domenica 8 ottobre 2023

8 ottobre - Il lavoro alle fabbriche - Note dall'intervento dello Slai Cobas sc di Bergamo nel coordinamento nazionale di fine agosto

 

Bergamo è importante per le fabbriche, a fianco delle tante medio/piccole ne troviamo un numero significativo di grandi. In queste fabbriche il nostro lavoro è importante se è per portare, mobilitare nella lotta, nello scontro di classe una parte significativa di operai oltre la visione ristretta alla sola lotta di difesa, per lo scontro generale con il sistema dei padroni. 

Anche in fabbrica ci sono i tifosi del No al Reddito di cittadinanza, e con loro ci sono molte polemiche, ma limitate al momento non sistematiche. Il lavoratore che dice no al RdC non esprime solo una posizione individuale, ma diventa il supporter che amplifica in fabbrica le carognate della classe al potere, del governo, ne alimenta il consenso su un suo ragionamento sbagliato, individualista, della serie: ‘se il governo spende i soldi in questa direzione restano meno soldi per me‘. 

Ma i lavoratori non sono solo quelli che si rivolgono al sindacato con problemi individuali posti su di un piano personale. Sta a noi fare il salto di ‘un altro ragionamento’ che eleva la coscienza dai problemi individuali alla comprensione della natura della contraddizione del sistema capitalistico, per cui alla ricchezza concentrata nelle mani dei padroni, corrisponde lo sfruttamento e la miseria collettiva dei lavoratori.

Per tutte le privazioni che i proletari subiscono, le risorse ci sarebbero, avrebbero soluzione, ma il governo difende e gestisce gli interessi della borghesia, e la classe dei lavoratori che ha interessi antagonisti, deve organizzarsi per il potere e lottare per i propri interessi.

E qui il nostro lavoro alle fabbriche è parte del piano più generale, con il sindacato diretto dai comunisti

per conquistare forze alla rivoluzione.

Un paio di esempi ci possono aiutare. Non per attraversare la singola vertenza, ma per cogliere alcuni elementi generali dei limiti del lavoro in fabbrica tra i lavoratori.

Il recente sciopero alla Tenaris Dalmine a seguito di una esplosione di materiale residuo di fusione, obiettivamente lo abbiamo innescato con la nostra iniziativa. L’esplosione è stata potenzialmente mortale e per responsabilità aziendale. La nostra denuncia è stata immediata, due ore dopo è uscito il nostro comunicato, che ha trovato riscontri tra gli operai, che indicava precisamente la gravità di quanto accaduto e le colpe dell’azienda che invece minimizzava; Fiom Fim Uilm sono rimaste in silenzio fino alle 12 del giorno dopo quando non hanno potuto far altro che dichiarare lo sciopero. Abbiamo provato a raccogliere questa ondata di reazioni e convocato una riunione in sede il primo giorno utile.

In una delle grosse piattaforme della logistica, la MD, dove abbiamo organizzato decine di lavoratori, abbiamo posto le basi per non essere trascinati nella solita microconflittualità con la singola cooperativa, ma per portare lo scontro sul piano generale, fino ad arrivare ad una iniziativa che ha provocato una scossa, davanti ad un altro grosso magazzino al centro di iniziative di lotta e di repressione, rovesciando il piano normale della lotta sindacale soci/coop. Il giorno dopo il padrone ha convocato un’assemblea nella piattaforma, ci ha messo alcuni giorni per organizzarla, per dire ai lavoratori, lasciate stare Slai Cobas sc ditemi quali sono i vostri problemi e rispondo io a tutto. Ma il suo piano è fallito

Il problema di unire i lavoratori è concreto, ma se non facciamo una battaglia di definizione, sulla base di cosa li organizziamo? Il nostro lavoro è conquistarli allo scontro di classe. Sviluppare il sindacato di classe richiede la scelta di campo che metta anche in evidenza i rapporti e gli appoggi del governo di cui godono i padroni. Quando prevale la sola lotta sindacale lascia al padrone, persino nel momento i cui si trovasse in difficoltà, la possibilità di recuperare sul terreno delle concessioni e uscire dallo scontro senza compromettere troppo il suo potere. 

Ci sono diversi settori in lotta, ma se non sono diretti dalla linea proletaria entrano in antagonismo con le forze operaie. Disoccupati contro lavoratori, l’esercito industriale di riserva che bussa alle porte dei posti di lavoro, e viene usato dal capitale per ricattare e abbassare il salario e peggiorare le condizioni di lavoro degli operai. Questo pone la necessità di una prospettiva di scontro di classe per il potere, diretto dalla classe operaia.  

Sugli immigrati. Il problema dell’immigrazione deve essere portato all’insieme della classe operaia, deve interessare per quello che è: masse enormi trascinate nello scontro, che è imperialista, dove le dinamiche sono di un maggior sfruttamento, con lavoratori spostati secondo le esigenze del capitale su di un piano internazionale. Su questo per l'unità operai italiani e operai immigrati occorre anche una lotta. L’internazionalismo non è una questione di passaporto, ma di linea di classe, prima di tutto la nostra. Per questo occorre combattere sia le posizioni cieche e opportuniste presenti tra gli operai italiani che inconsapevolmente così fanno il gioco dei padroni; sia il fatto che parte degli immigrati che entrano nelle fabbriche medio/grandi finiscono per assumere posizioni da aristocrazia operaia, dell’immigrazione non ricordano nulla, polemizzano con i clandestini, a difesa della condizione che hanno raggiunto nel sistema di produzione. 

Il nostro intervento e organizzazione nelle fabbriche importanti della lotta di classe contro padroni e governo deve quindi elevare la coscienza degli operai, guardare sì ai bisogni immediati, ma portando la consapevolezza che lo scontro è rivoluzionario, con il capitale. 


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