giovedì 7 dicembre 2017

7 ddicembre - la Contro/Informazione, di M. Spezia: SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N. 291 DEL 07/12/17



INDICE
-         Visita medica su richiesta del lavoratore e giudizio di idoneità alla mansione
-         Rischi nell’utilizzo delle apparecchiature per la movimentazione delle merci
-         Infermieri: secondo la Cassazione va retribuito il tempo divisa e cambio turno

-         Controlli e manutenzione per le piattaforme di lavoro elevabili
-         Lavoratori anziani: capacità funzionali e richieste lavorative
-         Quando le mani non sono protette
-         Gli infortuni nell’industria alimentare
Marco Spezia
ingegnere e tecnico della salute e della sicurezza sul lavoro
Progetto “Sicurezza sul Lavoro! Know Your Rights”
Medicina Democratica - Movimento di lotta per la salute onlus

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VISITA MEDICA SU RICHIESTA DEL LAVORATORE E GIUDIZIO DI IDONEITA’ ALLA MANSIONE LE CONSULENZE DI SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! – N.82

Come sapete, uno degli obiettivi del progetto SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! è anche quello di fornire consulenze gratuite a tutti coloro che ne fanno richiesta, su tematiche relative a salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Da quando è nato il progetto ho ricevuto decine di richieste e devo dire che per me è stato motivo di orgoglio poter contribuire con le mie risposte a fare chiarezza sui diritti dei lavoratori.
Mi sembra doveroso condividere con tutti quelli che hanno la pazienza di leggere le mie newsletters, queste consulenze.
Esse trattano di argomenti vari sulla materia e possono costituire un’utile fonte di informazione per tutti coloro che hanno a che fare con casi simili o analoghi.
Ovviamente per evidenti motivi di riservatezza ometterò il nome delle persone che mi hanno chiesto chiarimenti e delle aziende coinvolte.
Marco Spezia


QUESITO

Ciao Marco,
un mio collega saldatore carpentiere (in una ditta di carpenteria pesante), è stato messo a svolgere lavori che richiedono sovente l''utilizzo della moletta, pur essendo invalido civile e sul lavoro, con percentuale che si attesta sul 65%.
Come RLS gli ho consigliato di richiedere una visita medica dal nostro medico competente esterno, in modo da presentargli la documentazione inerente alle sue problematiche di salute. Dopo 3 mesi è riuscito a fare questa visita che non gli veniva concessa e una volta davanti al medico ha chiesto di essere esonerato da alcune mansioni.
Per tutta risposta il medico gli ha detto: “cosa vuole, che gli scriva non idoneo al lavoro così la lasciano a casa per sempre?”.
Posso segnalare questa condotta all'ordine dei medici, visto che non è la prima volta che antepone la produttività alla salute degli operai?
Alla riunione periodica mi disse che lavorare a 11 gradi di temperatura va bene e che non tutte le ernie richiedono esenzioni dal sollevare pesi.
Ciao.
Grazie mille.

RISPOSTA

Ciao.
Parto subito dalle conclusioni, a seguire poi le giustificazioni normativa a quanto da me indicato.

Il tuo medico competente, come molti suoi colleghi sta evidentemente dalla parte dei padroni e non dei lavoratori che dovrebbe tutelare. Al di là di ogni considerazione di etica professionale, per cui potresti tranquillamente segnalarlo all’Ordine dei Medici, il tuo medico competente commette dei reati penali, in quanto non rispetta obblighi previsti dalla normativa vigente (il Testo Unico 81/08).

Infatti tale normativa stabilisce che:
-         il medico competente è obbligato a sottoporre il lavoratore su sua richiesta a vista medica straordinaria, senza farlo aspettare 3 mesi;
-         il medico competente è obbligato a esprime un giudizio scritto al lavoratore e al datore di lavoro sulla idoneità o meno del lavoratore stesso alla mansione, in funzione del suo effettivo stato di salute del, nel tuo caso dimostrato anche da documentazione medica specialistica;
-         se il lavoratore è idoneo parzialmente alla mansione (e mi sembra questo il caso) il medico è obbligato a indicare le “prescrizioni o limitazioni” relative a tale idoneità parziale;
-         in tal caso il datore di lavoro manterrà il lavoratore nella sua mansione, imponendogli di attenersi alle “prescrizioni o limitazioni” indicate dal medico (ad esempio, in questo caso, non usare la moletta);
-         se il lavoratore non è idoneo totalmente alla mansione il medico competente è obbligato a specificarlo nel giudizio di idoneità;
-         se il lavoratore non è idoneo totalmente alla mansione, il datore di lavoro deve adibirlo ad altra mansione compatibile con il suo stato di salute (se esiste tale mansione, altrimenti potrebbe effettivamente anche licenziarlo...); in tal caso, trattandosi di cambio di mansione, il medico competente informato dal datore di lavoro, è obbligato a esprimere nuovamente giudizio di idoneità alla nuova mansione;
-         il medico competente è in ogni caso sempre obbligato a esprimere un “giudizio” di idoneità per iscritto, eventualmente con “prescrizioni o limitazioni” coerente con lo stato di salute reale del lavoratore;
-         in ogni caso il lavoratore può fare ricorso alla ASL contro il giudizio del medico competente, entro 30 giorni dalla data del giudizio.

Nel tuo caso quindi conviene fare subito ricorso alla ASL e poi, anche sulla base delle loro decisioni in merito, decidere se denunciare alla ASL stessa il mancato adempimento del medico alla normativa sotto riportata.
Tale denuncia di reato, potrà poi essere effettivamente girata anche all’Ordine dei Medici.

A disposizione per ulteriori chiarimenti.
Marco.

A seguire la normativa applicabile.

* * * * *

La sorveglianza sanitaria, organizzata dal datore di lavoro ed eseguita dal medico competente nominato dal datore di lavoro stesso, è anche finalizzata alla verifica della idoneità psico-fisica del lavoratore a svolgere la sua mansione specifica, in funzione dei rischi per la salute che la mansione comporta.

In pratica la sorveglianza sanitaria serve e verificare che la mansione svolta, in funzione dei suoi rischi, non abbia conseguenze negative per la salute del lavoratore, in funzione di eventuali patologie o infermità che interessano il lavoratore stesso.
Tale principio generale costituisce, ai sensi del D.Lgs.81/08 (“Testo unico per la sicurezza”, nel seguito Decreto) obblighi sanzionabili a carico del datore di lavoro (o dei dirigenti da egli delegati) e del medico competente.

Un primo obbligo, a carico del datore di lavoro è quello richiamato dall’articolo 18, comma 1, lettera c) del Decreto che impone che:
Il datore di lavoro [...] e i dirigenti [...] devono nell'affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza”.

Ciò si esplicita attraverso la sorveglianza sanitaria che il datore di lavoro deve organizzare tramite la nomina del medico competente, secondo l’articolo 18, comma 1, lettera a) del decreto:
Il datore di lavoro [...] e i dirigenti [...] devono nominare il medico competente per l'effettuazione della sorveglianza sanitaria”;
e nell’inviare i lavoratori alla sorveglianza sanitaria, secondo l’articolo 18, comma 1, lettera g), richiedendo al medico competente l’osservanza degli obblighi a lui imposti dal Decreto:
Il datore di lavoro [...] e i dirigenti [...] devono inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria e richiedere al medico competente l'osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel presente Decreto”.

Infine il datore di lavoro deve verificare che i lavoratori siano adibiti alla loro mansione solo a seguito di giudizio di idoneità alla mansione, espresso dal medico competente, secondo l’articolo 18, comma 1, lettera bb) del Decreto:
Il datore di lavoro [...] e i dirigenti [...] devono vigilare affinché i lavoratori per i quali vige l'obbligo di sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il prescritto giudizio di idoneità”.

Gli obblighi per il datore di lavoro di cui all’articolo 18 sono sanzionabili penalmente in caso di mancato adempimento.

Per quanto riguarda il medico competente, egli deve eseguire le visite mediche da lui definite nel programma di sorveglianza sanitaria, in funzione dei rischi specifici per ogni mansione, secondo l’articolo 25, comma 1, lettera b):
Il medico competente programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati”.
Tale obbligo è sanzionato penalmente in caso di mancato adempimento da parte del medico competente.

L’articolo 41, comma 2 del Decreto definisce poi le visite mediche da effettuare da parte del medico competente:
La sorveglianza sanitaria comprende:
a) visita medica preventiva intesa a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica;
b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica [...];
c) visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell'attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica;
d) visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l'idoneità alla mansione specifica;
e) visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla normativa vigente;
e-bis) visita medica preventiva in fase preassuntiva;
e-ter) visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità alla mansione”.

In esito alle visite mediche di cui sopra il medico competente deve esprime un giudizio di idoneità o meno alla mansione, in funzione dei rischi che essa comporta.
Ciò è stabilito dall’articolo 41, comma 6 del Decreto:
Il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche di cui al comma 2, esprime uno dei seguenti giudizi relativi alla mansione specifica:
a) idoneità;
b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni;
c) inidoneità temporanea;
d) inidoneità permanente”.
Il giudizio di idoneità o non idoneità deve essere espresso per iscritto al lavoratore e al datore di lavoro, ai sensi del successivo comma 6-bis:
Nei casi di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6 il medico competente esprime il proprio giudizio per iscritto dando copia del giudizio medesimo al lavoratore e al datore di lavoro”.
Il mancato adempimento di quest’ultimo obbligo da parte del medico competente è sanzionato penalmente.

A seguito di eventuale giudizio di idoneità da parte del medico, il datore di lavoro deve attuare quanto previsto dall’articolo 42 del Decreto:
Il datore di lavoro [...], in relazione ai giudizi di cui all'articolo 41, comma 6, attua le misure indicate dal medico competente e qualora le stesse prevedano un'inidoneità alla mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori, garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza”.

Di conseguenza, il medico competente, in esito alla visita medica di sorveglianza sanitaria è obbligato a esprimere un giudizio di idoneità o meno alla mansione. In caso di giudizio di idoneità parziale, tale giudizio deve essere accompagnato dalle “prescrizioni o limitazioni” derivanti dallo stato di salute del lavoratore.
La azienda, sulla base di tale giudizio di inidoneità, deve adibire il lavoratore a mansioni compatibili con il tuo stato di salute (“equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori, garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza”). Questo però sole “ove possibile”, cioè solo se esiste ed è disponibile mansione compatibile per il lavoratore all’interno dell’azienda.
Se tale mansione non è presente, effettivamente l’azienda potrebbe anche licenziare il lavoratore per giusta causa oggettiva.

Se il lavoratore non ritiene corretto il giudizio del medico competente, può fare ricorso alla ASL contro tale giudizio, entro 30 giorni dal giudizio stesso, ai sensi dell’articolo 41, comma 9 del Decreto:
Avverso i giudizi del medico competente [...] è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso”.

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RISCHI NELL’UTILIZZO DELLE APPARECCHIATURE PER LA MOVIMENTAZIONE DELLE MERCI

Da: Rete Iside

APPARECCHIATURE PER LA MOVIMENTAZIONE DELLE MERCI
Gli apparecchi di sollevamento usati per la movimentazione di materiali possono essere di differenti tipologie (paranchi, carroponte ecc), tuttavia ai fini della sicurezza, possono esser suddivisi in due gruppi:
-         apparecchi di sollevamento motorizzati di portata superiore a 200 kg;
-         apparecchi di sollevamento di portata inferiore a 200 kg.
Entrambi devono possedere i requisiti ed essere utilizzati secondo le regole stabilite dalle norme antinfortunistiche, ma i primi (portata superiore ai 200 kg) devono essere denunciati all’INAIL (ex ISPESL) per essere sottoposti al collaudo prima dell’installazione; una volta che l’apparecchio è stato collaudato e munito, quindi, di un libretto matricolare, deve essere sottoposto a verifica annuale da parte degli enti previsti per accertarne lo stato funzionale.

MEZZI DI MOVIMENTAZIONE, LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO
I rischi prevalenti nell’utilizzo degli apparecchi per il sollevamento-trasporto merci possono essere suddivisi in tre tipologie:
-         rischi dovuti a carenze, a livello di sicurezza intrinseca, degli apparecchi;
-         rischi dovuti a carenze nei locali di lavoro e nel percorso effettuato dalle merci sollevate;
-         rischi dovuti ad errore dell’operatore dell’apparecchio di sollevamento.
Dall’analisi dei dati statistici INAIL sulle modalità di accadimento degli infortuni si rileva una presenza rilevante di infortuni dovuti all’utilizzo di apparecchiature per il sollevamento e movimentazione delle merci (in particolare “carroponte”), con numerosi casi d’invalidità e di morte sul lavoro.
Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio, deve analizzare i tre aspetti descritti al paragrafo precedente: lo stato dell’apparecchio, il percorso nei locali di lavoro, le competenze dell’operatore.

LA SICUREZZA INTRINSECA DELLE APPARECCHIATURE PER LA MOVIMENTAZIONE DELLE MERCI
In teoria gli apparecchi di sollevamento attualmente presenti nelle aziende dovrebbero essere tutti sicuri, a norma e dotati di marcatura CE, in quanto prodotti in seguito alla “Direttiva Macchine” del 1996; il datore di lavoro, quindi, dovrebbe solo verificare periodicamente che i dispositivi di sicurezza delle macchine, presenti al momento del suo acquisto, siano sempre perfettamente funzionanti.
Nella realtà questo spesso non avviene perché esiste ancora un ampio mercato di macchine utensili usate prodotte prima del 1996.
Ma molto spesso la sicurezza è messa in pericolo anche da una scarsa manutenzione delle macchine, e quindi anche dei dispositivi di sicurezza.

RISCHI DOVUTI A CARENZE NEI LOCALI DI LAVORO E NEL PERCORSO EFFETTUATO DALLE MERCI SOLLEVATE
Molti incidenti sono causati dagli urti dei carichi trasportati contro ostacoli presenti nel percorso delle merci, e conseguente caduta sui lavoratori.
Per prevenire questi incidenti è fondamentale che il percorso sia libero da ostacoli: per esempio nessun lavoratore deve operare nell’area d’azione del carroponte. Oltre a questo, chiaramente, è fondamentale che l’operatore del carroponte abbia le competenze adeguate per evitare che faccia errori di manovra.

ELENCO SINTETICO DEI REQUISITI SPECIFICI DI SICUREZZA PREVISTI PER GLI APPARECCHI DI SOLLEVAMENTO CARICHI
Di seguito si riportano i requisiti erssenziali di sicurezza per gli apparecchi sollevamento carichi:
-         portata massima: il peso del carico (pezzo) da movimentare deve essere sempre inferiore alla portata massima di tutti gli elementi che compongono l’apparecchio (dalla struttura del carroponte fino ai ganci delle funi a cui si aggancia il carico);
-         segnaletica della portata massima: su tutti i mezzi di sollevamento e sui ganci deve essere chiaramente visibile la portata massima ammissibile;
-         ganci: devono essere provvisti di dispositivi di chiusura dell’imbocco o essere conformati in modo tale da evitare lo sganciamento delle funi, delle catene o degli altri organi di presa;
-         verifica di funi e catene: deve essere trimestrale, svolta da personale specializzato e registrata sull’apposita pagina del libretto matricolare;
-         percorso: le manovre per il sollevamento-trasporto dei carichi devono essere disposte in modo da evitare il passaggio dei carichi sospesi sopra i lavoratori e sopra i luoghi in cui la eventuale caduta del carico può causare pericolo; qualora tale passaggio non si possa evitare, le manovre per il sollevamento e/o trasporto dei carichi devono essere tempestivamente preannunciate con apposite segnalazioni in modo da consentire l’allontanamento delle persone che si trovino esposte al pericolo dell’eventuale caduta dei carichi;
-         dispositivi di frenatura: i mezzi di sollevamento e di trasporto devono essere provvisti di dispositivi di frenatura atti ad assicurare il pronto arresto e la posizione di fermo del carico e del mezzo e, quando è necessario ai fini della sicurezza, a consentire la gradualità dell’arresto;
-         interruzione dell’energia: nei casi in cui l’interruzione dell’energia di azionamento può comportare pericolo per le persone, i mezzi di sollevamento devono essere provvisti di dispositivi che provochino l’arresto automatico sia del mezzo che del carico; in ogni caso, l’arresto deve essere graduale per evitare eccessive sollecitazioni nonché il sorgere di oscillazioni pericolose per la stabilità del carico.
-         motore sempre innestato: gli elevatori azionati a motore devono essere costruiti in modo da funzionare a motore innestato, anche nella discesa.

LA VERIFICA DELLA CORRETTEZZA DEL DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI AZIENDALE
Il primo aspetto da verificare è la conformità formale, ossia la presenza della marcatura CE, di tutte le macchine per la movimentazione presenti in azienda.
Dopo questa fase bisogna effettuare la verifica sostanziale della conformità, verificare, cioè, che i dispositivi di sicurezza (ad esempio carter) garantiscano il 100% della sicurezza intrinseca di una macchina.
Vediamo, a titolo d’esempio, come si verifica la conformità di alcuni aspetti di un carroponte:
-         verificare visivamente che gli “organi” per il sollevamento dell’apparecchiatura dalla struttura portante alla cinghia finale siano tutti in buono stato e dotati di marcatura CE;
-         verificare che la portata massima di tutti gli “organi” di sollevamento dalla struttura portante al gancio finale sia maggiore del peso del carico da sollevare;
-         verificare in particolare la leggibilità delle targhette con l’indicazione della portata massima delle cinghie per l’imbragatura;
-         verificare se sono presenti indicazioni adeguate per conoscere il peso dei carichi da sollevare.
I punti più critici dell’apparecchiatura di sollevamento possono essere proprio le attrezzature finali, è fondamentale, quindi, verificare le cinghie, quelle rovinate devono essere subito tagliate e buttate via e dei ganci, che devono essere dotati di un sistema di chiusura all’imbocco.

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INFERMIERI: SECONDO LA CASSAZIONE VA RETRIBUITO IL TEMPO DIVISA E CAMBIO TURNO

Da Studio Cataldi
28/11/17
di Lucia Izzo

Per gli Ermellini si tratta di adempimenti meritevoli di compenso economico poiché connessi a un’effettiva e diligente prestazione
Dovrà essere retribuito anche il tempo che l’operatore sanitario ha impiegato per la vestizione (e la svestizione) della divisa, nonché per il passaggio di consegne all’entrata (e all’uscita) del proprio turno.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nella sentenza n. 27799/2017 respingendo il ricorso dell’Azienda Sanitaria contro la sentenza della Corte d’Appello che aveva dichiarato il diritto dell’infermiere a percepire la retribuzione maturata per il tempo utilizzato per la vestizione/svestizione della divisa aziendale e per dare/ricevere le consegne all’uscita e all’entrata dal proprio turno di lavoro.

Si sarebbe trattato, secondo il giudice a quo, di adempimenti connessi a un’effettiva e diligente prestazione, meritevoli pertanto di compenso economico.
In Cassazione, l’AUSL sostiene che la motivazione della sentenza gravata, quanto alla retribuibilità dei tempi per la vestizione/svestizione, sarebbe stata in palese contrasto con una serie di norme (tra cui il D.Lgs. 66/03, il CCNL per il comparto sanità 2001 e il Contratto Integrativo aziendale del 2003), trattandosi di attività rientrante nella diligenza preparatoria, intesa nei limiti della normalità socio culturale che a essa la giurisprudenza riconnette.
Quanto al passaggio di turno, volto ad assicurare la continuità terapeutica ai pazienti, si tratterebbe di esigenza che può dirsi soddisfatta dalle annotazioni in cartella (cosiddetta “scheda infermieristica”), ove sono puntualmente riportate le pratiche eseguite e da eseguire, considerando anche la formula organizzativa del cosiddetto avvicendamento dinamico di squadra che consente il passaggio di consegne nel tempo necessario senza lasciare mai completamente sguarniti i reparti.

Secondo la Cassazione, invece, sotto ambedue i profili controversi (sia quello concernente il cambio abito sia quello relativo al cambio turno) entrano in gioco comportamenti integrativi e strumentali all’adempimento dell’obbligazione principale, i quali nondimeno appaiono funzionali ai fini del corretto espletamento dei doveri deontologici della presa in carico del paziente e della continuità assistenziale.

Per la giurisprudenza, il tempo dedicato alla vestizione/svestizione è considerato tempo di lavoro ove qualificato da eterodirezione, in mancanza della quale l’atto rientrerebbe nell’obbligo di diligenza preparatoria e non darebbe titolo ad autonomo corrispettivo (vedi Sentenza di Cassazione n. 9215/2012).
Tale situazione, tuttavia, non è invocabile nel caso in esame, in quanto, non essendo detta attività svolta nell’interesse dell’azienda bensì dell’igiene pubblica, essa deve ritenersi implicitamente autorizzata da parte dell’AUSL.

La Corte territoriale ha correttamente affermato il diritto alla retribuzione soltanto per il tempo effettivo eventualmente di volta in volta utilizzato dal lavoratore; inoltre, per quanto riguarda il lavoro all’interno delle strutture sanitarie, nel silenzio della contrattazione collettiva integrativa, il tempo di vestizione/svestizione dà diritto alla retribuzione, essendo detto obbligo imposto dalle superiori esigenze di sicurezza e igiene riguardanti sia la gestione del servizio pubblico sia la stessa incolumità del personale addetto.

Quanto al cambio di consegne “in quanto riferibile ai tempi di una diligente effettiva prestazione di lavoro”, per la funzione che è chiamata ad assolvere, va considerato, di per sé stesso, meritevole di ricompensa economica, imprimendosi così a tale attività una nuova rilevanza, accrescendo la dignità giuridica della regola deontologica della continuità assistenziale.
Sull’argomento si veda anche la “Guida Tempo divisa: cos’è e quando va retribuito”, consultabile all’indirizzo:

La sentenza della Corte di Cassazione Sezione lavoro n. 27799/2017 è scaricabile all’indirizzo:

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CONTROLLI E MANUTENZIONE PER LE PIATTAFORME DI LAVORO ELEVABILI

Da: PuntoSicuro
di Tiziano Menduto
23/11/17

La dinamica di un incidente nell’utilizzo di una Piattaforma di Lavoro Elevabile (PLE). La dinamica dell’infortunio, i fattori causali, le misure di prevenzione, le indicazioni normative per la manutenzione ed i controlli delle attrezzature di lavoro.

Concludiamo con questo articolo il breve viaggio della rubrica “Imparare dagli errori” tra gli incidenti che avvengono nell’uso di macchine e attrezzature, raccolti in alcuni documenti prodotti dall’ Agenzia di Tutela della Salute (ATS) della Brianza riguardo a infortuni, incidenti e “near miss” avvenuti nell’uso delle macchine in vari comparti lavorativi.

E poiché una delle attrezzature che più spesso è soggetta a vari tipologie di infortuni professionali (ribaltamento del mezzo, urto con altri mezzi, cedimenti strutturali, cadute dal cestello, intrappolamento, ecc.) è la PLE, torniamo oggi a parlarne cercando di fornire anche qualche spunto per la tutela della sicurezza dei lavoratori.

L’incidente con la PLE, raccontato nel documento dell’ATS Brianza “Incidenti”, riguarda il comparto costruzioni.
In un cantiere edile nel corso di lavorazioni in quota viene utilizzato un apparecchio di sollevamento persone ovvero una PLE con stabilizzatori installata su un trattore.
Durante l’utilizzo dell’attrezzatura di lavoro, la rottura di un elemento strutturale della stessa PLE provoca il rovesciamento del cestello e la conseguente caduta dell’operatore.
In particolare questi sono i fattori causali rilevati:
-         rottura della vite di registro posta all’estremità dell’asta del parallelogramma, determinante per la stabilità del cestello;
-         mancata esecuzione dei controlli da parte di persona competente;
-         mancata abilitazione all’uso della PLE;
-         mancata adeguamento PLE come da indicazioni ISPESL/INAIL;
-         l’operatore non utilizzava idonei DPI anticaduta.

Il documento dell’ATS riporta poi che alcuni esempi di misure da attuare in casi simili.
E’ necessario rendere continuo il collegamento tra l’asta e il terminale attraverso la sovrapposizione di piatti di acciaio saldati. Tale accorgimento, negli intendimenti dell’ISPESL (oggi INAIL), consentirebbe di non affidare più alla sola barra filettata la funzione di resistenza. Il lavoro deve essere eseguito dal fabbricante della PLE ovvero da persona competente.
Inoltre:
-         la PLE deve essere utilizzata esclusivamente da operatore provvisto di abilitazione all’uso;
-         l’operatore deve fare uso di idonei DPI.

Dunque si segnala nuovamente che, in questo caso, la causa dell’incidente è da ascriversi alla rottura della vite di registro posta all’estremità dell’asta del parallelogramma, determinante per la stabilità del cestello. E si indica che il sistema di livellamento del cestello “a parallelogramma” è stato più volte oggetto di segnalazioni in seguito a incidenti occorsi su analoghe PLE.
A tal proposito, l’ex ISPESL aveva diffuso una nota tecnica specifica (Circolare del 5 agosto 1998, protocollo 009752 “Ponti mobili sviluppabili su carro con sistema meccanico ad aste per il livellamento del cestello”) con la quale suggerisce l’adozione di particolari “misure tecniche” quali quella di rendere continuo il collegamento tra l’asta e il terminale attraverso la sovrapposizione di piatti di acciaio saldati.

Inoltre si sottolinea ancora, tra i fattori modulatori dell’infortunio, che l’operatore non utilizzava idonei DPI anticaduta.

Per avere ulteriori indicazioni e suggerimenti per la prevenzione dei rischi nell’uso delle PLE, possiamo fare riferimento a una norma tecnica presentata nel documento INAIL “PLE nei cantieri. L’uso delle piattaforme di lavoro mobili in elevato nei cantieri temporanei o mobili”.

Nel documento si ricorda che tra gli obblighi che l’articolo 71 del D.Lgs. 81/08 pone a carico del datore di lavoro alcuni commi riguardano la manutenzione e i controlli delle attrezzature di lavoro.
Ad esempio, estrapolando quanto applicabile anche per le PLE, il comma 4 prescrive che il datore di lavoro prenda le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza e siano corredate dalle istruzioni d’uso e dal libretto di manutenzione.
Lo stesso comma prescrive anche la tenuta e l’aggiornamento del registro di controllo (previsto per le attrezzature di sollevamento e, quindi, anche per le PLE.
Mentre il comma 7 prevede che i lavoratori incaricati della riparazione, trasformazione o manutenzione siano qualificati in maniera specifica per svolgere detti compiti.
Il comma 8 prevede, tra l’altro, che il datore di lavoro sottoponga le attrezzature soggette a influssi che possono provocare deterioramenti e generare situazioni pericolose a interventi di controllo periodici, secondo frequenze stabilite dal fabbricante e a interventi di controllo straordinari ogni volta che intervengano eventi eccezionali (quali riparazioni trasformazioni, incidenti, fenomeni naturali o periodi prolungati di inattività). I risultati dei controlli devono essere riportati per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni, devono essere conservati e tenuti a disposizione degli organi di vigilanza (comma 9).
E se la macchina è utilizzata al di fuori della sede dell’unità produttiva deve essere accompagnate da un documento attestante l’esecuzione dell’ultimo controllo con esito positivo (comma 10).

In sintesi, continua il documento, le PLE devono essere sottoposte ad attività di manutenzione e controllo osservando le modalità e le frequenze previste dal costruttore e indicate sul manuale di istruzioni, devono essere effettuate da persona competente e registrate sul cosiddetto registro di controllo. Il registro di controllo deve essere tenuto a disposizione degli organi di vigilanza.

Il documento, che si sofferma poi sulle verifiche periodiche in relazione sempre all’articolo 71 del Testo Unico e al Decreto 11 aprile del 2011, presenta poi la norma UNI ISO 18893:2014 con particolare riferimento al tema dei controlli e della manutenzione.
Infatti con la pubblicazione della norma ISO 18893:2014 (in lingua inglese) è stata ritirata dal corpo normativo nazionale la norma UNI ISO 18893:2011 “Piattaforme di lavoro mobili elevabili - Principi di sicurezza, ispezione, manutenzione e funzionamento”, in quanto superata, in attesa della traduzione della nuova edizione della norma.

In particolare per la manutenzione la norma prevede che sia predisposto un programma di manutenzione preventiva in conformità alle raccomandazioni del fabbricante e in base all’ambiente e alla gravosità di utilizzo della PLE. La frequenza di ispezione e manutenzione deve essere compatibile con le condizioni operative e la gravosità dell’ambiente di utilizzo.
Inoltre le PLE che non sono in condizioni operative appropriate devono essere riparate da una persona qualificata e le riparazioni devono avvenire in conformità alle raccomandazioni del fabbricante.

Il documento di ATS Brianza “Incidenti”, scheda pubblicata nella sezione dell’ATS relativa a “Apparecchiature e impiantistica” è scaricabile all’indirizzo:

Il documento di INAIL “PLE nei cantieri. L’uso delle piattaforme di lavoro mobili in elevato nei cantieri temporanei o mobili” è scaricabile all’indirizzo:

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LAVORATORI ANZIANI: CAPACITA’ FUNZIONALI E RICHIESTE LAVORATIVE

Da: PuntoSicuro
di Tiziano Menduto
24/11/17

Nel “Libro d’argento su invecchiamento e lavoro” un contributo si sofferma sull’invecchiamento della popolazione lavorativa in relazione a pensionamento e salute. La possibile incompatibilità tra capacità funzionali e richieste lavorative.

Con riferimento agli obiettivi dell’attuale campagna europea 2016-2017 “Ambienti di lavoro sani e sicuri a ogni età” sta aumentando l’attenzione tra gli operatori sulle conseguenze dell’invecchiamento della popolazione in Europa e in Italia. Un invecchiamento che, previsto anche a causa dell’aumento dell’aspettativa di vita (in Italia è ormai arrivata a 79,5 anni per gli uomini e a 84,9 per le donne) e al ridotto tasso di fertilità, si collega direttamente anche ai temi pensionistici. Infatti l’invecchiamento della popolazione ha indotto molti governi europei a riformare le pensioni pubbliche innalzando l’età pensionabile, definita come l’età a cui i lavoratori possono cominciare a ricevere una pensione senza riduzioni del suo importo dovute al pensionamento anticipato, per trattenere un maggior numero di lavoratori anziani al lavoro.

Per approfondire questo tema, le cui conseguenze sono chiaramente l’invecchiamento della forza lavorativa, ci soffermiamo sui contenuti del libro “Aging E-book, il Libro d’argento su invecchiamento e lavoro”, un libro curato dal gruppo “Invecchiamento e lavoro” della Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione (CIIP).

Nella prima parte del libro un intervento, dal titolo “Invecchiamento della popolazione lavorativa, pensionamento e salute” e a cura di Angelo d’Errico (Medico del lavoro, Epidemiologo Associazione italiana di Epidemiologia), indica che se nel 2001 più del 50% dei lavoratori europei definiti come anziani (più di 50 o più di 55 anni, a seconda delle definizioni utilizzate) erano pensionati o inattivi, dopo dieci anni, a seguito dell’implementazione delle riforme pensionistiche, in molti paesi europei la situazione è cambiata e solo in pochi paesi persiste una forte anticipazione del pensionamento. E il sesto rapporto della Fondazione Europea (2016) cita che nell’Europa 27 in 10 anni la percentuale di lavoratori ultra cinquantenni è aumentata del 10% (dal 24 al 35%).
In particolare in Italia la riforma Fornero, innalzando l’età per la pensione di vecchiaia a 67 anni e quella di anzianità a 42, ha provocato un nuovo aumento dell’effettiva età a cui i lavoratori si ritirano dal lavoro.

Si ricorda poi che l’estensione della vita lavorativa ha riguardato soprattutto i lavoratori meno istruiti, che sono stati quelli soggetti al maggiore incremento dell’età effettiva al pensionamento e potrebbero aver subito il più forte impatto sulla salute conseguente al rinvio del ritiro dal lavoro, per la possibile maggiore suscettibilità dei lavoratori anziani all’esposizione a fattori di rischio occupazionali, anche a causa delle peggiori condizioni di salute.

E, in definitiva, in merito all’invecchiamento della forza lavoro, il documento indica che le richieste lavorative generalmente si riducono poco con l’età, ma si riduce la capacità lavorativa, cosa che può portare a una possibile incompatibilità tra la capacità funzionale del lavoratore anziano e il livello di richieste sul lavoro. E come conseguenza la maggior parte delle imprese potrebbero non aver sufficienti risorse finanziarie per adattare le condizioni di lavoro a un gran numero di lavoratori con limitazioni funzionali o gravi malattie croniche, che quindi diventerebbero a rischio di disoccupazione e di pensionamento per invalidità. E dunque, affinché l’occupazione sia sostenibile, è essenziale che le richieste lavorative siano adattate allo stato di salute e alle capacità di ciascun lavoratore.

La distribuzione per età dei dati sull’esposizione a rischi lavorativi, con riferimento alla penultima indagine Eurofound (2012), mostra però che l’esposizione ai principali fattori di rischio sul lavoro si modifica poco tra i lavoratori di entrambi i generi oltre i 50 anni, e persino tra quelli di età superiore a 60 anni.

A questo proposito il documento CIIP riporta una tabella con la proporzione di esposti a fattori fisici per almeno metà del turno di lavoro e medie di esposizione a psicosociali sul lavoro con riferimento ai lavoratori di età superiore a 40 anni.

Si indica poi, riguardo ai fattori ergonomici, che tra i lavoratori di età superiore a 60 anni, rispetto a quelli di età 56-60 anni, si osservano sia tra gli uomini che tra le donne modeste riduzioni della proporzione di esposti a posture dolorose e stancanti, a movimenti ripetitivi degli arti superiori e a movimentazione di carichi pesanti, mentre cresce quella di esposti alla stazione eretta prolungata e, limitatamente alle donne, alla movimentazione di persone.

Riguardo ai fattori psicosociali, si rileva una modesta riduzione, pari a circa il 10-15%, del punteggio di esposizione a elevate richieste quantitative, insieme ad un corrispondente aumento della dimensione del controllo sul proprio lavoro (autorità decisionale e utilizzo di abilità tecniche), mentre le richieste emozionali e cognitive non variano tra gli uomini e scendono leggermente tra le donne. Anche le ore medie lavorate per settimana si riducono in maniera modesta, rimanendo comunque elevate tra gli uomini.

Comunque a fronte di cambiamenti relativamente piccoli nell’esposizione ai fattori di rischio occupazionali tra lavoratori di età superiore a 60 anni, sorge spontanea la domanda se la riduzione della capacità lavorativa attesa in questi lavoratori sia compatibile con la prosecuzione dello svolgimento dell’attività lavorativa.

Si segnala comunque che la riduzione della capacità lavorativa nei lavoratori anziani mostra comunque un’ampia variabilità individuale, che è determinata soprattutto dalla presenza di malattie croniche e di limitazioni funzionali ad asse eventualmente associate.

Nel contributo di Angelo d’Errico si è cercato poi di stimare la proporzione di soggetti affetti da seri problemi di salute nella fascia di età 62-67 anni, quella che dovrebbe rimanere al lavoro a seguito della riforma. E sono forniti diversi dati in riferimento ad alcune ricerche italiane ed europee.

Ad esempio si indica che la prevalenza maggiore tra i problemi di salute è relativa all’artrosi, che soprattutto tra gli operai raggiunge percentuali di soggetti affetti molto elevate sia tra gli uomini (26%) che tra le donne (31%). E riguardo al rachide lombare, in uno studio francese è stato stimato che il 20% di soggetti di entrambi i sessi ed età tra 55 e 64 anni riferiva lombalgia per almeno 30 giorni negli ultimi 12 mesi e oltre il 10% era affetto da lombalgia cronica, definita come dolore lombare persistente per più di 90 giorni.

Sulla base delle prevalenze di patologie croniche e di disturbi funzionali osservati nella popolazione italiana nella fascia di età 62-67 anni, si stima dunque che una proporzione di soggetti in un range del 25-30% tra gli uomini e del 35-40% tra le donne abbia una capacità lavorativa ridotta a causa di limitazioni funzionali motorie, di disturbi mentali severi o di alterazioni patologiche dovute a malattie sistemiche.

Si segnala anche che diversi studi hanno dimostrato che la “work ability”, misurabile per mezzo del Work Ability Index (WAI), è influenzata negativamente dall’età, da alti livelli di richieste fisiche e psicosociali, stili di vita insalubri e scarsa forma fisica. Il WAI include le seguenti sette dimensioni di capacità lavorativa autoriferita:
-         valutazione soggettiva della capacità lavorativa rispetto alla massima nel corso della vita;
-         capacità lavorativa soggettiva in relazione alle richieste fisiche e mentali del lavoro;
-         numero di malattie diagnosticate da un medico al momento attuale;
-         grado di limitazioni nell’attività lavorativa dovuta a malattie;
-         numero di giorni di assenza per malattia nell’ultimo anno;
-         problemi di salute percepiti che riducano la probabilità di rimanere al lavoro per due o più anni;
-         grado soggettivo di ottimismo, vitalità e speranza.

Infine, un ulteriore aspetto preoccupante sottolineato nel documento è la possibilità che il recente aumento dell’età pensionabile possa forzare i soggetti con bassa capacità lavorativa, che, come abbiamo visto, nei prossimi anni potrebbero costituire una parte rilevante dei lavoratori con più di 60 anni, a continuare a lavorare, soprattutto se in occupazioni caratterizzate da condizioni di lavoro sfavorevoli, come l’elevata esposizione a lavoro fisico intenso e a fattori psicosociali avversi, che possano aumentare la probabilità di un ulteriore peggioramento del loro stato di salute.

Il documento del CIIP “Aging E-book, il Libro d’argento su invecchiamento e lavoro” è scaricabile all’indirizzo:

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QUANDO LE MANI NON SONO PROTETTE

Da: PuntoSicuro
di Tiziano Menduto
30/11/17

Esempi di infortuni correlati all’assenza di DPI per la protezione delle mani. Incidenti in attività di taglio di carni bovine e nell’uso improprio di una motosega. La dinamica degli infortuni, i fattori causali e i dispositivi di protezione individuale.

Nell’ambito degli incidenti di lavoro una delle parti del corpo più infortunate sono le mani, strumenti che sono preziosi non solo per le attività lavorative, ma anche per la vita di tutti i giorni.
E infatti è lo stesso Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/08) a fornire, tramite l’Allegato VIII, informazioni sull’utilizzo dei guanti di protezione, sui rischi da cui proteggersi e sui fattori da prendere in considerazione per la scelta dei Dispositivi di Protezione Individuali (DPI).

In relazione alla frequenza di questi infortuni, torniamo a parlare di protezione delle mani nella rubrica “Imparare dagli errori”, dedicata al racconto e all’analisi degli infortuni lavorativi, con particolare riferimento agli incidenti in cui si ravvisa l’assenza di idonei DPI per le mani.

I casi di infortunio presentati nell’articolo sono tratti dalle schede di INFOR.MO., strumento per l’analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.

Il primo caso riguarda un infortunio avvenuto in uno stabilimento di taglio e confezionamento di carni bovine.
Una lavoratrice si trova nello stabilimento e sta operando su una macchina affettatrice. L’operazione che sta effettuando è il posizionamento di un pezzo da tagliare sul carrello della macchina. Tale operazione viene eseguita dalla lavoratrice con la macchina accesa.
Prima che il meccanismo, denominato pressa merce, si abbassi, il pezzo di carne scivola verso la lama che è in funzione trascinando la mano destra della lavoratrice. Viene causata una ferita da taglio alla base del pollice della mano destra.
Il libretto d’uso e manutenzione della macchina prevedeva che tale operazione fosse eseguita a macchina spenta. E la lavoratrice non indossava guanti antitaglio.
Questi i fattori causali dell’incidente rilevati dalla scheda:
-         la lavoratrice eseguiva il posizionamento del pezzo da tagliare con macchina accesa anziché spenta;
-         non indossava i guanti antitaglio in quanto non forniti.

Il secondo caso riguarda un infortunio che avviene nell’utilizzo di una motosega.
Un lavoratore, irregolare, è addetto alla pulizia ed all’alimentazione dei cavalli dell’azienda che è una associazione sportiva per l’insegnamento della pratica ippica con ricovero di cavalli. In particolare è intento a dar da mangiare agli animali e per questo deve prelevare del fieno da una rotoballa; al fine di facilitare e velocizzare questa operazione pratica dei tagli in una rotoballa mediante una motosega, attrezzatura chiaramente inadatta all’operazione.
Nel tentativo di trattenere una parte della rotoballa, che stava cadendo a terra, utilizza la mano sinistra, ma nel contempo non riesce a sostenere la motosega, la cui lama entra in contatto con le dita della mano sinistra del lavoratore procurandogli l’amputazione di alcune di esse. Il lavoratore non era dotato di guanti da lavoro.
I fattori causali dell’incidente rilevati:
-         l’infortunato ha utilizzato in modo improprio la motosega;
-         il lavoratore nell’utilizzo della motosega non è dotato di guanti di sicurezza.

Per avere qualche indicazione sui guanti utilizzati contro i rischi meccanici, con particolare riferimento ai rischi di taglio, facciamo riferimento al progetto multimediale Impresa Sicura, elaborato da EBER, EBAM, Regione Marche, Regione Emilia-Romagna e INAIL.

Ad esempio nel documento “ImpresaSicura_DPI”, dedicato all’utilizzo dei dispositivi di protezione personale, si segnala che i guanti di protezione contro rischi meccanici, che hanno la funzione di proteggere le mani da aggressioni fisiche e meccaniche, devono resistere all’abrasione, al taglio, allo strappo e alla foratura. E deve essere riportata sui guanti una marcatura che evidenzia la loro capacità di proteggere da ciascuno di tali rischi meccanici.

I guanti di protezione devono poi essere realizzati con materiali che non provocano problemi di irritazione o allergie e qualora ciò non fosse possibile tale rischio deve essere evidenziato nelle istruzioni d’uso. E le caratteristiche di resistenza meccanica devono essere indicate nella marcatura ed espresse con un indice numerico.

Mentre per avere invece informazioni specifiche sulla protezione delle mani nell’uso della motosega possiamo fare riferimento alle “Linee Guida sugli indumenti di protezione nell’uso di motoseghe a catena portatili” elaborate dall’ex ISPESL ora INAIL.
Nel documento si indica che la protezione delle mani contro i tagli prodotti da catena da motosega si esplica mediante dei guanti protettivi contro il taglio da catena. Nella scelta del guanto, che si effettua in base alle risultanze dell’analisi del rischio, bisogna tener conto del fatto che il guanto si deve adattare correttamente alla mano dell’operatore. Infatti un guanto di taglia troppo grande rispetto alla circonferenza della mano, può durante l’uso arrotolarsi intorno ad essa provocando cattiva presa della motosega. Una cattiva presa può risultare da un guanto con lunghezza delle dita troppo lunghe o troppo corte, mentre un guanto complessivamente troppo lungo può ostacolare i movimenti della mano.

Il sito web di INFOR.MO., di cui nell’articolo sono state presentate le schede numero 8048 e 8419, è consultabile all’indirizzo:

Il documento “ImpresaSicura_DPI” elaborato da EBER, EBAM, Regione Marche, Regione Emilia Romagna e INAIL è scaricabile all’indirizzo:

Il documento “Linee Guida sugli indumenti di protezione nell’uso di motoseghe a catena portatili” elaborato dall’ex ISPESL ora INAIL è scaricabile all’indirizzo:

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GLI INFORTUNI NELL’INDUSTRIA ALIMENTARE

Da: PuntoSicuro
di Tiziano Menduto
07/12/17

Esempi di infortuni avvenuti nel settore agroalimentare con particolare riferimento all’utilizzo delle macchine impastatrici. Infortuni correlati all’utilizzo e alla pulizia della macchina. Gli aspetti da considerare per la sicurezza delle macchine.

Nel settore agroalimentare italiano, un settore articolato e complesso che riguarda molteplici comparti (panificazione, produzione di pasta, lavorazione carni, ecc.) con forti specificità, non mancano gli eventi infortunistici correlati a una serie di fattori di rischio. Ad esempio rischi correlati all’utilizzo di specifiche macchine e attrezzature di lavoro.

E proprio per parlare di questi eventi infortunistici utilizziamo alcune puntate della rubrica “Imparare dagli errori”, dedicata al racconto e all’analisi degli infortuni lavorativi, per soffermarci sugli incidenti che avvengono nell’industria agroalimentare con particolare riferimento all’utilizzo di specifiche macchine. E ci occupiamo oggi di una delle più diffuse, in vari ambiti, la macchina impastatrice.

I casi di infortunio presentati nell’articolo sono tratti dalle schede di INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.

Il primo caso riguarda un infortunio avvenuto all’interno di un forno-pasticceria.
Un lavoratore è addetto alla macchina impastatrice presente all’interno del forno-pasticceria, e il suo compito è quello di amalgamare l’impasto dei pasticcini con la macchina stessa. L’impastatrice è dotata di due organi lavoratori (bracci) che incrociandosi nella parte terminale, lavorano l’impasto che si trova in basso dentro un apposito contenitore in acciaio.
Durante la lavorazione il lavoratore nota che un pezzo di margarina è rimasto bloccato sulla forchetta di uno dei due bracci dell’impastatrice e con la macchina in funzione cerca di rimuoverla, usando una paletta di plastica lunga 45 cm.
La paletta viene presa a contrasto nel punto in cui i due organi lavoratori si incrociano e con il contraccolpo trascina la mano dello stesso nel punto di incrocio degli stessi causando l’amputazione.
Le indagini successive hanno messo in rilievo che l’infortunio è avvenuto in quanto la macchina impastatrice non era conforme ai requisiti di sicurezza perché non dotata di coperchio totale o parziale atto ad evitare il contatto tra gli organi lavoratori in moto e le mani del lavoratore.
Questi i fattori causali dell’incidente rilevati dalla scheda:
-         l'infortunato inseriva la mano fra gli organi lavoratori in movimento;
-         macchina impastatrice non dotata di coperchio totale o parziale atto ad evitare il contatto tra gli organi lavoratori in moto e le mani del lavoratore.

Il secondo caso riguarda un infortunio che avviene nella lavorazione delle carni.
Un operaio, impiegato da circa un anno in una macelleria (come irregolare), si appresta ad effettuare la pulizia dei locali ove si effettua la lavorazione delle carni.
Mentre effettua anche la pulizia della macchina impastatrice (miscelatore di carni per insaccati e preparazioni varie) elettrica, urta contro uno spago a cui era assicurata una calamita, che sarebbe servito a detta dell'operaio, ad avviare la macchina. A tal punto la macchina impastatrice si avvia investendo con gli organi rotanti la mano destra dell'operaio, il quale riporta diverse fratture e ferite con danno biologico permanente del 18% ed incapacità lavorativa specifica del 50% (come da perizia medico legale).
Dall'analisi dell'evento emergono vari “fattori contrastanti:
-         al momento del sopralluogo, a distanza di più di un anno dalla data dell'evento, la macchina impastatrice verificata risulta essere a norma ed in buono stato; i comandi sono tali (avviamento a 2 mani e coperchio di sicurezza) che se ne possa causare l'avvio accidentale solo dopo una semipermanente manomissione dei comandi;
-         l'ipotesi di manomissione o applicazione di congegni a calamita risulta poco verosimile poiché ininfluente ai fini della produzione;
-         la macchina una volta caricata effettua la miscelazione della carne in un unico ciclo senza bisogno dell'intervento dell'operatore;
-         alcune dichiarazioni descrivono l'attività dell'infortunato come “pulizia di locali e ceste” in ambienti diversi da quelli in cui presenti i macchinari.
Tuttavia rimangono evidenti alcuni comportamenti omissivi da parte del datore di lavoro quali: la condizione di irregolarità della prestazione lavorativa svolta;
-         l'omessa formazione e informazione sui rischi generali e specifici dell'attività lavorativa;
-         l'assenza di compiti specifici e determinati da procedure per quanto riguarda l'attività svolta dall'infortunato.
Dunque il principale fattore causale rilevato nella scheda riguarda:
-         la pulizia della macchina impastatrice errando procedura.

PuntoSicuro ha prodotto in questi anni diversi articoli sulla sicurezza delle attrezzature utilizzare in vari ambiti dell’industria agroalimentare. E ci soffermiamo brevemente oggi su un documento dell’ULSS 6 di Vicenza “Salute e sicurezza nei panifici artigianali. Manuale per la prevenzione” che dedica un capitolo alla sicurezza dei lavoratori con particolare riferimento alle definizioni e le caratteristiche dei ripari di protezione e dei comandi delle macchine e agli aspetti da considerare per la sicurezza delle macchine. 

Presentiamo soprattutto gli aspetti da considerare per la sicurezza delle macchine, come riportati in un breve decalogo:
-         stabilità: ancorare la macchina al pavimento in modo da evitare spostamenti e vibrazioni che possono pregiudicarne la stabilità;
-         organi lavoratori: devono essere presenti le protezioni (mobili interbloccate o fisse);
-         elementi mobili: devono essere presenti le protezioni (fisse o mobili interbloccate o sensibili);
-         organi di trasmissione del moto: devono essere contenuti all’interno della struttura della macchina (o comunque protetti);
-         dispositivi di comando: devono essere chiaramente visibili ed identificabili, di facile ed agevole azionamento, protetti contro gli azionamenti accidentali;
-         visibilità della zona operativa: deve essere garantita all’addetto la piena visibilità della zona operativa della macchina;
-         impianto elettrico di bordo macchina: deve essere conforme alle norme CEI EN 60204-1 (ad esempio, nel caso di interruzione dell’energia elettrica, la macchina non deve ripartire autonomamente al ripristino della tensione);
-         proiezione di materiali: devono essere presenti schermi in grado di resistere all’eventuale proiezione di materiali che può derivare dalle diverse lavorazioni;
-         in presenza di elementi pericolosi (ad esempio perché caldi) adozione di guanti resistenti alle alte temperature e presenza di specifica segnaletica di pericolo;
-         addestramento: gli operatori devono essere formati.

Ricordiamo, infine, i sei tipi di macchine più utilizzate nel comparto della panificazione e pasticceria:
-         impastatrici (a spirale, a forcella, a braccia tuffanti);
-         mescolatore planetario;
-         cilindro laminatoio,
-         sfogliatrice,
-         formatrice;
-         pressa spezzatrice;
-         macinapane;
-         linea di confezionamento.

 Il sito web di INFOR.MO., di cui nell’articolo sono state presentate le schede numero 8098 e 6009, è consultabile all’indirizzo:

Il documento dell’ULSS 6 di Vicenza “Salute e sicurezza nei panifici artigianali. Manuale per la prevenzione” è scaricabile all’indirizzo:

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