguibilità penale degli scioperi, si propone la perseguibilità penale per aver ostacolato “coloro che desiderano lavorare””. 

Nuove leggi le può fare il governo, esse sono il frutto indubbio di un grande movimento di lotte, ma in alcuni casi, proprio per i problemi che ha posto quel movimento di lotta, sono volute anche dai padroni, per cercare di porre fine alla lotta (pensiamo alla conquista della legge sullo “Statuto dei Lavoratori” che aveva un doppio significato: quello di essere principalmente il frutto del grande movimento operaio dell’Autunno caldo, ma anche un tentativo di padroni e governo di irregimentare in una legge la grande spinta degli operai che aveva fatto tremare la borghesia per lo “spettro” della rivoluzione). 

Questo doppio aspetto di una legge non sminuisce il risultato, ma pone la necessità che si abbia coscienza del “gioco tra le parti”, perchè i lavoratori non si adagino. 

“La concessione è ben piccola – scrive Lenin – ma essa “è un’indubbia concessione a una forza crescente, l’abbandono da parte del nemico di una delle sue posizioni…”. “… sarebbe ridicolo anche solo pensare alla possibilità di una vera libertà, della libertà di sciopero, quando non vi è libertà politica… Ma gli operai sapranno approfittare anche di una piccola concessione per consolidare le proprie posizioni, per rafforzare e allargare la loro grande lotta per la liberazione dell’umanità lavoratrice dalla schiavitù del lavoro salariato…”. E, continua Lenin

“il nuovo “passo” del Ministero degli industriali ci offre anche un altro utile insegnamento. Quello della necessità di saper utilizzare in pratica qualsiasi liberalismo, anche quello da due soldi, ma di stare allo stesso tempo “all’erta” perchè questo liberalismo non corrompa le masse del popolo con la sua falsa impostazione dei problemi… Il proletariato, nella sua lotta contro tutto il regime attuale, deve anzitutto imparare a guardare le cose in faccia  e a mente fredda, a scoprire le vere cause che hanno indotto lo “Stato a nobili atti”…”… In questo gli operai devono respingere coloro che predicano la “moderazione proprio quando il governo ha appena cominciato ad esitare (su qualche questione particolare)…”, Invece i comunisti devono dire “Avanti, dunque, con coraggio! Divulgate la lieta novella: l’incertezza è penetrata nelle fila del nemico, e approfittate della sua sia pur minima esitazione non per moderare… le vostre rivendicazioni ma per porle con più forza. Del debito che il governo ha verso il popolo, vi vogliono dare un copeco su cento rubli. Approfittate dell’incasso di questo copeco per esigere, a voce sempre più alta, l’ammontare completo del debito, per discreditare definitivamente il governo, per preparare le nostre forze ad assestargli il colpo decisivo”. 

Lenin spiega chiaramente che la lotta degli operai è una “guerra di classe”. E in una guerra conquistare una “posizione”, anche piccola, è importante nei rapporti di forza. 

In questo senso occorre contrastare due posizioni entrambe sbagliate: 

disprezzare i risultati (anche “da due soldi“) frutto della lotta; questo è estremismo stupido, che in realtà guarda dall’alto sprezzante gli operai, non tiene in conto che se gli operai perdono sempre, dopo aver fatto una lunga lotta, è difficile che vadano avanti, gli operai perdono fiducia nella lotta e si indeboliscono, i loro nemici invece si rafforzano. Nello stesso tempo questo estremismo, apparentemente iper critico della borghesia, del capitalismo, in realtà scade nell’illusione che in questo sistema basta una lotta sindacale sia pure lunga per strappare grandi risultati. Questa posizione è della piccola borghesia e/o di economisti operaisti.

esaltare i risultati, invece di stare “all’erta” e dire “Avanti“. “Il proletariato– dice Lenin – nella sua lotta deve anzitutto imparare a guardare le cose in faccia  e a mente fredda“, senza illusioni. Ma soprattutto senza stare a sentire coloro che dopo un risultato, dicono agli operai di accontentarsi, di fermarsi; coloro che abbelliscono i piccoli risultati (soprattutto i sindacati confederali). Queste posizioni invece di far stare all’erta i lavoratori li spingono a delegare, a guardare con fiducia verso il governo, che in breve tempo recupera anche le piccole concessioni. 

(CONTINUA IL PROSSIMO GIOVEDI’)


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